• Non ci sono risultati.

CAPITOLO TERZO

3.3 Dal Dio personale al dio impersonale

Il Dio personale in Gesù di Nazaret introduce nel mondo lo categoria dell’amore, che è un tutt’uno con l’eschaton cristiano, tale da fondare una nuova relazione individuo-comunità dove l’individualità opera per la comunità, perché il senso di questo agire, nel suo principio e nella sua finalità non è hic et nunc ma trascende il mondano; una trascendenza lineare che, come si è già ricordato, costituisce anche il pilastro dello sviluppo conoscitivo e scientifico, non solo di quello sociale. Ma, da un certo momento in poi, inizierà un lento e inesorabile distanziamento dal Dio persona. Per adottare qui una chiave sintetica di lettura su questioni che sono certamente collegate al nostro ragionare ma che, da un lato sono già state ampiamente indagate dall’altro, ci condurrebbero ad una osservazione particolaristica – di sicuro interesse – ma pleonastica ai nostri fini, diremmo allora che al superamento del realismo scolastico ad opera del nominalismo e del modello cosmologico platonico, per circostanze storico-culturali e sociali che – come accennato nel primo capitolo – toccano sia la sfera ecclesiastica, sia quella di un sopravvenuto dualismo ontico uomo-natura e quindi di una nuova idea di scienza e, non ultimo, forti elementi di carattere economico, prende avvio il cosiddetto percorso verso secolarizzazione o percorso verso il secolarismo; termine che Taylor adopera spesso, anche se, almeno in chiave sociologica, questo assume una connotazione parzialmente differente. Un primo forte acceleratore in questa direzione è la Riforma protestante che il canadese non disgiunge però da quella tridentina, forse perché, pure collocati su lati opposti del medesimo quadro storico, annunciano una prima affermazione dell’individualismo – dove potremmo dire che l’individuo si orienta ad un agire sociale un po’ più per sé che per la comunità – e della “democratizzazione” della società. Al di là delle note e forti motivazioni di carattere politico e sociale, su un piano più prossimo alla lettura filosofica e teologica degli eventi che hanno segnato il tragitto verso un mondo secolarizzato, il filosofo scrive: «Mi riferisco a quella scuola interpretativa che collega la critica del “realismo” medievale (ad esempio quello di Tommaso d’Aquino), e la nascita del nominalismo, possibilismo, e di una teologia più radicalmente volontaristica in Scoto, Occam e altri, con la spinta verso un mondo secolarizzato. In effetti, sono stati in molti a ravvisare un nesso tra il nominalismo e la nascita della scienza meccanicistica, e anche con la forza crescente del nuovo atteggiamento strumentale verso l’agire umano»89. Il nominalismo ha

contribuito a quella netta separazione tra naturale e soprannaturale, tra ordine immanente e

realtà trascendente, che costituiscono l’humus intellettuale per il secolarismo moderno. «La scienza, il meccanicismo, l’atteggiamento strumentale hanno contribuito, nell’insieme, al disincantamento. La meccanicizzazione del Weltbild (immagine del mondo) è una parente stretta dell’Entzauberung (disincanto), cioè (per usare il termine nell’accezione che gli ho dato in questo libro) del declino e del progressivo deperimento delle credenze e delle pratiche che evocano spiriti e forze morali. In un simile contesto è facile prevedere una diffusione della secolarizzazione. Esiste infatti una relazione causale diretta con l’Entzauberung, che costituisce un elemento importante della storia. E vi è stata ovviamente anche una complicità con quella che qui ho chiamato la Riforma, dalla quale è dipesa la distruzione della cosmologia medioevale-cristiana e l’affermazione del disincanto»90. Così si esprime Charles

