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Il medesimo fatto nella giurisprudenza della Corte europea dei diritt

2. La delimitazione del concetto di medesimo fatto

2.1. Il medesimo fatto nella giurisprudenza della Corte europea dei diritt

L’art. 4, Prot. 7, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come accennato, utilizza l’espressione «reato».

119 N.GALANTINI, Il “fatto” nella prospettiva del divieto di secondo giudizio, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2015, p. 1209.

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Ed invero, al netto di quanto si sarebbe potuto desumere dal Rapport explicatif120, proprio su tale scelta terminologica poggiavano alcune prese di posizione della Corte Edu favorevoli ad una lettura del concetto di medesimezza, ricorrendo all’idem legale.

Fino al 2009, anno in cui la Gran Chambre rompe gli indugi e risolve un contrasto sorto in seno alla Corte stessa121, si possono registrare tre diversi filoni interpretativi122.

Un primo orientamento tende a marcare l’attenzione sulla nozione di same conduct, senza alcun riferimento alla qualificazione giuridica. Nel caso Gradinger c. Austria, la Corte ritiene identiche due condotte, contestate al ricorrente austriaco, di omicidio colposo per imprudenza (nel procedimento penale) e per guida in stato di ebrezza (nel procedimento amministrativo). Pur consapevole della diversità delle rispettive norme incriminatrici «as regards the designation of the offences but also, more importantly, as regards their nature and purpose», ossia, per nomen iuris, natura e scopo, il giudice di Strasburgo, in modo molto perentorio e conciso, evidenzia come, di fatto, la condotta sia la stessa123.

Un diverso divisamento viene assunto dalla Corte nel caso Oliveira c. Svizzera124, che ha rigettato il ricorso con il quale la ricorrente lamentava la violazione del ne bis in idem per essere stata sottoposta a un duplice procedimento: il primo per violazione della normativa in tema di circolazione stradale (avendo causato un incidente su una strada ghiacciata e innevata), il secondo per lesioni personali colpose cagionate ad un terzo, eziologicamente connesse allo stesso incidente.

120 Rapport explicatif relatif, cit., p. 1367. M.R.MARCHETTI, Protocollo n. 7, cit., p. 250. 121 Corte Edu, Grande Camera, Zolotukhin c. Russia, sentenza del 10.2.2009, ric. n. 14939/03. 122 S.ALLEGREZZA,Art. 4, Protocollo n. 7, in S.BARTOLE,P.DE SENA,V.ZAGREBELSKY (a cura di), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Cedam, Padova, 2012, p. 900.

123 Corte Edu, Gradinger c. Austria, sentenza del 23.10.1995, ric. n. 15936/90, § 55.

124 Corte Edu, Oliveira c. Svizzera, sentenza del 30.7.1998, ric. n. 25711/94; in termini analoghi, Corte Edu, seconda sezione, Göktan c. Francia, sentenza del 2.7.2002, ric. n. 33402/96, per cui, in una causa nella quale il ricorrente era stato condannato sia per violazione della normativa sugli stupefacenti, che per non aver pagato un debito doganale, omissione che comportava una imprisonment in default per due anni, la Corte, pur disapprovando l’incarcerazione per debiti («it constitutes an archaic custodial measure»), richiamate le conclusioni di Oliveira c. Svizzera: «this might also be seen as an example of the same act being caught by various statutory definitions (concours idéal de qualifications)»; o, ancora, Corte Edu, Gauthier c. France, decisione del 24.6.2003, ric. n. 61178/00.

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La Corte Edu, riconoscendo un tipico caso di concours idéal d’infractions, ha escluso qualsivoglia violazione dell’art. 4, Prot. 7, «dès lors que celui-ci prohibe de juger deux fois une même infraction, alors que dans le concours idéal d’infractions, un même fait pénal s’analyse en deux infractions distinctes».

Dirimente appare il fatto che la seconda sanzione ha tenuto conto della prima diminuendo in maniera corrispondente la pena inflitta, anche se, in certa misura, si arriva a confondere il ne bis in idem processuale con quello sostanziale. L’art. 4, Prot. 7, infatti, vuole evitare che una persona sia giudicata due volte per lo stesso fatto, a nulla rilevando l’esito del primo processo, di talché il divieto deve operare anche nel caso in cui il primo processo si sia concluso con una pronuncia di proscioglimento.

