Quello che è certo è che, specialmente nel Purgatorio e in misura ancor maggiore nel Paradiso, la dimensione “mistica” è forte: le descri-‐‑ zioni di quest’esperienza nel Paradiso sono sovrapponibili a quelle dei grandi mistici cristiani.
IL PRIMO VERSO, L’ETÀ ANAGRAFICA DI DANTE E IL GIUBILEO
Ma cosa significa «Nel mezzo del cammin di nostra vita»19? Abbiamo visto che Guido da Pisa rispondeva: il sonno. Ma la interpre-‐‑ tazione più comune, fin dai più antichi commentatori della Commedia, fu «all’età di trentacinque anni». Ciò anche in consonanza con il dato biblico: il Salmo 89, 10 recita che gli anni della vita sono settanta, ottanta se ci sono le forze. Lo stesso Dante, nel Convivio (IV, xxiii 6-‐‑10) aveva scritto che il culmine dell’età dell’uomo è ai trentacinque anni, dopo i quali incomincia la fase discendente. Del resto, più avanti, nel Poema, Dante dice di essersi smarrito in una selva prima che l’età sua fosse piena (Inf. XV, 49-‐‑54):
«Là sù di sopra, in la vita serena», rispuos’io lui, «mi smarri’ in una valle, avanti che l’età mia fosse piena.
Pur ier mattina le volsi le spalle: questi m’apparve, tornand’ïo in quella, e reducemi a ca per questo calle».
È presente, qui, ancora più inequivocabilmente che nel primo ver-‐‑ so del Poema, un riferimento ai trentacinque anni («prima che io raggiungessi il trentacinquesimo anno di età mi smarrii in una selva»).
Ma il primo verso della Commedia ci serve anche per definire la da-‐‑ ta del viaggio oltremondano di Dante. Il Boccaccio20 ci informa di aver
18 Su questo importante Documento pontificio si veda SCOTTI, Sulla ricezione cattoli-‐‑
ca di Dante. La lettera apostolica Altissimi cantus, nel volume a cura di Lia Fava Guzzetta,
Gabriella Di Paola Dollorenzo e Giorgio Pettinari, Dante e i Papi. Altissimi cantus: rifles-‐‑ sione a 40 anni dalla Lettera Apostolica di Paolo VI, Roma, Studium 2009, pp. 25-‐‑49.
19 Si veda il Commento online (sul sito a cura di Robert Hollander, op. cit.) di NI-‐‑ COLA FOSCA: «L’associazione fra selva, metà della vita e cammino è riscontrabile in Guittone d’Arezzo (Ahi quant’ho che vergogni..., vv. 5-‐‑11), poeta ‘maltrattato’ dall’Alighieri». Per «nel mezzo» e «in principio» cfr. MARTINELLI, op. cit., pp. 90 sgg.
20 Nel suo Commento a Inf. I: «E che egli fosse così [cioè che Dante avesse trenta-‐‑ cinque anni quando si accorse del suo errore: “mi ritrovai”] assai ben si verifica per quello che già mi ragionasse un valente uomo, chiamato ser Piero di messer Giardino
sentito da un uomo che aveva assistito Dante nell’ultima malattia, nel 1321, che Dante stesso gli aveva detto, in quella circostanza, di avere 56 anni: il che ci dà come data di nascita del sommo Poeta il 1265 e, di conseguenza, come data del viaggio oltremondano compiuto, secondo il racconto del Poema, all’età di trentacinque anni, l’anno 1300. Questa data ci viene confermata dal canto XXI dell’Inferno, vv. 113-‐‑114, dove vien detto che il giorno precedente si sono compiuti 1266 anni dalla morte di Gesù. Bisogna ricordare che nel Convivio Dante aveva soste-‐‑ nuto che Gesù era morto all’età di 34 anni; da ciò si ricava ancora l’anno 1300 come data del viaggio. Ma Dante, nel XXI canto, ci ha voluto indicare, oltre l’anno, anche i giorni del viaggio. Questo avreb-‐‑ be avuto inizio nel giorno che ricorda la morte di Gesù. Ora, nel Me-‐‑ dioevo questo giorno era indicato nel 25 marzo.
Il viaggio oltremondano avrebbe avuto inizio, dunque, il 25 marzo dell’anno 1300. Altri, interpretando l’anniversario di cui a Inf. XXI, 13-‐‑14 con riferimento non al giorno fisso ritenuto nel Medioevo come quello della morte di Cristo, ma alla data mobile del Venerdì Santo, hanno ritenuto che Dante facesse appunto riferimento ad esso e sic-‐‑ come il Venerdì Santo del 1300 cadde l’8 aprile, questi studiosi pon-‐‑ gono in quel giorno la data d’inizio del viaggio dantesco. Ma, in ogni caso, il viaggio è posto da Dante nei giorni della Redenzione, della Morte e Resurrezione di Gesù. Ciò è straordinariamente significativo: la Pasqua, il passaggio dalla morte alla vita21.
