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IL DECRETO LEGGE N 90/2014 “DECRETO RENZI-MADIA SULLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”.

normativa sulle società pubbliche

4) aggiornamento dell’elenco ISTAT delle pubbliche amministrazioni.

6.2. IL DECRETO LEGGE N 90/2014 “DECRETO RENZI-MADIA SULLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”.

L’art. 3 comma 5 del decreto legge n. 90/2014 ha abrogato l’art. 76 comma 7 del decreto legge n. 112/2008 che prevedeva il divieto di effettuare assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale qualora l’incidenza della spesa per il personale fosse stata pari o superiore al 50% delle spese correnti, divieto che era stato esteso alle società partecipate per effetto di quanto previsto dall’art. 18 comma 2-bis dello stesso decreto, norma che come visto poc’anzi è stata totalmente riscritta dall’art. 4 comma 12 bis del decreto legge n. 66/2014.

Gli enti locali sono attualmente tenuti solo a coordinare le politiche assunzionali dei propri soggetti partecipati, al fine di garantire una graduale riduzione del loro rapporto tra spese di personale e spese correnti.

Con l’introduzione del comma 567 bis all’art. 1 della legge di stabilità 2014, l’art. 5 del decreto legge n. 90/2014, ha fissato un termine per la conclusione dei procedimenti di mobilità del personale fra società pubbliche: per quanto riguarda la mobilità tra società partecipate dallo stesso ente pubblico, di cui al comma 566, il termine di conclusione è entro sessanta giorni dall’avvio del procedimento; per quanto riguarda la mobilità tra società partecipate da enti diversi, di cui al comma 567, il termine è di novanta giorni.

Inoltre, è stata introdotta la possibilità per il personale di presentare istanza alla società da cui è dipendente o all’Amministrazione controllante, entro 15 giorni dalla conclusione delle suddette procedure, per una ricollocazione, in via subordinata, in una qualifica inferiore nella stessa società o in altra società.

L’art. 6 del decreto legge n. 90/2014 ha riformulato l’art. 5 comma 9 del decreto legge n. 95/2012 relativo al divieto di conferimento d’incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza, prevedendo, in particolare, che sia gli enti pubblici di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo n. 165/2001, sia le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, nonché le autorità indipendenti, non possono attribuire a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza incarichi di studio e di consulenza e incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui sopra e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi.

Sono ammessi solo gli incarichi e le collaborazioni prestate a titolo gratuito e per un periodo non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascun ente. Tale previsione si applica, dunque, ai soggetti inclusi nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione dell’ISTAT, oltre che agli incarichi che vengono conferiti presso la società non dal suo organo amministrativo, ma direttamente dall’amministrazione controllante. Non sarebbe, invece, vietato l’incarico retribuito a un soggetto collocato in quiescenza di amministratore di una società non compresa nel citato elenco ISTAT essendo la nomina ad amministratore effettuata non dall’amministrazione controllante, ma dall’assemblea dei soci, organo sociale nettamente distinto dalla precedente, anche se composto dai suoi rappresentanti.

Il decreto legge n. 90/2014, con l’art. 16, ha modificato il disposto dell’art. 4 comma 4 del decreto legge n. 95/2012 relativo alla composizione degli organi amministrativi delle società partecipate, su cui pure era intervenuta la “legge di stabilità 2014”. La previsione dell’art. 16 stabilisce per le società controllate direttamente o indirettamente da un ente pubblico che abbiano conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90% dell’intero fatturato, che possono essere amministrate da un amministratore unico, soprattutto in quelle circostanze in cui l’organo amministrativo è un mero esecutore degli indirizzi e delle decisioni assunte dai soci, come per le società in house

providing, ovvero da un consiglio di amministrazione, che deve constare da non più

di tre membri, scelti rispettando le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi ex decreto legislativo n. 39/2013. E’, inoltre, previsto

