BARTOLOMEO PIRONE
DANTE NELL’EDITORIA ARABA
L’interesse per il mondo dantesco in paesi o zone arabofone ha inizio, grosso modo, al tempo dei rapporti di dette regioni con il mondo occidentale e la sua cultura durante la delicata fase della occupazione territoriale in seguito ad eventi bellici. Fu, quindi, essenzialmente un fenomeno di acculturazione più o meno forzoso o larvato, ma nello stesso tempo occasione di superare il meschino recinto dell’inculturazione anch’essa iniziatasi all’indomani della frantumazione dell’impero ottomano. Da quello che siamo riusciti a reperire sino ad oggi, andando per biblioteche e centri di cultura, i primi documenti in arabo relativi ad un certo interesse per la produzione letteraria di Dante Alighieri, in particolar modo per la Divina Commedia nelle sue tre cantiche o in alcune sue parti, risalgono agli Anni Trenta. Ne diamo un elenco e una sommaria illustrazione, riservandoci di ampliare in un prossimo futuro l’analisi e la valutazione dei loro contenuti.
MONOGRAFIE
Nell’aprile del 1930 viene pubblicata al Cairo, per iniziativa del Cav. Ṭāhā Fawzī, funzionario della Corte di Appello del Cairo e do-‐‑ cente di lingua italiana presso la Scuola Superiore di Belle Arti della stessa città, una vita di Dante Alighieri sotto il titolo Dāntī Alīǧiyīrī con il sottotitolo Dante Alighieri, per i tipi della Maṭba‘at al-i‘timād
.
Il libro è dedicato a S. E. Paolo Boselli, Presidente della Società Dan-‐‑ te Alighieri che si fa promotrice della pubblicazione attraverso il Comitato1.1 Sempre a cura del Comitato Dante Alighieri del Cairo la stessa opera è pubblicata per la seconda volta nel 1965 con il titolo Dante Alighieri e sottotitolo Monografia in lingua
araba, con una presentazione firmata R. P., datata 21 aprile 1960, una Prefazione a cura
di Hassan Osman datata 6 marzo 1965 e una dedica all’On. Sen. Prof. Aldo Ferrabino, Presidente della Società “Dante Alighieri”. Il testo arabo è immutato ma si è proceduto ad una errata corrige dei nomi riportati in lingua italiana, come Val Padana di p. 8 al posto di Padana di p. 6; Forese Donati di p. 8 al posto di Foresi Donato di p. 7; Francesco d’Assisi di p. 9 al posto di Francesco di Assise di p. 9; Simone de’ Bardi di p.
Il testo è arricchito di un ritratto di Dante, che precede l’Introduzione, e di altre quattro illustrazioni disposte lungo l’esposizione della Vita di cui si trattano i primi anni, l’amore per Beatrice, la morte della medesima, le lotte intestine, la tempesta e gli ultimi giorni, con rapide esposizioni delle tre cantiche e delle opere minori. La brevissima introduzione è di Giovanni Capovilla, docente presso l’Università del Cairo. È opera a carattere puramente divul-‐‑ gativo ed espositivo, raramente critico, come nella presa di posizione contraria alle tesi di Asín Palacios che vede nel Libro della Scala un quasi certo modello di cui Dante si è servito nella concezione ed elaborazione della sua Commedia. In una articolata recensione fatta all’indomani della comparsa del libro, Laura Veccia Vaglieri2 ne
10 al posto di Simoni dé Bardi di p. 10; La Vita Nova di p. 11 al posto di La Vita Nuova di p. 11; nobilissimo di p. 11 al posto di noblissimo di p. 11; Guelfi di p. 13 al posto di Guelf di p. 14; A ciascun’alma di p. 17 al posto di A ciascun alma di p. 21; la diversa punteggiatura di p. 19 al posto di quella di p. 25; perchè si fa gentil ciò ch’ella mira... di p. 21 al posto di perché si fa gentil cio’ ch’ella mira...; Guido di Monforte di p. 20 al posto di Guido di Monforti di p. 28; Guido Cavalcanti di p. 28 al posto di Cavalcanti di p. 38; Bonifacio di p. 28 al posto di Bonifazio di p. 39; Tiresias di p. 36 al posto di Teiresias di p. 51; Visione di Tungdalo di p. 36 al posto di Visione de Tungdalo di p. 51; Di Babilonia Infernale di p. 36 al posto di Di Babelonia Infernali di p. 51 omettendo di tradurre in entrambi i casi il termine risālah; Caco di p. 58 al posto di Cacco