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Cap 3 Strumenti di conciliazione

3.2 Forme di lavoro flessibile

3.2.2 Dal telelavoro allo smart-working

Lo sviluppo delle tecnologie digitali ha permesso la diffusione di alcune nuove forme di organizzazione del lavoro che consentono di effettuare la prestazione lavorativa al di fuori dai normali luoghi di lavoro, con orari flessibili e attività digitalizzate . Queste forme di lavoro, sfruttando i benefici derivanti dall’impiego degli strumenti della Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione o I.T.C., consentono alle aziende moderne di ottenere una maggiore flessibilità lavorativa ed una notevole capacità di adattamento ai cambiamenti del mercato.

Una di queste prime forme è il telelavoro, sviluppatosi a partire dagli anni ’70.

Fortemente in relazione con l’evoluzione delle tecnologie digitali, il telelavoro consente di lavorare lontano dall’azienda, in ambienti nella disponibilità del

                                                                                                                         

144 Santucci R. “Il contratto di lavoro part-time tra Jobs Act e diritto giurisprudenziale”

lavoratore che spesso coincidono con l’abitazione, mediante strumenti informatici e telematici.

Permette quindi una flessibilità sia nell’organizzazione, sia nelle modalità di svolgimento delle mansioni anche se può richiedere la presenza fisica in ufficio alcune volte alla settimana o al mese.

E’ un lavoro che si svolge a distanza dalla sede centrale di lavoro ma in un luogo specifico decentrato.

L’impegno a telelavorare entro un intervallo di tempo flessibile, è comunque limitato e non a completa discrezione del lavoratore.

Nella stragrande maggioranza di casi il lavoro si svolge nell’abitazione del lavoratore dove sono posti a carico del datore di lavoro una serie di costi legati alla fornitura, installazione, manutenzione e riparazione delle attrezzature informatiche, comunicative e strumentali, i consumi telefonici ed energetici, nonché quelli necessari per fornire i supporti tecnici necessari allo svolgimento del lavoro.

Talvolta invece possono venir individuati luoghi diversi dalla sede aziendale dove il lavoratore svolge la prestazione.

Nel settore privato la disciplina del telelavoro in Italia è stata inserita nell’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2004, attuativo dell’accordo quadro europeo sul telelavoro datato 16 luglio 2002 che fornisce una disciplina generale senza entrare nel dettaglio145.

Tuttavia nel tempo la nozione di telelavoro è stata considerata piuttosto rigida: il riferimento ad un luogo di lavoro preciso, si lega ad un concetto di orario, di controllo e di strumenti.

E’ per questo che è nata l’esigenza di una più moderna concezione di modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, un primo passo verso la dematerializzazione del luogo di lavoro.

                                                                                                                         

145 Per quanto riguarda invece il settore pubblico il telelavoro è regolato dalla legge 191/1998

(meglio nota come “Bassanini ter”) congiuntamente col seguente regolamento (d.p.r. 70/1999) e con l’accordo quadro del 23 marzo 2000.

Il lavoro agile o smart working è una di queste forme. Esso è stato di recente disciplinato dalla Legge 22 maggio 2017, n. 81 “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

Nonostante il telelavoro preveda una certa elasticità, lo smart working amplia ulteriormente il concetto di flessibilità, lasciando al lavoratore il compito di modellare e adattare il lavoro con grande libertà, in funzione delle esigenze da soddisfare.

I due concetti quindi sono profondamente diversi.

Lo smart working viene definito dalla stessa norma come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa146”, eseguita in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa.

E’ proprio lo specifico accordo tra le parti a definire i confini di un maggiore o minore grado di flessibilità.

Non si tratta di una nuova tipologia di contratto di lavoro, il lavoratore agile è a tutti gli effetti un dipendente con contratto di lavoro subordinato al quale viene garantito lo stesso trattamento economico e normativo degli altri lavoratori che eseguono la prestazione con modalità ordinarie e con lo stesso obbligo di informazione su rischio infortuni e malattie professionali e conseguente copertura Inail.

Il suo significato però non è immediato e spesso viene confuso proprio con il telelavoro. A differenza del telelavoro per il lavoro agile non è obbligatorio legarsi ad un luogo fisico fisso in cui lavorare.