che, a decorrere dall’1 gennaio 2015, il costo annuale complessivo sostenuto per i compensi degli amministratori delle partecipate, inclusa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, come gli amministratori delegati, non deve superare l’80% del costo totale sostenuto nel 2013. In precedenza era anche previsto l’obbligo di nomina degli amministratori tra i dipendenti dell’ente pubblico controllante. Ora questo vincolo è venuto meno. Se, però, venissero scelti come amministratori dei dipendenti dell’ente che detiene la partecipazione, in base al principio di “onnicomprensività della retribuzione”, questi avrebbero l’obbligo di riversare i rispettivi compensi all’ente di appartenenza e, ove riassegnabili, in base alle vigenti disposizioni, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio. Inoltre, rispetto al passato, è stato introdotto il diritto per gli amministratori alla copertura assicurativa, il cui mancato riconoscimento aveva precedentemente costituito un forte disincentivo all’accettazione della nomina, e il rimborso delle spese documentate per lo svolgimento dell’incarico. Nel caso di società a partecipazione pubblica indiretta, possono essere nominati amministratori anche dipendenti della società controllante (partecipata diretta) o del titolare di poteri d’indirizzo e di vigilanza, fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia d’inconferibilità e incompatibilità degli incarichi ex d. lgs. 39/2013. In tal caso, gli eventuali compensi percepiti dovranno essere riversati alla società o all’amministrazione di appartenenza del dipendente, fermo rimanendo il diritto alla copertura assicurativa e il rimborso delle spese adeguatamente documentate per lo svolgimento dell’incarico.

L’art. 16 del decreto legge n. 90/2014 ha inciso sull’art. 4 comma 5 del decreto legge n. 95/2012 anche relativamente alla composizione degli organi amministrativi delle “altre società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta”, cioè di quelle società totalmente pubbliche, a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90% dell’intero fatturato.

Per questa tipologia di società, nella quale rientrano per esempio tutte le società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica con partecipazione pubblica totalitaria, è stabilito che, fermo restando quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge, le stesse possono essere amministrate alternativamente da un amministratore unico o da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, tenuto conto della rilevanza e della complessità delle attività svolte.

Alle predette società si applicano le citate limitazioni in materia di riduzione del costo annuo per i compensi degli amministratori (costo che nel 2015 non potrà superare l’80% del costo complessivamente sostenuto nel 2013) e quelli relativi

all’obbligo di riversamento dei compensi percepiti dai dipendenti

dell’amministrazione pubblica o della società pubblica partecipante.

In relazione a quanto stabilito dall’art. 16 comma 2 del decreto legge n. 90/2014, fatta eccezione quanto previsto in materia di limite ai compensi, le nuove disposizioni sopra illustrate si applicano a decorrere dal primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore del decreto (19/08/2014). L’art. 24 bis del decreto legge n. 90/2014 ha chiarito l’ambito soggettivo di applicazione degli obblighi sulla trasparenza stabiliti dal d. lgs. 33/2013. La norma ha, infatti, riscritto l’art. 11 “Ambito soggettivo di applicazione” del citato decreto legislativo, statuendo che la regole sulla trasparenza devono essere applicate dai seguenti soggetti:

- “tutte le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione;

- gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque

denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati;

- limitatamente all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o

dell'Unione europea, gli enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'art. 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi.”

Inoltre, “alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1,

in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicano, limitatamente all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, le disposizioni dell'art. 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190.”

Secondo i chiarimenti forniti dall’Autorità Nazionale Anticorruzione e dal Dipartimento della Funzione Pubblica e, successivamente, per effetto della modifica

del testo di legge, è di tutta evidenza che, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione Europea, la maggior parte degli organismi partecipati dagli enti locali è soggetta alle disposizioni previste dalla L. 190/2012 e dal D.Lgs. 33/2013.

Nell’ambito delle disposizioni relative alla soppressione dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici e alla definizione delle funzioni dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, l’art. 19 del decreto legge n. 90/2014 stabilisce che, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di omissione dell’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento, l’A.N.A.C. applica una sanzione amministrativa compresa fra € 1.000 e € 10.000.