La discutibilità della soluzione offerta dalla Corte in Oliveira c. Svizzera è ben espressa nell’opinione dissenziente del giudice Repik, il quale, nella scelta fra qualificazione giuridica e fatto materiale, richiamando le conclusioni cui era giunta la Corte nel caso Gradinger c. Austria, opta nettamente per la seconda in ragione del fatto che «empêche de fractionner un fait matériel unique et bien défini en changeant certains de ses aspects particuliers et de procéder, sous des qualifications juridiques différentes, à des poursuites successives d’une personne pour la même cause».

Del resto, il concorso ideale o formale di reato (art. 81 c.p.) rappresenta uno fra i più controversi profili della disciplina. Nessun dubbio, infatti, che costituisca una violazione del ne bis in idem una duplicazione di procedimenti il caso in cui si instaurino due processi nei confronti della stessa persona che ponga in essere un’unica condotta, che costituisce un singolo reato, contestato due volte. Più problematico risulta il caso in cui con la stessa condotta si violino più norme incriminatrici.

Ad esempio, l’accusato di omicidio colposo per violazione delle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro risponderà del concorso formale (o ideale), costituito dall’art. 589 c.p. e da una o più norme di cui al D.Lvo 81/08. Orbene, può sin d’ora osservarsi che se non presenta particolari profili problematici il caso in cui per tutti i reati si proceda in un unico processo, posto che, in buona sostanza, una sola è la persecuzione, più complessa risulta l’ipotesi in cui si opini di procedere

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separatamente, in ragione del fatto che il giudicato caduto su uno dei due procedimenti potrebbe portare l’accusato ad eccepire la violazione dell’art. 4, Prot. 7.

L’ultimo filone interpretativo, riconducibile al caso Franz Fischer c. Austria125, prima della risoluzione del contrasto ad opera della Grande Chambre in Zolotukhin c. Russia, sempre nel frequente caso del concours idéal d’infractions, prende le mosse dai cosiddetti elementi essenziali delle due fattispecie per verificare se, in caso di un’unica condotta che determini una plurima violazione di legge, si configuri un bis in idem.

Con tale filone, di fatto, la Corte Edu salva il concorso formale di reati126, pur senza disconoscere i precedenti Gradinger c. Austria e Oliveira c. Svizzera127. Nel caso di specie nel procedimento nazionale il ricorrente veniva condannato, penalmente e amministrativamente, per omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza. Non era stato applicato nessun meccanismo di computo della pena già inflitta con la prima condanna. Nessun dubbio sul fatto che la condotta fosse la stessa. Osserva il giudice di Strasburgo che, a volte, vi sono casi in cui un atto, at first sight, sembra costituire più di un reato, ma, mediante una closer examination, emerge che, in realtà, tutti gli elementi di un reato sono già contenuti nell’altro: non resta, dunque, «to examine whether or not such offences have the same essential elements».

Coerentemente, la Corte si premura di precisare che l’art. 4, Prot. 7, «does not refer to “the same offence” but rather to trial and punishment “again” for an offence for which the applicant has already been finally acquitted or convicted», di talché per scongiurare un secondo processo occorre controllare che il caso da giudicare non contenga gli stessi elementi essenziali del caso già giudicato.

125 Corte Edu, terza sezione, Franz Fischer c. Austria, sentenza del 29.5.2001, ric. n. 37950/97; in termini analoghi, Corte Edu, terza sezione, W.F. c. Austria, sentenza del 30.5.2002, ric. n. 38275/98.

126 N.PLASTINA, Il ne bis in idem ai sensi dell’art. 54 della Convenzione di applicazione di Schengen: la Cassazione si pronuncia ancora sui limiti al nuovo giudizio, in Cass. pen., 2008, p. 1068, per cui, «se è vero che il mero fatto che una singola condotta determini più di un reato non è contrario all’art. 4, Prot. 7, occorre tuttavia verificare che, al di là del diverso nomen juris dei reati per i quali il ricorrente è stato processato o punito, non ci si trovi dinanzi ad un concorso apparente di reati, in quanto uno contiene gli stessi elementi essenziali dell’altro più qualcosa di aggiuntivo, con sostanziale coincidenza degli stessi».