Taylor nella sintesi conclusiva del suo lavoro. Ma per riprendere la sequenza temporale degli eventi che hanno condotto – più o meno paradossalmente – alla ricomparsa del dio impersonale, quale esito del processo di secolarizzazione come si manifesta nella contemporaneità, seguiamo il Nostro nell’adozione di alcuni ideal-tipi di chiaro riferimento weberiano, che possono segnare tre grandi momenti o epoche che vanno in questa direzione: l’ancien régime, l’epoca della mobilitazione e l’epoca dell’autenticità. È una modalità che riprende in più occasioni, definendo per esempio, l’epoca durkheimiana per identificare il periodo che a cavallo tra XIX e XX secolo rimette momentaneamente al centro la religione ortodossa, sia pure con finalità strumentali finalizzate alla creazione di un ordine sociale più integrato e meno conflittuale e come esito del periodo della Restaurazione, per distinguerlo dalla precedente e dalla successiva, rispettivamente pre e post Durkheim. Ci sembra più chiaro però, ai nostri fini, seguire la tripartizione da poco indicata che, appare più agevole – dentro i sovrabbondanti rimandi e oscillazioni di un’opera che risulta tanto interessante quanto intricata – a cogliere quello che in sintesi definiremmo «l’uscita dal blocco cattolico».

Il primo tipo ideale, l’ancien régime, che culmina nella rivoluzione parigina, riassume tutto il precedente mondo incantato:

l’interpretazione dell’ordine diffusa tra il popolo (in quanto contrapposta alle concezioni illuministiche che circolavano tra le élite) era di tipo premoderno: un ordine di complementarietà gerarchica, fondato sulla volontà divina, o sulla Legge in vigore da tempo immemorabile, o sulla natura delle cose. Questa concezione dell’ordine valeva sia per la società nel suo complesso (siamo subordinati al re, al signore, ai vescovi, alla nobiltà, ciascuno secondo il proprio rango), sia per il microcosmo del villaggio o della parrocchia,

dove il sacerdote e il nobile (o, in Inghilterra lo squire e il pastore anglicano) detenevano il dominio, e ciascun individuo si vedeva assegnato il proprio posto. In verità, l’appartenenza alla società più ampia passava necessariamente per l’appartenenza a questo microcosmo locale. In questo universo dominato dalla parrocchia il rituale collettivo rivestiva ancora un ruolo centrale, persino nelle società più direttamente investite dal processo della Riforma91.

L’ordine sociale e culturale del mondo incantato precedente ma anche conseguente alla Riforma e all’avvento delle prime tracce della scienza moderna così come la intendiamo noi oggi, è un ordine dove convivono pacificamente sincretismi che lasciano convivere elementi pre e postassiali; liturgia ortodossa con rituali che più tardi verranno definiti dalle élite riformatrici sia laiche e clericali, come pagani o superstiziosi:

nella cornice moderna del mondo “disincantato” è forte la tentazione di seguire i più severi riformatori clericali dei tempi antichi e di considerare la religione popolare come totalmente distinta dalla fede cristiana; i nostri antenato contadini si sarebbero cioè accontentati di questa prospettiva in una sorta di felice sincretismo, ma la verità è che gli elementi che essi combinavano vanno tenuti ben distinti: il cristianesimo ha a che fare con la devozione e l’amore di Dio, mentre il rituale popolare ha a che fare con il controllo e la manipolazione. Questo significa però fraintendere la natura dello strato preassiale del cristianesimo popolare. Come abbiamo visto, i rituali della religione preassiale miravano ad assicurare la prosperità umana e a proteggerla contro le minacce di malattia, carestia, inondazioni, ecc. Tali rituali sono sopravvissuti nel “compromesso preassiale” nel quale si sono fusi con una forma religiosa in cui era inclusa l’aspirazione ad un bene più alto della prosperità: la salvezza, la vita eterna o il Nirvana. Ma la combinazione non era una mera giustapposizione di elementi eterogenei. In genere avveniva una vera simbiosi92.

Una lettura manipolativa di questi eventi trascura che, ad esempio, seminare nel giorno di venerdì santo per ottenere un raccolto maggiore risponde perfettamente al fatto che Cristo è morto per noi, e ciò ha portato molto frutto. Qualcosa di simile avviene nel culto delle reliquie e Taylor riporta un evento moderno tratto dalla storia del santo curato d’Ars:

I parrocchiani avevano cominciato a raccogliere reliquie del curato d’Ars, addirittura mentre era ancora in vita, poiché egli era diventato per loro il paradigma del saint curé e i criteri di santità in questo caso erano proprio quelli della Chiesa universale: carità, preghiera,

