Ad oggi, in tema di sequestro e confisca, l’ordinamento europeo consta di quattro decisioni quadro97: 2001/500/GAI del Consiglio del 26 giugno 2001 concernente il riciclaggio di denaro, l’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato, mai concretamente attuata dall’Italia perché la normativa interna «appar[v]e – in generale – sufficientemente esaustiva ai fini del recepimento»98; 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, recepita con ben dieci
97 C.PESCE,Il recepimento italiano degli atti UE in materia di sequestro e confisca, in Eurojus.it, 27 aprile 2016.
98 M.COLAMUSSI, Sequestro e confisca in territorio dell’Unione europea. Il punto in tema di norme di attuazione, in Cass. pen., 2010, p. 2474.
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anni di ritardo (il termine era il 2 agosto 2005) con D.Lvo 15 febbraio 2016, n. 3599, il cui dichiarato scopo «è stabilire le norme secondo le quali uno Stato membro riconosce ed esegue nel suo territorio un provvedimento di blocco o di sequestro emesso da un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro»100; 2005/212/GAI del Consiglio del 24 febbraio 2005 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, il cui recepimento ha raggiunto solo una legge delega101; 2006/783/GAI del Consiglio del 6 ottobre 2006 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, recepita con D.Lvo 7 agosto 2015, n. 137.
Inoltre, quale mezzo di armonizzazione legislativa, vi è la direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, recepita con D.Lvo 29 ottobre 2016, n. 202.
Emerge immediatamente una filosofia del legislatore italiano molto poco, se non nulla, giustinianea102. I provvedimenti ablativi nella normativa di recepimento europei appaiono scoordinati, di difficile rintracciabilità, con i connessi rischi di non riuscire a raggiungere lo scopo prefissato ovvero di privare delle dovute garanzie i destinatari di tali misure.
Limitando la disamina alle decisioni quadro 2006/783/GAI e 2003/577/GAI103 – che disciplinano rispettivamente il mutuo riconoscimento dei
99 G.DARAIO, L’attuazione della d.q. 577/2003 sul reciproco riconoscimento dei provvedimenti di sequestro a fini di prova o confisca, in Dir. pen. proc., 2016, p. 1133.
100 Art. 1, decisione quadro 2003/577/GAI. 101 Artt. 28 e 31, l. 25 febbraio 2008, n. 34.
102 C.VALENTINI, I provvedimenti ablativi (dd.llgs. 7 agosto 2015, 137, 15 febbraio 2016 n. 35 e 29 ottobre 2016, n. 202). in F.RUGGIERI, (a cura di), Processo penale e regole europee: atti, diritti, soggetti e decisioni, Estratto, Giappichelli, Torino, 2017, p. 41, la quale, oltre ad evidenziare il mancato coordinamento della complessa normativa di attuazione dei provvedimenti ablativi con la direttiva 2014/41/UE in tema di ordine europeo di indagine penale, palesa la confusione del legislatore, il quale «avrebbe potuto e dovuto attuare nel contesto di un unico, organico provvedimento legislativo le norme europee, ma non lo ha fatto, stratificando nell’arco di poco più di un anno tre distinti atti ed ignorando i nova, finendo così col contribuire in maniera significativa all’incremento del caos normativo attuale».
103 Come in precedenza osservato, infatti, la decisione quadro 2001/500/GAI non è mai stata ratificata. La decisione quadro 2005/212/GAI, pur figlia delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 e, dunque, da ricondurre in certa misura nel quadro della cooperazione giudiziaria, appare più orientata quale strumento di «armonizzazione del diritto penale materiale», attiene al profilo sostanziale e processuale dell’istituto e «disciplina gli elementi minimi della confisca», G. IUZZOLINO, La confisca nel diritto penale dell’Unione europea tra armonizzazione e mutuo riconoscimento, in Cass. pen., 2011, p. 1555.
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provvedimenti di sequestro e confisca – occorre subito rilevare che entrambi gli atti prevedono, quale motivo facoltativo di rifiuto, la violazione al principio del ne bis in idem, con la precisazione, operata dalla decisione quadro del 2003, che la suddetta violazione dovrebbe emergere dal certificato trasmesso dallo Stato di emissione.
Inoltre, in certa misura da ricondurre alla stessa ratio sottesa al ne bis in idem, in un’ottica però di segno radicalmente diverso, appaiono alcune ipotesi di rinvio dell’esecuzione. In particolare, l’art. 8 della decisione quadro 2003/577/GAI e l’art. 10 della decisione quadro 2006/783/GAI prevedono, fra i motivi di rinvio, il caso in cui l’esecuzione (del provvedimento di blocco o sequestro o della confisca) «possa pregiudicare un’indagine penale o procedimenti penali in corso, per un periodo di tempo che [lo Stato di esecuzione] ritenga ragionevole», nonché i casi in cui si formi una sorta di duplicazione del procedimenti in rem, come quando il bene su cui cade il provvedimento ablativo sia già oggetto di confisca (decisione quadro del 2006) ovvero sia sottoposto a sequestro e sia possibile la confisca (decisione quadro del 2003).
Sebbene si possa affermare che la ratio che traspare dalla disciplina del rinvio sembrerebbe più finalizzata a salvaguardare l’esigenza di efficienza della macchina repressiva dello Stato richiesto, privilegiando il locus in cui si trova il bene, non può negarsi, quale “effetto indesiderato”, una maggior tutela al ne bis in idem, anche in ragione del fatto che, quantomeno a livello statistico, il bene apparterrà alla persona nei cui confronti si procede.
Nella normativa di attuazione, i casi di rifiuto per violazione al principio del ne bis in idem sono stati recepiti e mantenuti con effetto facoltativo, con una significativa differenza fra le discipline interne di recepimento.
L’art. 6, lett. b) del D.Lvo 7 agosto 2015, n. 137, considera ostativa al riconoscimento o all’esecuzione «una decisione di confisca [che] risulta essere già stata emessa, in via definitiva, per gli stessi fatti e nei confronti della stessa persona da uno degli Stati membri dell’Unione europea», accogliendo quindi una formulazione coerente con un mutuo riconoscimento post Lisbona, posto che, infatti, utilizza, una terminologia che richiama l’eco dell’art. 50 CDFUE, di talché
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il divieto di bis in idem può trovare tutela a più ampio raggio (fra tutti gli Stati membri) e non solo nei rapporti fra Stato di emissione e Stato di esecuzione.
Per contro, l’art. 6, comma 4, lett. d) del più recente (ma, ciononostante, parrebbe più retrogrado) D.Lvo 15 febbraio 2016, n. 35, utilizza una formulazione per certi versi inconsueta: «se dalle informazioni contenute nel certificato risulta evidente la violazione del divieto di un secondo giudizio, ai sensi dell'articolo 649 del codice di procedura penale». Mal si comprende, infatti, la scelta di richiamare la norma interna, la cui interpretazione storica ha avuto una portata – appunto – interna quando, all’evidenza, per vagliare la sussistenza di una duplicazione di procedimenti in ambito sovranazionale occorre allontanarsi dai – e finanche abbandonare i – canoni ermeneutici tradizionali.
Per quanto concerne i casi di rinvio, si registra una sostanziale coerenza con i dicta delle decisioni quadro.
4.7. La Decisione quadro 2009/948/GAI del 30 novembre 2009 sulla