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Le eccezioni al principio del ne bis in idem

L’art. 649 c.p.p. prevede che il divieto di un secondo giudizio trovi un limite in due precise situazioni espressamente indicate con l’inciso «salvo quanto disposto dagli articoli 69, comma 2, e 345».

La prima ipotesi ha ad oggetto l’erronea dichiarazione di morte dell’imputato, sicché, qualora si accerti che la persona è ancora in vita, non può essere opposta la exceptio rei iudicatae fondata sulla pronuncia ex art. 129 c.p.p.

La seconda riguarda il verificarsi della condizione di procedibilità successivamente alla sentenza di proscioglimento: in tal caso l’imputato non può eccepire il ne bis in idem449.

448 Cfr. G.ARIOLLI,L’applicazione «definitiva» delle misure di sicurezza nel processo penale e la natura del decreto di archiviazione, in Cass. pen., 1993, p. 2789; l’Autore conferisce natura giurisdizionale alla pronuncia con ordinanza, assumendo che «[t]ale provvedimento, la cui natura procedimentale è discutibile, sembra poter superare le censure mosse dalla Corte. Infatti, esso risulta emesso nell’esercizio di un potere giurisdizionale, a conclusione di un’udienza camerale, nel contraddittorio delle parti e quindi con pieno rispetto del principio di uguaglianza e del diritto di difesa: inoltre, in tale udienza il g.i.p. potrebbe accertare, alla presenza delle parti, se il fatto sussiste, se l’indagato lo ha commesso e se risulta socialmente pericoloso».

449 Art. 345 c.p.p.: «1. Il provvedimento di archiviazione e la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, anche se non più soggetta a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o dell’autorizzazione a procedere, non impediscono l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se è in seguito proposta la querela, l’istanza, la richiesta o è concessa l’autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l’autorizzazione. 2. La stessa disposizione si applica quando il giudice accerta la mancanza di una condizione di procedibilità diversa da quelle

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In buona sostanza, l’impianto previsto dal codice, non diversamente da quanto accadeva nella vigenza del codice Rocco (artt. 17 e 87 c.p.p. abr.), limita l’efficacia preclusiva alle sentenze che hanno statuito nel merito450.

Limita, a determinate condizioni, ma non esclude. Sia la sentenza di non doversi procedere per morte del reo che quella per mancanza di una condizione di procedibilità, infatti, mantengono efficacia preclusiva nella misura in cui, in seguito, non emerga, per esempio, che il certificato di morte in atti riguardava un omonimo dell’imputato oppure che il proscioglimento sia intervenuto prima dei tre mesi concessi alla persona offesa per proporre querela451.

Orbene, nel caso in cui, al contrario, la decisione del giudice statuisca sulla tardività della querela ovvero ritenga provata la morte del reo non sarà possibile per il pubblico ministero invocare il combinato disposto di cui agli artt. 649, 69 e 345 c.p.p.452; in mancanza del novum, l’effetto preclusivo non è in discussione; se non sopravviene la condizione per procedere resta vietato consegnare alla cognizione di un altro giudice il fatto oggetto di accertamento453.

Con riferimento all’ipotesi dell’erronea dichiarazione di morte dell’imputato, occorre precisare che il “nuovo” codice ha permesso di superare parte dei disaccordi454. Il “vecchio” art. 89 c.p.p. abr. prevedeva che la sentenza di proscioglimento, una volta accertata l’erroneità della dichiarazione di morte, dovesse considerarsi «come non pronunciata»455. Per tale motivo, autorevole

indicate nel comma 1, nonché quando, dopo che è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere a norma dell’articolo 72-bis, lo stato di incapacità dell’imputato viene meno o si accerta che è stato erroneamente dichiarato».

450 V.MANZINI,Trattato, cit., p. 454, per cui «Le sentenze che si limitano ad accertare la mancanza di una condizione di procedibilità, a qualsiasi causa dovuta, sono produttive di effetti preclusivi soltanto se e finché realmente sussista la causa che le impedisce di procedere».

451 Caso certamente infrequente, ma scolasticamente ipotizzabile: si pensi alla notizia di reato trasmessa dalla polizia giudiziaria, sussumendo il reato in una fattispecie procedibile d’ufficio, ma rivalutato dal pubblico ministero con procedibilità a querela con conseguente richiesta di archiviazione.

452 F. CAPRIOLI,D.VICOLI, Procedura, cit., p. 77, per cui «il giudice non può rimettere in discussione la già constatata improcedibilità o impromovibilità dell’azione nel caso di un nuovo processo contro la stessa persona e per il medesimo fatto instaurato su presupposti diversi della sopravvenienza della condizione di procedibilità».