91 C. Taylor, L’età secolare, cit., p. 552. 92 Ibid., pp.552-553.

abnegazione, ecc., i criteri della bontà erano profondamente cristiani: la gentilezza, la disponibilità, la preoccupazione per il proprio gregge, il dono che comporta sacrificio. Analogamente anche i riti di passaggio erano dotati di significati addizionali: il battesimo segnava l’ingresso nella comunità, la cresima era un rito simbolico di accesso all’età adulta. Sarah Williams ha mostrato quanto sia stata importante la cerimonia del churching – della benedizione delle puerpere – per gli anglicani non appetenti all’élite, fino al Novecento. Non si doveva uscire di casa, dopo la nascita di un figlio, prima di aver portato il bambino in chiesa. Spesso i vicini si facevano carico di sanzionare le infrazioni. Ma la forza “protettiva” di questi rituali non era distinta dal loro significato “cristiano”, era piuttosto costruita su di esso, come per esempio rendere grazie a Dio per la nascita di un figlio. […] In questa forma

ancien régime esiste uno stretto legame tra l’appartenenza a una Chiesa e quella a una

comunità, nazionale ma soprattutto locale; il legame era cementato in parte dalla coesistenza tra, da un lato la preghiera e i rituali ufficiali ortodossi e, dall’altro, le forme rituali volte a garantire la difesa, la buona sorte e l’esorcizzazione del male. Queste ultime avevano lo scopo di proteggere gli individui , ma anche la comunità. […] Questa sintesi di pre e postassiale è sopravvissuta molto a lungo anche in società che pure erano andate incontro a un processo di Riforma, il cui principale obiettivo era accrescere la devozione personale a scapito di (molti) rituali comunitari, depurando questi ultimi dagli elementi magici e pagani. Ma queste forme comunitarie locali sono ormai smembrate. In un certo senso lo smembramento ha avuto inizio con la Riforma protestante, ma la forza della religione popolare ha consentito loro di ricostituirsi, spesso su altre basi. Il distacco delle élite sociali da gran parte della cultura popolare, addirittura la loro ostilità verso di essa e il tentativo di trasformarla sono una caratteristica distintiva di tutta l’età moderna. Un effetto ricorrente di questa inimicizia è stato il disincantamento, la soppressione del “magico” e della religiosità informale. E questo, di per sé, già basta per erodere quelle che abbiamo definito forme ancien régime93.

Lo smembramento che, come vedremo tra poco è frutto dell’azione, lenta ma inesorabile, di distacco dal Dio personale, ha i suoi acceleratori nell’età moderna, specie tra Settecento e Novecento, ma conta i suoi epigoni più evidenti nella nostra contemporaneità o, se vogliamo, per usare una delle aggettivazioni più accreditate, nell’età ultramoderna. Eppure, anche in questa epoca, sopravvivono elementi della religiosità popolare, depurati di segni di paganesimo. Pensiamo al culto delle reliquie, almeno per chi, pure in minoranza, si riconosce nella tradizione della Chiesa cattolica, ai pellegrinaggi per venerare l’esposizione dei corpi di santi che hanno notorietà globale, come Antonio di Padova, Pio da Pietrelcina, Leopoldo Mandich, oppure per la meditazione spirituali sui luoghi e sulle tombe di San Franceso, Santa

Chiara, Santa Rita da Cascia o Santa Caterina da Siena. D’altro canto, questa religiosità assume forme che forse potremmo ancora definire pagane, ma che rimandano ai sempiterni bisogni degli esseri umani, già richiamati dal filosofo: le pratiche e le adesioni ai movimenti new age, a più o meno note forme di religiosità orientale, fino ai più recenti interessi per l’ufologia o per altre più o meno probabili forme di ricerca sulle origini dell’umanità che, paradossalmente, visti i segni dell’epoca, non hanno nulla di scientifico e, semmai, tendono a recuperare a ritroso le tracce delle divinità impersonali di un passato remoto. È quindi necessario considerare tutte queste categorie entro la dimensioni dei bisogni e delle grandi domande dell’umanità; quantomeno degli esseri umani curiosi. E diventa perciò arbitrario e poco logico, liquidare come superstiziose sia le devozioni della religione tradizionale vissute oggi, sia quelle dei nostri antenati contadini che, se viziate da interstizi pagani, non lo furono meno di tante espressioni dell’ultramodernità. Bisogno, ricerca del radicalmente altro. Semmai, si potrebbe anticipare qui Marcel Gauchet dicendo che la Chiesa perdente è rimasta al suo posto mentre la modernità vincente non è riuscita a scacciare la fede94.

