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Cap 3 Strumenti di conciliazione

3.2 Forme di lavoro flessibile

3.3.1 I congedi parental

I congedi parentali sono qualificabili a stregua di diritto all’astensione dal lavoro in presenza di determinati presupposti e costituiscono uno degli strumenti più avanzati per quanto riguarda non solo il riconoscimento del lavoro di cura, e l’importanza della sua redistribuzione fra i partner, ma anche del principio della salvaguardia del lavoro «produttivo»155.

Il termine congedo parentale, come già indicato nel secondo capitolo, deriva dall’Unione Europea, sostituendo quel che nel nostro paese veniva identificato come periodo di astensione facoltativa.

In seguito alla direttiva europea in Italia il diritto al congedo diviene un diritto individuale per ciascun genitore, esteso a dieci mesi, usufruibile per un massimo di sei mesi per genitore con la previsione che, qualora il padre lavoratore si astenga dalla prestazione per più di tre mesi, il limite di sei mesi di congedo sia per lui elevato a sette, con il prolungamento del limite massimo da dieci a undici.

Il legislatore italiano quindi individua il padre come titolare autonomo del diritto al congedo, prevedendo anche una sorta di premio per incentivare gli uomini ad utilizzarlo.

In effetti la fruizione di congedi da parte dei padri tende ad essere più alta nei paesi che riservano al padre la titolarità individuale del diritto: in Germania, l’aumento è passato dal 3,3% nel 2006 al 29,3% nel 2012 dopo l’introduzione di un diritto individuale di due mesi, in Islanda e Svezia, la fruizione dei congedi è raddoppiata

                                                                                                                         

154 Viale V., “I congedi di paternità, un confronto in Europa” Working Paper ISFOL 2012

155 Scarponi S. “Il lavoro delle donne fra produzione e riproduzione: profili costituzionali e

dall’introduzione della “quota papà”, in Norvegia la diffusione del congedo di paternità è passato dal 3% nel 1993 al 70% nel 2000156.

Tuttavia garantire un diritto non equivale sempre a far sì che tale diritto venga esercitato. Nonostante i dati sull’uso che padri e madri fanno del congedo non siano molti, una delle indagini nazionali più sistematiche condotta nel 2007157 evidenzia che solo una quota ristrettissima di padri in Italia usufruisce dei congedi parentali. Le motivazioni sono numerose e tra loro interconnesse.

Innanzitutto bisogna evidenziare che la normativa italiana garantisce pienamente il diritto solo ad una fetta ristretta di padri lavoratori, quelli con contratto di lavoro dipendente, lasciando fuori molti padri con contratti atipici ed autonomi.

Da notare che, a differenze del congedo di maternità volto alla tutela della mamma e del bambino, l’obiettivo del congedo parentale è legato alla custodia dei bambini e quindi al tema della conciliazione della vita lavorativa con quella familiare, che è stato più volte sottolineato come debba essere una questione non prettamente femminile. Eppure la normativa italiana riconosce alle lavoratrici autonome la possibilità di usufruire del congedo parentale per tre mesi nel primo anno di vita del bambino, ma non dà la stessa possibilità ai padri lavoratori autonomi.

Altro aspetto da considerare riguarda il settore di appartenenza del proprio posto di lavoro e la tipologia di contratto che incidono molto sulla stabilità del posto di lavoro. Tale strumento risulta molto più utilizzato da parte dei dipendenti pubblici che hanno una posizione lavorativa più sicura e percepiscono un’indennità pari al 100% dello stipendio per il primo mese, rispetto ad esempio ai lavoratori con un contratto a tempo determinato nel settore privato, la cui percentuale sull’uso dei congedi è prossima allo zero158.

                                                                                                                         

156 Van Belle J. “Paternity and parentale leave policies across the European Union” 2016

European commission, RAND Corporation in

https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR1666.html

157 Gavio F. Lelleri R. “La fruizione dei congedi parentali in Italia nella pubblica

amministrazione, nel settore privato e nel terzo settore - Monitoraggio dell’applicazione della legge n. 53/2000 dal 2001 al 2004” in Osservatorio Nazionale sulle Famiglie

158 Cannito M., “Quando il congedo è maschile? Vincoli e opportunità nell’uso dei congedi

Gli stereotipi di genere poi riproducono, soprattutto in Italia, i tradizionali modelli familiari secondo i quali la cura dei figli è un “affare da donne”.

