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NELL’ANALISI DEL RISCHIO IN AMBITO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE

8. TRACCIABILITÀ E RINTRACCIABILITÀ

8.2 ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ITTIC

Nell’ottica della tracciabilità, al fine di assicurare al consumatore finale un prodotto dalle massime caratteristiche d’igiene e di sicurezza alimentare, assume importanza determinante l’etichettatura.

L’etichettatura dei prodotti alimentari, insieme alla presentazione e alla pubblicità degli stessi, è regolamentata in Italia dal Decreto legislativo 109 del 27-01-1992, attuativo delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE, e successive modifiche apportate dal Decreto legislativo 181 del 23-06-2003. Infine, il Decreto legge 157 del 24-06-2004, convertito nella Legge n° 204 del 03-08- 2004, con l’art. 1-bis, integrando quanto già previsto dal Decreto legislativo 109/1992, ha reso obbligatoria per tutti gli alimenti l’indicazione in etichetta del luogo d’origine o provenienza, «al fine di consentire al consumatore finale di compiere scelte consapevoli sulle caratteristiche dei prodotti alimentari posti in vendita». (10,24,25,26,60)

L’etichettatura di un prodotto alimentare rappresenta per il consumatore un importante strumento di tutela, informandolo sul prodotto che sta acquistando e

consentendogli di effettuare una scelta consapevole e informata. L’etichettatura è l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio, o su un’etichetta appostavi, o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legate al prodotto medesimo.

Un’etichettatura adeguata concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto è un mezzo adeguato ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione delle merci. I principi sull’etichettatura comportano il divieto di indurre in errore l’acquirente o di attribuire ai prodotti alimentari proprietà medicamentose. Per essere efficace, tale divieto deve essere esteso alla presentazione dei prodotti alimentari ed alla relativa pubblicità” (direttiva 2000/13 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000).

Per presentazione del prodotto alimentare si intende: 1) la forma o l’aspetto conferito ai prodotti alimentari o alla loro confezione; 2) il materiale utilizzato per il loro confezionamento; 3) il modo in cui sono disposti sui banchi di vendita; 4) l’ambiente nel quale sono esposti (art. 1 del Decreto legislativo 109 del 27 gennaio 1992). (25)

In linea generale, l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità di un prodotto alimentare non devono:

indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto e precisamente sulla natura, sull’identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sul luogo di origine o di provenienza, sul modo di ottenimento o di fabbricazione del prodotto stesso;

evidenziare caratteristiche come particolari, quando tutti i prodotti alimentari di natura analoga le possiedono;

attribuire all’alimento proprietà idonee a prevenire e/o curare malattie ovvero accennare a proprietà farmacologiche.

Nel nostro Paese, la direttiva 2000/13/CE concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, è stata attuata con il Decreto legislativo 181 del 23 giugno 2003. (9,26)

L’etichettatura dei prodotti della pesca segue pertanto le regole generali valide per tutti i prodotti alimentari, ma queste sono integrate dalle norme contenute nel Regolamento CE 2065/2001 della Commissione del 22-10-2001, in applicazione del precedente Regolamento CE 104/2000 del Consiglio. Queste norme sono state poi ribadite e successivamente esplicate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali rispettivamente con il Decreto Ministeriale del 27-03-2002 e con la circolare n. 21329 del 27-05-2002. (10,27,87,86)

Indicazioni comunitarie obbligatorie per prodotti ittici

Già l’art. 4 del Regolamento CE 104/2000, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore ittico, stabilisce che i prodotti possono essere posti in vendita al dettaglio al consumatore finale, «indipendentemente dal metodo di commercializzazione» (quindi, sia sfusi che preconfezionati), soltanto con un’etichetta che precisi:

• la denominazione commerciale della specie;

• il metodo di produzione (cattura in mare o nelle acque interne o allevamento); • la zona di cattura.

Viene rimandata agli stati membri la pubblicazione dell’elenco delle denominazioni commerciali autorizzate; comunque, riassumendo brevemente, i prodotti ittici soggetti al regolamento sono: i pesci, i crostacei, i molluschi e gli altri invertebrati acquatici vivi, freschi, refrigerati, congelati, in filetti, tritati, secchi, salati, in salamoia, affumicati, precotti, in polvere, in farina o in “pellet”, atti all’alimentazione umana. (27,86,87)

Come si vede non sono incluse le preparazioni gastronomiche di prodotti ittici cotti, che comprendono, tra quelle di più ampio consumo, le conserve di pesce sott’olio (tonno, sgombri, sardine) e le insalate di mare. Queste preparazioni

non devono essere confuse con i prodotti precotti, sottoposti a un trattamento termico che non ne modifica radicalmente le caratteristiche e non li rende generalmente pronti per il consumo tal quali, conservati normalmente con l’impiego di salamoia o additivi e privi di condimenti (molto diffusi, tra questi, i gamberi di diverse taglie).