Va da sé che questa tentazione esista. E sia anche abbastanza diffusa. Ciò si deve, soprattutto all’azione che nell’età moderna è stata compiuta, in primis, da quelle élite che, spingendo verso un dio impersonale (se non verso l’ateismo) hanno dato vita a quella forma che Charles Taylor chiama: età della mobilitazione. Si tratta di un’epoca che ha il suo vertice nella Rivoluzione parigina ma che si compendia in un lungo arco temporale che, secondo il Nostro, arriva fino agli anni sessanta del Novecento, registrando spinte opposte sia in direzione della modernità disincantata sia di riflussi ma anche capacità di ri-organizzazione delle Chiese; cattolica, soprattutto, se pensiamo al periodo della Restaurazione ma anche di alcune denominazioni del protestantesimo, più vicine alla tradizione. Accanto alla diffusione dell’idea moderna di scienza, da Galileo a Newton ai postnewtoniani, si vanno consolidando i caratteri fondativi dell’illuminismo, che avranno effetti sia per così dire, cosmologici, in ordine al rapporto uomo-Dio, uomo-mondo, sia sociali. La leva di questa trasformazione della relazione con il Dio persona si deve, soprattutto, al deismo o deismo provvidenzialista, se vogliamo dirla alla Taylor. Si tratta di una dottrina che va anche sotto il nome di religione naturale, che accoglie solo gli aspetti razionali del credere e della religione, vale a dire: l’esistenza di Dio, di un Dio creatore del mondo e di una legge morale naturale, respingendo in toto i dogmi e i misteri della religione rivelata o positiva o storica. Nel caso del

cristianesimo: la Trinità, l’Incarnazione, La Resurrezione, la stessa Chiesa. Il deismo ha, peraltro, strette parentele con la massoneria (che si origina in Inghilterra per poi espandersi con forza sia in Francia sia oltreoceano, nei nascenti Stati Uniti, così come li intendiamo oggi) e, di pari passo con l’idea della religione naturale che ha il suo motore nel grande Architetto dell’universo; si assiste così alla rimozione di un primo ostacolo: la non credenza. Ma, come si è accennato, l’incidenza di questa architettura sul piano sociale, specie nella delicata dimensione della politica, provocherà sensibili trasformazioni del reale. L’idea che sostiene la visione e l’esigenza palingenetica della storia si sostiene del convincimento che l’uomo ha errato insistentemente fuori della ragione, e questo ha turbato un ordine naturale primigenio che avrebbe avuto la medesima armonia dell’ordine della natura fisica. Si tratta di un’idea che da qui troverà sbocco successivo anche nelle teorie romantiche come in quelle socialisteggianti e marxiste. L’elemento comune è lo “scientismo”, che si propone di annientare la dicotomia tra natura e storia, proponendosi di ri-costruire la seconda sulle tracce della prima. Le divergenze sono sul significato della natura dell’uomo e sul come realizzare questa palingenesi sociale. Nella forma ancien régime Chiesa e Stato si intrecciano e convivono in quello che è stato definito “mondo incantato”. Con l’epoca della mobilitazione – soprattutto con i suoi precedenti culturali e religiosi – si assiste all’avanzare del mondo disincantato e, a cominciare dalle società già informate dal protestantesimo, via via prende corpo un altro modello, sia cosmico sia relativo alla società politica. Un modello che vede al centro la nozione o l’idea di “Disegno” divino. Scrive Taylor:

