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La Decisione quadro 2009/948/GAI del 30 novembre 2009 sulla

giurisdizione nei procedimenti penali e la normativa interna di recepimento nel D.Lvo 15 febbraio 2016, n. 29

Sino ad ora si è avuto riguardo a quelle fonti sovranazionali, nei più disparati campi, con le quali si offre tutela al principio del ne bis in idem nella misura in cui vi sia almeno una sentenza passata in giudicato. Poco o nulla, invece, si è detto con riferimento ad una fase anteriore, quando cioè nessuna delle due sentenze abbia raggiunto l’irrevocabilità, di talché, a rigore, nessuno Stato membro si troverebbe obbligato a rinunciare all’azione penale.

Ed allora, solo per una scelta argomentativa, si è scelto di trattare per ultima la disciplina che offre uno strumento preventivo al verificarsi di casi di bis in idem, non tanto nell’ottica di tutelare il diritto quando la persona sia già stata definitivamente giudicata per lo stesso fatto e, dunque, al fine di evitare un doppio processo, quanto – piuttosto – in un momento anteriore onde tutelare la persona non solo dal doppio giudizio ma altresì dalla doppia persecuzione.

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Del resto, che il ne bis in idem trovi un punto di emersione anche nella litispendenza non è un assunto nuovo, tanto che, già nel 2005, anche la pur refrattaria giurisprudenza italiana di legittimità, nella storica sentenza Donati, giungeva a risolvere i casi di doppia persecuzione ad opera dello stesso ufficio del pubblico ministero ricorrendo ad un’interpretazione estensiva dell’art. 649 c.p.p.104. Orbene, se l’attenzione del legislatore europeo, per molti anni, si è concentrata sugli aspetti del bis in idem da un punto di vista riparativo, nel senso di tutelare la persona che già ha subito un processo, la dinamicità del crimine transazionale ha imposto di affrontare la tematica da un punto di vista preventivo. Non può, tuttavia, negarsi che da tale prospettiva il cammino verso un sistema autosufficiente di prevenzione dei conflitti di giurisdizione sovranazionale sia ancora agli albori105.

La principale prova dell’immaturità della normativa in tema di risoluzione dei conflitti di giurisdizione è data, se si vuole, dalla stessa apatia della disciplina, che sembra più dedicarsi a petizioni di principio, piuttosto che a vere e proprie norme attributive dello ius puniendi. Ricorda, per certi versi, un vetusto strumento di soft law, anche se, formalmente, degli obblighi – comunque cogenti – sono previsti. Non può, infatti, non considerarsi la singolarità di un articolato normativo che, a rigor di logica, dovrebbe stabilire chi decide, mentre, in realtà, si limita ad imporre obblighi di comunicazione fra i contendenti.

Il dato più rilevante è dato dal fatto che, per la prima volta, viene ex lege abbandonata «la rozza logica del “premier arrivé, premier servi”»106. La decisione quadro, infatti, privilegia «consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri allo scopo di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli ed evitare perdite di tempo e risorse delle autorità competenti interessate»107.

104 Cass. pen., Sez. Un., 28 giugno 2005, n. 34655, in Cass. pen., 2006, p. 28; G.DE AMICIS, L’attuazione nell’ordinamento italiano della decisione quadro sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti di giurisdizione, in Cass. pen., 2016, p. 3035.

105 L.LUPARIA, La litispendenza internazionale, cit., p. 105.

106 G.M. BACCARI, Una normativa lacunosa e dal sapore rétro per i casi di conflitto di giurisdizione in ambito europeo, in Dir. pen. proc., 2016, p. 992.

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La prudenza del legislatore europeo emerge anche dalla considerazione che nella parte precettiva della decisione quadro «non si arriva a stilare un catalogo di criteri che devono essere considerati dalle autorità per raggiungere l’auspicato consenso»108, lasciando l’unico timido criterio di risoluzione al considerando 9 che, a sua volta, rinvia alla relazione annuale 2003 di Eurojust, suggerendo alle autorità di tenere conto di alcuni elementi, fra cui, per esempio, «il luogo in cui si è verificato prevalentemente il fatto costituente reato, il luogo in cui si è subita la maggior parte dei danni, il luogo in cui si trova l’indagato o l’imputato e la possibilità di assicurare la sua consegna o estradizione in altre giurisdizioni, la cittadinanza o la residenza dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti delle vittime e dei testimoni, l’ammissibilità degli elementi probatori o possibili ritardi»109.

Trattandosi di strumento preventivo ed essendo espressamente esclusa la possibilità che uno Stato debba rinunciare alla propria giurisdizione e, a differenza delle altre fonti in tema di cooperazione, non sono previsti motivi di rifiuto e, per ragioni ancor più evidenti, motivi di rifiuto per contrasto al principio del ne bis in idem.

Coerentemente con tutte le altre fonti sino ad ora esaminate, la decisione quadro in oggetto non si cura di specificare in cosa consista la nozione di “stessi fatti”, limitandosi a precisare cosa debba intendersi per “procedimenti paralleli”: «procedimenti penali, compresa sia la fase preprocessuale che quella processuale, condotti in due o più Stati membri per gli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona».

È appena il caso di osservare, peraltro, che la nozione da accogliere di “medesimi fatti” non potrà allontanarsi da quella offerta dalla Corte di giustizia, vertente cioè sulla materialità degli stessi, «prescindendo dalla qualificazione giuridica e dall’interesse tutelato dalla norma penale, e la inscindibilità dei fatti, il cui collegamento deve emergere sul piano temporale, spaziale ed oggettivo»110.

108 G.DE AMICIS, L’attuazione nell’ordinamento, cit., p. 3032. 109 Cfr. decisione quadro 2009/948/GAI, considerando 9.

110 N.GALANTINI, Diritti e conflitti di giurisdizione (d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 29), in F. RUGGIERI, (a cura di), Processo penale e regole europee: atti, diritti, soggetti e decisioni, Estratto, Giappichelli, Torino, 2017, p. 126.

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La normativa di recepimento ripercorre – pressoché pedissequamente – il testo della decisione quadro.

4.8. Il considerando 54 del Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio