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LE FRODI NEL SETTORE ITTICO NEL QUADRO DEI RISCHI BIOLOGIC

NELL’ANALISI DEL RISCHIO IN AMBITO DELLA SICUREZZA ALIMENTARE

6. RISCHI ASSOCIATI AL CONSUMO DI PRODOTTI ITTIC

6.3 LE FRODI NEL SETTORE ITTICO NEL QUADRO DEI RISCHI BIOLOGIC

Con l’espressione di “frode alimentare” ci si riferisce ad una pluralità di condotte illecite volte all’”adulterazione”, “sofisticazione”, “contraffazione”, “alterazione” dei prodotti alimentari, tra cui anche quelli appartenenti al settore ittico.

L’”adulterazione” consiste nell’operazione attraverso la quale un alimento viene modificato nella sua composizione analitica, poiché vengono aggiunte sostanze di scarso valore al fine di aumentarne peso o volume.

Con “sofisticazione” si configura l’aggiunta di sostanze estranee al fine di migliorarne l’aspetto, o per facilitarne la sostituzione o per coprirne i difetti. La “contraffazione” si delinea nei casi in cui il prodotto alimentare viene presentato o dichiarato con caratteristiche più pregiate rispetto alla sua effettiva costituzione.

Si intende, infine, con “alterazione”, la modificazione del prodotto originale a causa dei fenomeni degenerativi per cattiva o prolungata conservazione. (30) Nel contesto dei rischi collegati alla presenza di contaminanti di tipo biologico, le frodi che interessano, sono quelle che hanno un risvolto a carattere sanitario, anche se non dobbiamo dimenticare l’esistenza di quelle dal valore esclusivamente economico-commerciale. La serie di azioni illecite effettuate sui prodotti, al fine di celare eventuali irregolarità, rendono sicuramente più difficile il compito di sorveglianza da parte dei veterinari igienisti nei confronti dei pericoli che costituiscono un grave rischio per la salute dei consumatori.

Le frodi sanitarie

In base ai concetti di sicurezza e protezione dei consumatori, espressi nella nuova legislazione alimentare, in particolare nel Regolamento CE 178/2002, viene sottolineata l’importanza di una qualità totale degli alimenti, che in primo luogo devono risultare salubri. Per questo motivo, identificare frodi a carattere sanitario, assume un significato importante nell’ambito della tutela del consumatore, anche se esse non compaiono specificamente nel Codice Penale. (69)

In campo ittico, questo tipo di frode può essere il risultato di una sofisticazione, ma anche della messa in commercio di prodotti contaminati od alterati,

evenienze che occorrono assai di frequente in relazione all’elevata deperibilità del pescato.

La messa in vendita di prodotti alterati, riguarda un po’ tutte le categorie di prodotti ittici (freschi, congelati, surgelati, salinati, essiccati, affumicati, inscatolati), anche se un maggior numero di casi si riferisce al fresco. (30) Per il pesce fresco le più importanti operazioni alle quali assistiamo sono:

Lavaggio con acqua e aceto, acqua e sale, acqua e additivi vari (formalina, sublimato), per togliere od alterare i cattivi odori che si formano durante la decomposizione ;

Mescolanza di prodotti alterati e freschi; è una pratica che consiste nel porre, nella stessa cassetta pesci freschi in superficie ed alterati sul fondo;

Desquamazione totale del pesce per mascherare la perdita delle squame che avviene naturalmente per fenomeni di autolisi e di putrefazione;

Colorazione artificiale delle branchie con coloranti sintetici come il carminio o con sangue di mammiferi o di altri pesci, che simulano i colori naturali di freschezza;

Ripristino artificiale della rigidità cadaverica ricorrendo all’azione del freddo;

Sostituzioni soprattutto degli occhi divenuti opachi con quelli di calamari, seppie, polpi, che mantengono a lungo un aspetto vivo;

Asportazioni di occhi, branchie, visceri di aspetto anormale. (69,123) Tra le specie più sensibili ai fenomeni alterativi si ricordano: pleuronectidi, percidi, clupeidi, sgombridi e tonnidi. Specialmente nelle ultime tre categorie oltre ai caratteri di tipo alterativo comuni in tutti i prodotti della pesca, possiamo riscontrare livelli d’istamina che superano quelli previsti dalla normativa vigente e quindi pericolosi per l’uomo, come già è stato detto nel precedente paragrafo.