Ma il 1300 era anche l’anno del grande Giubileo indetto da Bonifa-‐‑ cio VIII: un anno di salvezza, l’anno della grande perdonanza. Anche questo inserimento conferisce particolare significato e pregnanza al-‐‑ l’intero Poema che narra una storia di salvezza. Una splendida e drammatica conferma del viaggio ultraterreno come avvenuto nell’an-‐‑ no del Giubileo ci viene dal II canto del Purgatorio, laddove l’anima di Casella dice che l’angelo nocchiero, da tre mesi, consente a tutte le anime raccolte sulla foce del Tevere, se lo vogliano, di salire sulla bar-‐‑ ca che le porterà alla spiaggia del Purgatorio: ma tre mesi prima era
da Ravenna, il quale fu uno de’ più intimi amici e servidori che Dante avesse in Raven-‐‑ na, affermandomi avere avuto da Dante, giaccendo egli nella infermità della quale e’ morì, lui avere di tanto trapassato il cinquantesimosesto anno, quanto dal preterito maggio avea infino a quel dì. E assai ne consta Dante essere morto negli anni di Cristo MCCCXXI, dì XIIII di settembre; per che, sottraendo ventuno di cinquantasei, restano trentacinque; e cotanti anni aveva nel MCCC, quando mostra d’avere la presente opera incominciata».
21 Cfr. PLACELLA, Giubileo e pellegrinaggio in Dante, «Impegno e dialogo/13», Napoli, LER 2001, pp. 107-‐‑125. Per la data iniziale del viaggio dantesco si veda BRUNO BASILE, alla voce ‘viaggio’ nell’Enciclopedia dantesca, vol. V, pp. 995-‐‑999.
iniziato, appunto, il Giubileo (indetto da Papa Bonifacio con Bolla re-‐‑ troattiva del 22 febbraio 1300, con inizio effettivo il 25 dicembre 1299), sicché la condiscendenza dell’angelo, in contrasto con i precedenti divieti, si configura come dovuta all’indulgenza del grande Giubileo22. Secondo alcuni antichi commentatori, Dante avrebbe iniziato a scrivere la Commedia proprio nell’anno del Giubileo: essi fanno, così, coincidere la data d’inizio del viaggio oltremondano con quella dell’inizio della composizione della Commedia (il Castelvetro dice che Dante, proprio nel partecipare a Roma al grande Giubileo, si sentì commuovere e pensò, contemporaneamente, alla propria conversione e a scrivere il Poema). È noto che Boccaccio sosteneva che il Poeta avesse composto i primi sette canti dell’Inferno prima dell’esilio, cioè prima del 1302 (Inf. VIII, 1: «Io dico, seguitando»). A questa datazione, specialmente in tempi recenti, sono state mosse molte obiezioni23. In effetti, essa sembrerebbe risultare troppo in contrasto con l’enorme salto esistente tra le opere precedenti e la Commedia, in particolare il Convivio e il De Vulgari Eloquentia. A parte l’incommensurabilità con la smisurata opera sull’aldilà, il suo timbro, il suo spessore unico nella storia della poesia, il salto è anche di poetica, di progetto d’arte; coloro che si ostinano, ad esempio, a commisurare la Commedia con le teorie linguistiche espresse nel De Vulgari Eloquentia perdono il loro tempo: lo stile, la lingua, additati nel trattato latino si riferiscono alla Canzo-‐‑ ne, un genere letterario considerato da Dante “tragico”, di stile, cioè, soltanto alto (diremmo con l’Auerbach “separato”, superbo, in una parola), mentre il linguaggio della Commedia è “sermo humilis”, come ancora giustamente sosteneva l’Auerbach: una mescolanza di stile alto e di stile basso, una “commistione di stili” come nella Bibbia. Così pu-‐‑ re non ottiene risultati chi pretende di applicare alla Commedia ciò che Dante dice nel Convivio a proposito dell’“allegoria dei poeti” e sullo stesso modo di trattare i quattro sensi (rimando ai miei lavori)24.
Il «cammin» del v. 1: la vita come cammino associata al concetto
22 «Avanti che l’età mia fosse piena»: quella pienezza, oltre al trentacinquesimo an-‐‑ no, potrebbe indicare anche l’acme della carriera politica di Dante il quale, proprio in quell’anno, ricoprì il priorato.