di p. 84; Guido di Montefeltro di p. 59 al posto di Guido di Monfeltro di p. 85; Siena di pp. 60, 69, 72, 73 al posto di Sienna di pp. 88, 99, 105, 106; Ugolino della Gherardesca di p. 61 al posto di Ugolino della Ghirardesca di p. 89; Branca Doria di p. 62 al posto di Branca D’Oria di p. 90; Brutus di p. 63 al posto di Brutas di p. 92; Manfredi di p. 67 al posto di Manfredo di p. 96; Campaldino di p. 68 al posto di Campalpino di p. 98; Pia dei Tolomei di p. 69 al posto di Pia de Tolomio di p. 99; Mantova di p. 69 al posto di Manitova di p. 99; Trajano (così) di p. 72 e p. 104; Provenzano Salvani di p. 72 al posto di Provensano Salvani di p. 105; Bonifazio di p. 76 al posto di Bonfazio di p. 111; Giove di p. 90 al posto di Giova di p. 133; Montecassino di p. 92 al posto di Montacassino di p. 136; San Giacomo di p. 93 al posto di San Giocomo di p. 138; Cristallino di p. 94 al posto di Crissllino di p. 139; Symposion di p. 98 al posto di Simposion di p. 146; Eloquentia di p. 99 al posto di Elequentia di p. 146; Canzoniere di p. 99 dove per l’arabo ha al-dīwān al posto di Canzonieri di p. 148 dove ha per l’arabo wa-l-aġānī; Penitenziali di p. 100 al posto di Penetenziali di p. 149. Altri rari refusi in entrambi i testi non li abbiamo riportati per non appesantire ulteriormente questa nota. La seconda edizione porta, infine, un Indice in arabo e in italiano, mentre nella prima compare solo quello arabo. Per quanto concerne le illustrazioni, la seconda edizione ne ha venti, dieci delle quali son prese dalle illustrazioni del Doré. I troppi refusi della prima edizione ridimensionano un poco il giudizio più che positivo che Ettore Rossi avrebbe dato della sua traduzione di una vita di Garibaldi dicendo tra l’altro: «[…] i nomi di persona e di luogo non sono malamente storpiati come avviene in elaborazioni di seconda mano». Cfr. ETTORE ROSSI, «Oriente Moderno», XXXI (1951), Roma, Istituto per l’Oriente, pp. 218-‐‑219.
2 La recensione è comparsa in «Oriente Moderno», X (1930), Roma, Istituto per l’Oriente, pp. 523-‐‑524.
traccia i limiti e le lacune, ma mostra come esso altro non sia che una quasi pedissequa traduzione di un lavoro di introduzione alla conoscenza di Dante scritto da Ettore Janni qualche anno prima3. Le tecniche di traduzione dell’italianista Fawzī peccano soprattutto di fedeltà al testo tradotto, dentro il quale egli omette ed aggiunge, amplia o riduce4.
Un secondo libro è quello scritto dal libanese Muṣṭafà Āl ‘Ayāl dal titolo Dāntī, nella collana Iqra’, n. 164, Il Cairo, Dār al-Ma‘ārif 1956, pp. 142, con una brevissima introduzione sulle impareggiabili bellezze dell’Italia e di Firenze, pp. 7-‐‑9, cui segue l’esposizione della metodologia seguita per la traduzione e un quadro storico-‐‑culturale dell’epoca di Dante, pp. 10-‐‑25. Quanto segue è uno studio sulla vita, sulle opere maggiori, sulla personalità di Dante e sulle circostanze che concorsero alla stesura della Divina Commedia con una breve indicazione delle opere minori, pp. 26-‐‑103, per poi offrire una serie di traduzioni incomplete di passi della Commedia, tra cui i canti I, II, III, IV, VI, XXXIII dell’Inferno; il canto I del Purgatorio e il canto XXXI del Paradiso.
Nel 1967 Ilyās Ġālī pubblica in arabo il libro, Dāntī al-murabbī
al-‘abqarī, da una traduzione francese comparsa sotto il titolo, Un
éducateur de génie, Liège, La pensée catholique 1951, pp. 158, traduzio-‐‑ ne, a sua volta, dell’opera del cardinale Fernando Cento [non Ferdi-‐‑ nando, come nell’arabo], Il pensiero educativo di Dante, Torino, SEI 1950, apparso nella Collana Pedagogica Don Bosco, serie 25.
Sempre nel 1967 Ibrāhīm al-Muwayliḥī scrive l’opera Al-Kūmīdiyā
al-ilāhiyyah li-Dāntī, Turāṯ al-insāniyyah. Nonostante diversi tentativi
fatti presso centri di cultura e biblioteche dell’Egitto, non siamo
3 Cfr. ETTORE JANNI, In piccioletta barca, libro della prima conoscenza di Dante, Milano, Edizioni Alpes 1927, in-‐‑16°, pp. 205.