Frodi dannose alla salute sono rappresentate dalla messa in commercio di prodotti che presentano nelle parti edibili, oltre ai contaminanti biotici come agenti virali, batterici e parassitari anche composti chimici. In relazione ai rischi di tipo biologico analizzati precedentemente, mi limiterò a presentare alcuni esempi prettamente connessi ad essi. (30) Alcune situazioni rischiose sono rappresentate ad esempio:

dalla vendita di molluschi bivalvi o pesci in cui si sono riscontrate, in seguito ad indagini di laboratorio, cariche microbiche superiori a quelle consentite o la presenza di germi patogeni: salmonella, vibrioni, soprattutto appartenente a quest’ultimi più frequentemente isolato è il Vibrio parahaemolyticus ecc.

dalla vendita di molluschi contaminati da biotossine algali non ammesse o se ammesse (PSP) in quantità superiori a quella permessa; dalla commercializzazione di esemplari colpiti da parassitosi,

soprattutto pesci freschi, congelati, salati interessati da larve di Anisakis.

Oltre ai casi sopra elencati, esistono anche frodi di sostituzione di specie (es. di frode commerciale), che vengono considerate di tipo misto, in quanto possono costituire un grave pericolo per il consumatore. Il consumo di alcune specie pregiate, come la rana pescatrice, provenienti non solo dai mari nazionali, ma soprattutto da acque internazionali (in particolare Atlantico del nord, centro- orientale, coste africane) costituisce il presupposto per tali tipo di frodi. Infatti i veterinari vigilano soprattutto su quelle categorie di prodotto commercializzate definite genericamente “code” o “tranci”, in quanto alcune di esse potrebbero essere sostituite da specie potenzialmente tossiche, se non addirittura appartenenti alle famiglie Tetraodontidae, Molidae, Diodontidae e Canthigasteridae, la cui commercializzazione è vietata dall’attuale Regolamento CE 853/2004. (69)

Ovviamente l’identificazione di specie in animali posti in vendita sottoforma di tranci, code e filettati non può basarsi sulle caratteristiche anatomiche, come avviene nei pesci interi, per questo oggi, a differenza del passato, certe categorie di prodotto devono essere commercializzate con la pelle, per permetterne un immediato riconoscimento. Nel caso della mancanza della pelle, possiamo comunque ricorrere a tecniche di laboratorio come l’isoelettrofocalizzazione delle proteine sarcoplasmatiche o a prove biologiche su topi, per verificare la reale tossicità del prodotto. Con la prima tecnica, la porzione muscolare che serve da campione, una volta omogeneizzata, filtrata e centrifugata, viene depositata su gel di agarosio e separata elettroforeticamente. Il profilo elettroforetico ottenuto verrà confrontato con quelli memorizzati in banche dati già esistenti; infatti ogni specie è caratterizzata da un profilo specifico. (69,128)

Attualmente esistono anche frodi che possono causare fenomeni di intossicazione, a seguito dell’additivazione di sostanze che rendono i prodotti più attraenti agli occhi dei consumatori, un esempio è il trattamento con CO trattato nel paragrafo successivo.