Come indicato dall’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano lo smart-working è un nuovo approccio al modo di lavorare basato sulla revisione della cultura organizzativa che implica il passaggio da forme di controllo alla fiducia, attraverso una dotazione tecnologica e con orari e luoghi flessibili.

                                                                                                                         

Il lavoratore agile può svolgere la propria attività lavorativa in qualsiasi luogo dove sia presente una connessione Wi-Fi e sia possibile utilizzare gli strumenti tecnologici.

Ed è proprio questa “flessibilità organizzativa” e l’utilizzo degli strumenti informatici in grado di far lavorare da remoto, che aiutano il lavoratore a conciliare i tempi di vita e professionali, contribuendo al tempo stesso ad aumentare i livelli di produttività sia su base individuale che collettiva nonché ad accrescere la responsabilizzazione e la motivazione del lavoratore147.

Si rilevano infatti vantaggi sia per il lavoratore che per il datore di lavoro. Quest’ultimo oltre ad una maggiore produttività può contare sulle minori spese e la relativa manutenzione degli spazi fisici in cui il lavoratore in genere esegue la sua prestazione lavorativa.

Il lavoratore invece ha il vantaggio derivante dall’abbattimento dei costi di spostamento da casa al luogo di lavoro, ma soprattutto un benessere derivante da un maggiore equilibrio tra vita quotidiana e lavoro.

Il fatto di non avere precisi vincoli spazio-temporale consente al lavoratore di gestire in autonomia i tempi del lavoro, nonché di svolgerlo in luoghi a lui più comodi e di conseguenza con minore stress.

Il lavoratore può autodeterminarsi l’orario di lavoro, così come il monte ore, l’importante è raggiungere l’obiettivo fissato.

A fronte di una serie di benefici però è necessaria porre l’attenzione su alcuni aspetti che potrebbero rivelarsi svantaggiosi.

Il lavoro agile si presenta come una nuova forma di cottimo: il salario viene erogato in base a risultati misurabili, per cui le ore di lavoro necessarie per raggiungere il risultato potrebbero essere molte di più rispetto ad una regolare giornata lavorativa. Il fatto che il risultato atteso venga stabilito mediante un accordo tra le parti, non garantisce il lavoratore, a causa della differenza di potere contrattuale fra datore di

                                                                                                                         

147 Ratti E., “Welfare aziendale e smart working” in Diritto & Pratica del Lavoro 32-33/2018

lavoro e singolo lavoratore, per cui spesso le condizioni concordate rispondono soprattutto alle esigenze aziendali, e non a quelle del lavoratore.

Se i risultati concordati vengono tarati sul livello massimo della produttività, in assenza del limite della giornata lavorativa quale misura di tutela, potrebbe facilmente prodursi una incessante rincorsa del risultato, spesso al di sopra delle possibilità medie, e spesso al di fuori del normale orario giornaliero, come la stessa legge consente.

Inoltre il lavoratore si fa carico di tutti i tempi di preparazione, dei tempi morti dovuti a eventuali lentezze degli strumenti, alla ricerca di informazioni necessarie, ai contatti con i referenti, in sostanza di tutto quel tempo che non è immediatamente produttivo, ma serve alla produzione.

Nel caso del telelavoro questi tempi connessi alla produzione sono a carico del datore di lavoro, rientrano cioè nella giornata lavorativa, mentre nel caso del lavoro agile sono a carico del lavoratore.

La mancanza di vincoli di orario ben precisi e la cancellazione della giornata lavorativa come misura e limite nella prestazione, potrebbe causare facilmente una dilatazione del tempo di lavoro, con conseguente annullamento dei tempi i vita e di lavoro a spese del tempo da dedicare alla vita privata148.

In questo caso si avrebbe una commistione tra vita lavorativa e sfera professionale che potrebbe stravolgere la logica di fondo e la finalità dell’istituto in relazione alla conciliazione dei tempi.

Lo stesso Parlamento europeo con la risoluzione del 13/09/2016 affermando di sostenere il lavoro agile ai fini di un migliore equilibrio tra vita privata e vita professionale, si oppone alla transizione da una cultura della presenza fisica ad una cultura della disponibilità permanente.

