Cap 3 Strumenti di conciliazione
3.1 Servizi per l’infanzia
Nell’ambito delle varie alternative tese ad una migliore conciliazione vita lavoro quella relativa all’incremento dei servizi per l’infanzia è una di quelle in grado di ottenere risultati significativi.
Una bassa diffusione di tali servizi o la loro presenza a costi proibitivi può essere un ostacolo insormontabile per la partecipazione alle donne al mondo del lavoro, con conseguenze negative sul reddito delle famiglie e quindi anche sulla condizione materiale dei figli.
La scelta di una struttura di custodia sia pubblica che privata oltre che a rispondere a specifici bisogni di cura può essere concepita anche come un contesto di apprendimento e rappresentare una importante opzione ai fini educativi133.
Rendere i servizi per la prima infanzia universali e più diffusi quindi ha delle ricadute su diversi aspetti della vita delle persone.
Tuttavia è un’alternativa che comporta rilevanti costi, in quanto i posti-asilo hanno elevati costi di gestione soprattutto per gli enti locali che in genere li amministrano. La spesa pubblica italiana nel settore del welfare pari all’1% del Pil è di gran lunga più bassa rispetto alla media europea che si attesta all’1,7%. L’Italia si colloca al 22° posto tra i paesi Ue134.
La peculiarità italiana di un welfare per la famiglia debole, fa sì quindi che i servizi di cura per la prima infanzia siano accessibili solo ad una minoranza di bambini piccoli135.
133 Catarsi E. “Il nido e il sistema integrato dei servizi per l’infanzia in Italia in Rassegna
bibliografica infanzia e adolescenza” 1/2008 Istituto degli Innocenti - Firenze
134 Osservatorio sull’imprenditoria femminile dell’Ufficio Studi di Confartigianato 2016
135 Tanturri M.L., “Demografia e Lavoro femminile: le sfide della conciliazione” in
“Demografia del capitale umano,” Livi Bacci M. (a cura di), il Mulino, Bologna, ed digit. 2010, pag. 117
Le strutture pubbliche di custodia soprattutto quelle relative ai servizi di custodia per i bambini di età compresa tra 0 e 3 anni, il cui costo per una famiglia è in genere elevato, rimangono fortemente sottosviluppate rispetto alle richieste di un’utenza potenziale, al contrario di quelle relativa alla scuola materna che riuscendo a coprire più del 90% dell’utenza potenziale costituiscono di fatto un diritto a copertura universale136.
I servizi di custodia vengono ancora considerati ausiliari rispetto alla istituzione famiglia: vi è un prevalente ricorso alla rete familiare anche se non è facile capire se ciò sia dovuto principalmente ad una carenza di offerta di servizi pubblici e privati o piuttosto ad un preciso atteggiamento culturale.
I pochi posti disponibili negli asili nido sommati al carico economico costituito dalla retta che comunque peserebbe sulle famiglie, fa scegliere quindi a sempre più genitori di affidarsi alle cure dei nonni nel tempo trascorso al lavoro dai genitori. La domanda di posti nido è molto più bassa di quella potenziale anche a motivo della disponibilità alla cura da parte dei familiari, ma è ipotizzabile che un aumento dell’offerta di servizi di buona qualità e a costi contenuti potrebbe sollecitare la domanda ora inespressa. Ciò ha effetti anche sulla domanda di lavoro femminile in quanto riduce il numero di lavori potenzialmente creabili in questo settore, oltre ad essere cruciale per le decisioni delle madri relative alla partecipazione al mercato del lavoro.
Spesso poi i servizi non rispondono in termini di flessibilità e copertura oraria ai bisogni delle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano a tempo pieno. La questione degli orari, sia per quanto riguarda i servizi di prima infanzia, che per quelli riguardanti le scuole elementari e medie non è messa a tema quando si affronta quella della conciliazione tra responsabilità familiari e occupazionali.
Lo sviluppo del sistema di offerta dei servizi per la prima infanzia riveste un ruolo cruciale da diversi anni anche a livello europeo. Già dal 2002 il Consiglio europeo
136 Donà A. “Donne e lavoro: quali i risultati delle politiche di conciliazione in Italia?” op.
tenuto a Barcellona ha posto come traguardo per gli stati membri che i posti disponibili nei servizi per la prima infanzia coprano almeno un terzo della domanda potenziale, cioè il 33% dei bambini sotto i 3 anni entro il 2010, per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro.
Tale obiettivo è stato recepito anche dall’Italia, che ha varato nel tempo diversi provvedimenti e ha stanziato risorse da destinare all’incremento dell’offerta disponibile, da ultimo il decreto legislativo n. 65/2017 che ha ribadito l’impegno europeo riconducendo i servizi educativi all’infanzia alla sfera educativa piuttosto che al comparto assistenziale, con l’obiettivo di garantire la continuità del percorso educativo e scolastico dalla nascita fino ai sei anni di età.
Dai recenti dati pubblicati dall’Istat137 tuttavia l’Italia resta al di sotto degli standard fissati dalla UE, riuscendo a coprire appena il 24% del bisogno educativo per i bambini sotto ai 3 anni.
Figura 3.1. Posti pubblici e privati nei servizi socio-educativi per la prima infanzia
per 100 bambini di 0-2 anni, per regione. Anno scolastico 2016/2017
Fonte: Eurostat – Dati rielaborati
La carenza dei servizi di cura per l’infanzia è un’emergenza che appare, al Nord come al Sud, tra i principali ostacoli ad una equilibrata conciliazione tra tempi di vita e di lavoro138, ma la situazione come possiamo vedere dalla fig. 3.1. è molto variabile e se in diverse regioni del Centro Nord tale obiettivo è stato ampiamente superato da diversi anni, nel Mezzogiorno l’obiettivo risulta ancora molto lontano.