Si ritiene invece che siano incluse le preparazioni elaborate e pronte a cuocere, oggi molto presenti soprattutto sui banchi della grande distribuzione in confezioni o preincarti venduti a libero servizio, dato che i prodotti della pesca e dell’acquacoltura ivi contenuti rientrano nelle tipologie elencate (freschi, congelati, in filetti, ecc.).

L’art. 8 del Regolamento CE 2065/2001 stabilisce che le tre indicazioni obbligatorie di cui sopra devono essere disponibili in tutti gli stadi di commercializzazione e che esse, insieme alla denominazione scientifica della specie (che è facoltativa solamente nella fase di vendita al dettaglio), «sono fornite mediante l’etichettatura o l’imballaggio del prodotto» oppure mediante «un qualsiasi documento commerciale di accompagnamento della merce, compresa la fattura». Ciò è confermato dal DM del 27-03-2002, che fissa i criteri attuativi dello stesso Regolamento CE 2065/2001. (27,86,87)

Il caso più frequente nella pratica è proprio quello dei prodotti freschi contenuti in cassette aperte destinati alla vendita allo stato sfuso, accompagnati dal documento commerciale dal quale il dettagliante rileva le indicazioni per riportarle sull’apposito cartello, al momento di esporla al pubblico, come previsto dall’art. 16 del Decreto legislativo 109/1992. Ma sulle cassette, in alcuni casi, viene correttamente e utilmente incollata un’etichetta con le informazioni complete. (25)

In particolare c’è da aggiungere che con il nuovo Decreto ministeriale del 27- 03-2002, in attuazione al Regolamento CE 2065/2001, si è avuta una sorte di “rivoluzione culturale” nell’etichettatura dei prodotti della pesca. In altri termini grazie alla serie di indicazioni specifiche imposte, il consumatore può

vedere in modo trasparente l’origine e il percorso compiuto da un determinato prodotto ittico, lungo tutta la filiera. (27,87)

È opportuno fare alcune precisazioni circa le indicazioni obbligatorie citate. Denominazione scientifica

L’indicazione della denominazione scientifica non è obbligatoria nella fase di vendita al consumatore finale, non essendo citata, come già visto, dall’art. 4 del Regolamento CE 104/2000; viene tuttavia introdotta dal Regolamento CE 2065/2001, per la tracciabilità nelle fasi commerciali precedenti la vendita al consumatore finale (art. 8) e, come indicazione facoltativa, anche in quest’ultima fase (art. 3), come poi confermato dagli articoli 1 e 2 del DM del 27-03-2002.

Denominazione commerciale

Il DM del 27-03-2002 all’art. 3 approva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del Regolamento CE 104/2000, l’elenco delle denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, riportate nell’allegato A e suddivise nelle categorie dei pesci, molluschi bivalvi, molluschi cefalopodi, crostacei ed echinodermi, per un totale di 424 specie, ognuna delle quali viene classificata per ordine, famiglia, genere e specie (nome scientifico), con il nome italiano “volgare” corrispondente. (27,86)

Sull’imballaggio, sui documenti commerciali e sull’etichetta fino alla vendita al consumatore finale deve essere riportata la denominazione stabilita in ciascuno stato membro; ogni stato membro, peraltro, secondo l’art. 4, paragrafo 3, del Regolamento CE 104/2000, riconosce le denominazioni definite dagli altri stati membri per le stesse specie nelle rispettive lingue. (86)

In caso di commercializzazione di specie non incluse nell’elenco approvato, il Decreto Ministeriale del 27-03-2002 assegna all’autorità sanitaria di controllo la competenza di attribuire la denominazione provvisoria e di comunicarla al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali; quest’ultimo deve provvedere, entro cinque mesi, a stabilire la denominazione definitiva, inserendola

nell’elenco ufficiale e notificandola alla Commissione europea (art. 2 del Regolamento CE 2065/2001). (27,87)

Si noti che nell’elenco ufficiale citato non sono inseriti i molluschi gasteropodi: una carenza curiosa e inspiegabile, dato che a questa classe appartengono alcune specie comunemente commercializzate in Italia e in Europa.