                                                                                                                         

148 Di Corrado G., “Lavoro agile: prime applicazioni” in Diritto & Pratica del Lavoro

Per questo è necessario che l’accordo delle parti definisca in maniera chiara e puntuale le condizioni di svolgimento che possano consentire il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche.

Per quanto riguarda il settore pubblico già la L. 214/2015 “cosiddetta Legge Madia” all’art. 14 aveva introdotto nuove misure in materia di conciliazione prevedendo espressamente che le amministrazioni pubbliche “sono tenute ad adottare misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e la sperimentazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa”.

Nel 2017 la legge n. 81 ha definito la cornice normativa e regolatoria al lavoro agile, esplicitando che le disposizioni in materia si applicano anche al settore pubblico. In seguito si è aggiunta la direttiva 3/2017 a firma del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione che definisce le linee guida inerenti l’organizzazione del lavoro e la gestione del personale e pone l’obiettivo di permettere ad almeno il 10% dei dipendenti pubblici di avvalersi entro tre anni dello smart working.

L’avvio di importanti azioni volte a favorire l’introduzione dello smart working nelle pubbliche amministrazioni rappresenta un cambiamento culturale per le aziende private, ma ancora di più per la pubblica amministrazione ferma a modelli organizzativi basati su carta e burocrazia dove i luoghi, gli orari e gli strumenti di lavoro impongono condizioni omologate, incuranti di specifiche esigenze e caratteristiche personali dei lavoratori.

Le motivazioni per l’introduzione dello smart working all’interno del settore pubblico sono riconducibili alla possibilità di creare una Pubblica Amministrazione più produttiva e efficiente oltre che consentire ai lavoratori pubblici di sviluppare le proprie professionalità attraverso logiche di valutazione basate sui risultati anziché sul presenzialismo e sul mero adempimento.

Le sperimentazioni avviate, secondo quanto previsto dalle linee guida di cui alla direttiva 3/2017 attraverso progetti pilota realizzati da alcune amministrazioni, quali

quelli della Città di Torino, piuttosto che presso la Provincia Autonoma di Trento o dell’Università ‘Ca Foscari di Venezia, mostrano importanti risultati e benefici concreti.

Oltre a rappresentare una misura organizzativa volta a tutelare persone con problematiche familiari, personali e di assistenza, le Amministrazioni oggetto della sperimentazione hanno rilevato che il lavoro agile “ha dimostrato una sorprendente possibilità di risparmio per l’amministrazione e la garanzia di un servizio di qualità per il cittadino”.149 In particolare il successo della sperimentazione nella città di Torino è stato raggiunto anche grazie al coinvolgimento della parte politica, delle organizzazioni sindacali e del Comitato Unico di Garanzia. In particolare il ruolo del Comitato Unico di Garanzia è stato valorizzato anche dalle linee guida allegate alla Direttiva 3/2017, in quanto attraverso compiti propositivi, consultivi e di verifica, può contribuire non solo all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, ma anche alla creazione di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità e di benessere organizzativo.

Tuttavia la ricerca dell’Osservatorio sullo Smart working del Politecnico di Milano ha rilevato che solo l’8% delle Pubbliche Amministrazioni dichiara oggi di avere progetti strutturati. Gli ostacoli principali alla sua implementazione si ritrovano nella percezione che molte attività non siano compatibili con il lavoro da remoto sommate alla presenza di attività poco digitalizzate150.

Un recente studio condotto da Eurofound e dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro151 riassume i risultati di studi nazionali condotti su paesi europei oltre ad altri cinque paesi extraeuropei quali Argentina, Brasile, India, Giappone ed Usa, e dell’indagine europea sulle condizioni di lavoro al fine di esaminare gli effetti del telelavoro e del lavoro mobile sul mondo del lavoro.

                                                                                                                         

149 di Ferrari Giuseppe direttore dell’Organizzazione Città di Torino

150 Dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working di Milano al sito

https://www.osservatori.net/it_it/osservatori/smart-working

151 Report ILO - Eurofound: “Working anytime, anywhere: the effects on the world of work”,

Un problema nel confronto internazionale è che non esiste ancora una definizione universalmente accettata di telelavoro o smartworking: le definizioni cambiano a seconda del luogo di lavoro, dell'intensità di utilizzo dei vari strumenti informatici (smartphone, tablet, computer portatili) e della distribuzione del tempo tra casa, ufficio e altri luoghi.