23 Si veda la “Nota” della Chiavacci Leonardi a p. 265 di DANTE ALIGHIERI, Comme-‐‑
dia, con il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, vol. I, Inferno, Milano, Monda-‐‑
dori 1991. La fabbrica del grande Poema dovett’essere veramente complessa e mutevole nel tempo con cambiamenti di percorso.
24 PLACELLA, La dinamica dei quattro sensi delle Scritture nell’esegesi patristica e scolasti-‐‑
ca, e in Dante, in Humanitas e Poesia. Studi in onore di Gioacchino Paparelli, II, Salerno, Pie-‐‑
tro Laveglia Editore 1990, pp. 711-‐‑797, e poi, con successive modifiche, in «Guardando
biblico di Esodo come cammino di salvezza, nel pensiero cristiano.
IL V. 2 E I QUATTRO SENSI
A proposito della “selva oscura” del verso 2, il Cassell25 sintetizza le varie interpretazioni di essa nel secolare commento.
Sull’identificazione tra la selva e la vita presente concordano Jacopo di Dante, Chiose Marciane, Ottimo, Benvenuto, Anonimo fiorentino, Filippo Villani. Per una maggioranza di interpreti essa rappresenta la vita nei suoi significati meramente fisici, dominata dagli istinti, cioè la vita dell’ignoranza e del peccato, o il peccato stesso. Il Vellutello sem-‐‑ bra essere stato il primo ad aver richiamato, a proposito della selva, Conv. IV, xxiv 12: «l’adolescente che entra nella selva oscura di questa vita […]». Per il platonico Landino, la selva è il corpo26.
25 CASSELL, op. cit.
26 La selva oscura. Secondo gli antichi commentatori si riferisce all’ignoranza (mi sembra siano la maggioranza. Si veda Iacopo: «Nel quale [mezzo del cammino della vita] essendo s’avide ch’egli era in una oscura selva, dove la dritta via era smarrita. Per la quale, figurativamente, si considera la molta gente che nella oscurità dell’ignoranza permane, con la quale è impossibile di procedere per la via dell’umana felicità, chia-‐‑ mandola selva, a dimostrare che differenza non sia da loro sensibile e razional suggieto al vegetabile solo. Onde propriamente di cotal gente selva d’uomini si può dire come selva di vegetabili piante»). Secondo altri si riferisce al peccato, alla vita viziosa. Grazio-‐‑ lo: allora – Dante aveva 32-‐‑33 anni, secondo il commentatore – l’Autore era «peccator et viciosus et quasi in quadam silva viciorum et ignorantie»; il Lana: «vita viciosa»; il Sel-‐‑ miano (1337, sec. Hollander) interpreta «il mondo»: «si ritrovò in una selva scura, cioè il mondo. E pone il mondo per selva, per ciò che nel mondo ha tanta moltitudine di delet-‐‑ tazioni che appena si sa l’uomo partire da esse; e se pure partire si vuole, chi non è amaestrato, è malagevole a sapersi partire e tornare a sé e seguire le virtù». Per Boccac-‐‑ cio la selva oscura è l’Inferno; il Landino interpreta secondo il suo platonismo: «l’uomo, arrivato all’età già matura […] comincia a destare la ragione, et allora finalmente cono-‐‑ sce sé essere in obscura selva, cioè l’animo suo essere oppresso da ignorantia et da vitii per la contagione del corpo»; Francesco Mazzoni dà di tutto il contesto una interpreta-‐‑ zione di tipo orizzontale. La selva e i concetti analoghi (la “piaggia”, il “pelago”, “lo passo”) indicherebbero la vita attuale, con il peccato originale (FRANCESCO MAZZONI,
Saggio di un nuovo commento alla ‘Divina Commedia’, Firenze, Sansoni 1967, p. 27), con le
sue contraddizioni. Mazzoni non insiste sul peccato, sull’abiezione di Dante, che invece appare rimproverata da Beatrice nel Paradiso Terrestre. Nel suo commento, Mazzoni indica nella selva e in concetti espressi da parole come “mare”, “fiumana” ed altre, la vita umana attuale, dopo il peccato originale, con tutte le sue contraddizioni, alla quale Dante guarda, oggettivandola e respingendola, dopo averne presa coscienza. Si noti che Dante lascia del tutto indeterminata la selva oscura: non la descrive mentre descrive la selva dei suicidi e la «divina foresta spessa e viva» del Paradiso terrestre, paragonando-‐‑ la alla pineta di Chiassi. Il luogo da dove Dante ha avuto accesso all’Inferno non è detto (a differenza di quanto avviene in Virgilio: Cuma).