453 T.RAFARACI,Ne bis in idem, cit., p. 868. 454 F.CAPRIOLI,D.VICOLI, Procedura, cit., p. 79.

455 L’art. 89 c.p.p. abr. “Dubbio sulla morte dell’imputato”, dopo due capoversi dedicati al dubbio circa la «esistenza in vita» dell’imputato, prevedendo la sospensione del procedimento ai fini di fugare il dubbio e, quindi la riapertura nel caso di accertamento dell’esistenza in vita, con revoca dell’ordinanza di sospensione, ovvero pronuncia di sentenza nel caso di accertamento della morte, disponeva al terzo comma: «Se in seguito si accerta che la morte fu erroneamente dichiarata,

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dottrina456 assumeva che detta ipotesi costituisse una deroga al ne bis in idem: «in realtà siamo di fronte ad una pseudosentenza». Oggi, invece, i dubbi appaiono superati: si tratta di un’eccezione al normale effetto preclusivo457.

Sfugge, del resto, con quali argomenti possa criticarsi tale assunto. La morte del reo, sia essa veritiera o erroneamente dichiarata, infatti, determina altresì il decesso immediato del procedimento. I nocumenti patiti dall’imputato si interrompono con la sentenza. La persecuzione giudiziale, situazione che il ne bis in idem mira a scongiurare, per un processo interrotto, verosimilmente senza che l’imputato erroneamente ritenuto morto ne abbia avuto contezza, non esiste.

Coerenti, allora, sono le conseguenze che derivano alla scoperta dell’erronea dichiarazione di morte: il pubblico ministero «dovrà esercitare l’azione penale, in modo da ripristinare quel rapporto erroneamente reciso e consentire l’accertamento sulla prima regiudicanda recuperata allo scopo»458.

Per quanto concerne la sopravvenienza della condizione di procedibilità, in dottrina si discute se l’art. 345 c.p.p. costituisca o meno una deroga al divieto di bis in idem.

Da una parte, negando la natura derogatoria al ne bis in idem del disposto di cui all’art 345 c.p.p., si sostiene la superfluità della norma e si rileva come i due giudizi avrebbero due oggetti differenti: il primo, la sola esistenza della condizione

la sentenza di proscioglimento non più soggetta ad impugnazione si considera come non pronunciata. Essa non impedisce l’azione penale per il medesimo fatto e contro la stessa persona, salvo che sia sopravvenuta una causa estintiva del reato o per la quale non si può procedere». Tale dato normativo ha portato taluni ad affermare che la sentenza pronunciata per morte del reo sarebbe insuscettibile di giudicato, «poiché il non doversi procedere è effetto che varia a seconda dei dati processuali». Tesi criticata da E.M.MANCUSO,Il giudicato, cit., p. 487, per cui «La ricostruzione prospettata si espone a una critica di carattere generale: tutte le pronunce irrevocabili, indifferentemente dal contenuto imperativo che eventualmente rechino, sono idonee a produrre l’effetto preclusivo all’instaurazione del nuovo giudizio. Affermare che il non doversi procedere in questione svanisca per effetto dell’emergere di un dato processuale significa accettare l’idea di dinamiche formative del giudicato distinte secundum eventum litis. Si capovolgerebbe, così, l’ordine delle argomentazioni. È l’eccezione a sancire il peso della regola: il giudicato formale riguarda ogni pronuncia, pur solo avente carattere processuale; qualsiasi statuizione di non doversi procedere divenuta irrevocabile genera giudicato ed è idonea a impedire la reiterazione dell’accertamento».

456 F.CORDERO,Procedura penale, ed. IX, Giuffrè, Milano, 1987, p. 1062. Lo stesso autore, nel trattato sul nuovo codice, F.CORDERO,Procedura penale, ed. IX, Giuffrè, Milano, 2012, p. 1215, parlerà di «autentica eccezione alla regola: la morte del reo estingue il reato; dichiarata erroneamente, non osta al secondo processo».

457 T.RAFARACI,Ne bis in idem, cit., p. 869. 458 E.M.MANCUSO,Il giudicato, cit., p. 489.

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di procedibilità, mentre il secondo, sopravvenuta quest’ultima, la decisione nel merito. La norma di cui all’art. 345 si risolverebbe in un assunto tautologico459.

La soluzione prospettata non è condivisa da altra dottrina che evidenzia, invece, come la norma sia assolutamente necessaria, posto che, ad esempio, se tale norma non vi fosse, sarebbe possibile per il pubblico ministero chiedere il rinvio a giudizio per un reato aggravato perseguibile d’ufficio nei confronti dell’irrevocabilmente assolto per lo stesso fatto qualificato però, nel primo giudizio, non aggravato e, pertanto, procedibile a querela, con palese violazione della norma di cui all’art. 649 c.p.p. che vieta di riconsiderare le circostanze460. L’art. 345 c.p.p., dunque, non si riferisce all’oggetto dell’accertamento, bensì al «fatto materiale oggetto dell’imputazione», che «rimane identico anche quando si inizi un nuovo processo per essersi successivamente realizzata la condizione di procedibilità, sarà in questa ipotesi ravvisabile un’eccezione al ne bis in idem, il quale, però, al di fuori della detta situazione, contraddistingue pure la sentenza di non doversi procedere per mancanza di una condizione di procedibilità»461.