Il trattamento con CO

Il monossido di carbonio (CO) è stato particolarmente studiato per la sua azione stabilizzante sul colore rosso e le ricerche sinora condotte mirano a verificare questo effetto anche nei pesci a carni scure. L’aspetto e il colore rappresentano caratteristiche importanti nella valutazione qualitativa degli alimenti, ed essi possono determinare il valore commerciale, soprattutto nei pesci a carni scure, quali, ad esempio, il tonno. (73)

Il consumatore è attratto dal colore rosso vivo conferito dall’ossimioglobina, che si forma dal legame dell’ossigeno con il gruppo eme della mioglobina. Il monossido di carbonio (CO), oltre a conferire alle carni la tipica colorazione, garantisce anche a lungo la stabilità del prodotto durante la conservazione,

poiché, legandosi alla mioglobina, dà origine alla carbossimioglobina, composto assai più stabile della sopra citata ossimioglobina. (44,73,100)

Dopo il trattamento con monossido di carbonio (CO), alcuni tipi di pesce, in particolare il tonno e il marlin, trattengono quantitativi maggiori di gas rispetto a quelli che si evidenziano in altri prodotti ittici, a causa del diverso contenuto di mioglobina. Alcuni ricercatori, inoltre, hanno evidenziato che l’intensità di colore è influenzata dalla concentrazione di gas impiegata e dalla durata dell’esposizione del prodotto al gas medesimo.

L’impiego del CO nel trattamento dei prodotti alimentari, non solo è di grande interesse in ambito sperimentale,

ma viene praticato su base industriale in diversi paesi, sia nel settore ittico che in quello delle carni. Esso può essere utilizzato nelle miscele gassose dell’atmosfera protettiva a diverse concentrazioni, in base alla tipologia e alla pezzatura del prodotto, oppure

essere un componente dell’affumicatura “Tasteless Smoke” e “Clearsmoke” ovvero “fumo filtrato”. Quest’ultima tecnologia è stata applicata a varie specie (pesce spada, tilapia, lampuga) sia allo stato fresco che a quello congelato, ma ha riscosso particolare successo nell’industria della preparazione del tonno (Thunnus albacares). Per quanto riguarda il tonno conservato con atmosfere contenenti percentuali varie di monossido di carbonio (CO), sono stati fatti studi che confermano che il prodotto così trattato mantiene inalterato il colore originario e presenta un’alterazione dell’odore assai meno accentuata, anche dopo diversi giorni di conservazione a temperatura di circa 1,7°C. (73)

Le numerose indagini realizzate, suggeriscono che per il mantenimento del colore, sia nei prodotti ittici che in quelli carnei, sono necessarie piccole percentuali di monossido di carbonio (CO), (circa 0,1-1%). (73)

Possibili pericoli legati al consumo di prodotti ittici trattati con CO

I pericoli diretti dovuti al consumo di un qualsiasi alimento trattato o mantenuto in atmosfera contenente monossido di carbonio (CO), non sono evidenti. L’intossicazione da monossido di carbonio può avvenire, ma solo a percentuali veramente elevate, e non a quelle che vengono usate negli alimenti, oltretutto, l’assorbimento di tale gas per via digerente è minore rispetto alla via inalatoria, per questo il rischio tossicologico dovuto all’ingestione dei cibi trattati può essere considerato trascurabile. (73)

Indubbiamente è molto più importante valutare le conseguenze che derivano dal prolungamento della “shelf-life”, soprattutto per quei prodotti della pesca che, come il tonno, sono normalmente ricchi di istidina. Un’impropria conservazione rende possibile lo sviluppo di elevati livelli di istamina ad opera delle decarbossilasi tessutali, ma soprattutto batteriche.

Un’ulteriore e più grave problema potrebbe derivare dall’utilizzo della colorazione conferita dal monossido di carbonio (CO) alle carni per mascherare e quindi recuperare quei prodotti che altrimenti sarebbero da considerare di qualità scadente o non commerciabile. (44,73,100)

Nel mercato comunitario negli ultimi anni sono stati ampiamente commercializzati prodotti che presentano inequivocabili segni dell’avvenuto trattamento. Occorre puntualizzare che, secondo la vigente normativa comunitaria, il monossido di carbonio (CO), non è incluso nella lista positiva degli additivi alimentari di cui alla Direttiva 95/2/CE. Inoltre la Direttiva 91/493/CE, che fissa anche i limiti per l’istamina, nel capitolo IV dell’allegato, sottolinea che i trattamenti applicati, per inibire lo sviluppo dei microrganismi

patogeni o per aumentare la “shelf-life”, devono essere scientificamente riconosciuti. (73)

Il trattamento con monossido di carbonio (CO) è pertanto vietato nella comunità europea, con l’unica eccezione dell’Olanda. In tale paese è consentita la commercializzazione in ambito del proprio territorio, e non verso altri Stati Membri, di prodotti “leggermente affumicati a freddo” (metodo “Clearsmoke”).

In Italia, il Ministero della Salute ha vietato la commercializzazione di tali prodotti ittici, ammettendone il respingimento in base al solo esame organolettico (controllo visivo) nel caso essi presentino una colorazione difforme dal colore naturale dal prodotto della stessa specie.

A partire dal 2003, sono stati notificati dalla Commissione a tutti i Paesi membri, mediante il sistema R.A.S.F.F. (Rapid alert System for food and Feed), diverse allerta relative al riscontro di monossido di carbonio (CO) in tranci di tonno (Thunnus albacares) e pesce spada (Xiphias gladias), originari dal Sud-Est asiatico e provenienti da alcuni Paesi membri. Occorre puntualizzare che per quanto riguarda il

tonno (Thunnus albacares) attualmente presente sul territorio comunitario, esso proviene esclusivamente da un’area di produzione ben precisa che comprende paesi quali Indonesia, Srilanka, Vietnam e Filippine. (73)

A tale riguardo, ricordo l’attività svolta dall’azienda USL 11 di Empoli che, durante l’ispezione di prodotti ittici nel

corso dell’anno 2004/2005 presso alcuni stabilimenti in possesso di riconoscimento comunitario e ubicati nel territorio di competenza, nell’arco di tre interventi successivi, ha riscontrato irregolarità legate alla presenza di

Tonno con sospetto trattamento con CO (73)

monossido di carbonio (CO). Il sospetto di un trattamento con monossido di carbonio (CO), nato dall’osservazione di una colorazione più spiccata in prossimità delle zone provviste di vascolarizzazione, è stato confermato dai risultati analitici successivi ai campionamenti effettuati sulle partite/lotto. Le intere partite, per un totale di 3.800 kg, tra tonno fresco e congelato confezionato e pesce spada congelato in filoni preconfezionati di origine vietnamita e commercializzato da una ditta olandese, sono state poste sotto sequestro e, dopo le relative indagini, è stata data comunicazione alla competente Autorità giudiziaria.

Come denunciato dall’AVA (Agri-food and Veterinary Authority of Singapore), il prodotto trattato con il monossido di carbonio (CO) può rappresentare un rischio per il consumatore, perché la colorazione artificiosa non consente di accertare con relativa sicurezza i parametri ispettivi organolettici che ne denunciano il deterioramento. L’attività svolta presso il mercato ittico di Milano nel 2004 su 4 lotti di tranci di tonno (Thunnus albacares) di cui 2 freschi e 2 congelati provenienti dallo Yemen, Skri Lanka e Indonesia, oltre a confermare la presenza del monossido di carbonio (CO), ha rilevato anche i livelli dell’istamina. Per quanto riguarda quest’ultima, da ciascun lotto sono stati prelevati 9 campioni, come previsto dalla normativa, analizzati poi con due metodiche test ELISA, qualitativo, ed elettroforesi capillare (CE). I controlli effettuati non hanno dato risultati preoccupanti sui tonni congelati, problemi sono stati invece riscontrati nel prodotto fresco, dove 4 campioni su 9 presentavano livelli di istamina che superavano i 200 ppm previsti dalla normativa. (100) Ciò può essere spiegato con l’inadeguata refrigerazione dei tonni, immediatamente dopo la cattura, o con il mancato rispetto delle temperature necessarie alla corretta conservazione durante il trasporto. (44)

7. STRUMENTI PER LA TUTELA DEI