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La Corte Edu nella sentenza Zolotukhin c. Russia, dopo aver brevemente riassunto i precedenti in seno alla Corte stessa, non del tutto allineati fra loro, ritiene improrogabile mettere un freno alla variety of approaches, all’instabilità di decisioni inerenti la corretta accezione da attribuire al concetto di idem.

Ricorrendo al confronto con altri testi normativi internazionali che utilizzano l’espressione “fatto”, “causa” o “reato”128, i giudici di Strasburgo giungono alla conclusione che l’uso della parola «reato» nel testo dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 non può giustificare l’adesione ad un approccio più restrittivo, ribadendo che la Convenzione deve essere interpretata e applicata in modo tale da rendere i suoi diritti pratici ed efficaci, non teorici e illusori. Le disposizioni di un trattato internazionale come la Convenzione devono essere interpretate alla luce del loro oggetto e scopo e anche in conformità con il principio di effettività129.

Del resto, un approccio che previlegiasse la qualificazione giuridica apparirebbe troppo restrittivo per l’individuo, con un concreto rischio di minare la garanzia offerta dall’art. 4, Prot. 7, garanzia che «contains a safeguard against being tried or being liable to be tried again in new proceedings rather than a prohibition on a second conviction or acquittal»130.

Il criterio da seguire è, dunque, quello dell’identità materiale, che si concretizza nel divieto di perseguire o processare una persona per un secondo «reato» nella misura in cui è riconducibile agli stessi fatti o a fatti che sono sostanzialmente gli stessi131. L’indagine dovrebbe articolarsi su quei fatti che

128 § 79 Zolotukhin c. Russia, per cui «An analysis of the international instruments incorporating the non bis in idem principle in one or another form reveals the variety of terms in which it is couched. Thus, Article 4 of Protocol No. 7 to the Convention, Article 14 § 7 of the United Nations Covenant on Civil and Political Rights and Article 50 of the Charter of Fundamental Rights of the European Union refer to the “[same] offence” (“[même] infraction”), the American Convention on Human Rights speaks of the “same cause” (“mêmes faits”), the Convention Implementing the Schengen Agreement prohibits prosecution for the “same acts” (“mêmes faits”), and the Statute of the International Criminal Court employs the term “[same] conduct” (“[mêmes] actes constitutifs”) . The difference between the terms “same acts” or “same cause” (“mêmes faits”) on the one hand and the term “[same] offence” (“[même] infraction”) on the other was held by the Court of Justice of the European Union and the Inter-American Court of Human Rights to be an important element in favour of adopting the approach based strictly on the identity of the material acts and rejecting the legal classification of such acts as irrelevant. In so finding, both tribunals emphasised that such an approach would favour the perpetrator, who would know that, once he had been found guilty and served his sentence or had been acquitted, he need not fear further prosecution for the same act».

129 § 80 Zolotukhin c. Russia. 130 § 83 Zolotukhin c. Russia. 131 § 82 Zolotukhin c. Russia.

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costituiscono un insieme di circostanze concrete che coinvolgono lo stesso convenuto e sono inestricabilmente legate tra loro nel tempo e nello spazio, la cui esistenza deve essere dimostrata al fine di ottenere una condanna o avviare un procedimento penale132.

La soluzione offerta dalla Corte di Strasburgo, in linea con gli approdi raggiunti dalla Corte di Giustizia133 e, allo stato, non smentita da decisioni di segno contrario di Strasburgo, bensì ripetutamente confermata134, costituisce una significativa decisione nel senso di valorizzare la portata del principio, esaltando il ne bis in idem di cui all’art. 4, Prot. 7 quale garanzia processuale prima ancora che sostanziale. In primis, il principio deve essere inteso quale diritto a non essere perseguitato più di una volta, solo in seconda battuta, e, si può dire, sembra essere più una conseguenza logica piuttosto che una affermazione complementare, diritto a non subire una duplice sanzione.