In un’indagine della Commissione europea159 nel 2010, solo il 29% di italiani ritiene che sia necessario aumentare la retribuzione delle donne in modo che guadagnino in misura uguale agli uomini per uguali abilità e pari capacità. Quasi come dire che il 71% degli italiani ritiene la carriera un “affare” secondario per le donne rispetto alla famiglia.

Da notare che in Svezia la percentuale di coloro che ritengono giusto aumentare la retribuzione delle donne è pari al 72% e in Finlandia al 63%.

Sempre secondo l’indagine europea sull’uguaglianza di genere il 44% degli italiani ritiene normale che un uomo si occupi in misura minore del lavoro familiare, la stessa domanda rivolta ai finlandesi fa emergere una percentuale pari al 78%.

E’ chiaro che un tale atteggiamento culturale si riflette su vari aspetti della vita quotidiana degli italiani e delle italiane, ma in particolar modo gioca un ruolo rilevante all’interno del mondo del lavoro.

La cultura aziendale e il livello di sostegno del datore di lavoro è un fattore importante che influisce notevolmente sull’assunzione di congedi da parte dei padri. I datori di lavoro sono solitamente meno inclini a soddisfare i desideri dei dipendenti maschi rispetto ai datori di lavori in settori tipicamente dominati dalle donne.

Non solo i datori di lavoro, ma i colleghi stessi si aspettano che un uomo sia completamente dedito e si realizzi nel lavoro retribuito. La volontà di usufruire del congedo e di dedicarsi alla cura viene ancora tacciata di scarso attaccamento al posto di lavoro e rischia di comportare una messa in discussione delle possibilità di carriera del padre richiedente160.

                                                                                                                         

159 European Commission (2010), “Gender Equality in the EU in 2009”, Special

Eurobarometer 326

160 Cannito M. “Quando il congedo è maschile? Vincoli e opportunità nell’uso dei congedi

Ovviamente è un fenomeno che non si verifica in tutte le realtà e con la stessa intensità, ma i dati sono alquanto preoccupanti rispetto alla diffusione di tale visione stereotipata.

Questa rilevazione permette anche di attenuare la portata dell’argomentazione secondo la quale lo scarso utilizzo dei congedi parentali sia da imputare ad una mera questione economica e di calcolo razionale.

Le differenze salariali fanno sì che sia meno conveniente per il budget familiare la fruizione del congedo per i padri piuttosto che per le madri, sul presupposto che sia l’uomo ad avere un lavoro stabile, continuativo e molto più ben pagato rispetto alla donna che di norma ha un lavoro meno stabile e meno retribuito.

Tuttavia l’elemento economico, pur se non unico fattore decisivo, risulta comunque di notevole importanza e la maggiore o minore percentuale di indennità legata al congedo è un esempio di come le decisioni politiche in merito alla progettazione del congedo parentale possano influire sulla sua fruizione.

Nella figura 3.4 vengono evidenziate le differenze in termini di corresponsione di retribuzioni/indennità nei periodi di congedo parentale.

Figura 3.4 Tasso di compensazione dei redditi durante il congedo parentale negli

Stati membri UE

 

Attualmente l’utilizzo del congedo parentale all’interno dell’Unione Europea cambia da stato a stato, in quanto la regolamentazione viene comunque lasciata alla sensibilità dei singoli stati: vi sono stati nei quali è configurabile come un congedo che può essere diviso tra entrambi i genitori, altri nei quali è configurabile come un diritto individuale, altri che prevedono la destinazione di tale congedo al padre che non può trasferirlo alla madre.

Nonostante quindi l’interpretazione concreta del congedo parentale differisca fortemente da paese a paese in base all’ammissibilità, alla durata o alla flessibilità, nei paesi dove tale retribuzione è più alta si nota una maggiore presenza di padri che utilizzano tale congedo.

L’aspetto economico sembra essere quindi un aspetto importante anche per un cambiamento dei ruoli di genere e riuscire ad ottenere un cambiamento sociale senza incentivi economici non è così facile.