Si noti altresì che nell’elenco stesso è compresa, fra le specie di molluschi bivalvi di interesse commerciale, la specie Lithophaga lithophaga, o dattero di mare, della quale sono però vietate la pesca, la detenzione e il commercio fino al 30-09-2007, ai sensi del decreto del Ministro per le Politiche Agricole del 16-10-1998 (divieto introdotto con decreto del Ministro della Marina Mercantile n. 401 del 20-08-1988 e successivamente prorogato più volte con cadenza biennale, poi ridefinito fino alla data sopra riportata). Non è compresa invece la specie Pholasdactylus o dattero bianco, soggetta al medesimo divieto del dattero di mare.

Come ultima considerazione sull’elenco delle denominazioni annotiamo la mancanza di quella del novellame di acciuga (Engraulis encrasicolus) e di sardina (Sardina pilchardus), commercialmente accomunato sotto il nome italiano "bianchetti": nome che si ritiene utilizzabile, poiché «consacrato da usi e consuetudini» (art. 4 del Decreto legislativo 109/1992), ma che dovrebbe essere inserito nell’elenco ufficiale o accompagnato dal nome della specie. (25) Risulta peraltro impossibile per l’operatore individuare a quale delle due specie appartenga il novellame pescato: è quindi opportuno trattare questo prodotto come un miscuglio, indicando i nomi di entrambe le specie, in italiano e in latino, nelle fasi precedenti la vendita al dettaglio; in tale fase devono essere indicate le denominazioni delle due specie in italiano (es.: bianchetti – acciuga e sardina).

C’è da aggiungere che l’elenco ufficiale con i nomi in italiano e in latino delle specie facenti parte dei prodotti della pesca, sono contenute nel Decreto

Ministeriale delle Politiche agricole e forestali del 14-01-2005, aggiornato dal DM del 25-07-2005. (28,29)

Metodo di produzione

Questa informazione deve essere fornita, secondo il Regolamento CE 2065/2001, mediante le indicazioni elencate dall’art. 4 in tutte le lingue degli stati membri; in lingua italiana, le dizioni esatte sono le seguenti:

• prodotto della pesca;

• prodotto della pesca in acque dolci; • prodotto di acquacoltura.

È prevista, per gli stati membri, la possibilità di autorizzare, qualora dalla denominazione e dalla zona di cattura risulti con chiarezza e senza possibilità di errore che si tratti di specie pescate in mare, l’omissione dell’indicazione del metodo di produzione. (87)

Secondo la citata circolare n. 21329 tale omissione è consentita, nella vendita al consumatore finale, per quelle specie che sicuramente sono state catturate in mare, come sardine, acciughe, sgombri, ecc.

Zona di cattura

Le zone di cattura da indicare sull’etichetta sono così individuate dall’art. 5 del Regolamento CE 2065/2001:

per i prodotti pescati in mare, in riferimento all’allegato allo stesso Regolamento CE 2065/2001: Atlantico nord-occidentale, Atlantico nord-orientale, Mar Baltico, Atlantico centro-occidentale, Atlantico centro-orientale, Atlantico sud-occidentale, Atlantico sud-orientale, Mar Mediterraneo, Mar Nero, Oceano Indiano, Oceano Pacifico, Antartico; tali indicazioni possono essere sostituite, nelle fasi precedenti la vendita al consumatore finale, con un codice numerico progressivo da 1 a 12, ma in tal caso deve essere stampigliata sull’etichetta, sull’imballaggio o sul documento commerciale una

tabella di riferimento per individuare chiaramente la zona, come risulta dalla circolare n. 21329;

per i prodotti pescati in acque dolci: il nome dello Paese membro o Paese terzo d’origine;

per i prodotti di acquacoltura: il nome dello Paese membro o Paese terzo in cui si è svolta la fase finale di allevamento del prodotto; lo Stato membro in cui il prodotto viene venduto al consumatore finale può autorizzare l’indicazione degli eventuali altri Stati membri o paesi terzi in cui siano avvenute le precedenti fasi dell’allevamento.

