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Un passo avanti (concorso formale) ed uno indietro (per la medesimezza

2. Il casus belli: la vicenda Eternit

2.4. Un passo avanti (concorso formale) ed uno indietro (per la medesimezza

La sentenza 200/2016 offre plurimi spunti di riflessione.

Appare certamente apprezzabile il fatto che la Consulta abbia finalmente affermato – o, meglio, ribadito – che il criterio per vagliare la medesimezza del fatto deve essere quello riconducibile all’idem factum.

L’aver escluso la possibilità di ricorrere alle «opinabili considerazioni» vertenti sulla natura giuridica dell’offesa ovvero sul bene giuridico tutelato costituisce un indubbio riallineamento alla concezione convenzionale e – in certa misura – eurounitaria489 della nozione di fatto che certamente contribuisce a limare il perimetro di una definizione onnicomprensiva del ne bis in idem.

Non può però tacersi che, per quanto l’interpretazione della Convenzione sia un’attività complessa e sempre aleatoria, soggetta come è a repentine oscillazioni490, la lettura offerta dalla Consulta nella sentenza in commento non sia la sola ed unica possibile.

In buona sostanza, la Corte dissente dall’interpretazione della giurisprudenza CEDU data dal giudice a quo, colpevole di averne frainteso la portata, in quanto non corrisponderebbe al vero che il fatto “convenzionale” guardi alla sola condotta non preoccupandosi dell’evento.

Orbene, la conclusione della Corte non convince per un duplice ordine di ragioni.

489 Come in precedenza osservato (cfr. cap. II, § 2.2), nella dimensione internazionale del ne bis in idem, il giudice dell’Unione europea, da oltre due lustri, aborrisce, ai fini della verifica della medesimezza del fatto per l’operatività dell’art. 54 CAAS, ogni richiamo all’interesse giuridico tutelato dalle norme, posto che, in mancanza di un’opera di armonizzazione fra le legislazioni degli Stati membri, la fiducia reciproca impone il superamento di ogni considerazione che fuoriesca dalla dimensione materiale del fatto. Cfr. Corte di giustizia, seconda sezione, sentenza del 6 marzo 2006, causa c-436/04, Van Esbroeck.

490 P.FERRUA, La sentenza costituzionale, cit., p. 88, per cui «Sul piano operativo il preteso carattere vincolante delle interpretazioni della Corte europea si scontra con l’obiettivo di estrarre dalle sue pronunce regole generali, applicabili oltre il caso deciso». L’Autore, peraltro, dubita della stessa vincolatività dei precedenti della Corte Edu. In aperto (e appassionato) scontro, G.UBERTIS, La “rivoluzione di ottobre” della Corte costituzionale e alcune discutibili reazioni, in Cass. pen., 2012, p. 19.

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In primo luogo, non può tacersi la singolarità della motivazione laddove sembra quasi scomporre in due parti il precedente Zolotukhin v. Russia: orientamento consolidato, se si guarda all’adesione al criterio dell’idem factum; non suscettibile di affermare con sicurezza il fatto che debba guardarsi unicamente all’azione o all’omissione e tanto più non dirimente in quanto la valutazione verterebbe sulla comparazione di reati di sola condotta.

In tal senso, mal si comprende il richiamo alle “almeno tre occasioni” in cui il giudice europeo avrebbe attribuito importanza, per stabilire l’unicità del fatto, alla circostanza che la condotta fosse rivolta verso la medesima vittima: non solo perché, all’evidenza, la Corte costituzionale si comporta proprio come la Corte Edu consiglia di non comportarsi (cherry picking)491, ma anche perché, da un punto di vista logico-argomentativo, si fatica a comprendere per quale motivo il richiamo a tre precedenti dovrebbe avere una portata valoriale superiore ai reati di sola condotta.