Per bypassare il problema definitorio nel rapporto viene utilizzato il termine T/ICTM (Telework ICT-Mobile work) per indicare genericamente i lavoratori che rientrano in tali categorie.

L’indagine sulle condizioni di lavoro (EWCS - European Working Conditions Survey) distingue tra i lavoratori che operano regolarmente da casa dai dipendenti che svolgono il loro lavoro fuori dai locali dell’impresa (in vari luoghi, tra cui da casa), frequentemente o occasionalmente.

Figura 3.2 Proporzione di lavoratori impegnati in T/ICTM nell’Unione Europea

              Fonte:  EWCS  2015  

A livello europeo, la percentuale di lavoratori che, ad oggi, svolge la prestazione lavorativa fuori dai locali dell’impresa è intorno al 18% (fig. 3.2) rispetto al 20% degli Stati Uniti.

I paesi europei che si collocano al vertice della classifica relativa alla diffusione dello smart working sono Francia, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo.

Nonostante le difficoltà nel confronto internazionale relative ad una definizione universalmente accettata di telelavoro e di smartworking lo studio vede in fondo alla classifica Grecia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Italia.

L’Italia è il Paese europeo con la più bassa percentuale di lavoratori che svolgono il loro lavoro fuori dagli ambienti aziendali utilizzando tecnologie avanzate attraverso soluzioni di telelavoro o altre forme di lavoro corrispondenti a quello che solitamente viene definito smart working e che ILO ed Eurofound hanno indicato con il termine ICT mobile work (fig. 3.3).

Il nostro paese infatti risulta uno degli ultimi ad aver sperimentato il lavoro agile. Ad oggi tale modalità di lavoro risulta ancora limitata specie nelle piccole e medie imprese che rappresentano la maggior parte delle aziende presenti nello scenario produttivo nazionale.

Figura 3.3 Percentuale di lavoratori che usano tecnologie nell’Unione Europea

Relativamente allo studio effettuato da Eurofound e dall’OIL da notare che i telelavoratori da casa sembrano riferire di un miglior equilibrio tra vita e lavoro rispetto ai lavori “altamente mobili” e maggiormente esposti a rischi di effetti negativi sulla salute e sul benessere a causa della tendenza a prolungare l’orario di lavoro e creare sovrapposizione tra lavoro retribuito e vita personale.

Forme di telelavoro e lavoro agile parziali e occasionali sembrano fornire un equilibrio più positivo tra i vantaggi e gli svantaggi.

3.3 I congedi

In Italia, le specifiche caratteristiche del nostro welfare, fanno sì che la questione della conciliazione acquisti crescente visibilità nel dibattito pubblico sulle riforme sociali, come via per promuovere la crescita economica e la riduzione del divario occupazionale di genere, con un certo ritardo rispetto agli altri paesi europei152. La famiglia ha da sempre rappresentato la principale fonte di protezione sociale in Italia153, per cui la mancanza di servizi pubblici a sostegno della genitorialità viene superata grazie alla disponibilità degli altri componenti della famiglia di origine, soprattutto i nonni, che svolgono un importante ruolo proprio come ammortizzatori sociali.

Per questo la legislazione italiana ha normato soprattutto la materia dei congedi in quanto strumento più adatto ad una tipologia di welfare che, relativamente alle politiche familiari, si appoggia per la maggior parte sulle famiglie allargate.

I congedi, sia quello parentale che quello di paternità, sono leve politiche chiave per incoraggiare il coinvolgimento paterno nell’assistenza e cura all’infanzia, ne sono un

                                                                                                                         

152 Fanlo Cortés I. “Congedi genitoriali, politiche del diritto e diseguaglianze di genere.

Riflessioni sul caso italiano nel quadro europeo” op. cit., p. 39

153 Rosselli A. “La politica sull’uguaglianza di genere in Italia” Analisi approfondita per la

commissione Femm. – Parlamento europeo Dipartimento tematico Diritti dei cittadini e affari costituzionali consultabile al sito http://www.eurparl.europa.eu/studies

esempio lampante gli Stati del Nord Europa, dove i congedi sono uno strumento usato sia dagli uomini che dalle donne al fine di bilanciare gli impegni familiari.154