4 È quanto fanno notare diversi recensori di alcune sue opere, tra cui U. RIZZITANO, «Oriente Moderno», XXVII (1947), Roma, Istituto per l’Oriente, pp. 192-‐‑193 e A. DE SIMONE, Notizie bio-‐‑bibliografiche su Ṭāhā Fawzī, «Oriente Moderno», XLIX (1969), Roma,
Istituto per l’Oriente, pp. 288-‐‑292 dove si sottolinea, tra l’altro, come l’impegno letterario del Fawzī si sia in effetti limitato «ad una encomiabile opera di divulgazione». Per i rilievi sulle tecniche di traduzione, vedi specialmente pp. 291-‐‑292. Giudizio d’occasione è invece quello che su di lui esprime Ḥasan ‘Uṯmān nella Prefazione alla seconda edizione della Monografia su Dante in lingua araba che riaffiora con minore impegno in un altro suo articolo in cui lo definisce «il più anziano egiziano conoscitore della lingua e della cultura italiana nell’Egitto di oggi... il primo a redigere un breve e chiaro libro su Dante». Cfr. ḤASAN ‘UṮMĀN, Dante e il mondo arabo, «Fatti e Notizie», anno XVIII, n. 6-‐‑7, giugno-‐‑luglio 1967, p. 6.
5 FERNANDO CENTO si era già confrontato con la problematica inerente alla funzione pedagogica dell’opera dantesca con un precedente lavoro dal titolo Pedagogia nel
riusciti a reperirne copia sino ad oggi. Per tale ragione non siamo in grado di illustrare i contenuti di questo lavoro.
Nel 1980 Ṣalāḥ Faḍl scrive, sulla scia dei ricercatori delle fonti arabe della Divina Commedia e dei sostenitori delle letterature com-‐‑ parate, un’opera alquanto interessante, ma non originale, dal titolo
Ta’ṯīr al-ṯaqāfah al-islāmiyyah fī al-Kūmīdiyā al-ilāhiyyah li-Dāntī,
Il Cairo, Dār al-kutub al-miṣriyyah, pp. 307. Dopo aver delineato le linee essenziali di quella che può essere considerata una letteratura comparata e dopo aver marcato la differenza tra ‘influsso’ e ‘tradizio-‐‑ ne o imitazione’, l’autore esamina analiticamente le vistose analogie di descrizione e di concezione che intercorrono tra le due culture illustrando i piani e i fattori di influsso attraverso i tempi e le scuole così come rappresentate dai loro sommi maestri e discepoli. Passa poi all’analisi comparata tra le diverse parti della Commedia, sviscerando il problema dell’impianto architettonico della medesima nelle sue tre cantiche, ove maggiori sembrano essere le provocazioni e suggestioni che indurrebbero ad opinare una dipendenza dantesca dalle fonti musulmane6.
Sempre nel 1980 Ǧalāl Muḏhar pubblica al Cairo Aṯar al-islām
fi al-Kūmīdiyā al-ilāhiyyah, Maktabat al-Ḫānǧà, pp. 272. È la tradu-‐‑
zione dell’opera di Miguel Asín [Palacios], pubblicata in lingua spagnola nel 1919 con il titolo La escatología musulmana en la Divina Comedia7.
ARTICOLI O STUDI
Brevi articoli informativi compaiono sin dal 1927, quando sulla rivista al-Muqtaṭaf, 5, XX, pp. 499-‐‑508, Anīs al-Maqdisī si interessa a Dante nel suo articolo al-Ši‘r wa-marāmīhi al-‘āliyah
.
Sulla stessa rivista 6, LXX, 1928, pp. 654-‐‑659, compare un altro
6 Personalmente saremmo dell’avviso di non trascurare la preziosa analisi condotta a tal riguardo, al fine di ridimensionare e pressoché vanificare le ripetute e conclamate dipendenze di alcuni impianti e concetti della Commedia dall’ormai celebre Libro della
Scala commentato con trasporto e vivace coinvolgimento dal grande studioso ed erudito
Enrico Cerulli. Lo studio ch’egli chiama modestamente “Nota” di MANFREDI PORENA,
La Divina Commedia e il viaggio di Maometto nell’oltretomba narrata nel “Libro della Scala”,
Lincei – Rendiconti morali – 1950, Serie VIII, vol. V, fasc. 1-‐‑2, pp. 40-‐‑59, è oltremodo significativo di una insorgente insoddisfazione a fronte delle forzature interpretative dei livelli e delle descrizioni della Divina Commedia in una cornice di una precedente elaborazione islamica degli stessi fenomeni.
7 La recente ed ultima edizione dell’opera di MIGUEL ASÌN PALACIOS curata da Roberto Rossi Testa e Younis Tawfiq, Dante e l’Islam. L’Escatologia islamica nella Divina
Commedia, Parma, Nuova Pratiche Editrice 1997, risulta arricchita di altre due parti