Se, inoltre, si considera che il giudice delle leggi da ciò trae “indizi” – non prove – per includere nel giudizio l’oggetto fisico della condotta, mentre “non si può escludere” – espressione dubitativa molto debole – che nel giudizio possa rientrarvi anche l’evento, si deve concludere che, più che retto da rigorosa logica argomentativa, il ragionamento della Corte appare banalmente prodromico alla difesa a spada tratta dell’ospite indesiderato della triade, l’«evento», il cui rapporto con il «grado» evocato dall’art. 649 c.p.p. si fatica a comporre.

Inoltre, non vi è chi non interpreti la nozione di fatto offerta dalla Corte Edu in un’accezione più vicina al giudice del rinvio piuttosto che a quella della Consulta, superando la «diversità di oggetto» ed astraendosi dal vincolo della triade492.

Non solo nella giurisprudenza della Corte Edu non si fa mai riferimento alle componenti della triade, «le quali, seppure valutate nella dimensione empirica, restano di matrice normativa, e dunque irrilevanti nella prospettiva sovranazionale»493, ma dalla disamina delle pronunce successive a Zolotukhin v.

491 D.VICOLI, Il ne bis in idem tra approccio naturalistico e dimensione tripartita del fatto: la Corte costituzionale delinea i nuovi equilibri, in Giur. cost., 2016, p. 2471.

492 N.GALANTINI, Il “fatto”, cit., p. 1214. Contra D.VICOLI, Il ne bis in idem, cit., p. 2470. 493 B.LAVARINI, Il “fatto”, cit., p. 65.

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Russia, non sembrerebbero, infatti, emergere quei dirimenti indizi di orientamento non consolidato che attribuirebbero rilevanza all’evento.

Nel caso Muslija v. Bosnia and Herzegovina494, la Corte Edu, dichiarando la violazione dell’art. 4, Prot. 7, CEDU, non ha conferito alcun rilievo al fatto che, secondo il diritto nazionale, per la configurabilità della minor offence, disciplinata nel Public Order Act 2000 bosniaco, non fosse necessaria la verificazione dell’evento, mentre per il reato di lesioni volontarie disciplinate dal codice penale i danni fisici costituissero elemento necessario. In termini del tutto analoghi la Corte si esprime nel caso Maresti v. Croatia495, laddove la minor offence costituiva un reato di pericolo, turbando l’ordine pubblico e la pace, mentre il reato era un delitto di evento.

Anche nel caso Tarasov v. Ucraine496, la Corte, appurata la natura penale del fatto, riconosce la violazione del ne bis in idem anche se le due violazioni avevano natura giuridica diversa: reato di pericolo e reato di evento.

Un altro elemento che emerge con prepotenza dalla sentenza 200/2016 è che la Corte decide di non comporre il conflitto con la dottrina, che, come detto, fedele al dato testuale, ha da sempre proposto di guardare la sola condotta, al più, nei reati materiali, unita all’oggetto su cui cade497. La Consulta rimane ancorata all’identità intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta oggetto dei due processi: il fatto è il medesimo solamente qualora vi sia un’identità storico naturalistica del reato in tutti i suoi elementi (la più volte citata triade, composta da condotta, evento e nesso di causalità, in rapporto alle condizioni di tempo, di luogo e di persona).

Orbene, la frizione è nota: il richiamo alla triade appare in aperto contrasto con l’irrilevanza del titolo, del grado e delle circostanze.

L’abbandono dell’idem legale permette di superare, in certa misura, le criticità riconnesse ad una riconsiderazione del titolo, laddove una diversità del grado non determini un mutamento del titolo.

494 Corte Edu, quarta sezione, Muslija c. Bosnia ed Herzegovina, sentenza del 14.1.2014, ric. n. 32042/11, § 34.

495 Corte Edu, prima sezione, Maresti c. Croazia, sentenza del 25.6.2009, ric. n. 55759/07, § 63. 496 Corte Edu, prima sezione, Tarasov c. Ucraina, sentenza del 16.6.2016, ric. n. 44394/05, § 28. 497 F.CORDERO,Procedura, cit., p. 1201.