Ora, sebbene la presenza di Dio non risieda più nel sacro, dato che di tale categoria non vi è più traccia in un mondo disincantato, si può comunque pensare che Egli sia presente, non meno potentemente, attraverso il suo Disegno. Questa presenza di Dio nel cosmo si accompagna ad un’altra idea: quella della sua presenza nella comunità politica. Qui si verifica un mutamento analogo: il divino non risiede più in un re che interseca i diversi piani, ma può essere presente nella misura in cui noi costruiamo una società che esplicitamente segua il disegno di Dio. Questo tipo di presenza può essere affiancato da un’idea dell’ordine morale inteso come un ordine stabilito da Dio, nel modo in cui viene evocato, per esempio, nella Dichiarazione d’Indipendenza americana: gli uomini sono stati creati uguali e sono stati dotati dal loro creatore, di alcuni diritti inalienabili. L’idea di ordine morale che si trova espressa in questa Dichiarazione, e che da allora è divenuta dominante nel nostro mondo, coincide con quello che io ho chiamato l’Ordine Morale Moderno, che è completamente diverso dagli altri tipi di ordine che lo hanno preceduto, in quanto prende le mosse dagli individui e non li concepisce come inseriti a priori entro un ordine gerarchico, al di fuori del quale essi non

sarebbero agenti completamene umani. I suoi membri non sono agenti essenzialmente radicati in una società che, a sua volta, riflette il cosmo e si connette ad esso, ma sono piuttosto individui sradicati che finiscono per associarsi. Il disegno sotteso all’associazione è che ciascuno, nel perseguire i propri scopi nella vita, agisca a beneficio degli altri in una relazione reciproca. […] Il più influente tra i primi sostenitori e teorici di questa formula fu John Locke, ma la concezione fondamentale di un simile ordine di mutua assistenza è giunta sino a noi in una serie di varianti, tra cui quelle più radicali sono state avanzate da Rousseau e da Marx. […] costruire una società in grado di soddisfare tali requisiti appariva come la realizzazione del Disegno divino. Vivere in una società dove Dio era presente, certo non nel modo che era proprio del mondo incantato, attraverso il sacro, ma in quanto seguiva il suo Disegno. Dio era presente come il pianificatore del nostro modo di vita. Noi ci consideriamo, per citare una frase celebre, come “un popolo al cospetto di Dio”95.

Come è noto, si legge qui l’idea di religione civile americana adottata con fortuna da Robert Bellah. Un’idea che sopravvive ancor oggi, anche se con maggiori difficoltà e incontrando una sorta di fronte opposto dentro la variegata composizione plurietnica della nation of nations, ma pure nella stessa anima protestante del Paese che, in linea di massima contrappone due grandi “famiglie”: da una parte l’area che raccoglie le più importanti denominazioni conservatrici, ancora sensibili all’idea fondamentale che l’America abbia una vocazione a realizzare gli scopi di Dio, una nazione che incarnava nella «Dichiarazione d’Indipendenza un ordine con il suo appello alle “leggi di Natura e del dio della Natura”. La giustezza di queste leggi, per i deisti come per i teisti, si fondava sulla loro appartenenza al disegno provvidenziale», vicini insomma alla «concezione di se stessi come realizzatori degli scopi divini, insieme alla cultura biblica dell’America protestante che favorì l’istituzione di un’analogia con l’antica Israele, che ricorre spesso nella retorica ufficiale dell’America degli albori»96; dall’altra le espressioni del protestantesimo liberal e dei non credenti che

interpretano una individualità intesa come declinazione dell’individualismo, specie in ambito morale, e che si collocano parecchio distante dall’idea di America vocata a realizzare gli scopi di Dio e, ancor più, all’ordine delle “Leggi di Natura e del Dio della Natura”. Una posizione – specie sul piano etico – assolutamente dominante negli odierni Stati Uniti, come nella maggior parte delle società nord atlantiche e dell’Europa di tradizione protestante, con evidenti “travasi” anche nelle società di tradizione cattolica; posizione che registra criticità e conflittualità dialettiche che, spesso, assumo gli ambiti del conflitto politico.

95 C. Taylor, L’età secolare, cit., pp.563-564. 96 Ibid., pp.564-565.

L’epoca della mobilitazione, sospinta dai processi di industrializzazione e urbanizzazione che sfociano in nuove forme di società, di associazione e di Chiesa, trova un percorso più articolato e complesso nell’Europa del “blocco cattolico”, dove la via per il disincanto si fa più accidentata. Basti pensare ai periodi della Restaurazione o come nel caso della Terza repubblica francese, radicale, laica e anticlericale, nata dopo la sconfitta di Sedan