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IL PROBLEMA DELLA NATURA GIURIDICA DELLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA.

Natura giuridica e disciplina applicabile alle società a partecipazione pubblica

1. IL PROBLEMA DELLA NATURA GIURIDICA DELLE SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA.

Come si è più volte osservato, l’attività amministrativa svolta dalle pubbliche amministrazioni o da soggetti privati deve essere sempre indirizzata al perseguimento e alla soddisfazione dell’interesse generale della collettività. Nel diritto amministrativo gravitano e agiscono anche soggetti privati, tra cui vi sono le società pubbliche, la cui peculiarità è data dalla partecipazione della pubblica amministrazione; situazione dalla quale discende un particolare status del soggetto e l’applicazione di regole peculiari e/o speciali. Il fenomeno è regolato innanzitutto dalla legge n. 241 del 7 agosto 1990, conosciuta come la “legge sul procedimento

amministrativo” che rappresenta la regolamentazione dei princìpi che sostengono l’attività amministrativa.

Tale legge prevede all’art. 1: “1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati

dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.

1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa,

agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.

1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il

rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.”

I criteri e i princìpi dell’attività amministrativa, come quelli di economicità, efficacia ed efficienza, fondamentali nel campo dei servizi pubblici, devono essere osservati anche dai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative, tra cui spiccano le società partecipate. Pertanto, indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto, è l’esercizio dell’attività amministrativa a richiedere il rispetto delle regole e dei principi propri del diritto amministrativo. A ulteriore conferma, l’art. 29, comma 1, della medesima legge, stabilisce che le disposizioni in essa contenute “si

applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali” e “altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative”. Inoltre, la sola circostanza che una società sia totalmente o

parzialmente pubblica determina l’applicazione di alcune regole peculiari rispetto a quelle proprie dei soggetti del tutto privati.

Ai sensi dell’art. 4 della legge 70/1975, “Salvo quanto previsto negli articoli 2 e 3,

nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”.

Pertanto, solo la legge può costituire un nuovo soggetto pubblico, che diviene tipico in quanto esiste solo nei modi stabiliti dalla legge.1 Non è, invece, possibile che una società a partecipazione pubblica si qualifichi come soggetto pubblico.

1 L’ente pubblico è tipico solo in quanto istituito per legge. Per contro, l’atipicità della

personalità giuridica pubblica crea notevole difficoltà nel definire le caratteristiche che presenta la categoria dell’ente pubblico. Tante sono state in passato le definizioni legislative quante sono state le funzioni o i motivi che hanno ispirato l’intervento legale. Fra le definizioni meglio riuscite, troviamo quella del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1 comma 2, che, definendo le amministrazioni pubbliche

A ulteriore conferma, il decreto legislativo 39/2013 (“Disposizioni in materia di

inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”), all’art. 1, dopo avere previsto al comma 1

che, “Ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilità

amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico si osservano le disposizioni contenute nel presente decreto, fermo restando quanto previsto dagli articoli 19 e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dalle altre disposizioni vigenti in materia di collocamento fuori ruolo o in aspettativa”, al comma 2 stabilisce: “Ai fini del presente decreto si intende: …b) per «enti pubblici», gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati; 4 c) per «enti di diritto privato in controllo pubblico», le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”. Pertanto, gli

enti pubblici sono ben distinti dagli enti di diritto privato in controllo pubblico che, pur esercitando poteri pubblici o svolgendo attività strumentale a favore di pubbliche amministrazioni o gestendo servizi pubblici, rimangono sempre soggetti privati. A parte quanto appena osservato, quando si parla di pubblica amministrazione, si tende spesso, nel gergo comune, a comprendere, oltre i soggetti pubblici, anche quelli privati che si trovano in una particolare relazione con gli enti pubblici o ai quali, eccezionalmente, è consentito l’esercizio di attività amministrativa, in quanto partecipati da una pubblica amministrazione o in forza di provvedimenti amministrativi di concessione, di affidamento, di aggiudicazione. Le società pubbliche, dunque, pur rimanendo soggetti privati, sono equiparate alla pubblica amministrazione per determinati fini: il principale fine è quello dell’evidenza pubblica, per cui il sistema di derivazione europea che tra i suoi princìpi prevede

allo scopo di delimitare il campo di applicazione della disciplina del pubblico impiego contrattualizzato, rinvia a una serie di enti da considerare, appunto, pubblici.

quello libera concorrenza, richiede che determinati soggetti privati, quali i concessionari, le società a partecipazione pubblica, le società in house, debbano indire procedure di evidenza pubblica nel caso in cui intendano affidare appalti di lavori, di servizi e di forniture, qualificandosi, in tal modo, alla pari di ogni ente pubblico, stazione appaltante.

2. IL FINE DI LUCRO NELL’IMPRESA PUBBLICA IN FORMA