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Le circostanze, notoriamente, non hanno mai creato particolari problemi498. La Corte, però, ammette espressamente non solo che il fatto debba essere considerato diverso al mutare dell’oggetto materiale su cui cade la condotta, ma altresì nel caso in cui muti l’evento, che è, in tutto e per tutto, riconducibile al grado del reato che si configura quale diversa offensività che accede ad una data condotta499, come avviene, ad esempio, nella sequenza percosse, lesioni, omicidio. La principale critica che è stata correttamente mossa alla sentenza della Corte riguarda la mancata conciliazione tra la teoria della triade (che richiama l’evento) e la chiara lettera della legge che, all’art. 649 c.p.p., sancisce l’irrilevanza del grado500. Non fornisce, cioè, i parametri per mezzo dei quali operare questa conciliazione: «sono i grandi assenti della sentenza che li menziona solo in modo fugace e al termine dell’iter argomentativo: quasi fossero inutili orpelli. Resta così irrisolta la difficoltà di coniugare una nozione di fatto nella quale rifluisce anche l’evento in senso naturalistico con un’esegesi che non svuoti di forza precettiva il richiamo a titolo e grado»501.

La Corte, dunque, avalla di fatto quell’indirizzo giurisprudenziale totalmente dimentico dell’irrilevanza del grado per cui è legittima una nuova iniziativa del pubblico ministero per la stessa condotta, qualora l’evento non ancora spiegatosi nel primo processo si verifichi dopo il passaggio in giudicato della prima sentenza 502.

L’omessa indicazione dei suindicati parametri, del resto, ha comportato l’esatto verificarsi di questa sequenza. Nessuno, infatti, palesava dubbi sul fatto che il processo sarebbe proseguito quantomeno con riferimento ai decessi contestati solo nel secondo processo, posto che, aderendo alla più diffusa dottrina503, cadendo la condotta su oggetti materiali diversi, parimenti diversi devono considerarsi i fatti. Più speranze, tuttavia, potevano coltivarsi sul fatto che la preclusione del ne bis in idem operasse almeno per gli eventi morte già giudicati nel primo processo, posto

498 A.GIOVENE,Giudicato, in Dig. pen., V, Torino, 1991, p. 429.

499 R.NORMANDO, Il valore, gli effetti e l’efficacia del giudicato penale, in L.KALB (a cura di), Esecuzione e rapporti con autorità giurisdizionali straniere, in G.SPANGHER (diretto da), Trattato di procedura penale, vol. IV, UTET, Torino, 2009, p. 44.

500 P.FERRUA, La sentenza costituzionale, cit., p. 83. 501 D.VICOLI, Il ne bis in idem, cit., p. 2476.

502 Cass. pen., sez. V, 30 ottobre 2014, n. 52215, in CED Cass. pen., 2015.

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che, se non nella complessità dell’accertamento dei reati di evento, sia pure in una prospettiva «più evanescente» il nesso di causalità era stato lato sensu accertato anche nella vecchia contestazione del reato di pericolo.

Come peraltro paventato da autorevole dottrina, così non è stato504. Il giudice per l’udienza preliminare di Torino, infatti, con una sintetica ordinanza505, rilevava la diversità dei fatti, avuto riguardo, in particolare, alla non coincidenza dell’evento – elemento costitutivo del reato in un caso, mera aggravante nell’altro – e, soprattutto, del mancato accertamento del nesso causale nel primo processo. I reati, peraltro, venivano derubricati in omicidio colposo con conseguente declaratoria di improcedibilità per intervenuta prescrizione, e, per la maggior parte degli omicidi, il giudice dichiarava la propria incompetenza territoriale, trasmettendo gli atti al pubblico ministero presso il giudice competente506.

2.5. Il sistema del codice quale espressione di favore per la contestazione