A cura degli operatori, l’indicazione della zona di cattura può essere più precisa, individuando un ambito marittimo o territoriale più ristretto (per esempio, Mar Tirreno o Mar Ligure anziché Mar Mediterraneo). Ovviamente tale indicazione deve essere documentata in maniera inequivocabile e non trarre in errore l’acquirente. (87)

Miscugli

Secondo l’art. 6 del Regolamento CE 2065/2001, in caso di vendita di miscugli di specie diverse, le indicazioni obbligatorie devono essere fornite per tutte le specie. Ciò comporta certamente un problema per i miscugli contenenti numerose specie, ma è indispensabile l’adeguamento delle etichette che, tradizionalmente e per comodità, in molti casi riportano semplicemente e impropriamente l’indicazione "misto" o quella della destinazione gastronomica del prodotto (per esempio, “zuppa” o “frittura”). (87)

Nella vendita di un miscuglio di prodotti ittici della medesima specie ma provenienti da zone di cattura o di allevamento diverse è necessario indicare in etichetta tale variabilità, riportando in etichetta almeno la zona relativa alla partita più rappresentativa del miscuglio.

Quando il miscuglio di prodotti della stessa specie è riferibile a metodi di produzione diversi, necessita l’indicazione di tale metodo per ciascuna partita (es.: “prodotto della pesca e dell’acquacoltura”).

Prodotti sfusi

Secondo l’art. 16 del Decreto legislativo 109/1992, nel testo modificato dall’art.13 del Decreto legislativo 181 del 23-06-2003, tutti i prodotti alimentari venduti sfusi (compresi quindi i prodotti ittici) devono riportare, su un cartello applicato ai recipienti che li contengono o nei comparti in cui sono esposti, le indicazioni relative a:

• denominazione di vendita (qui rientrano tutte le indicazioni rese obbligatorie dai Regolamenti CE 104/2000 e 2065/2001 e dal DM del 27-03-2002; (25,26,27,86,87)

• elenco degli ingredienti (per i prodotti costituiti da più di un ingrediente, cioè nel caso di prodotti ittici elaborati o con aggiunta di additivi);

• le modalità di conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili, ove necessario;

• la percentuale di glassatura (considerata tara) per i prodotti congelati glassati (sottoposti cioè a irrorazione con acqua al momento del congelamento per facilitare l’operazione e migliorare la conservazione).

Il citato art. 16 è applicabile sia agli alimenti non preconfezionati, sia a quelli preincartati o preconfezionati in un esercizio per la vendita diretta al consumatore (generalmente esposti per la vendita al libero servizio), sia a quelli originariamente preconfezionati ma venduti previo frazionamento. Quest’ultimo è il caso dei prodotti ittici elaborati e trasformati, ma anche di prodotti freschi, congelati o decongelati come i tranci o i filetti di pesci di grandi dimensioni confezionati sottovuoto (per esempio, il tonno) presenti sul mercato e destinati non solo ai ristoranti ma anche alla vendita frazionata nelle pescherie. (25,26)

Prodotti di gastronomia

Per le preparazioni alimentari e in generale per i prodotti di gastronomia venduti sfusi, sono valide le regole sopra esposte.Tuttavia è prevista la possibilità di indicare l’elenco degli ingredienti in un unico cartello o in un

registro da tenere bene in vista in prossimità del banco espositore e a disposizione dell’acquirente (art. 16, comma 3, del Decreto legislativo 109/1992). (25)

Prodotti preconfezionati

Si tratta soprattutto di prodotti della pesca e dell’acquacoltura elaborati, trasformati o congelati, venduti al consumatore nelle confezioni in cui sono stati posti all’origine dal produttore.

Le indicazioni obbligatorie per i prodotti preconfezionati previste dall’art. 3 del Decreto legislativo 109/1992, che devono essere riportate sull’etichetta di ogni confezione o imballaggio, sono le seguenti:

• denominazione di vendita; • elenco degli ingredienti; • quantità netta o nominale;

• termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, data di scadenza;

• nome o ragione sociale o marchio depositato e sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità Europea;

• sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento; • lotto di appartenenza del prodotto;

• modalità di conservazione e di utilizzazione, se necessario; • istruzioni per l’uso, se necessario;

• luogo d’origine o di provenienza;

• quantità degli ingredienti caratterizzanti evidenziati. (10,25)

Per i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore provenienti da Paesi terzi valgono le stesse regole; tuttavia, nelle fasi precedenti la vendita al consumatore stesso e prima dell’etichettatura definitiva da parte dell’importatore o venditore, questi devono riportare sull’imballaggio globale almeno le indicazioni relative alla denominazione, al termine minimo di conservazione o data di scadenza e al nome e sede del fabbricante o del

confezionatore: le altre indicazioni obbligatorie devono comunque figurare sui documenti commerciali. (10,25)