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LA DISCIPLINA GENERALE DI CUI AL D LGS N 175/2016: TRATTI ESSENZIALI E CONSIDERAZIONI CRITICHE.

normativa sulle società pubbliche

11. LA DISCIPLINA GENERALE DI CUI AL D LGS N 175/2016: TRATTI ESSENZIALI E CONSIDERAZIONI CRITICHE.

Dopo aver visto nel dettaglio le previsioni del nuovo Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, possiamo innanzitutto osservare come questo abbia deluso le aspettative degli operatori di settore, prospettate dalla Legge delega, di eliminare le numerose disposizioni settoriali della materia, per farle confluire in un

codice unitario e onnicomprensivo. Il nuovo corpo normativo, infatti, pur investendo una molteplicità di istituti giuridici relativi alle società a partecipazione pubblica, non può essere in alcun modo considerato fonte esaustiva dell'intera materia. Pur abrogando numerose disposizioni, ne rimangono altre ancora vigenti, mentre sono molteplici i riferimenti a norme esterne. L’art. 2, inoltre, chiarisce da subito che le definizioni da esso enunciate sono valide solo “ai fini del presente decreto” e non avranno, dunque, alcuna portata generale. E’, comunque, evidente che tale testo non potrà non assumere un ruolo primario dal punto di riferimento interpretativo, nonostante non comprenda ogni previsione regolante la materia.

La normativa disciplina la partecipazione pubblica in numerose tipologie di società: quelle “a controllo pubblico”, quelle “in house”, quelle “a maggioranza pubblica”, quelle in cui la quota di partecipazione del privato non può essere inferiore al 30%, quelle a partecipazione superiore al 10% ma non a controllo pubblico, quelle quotate, le società elencate nei commi 6, 7 e 8 dell’art. 4 (per gestire fondi europei, o spazi fieristici, universitari o di enti di ricerca), e inoltre quelle elencate nell’allegato A, nonché le società derivanti da una sperimentazione gestionale previste dall’art. 9 bis del d. lgs. 502/1992. Vi è anche, per vari profili, una diversità di disciplina per la partecipazione nelle società da parte dello Stato e dagli enti locali. A queste diversità di disciplina vanno aggiunte quelle che si riferiscono alle società possedute al 100% da pubbliche amministrazioni, quelle che fanno parte del conto economico consolidato dello Stato (art. 1, c. 3 legge 196/2009), quelle di rilevanza strategica nazionale e quelle di “diritto singolare” (art. 1 c. 4). In questo Testo Unico sono trascurabili le norme che si riferiscono generalmente a tutte le società partecipate; anche il vincolo delle finalità perseguibili (art. 4) si riferisce alle P.A. e non alle società partecipate (art. 2). Per le società partecipate non sussiste, quindi, una disciplina specifica.

Si può, inoltre, osservare come il decreto si strutturi in modo da prendere in considerazione l’intero fenomeno della vita delle società a partecipazione pubblica che rientrino nell'ambito di applicazione del decreto medesimo. Sono così stabilite le ipotesi e le regole procedimentali con cui una pubblica amministrazione può assumere o mantenere una partecipazione societaria e, viceversa, le ipotesi in cui, invece, l’ente pubblico sia obbligato a dismettere una partecipazione. Il decreto disciplina la governance della società partecipata e i rapporti fra competenze degli organi dell’amministrazione partecipante, nonché l’esercizio dei diritti societari. Vi

sono, altresì, disposizioni specifiche relative al personale delle società partecipate, disciplinando anche uno specifico procedimento relativo alla crisi d'impresa.

Col decreto, si superano due disposizioni normative chiave del sistema delle società partecipate: l'art. 3, comma 27 e seguenti della legge 244/2007 e l'art. 13 del decreto legge 233/2006. Tali disposizioni ponevano limitazioni alla possibilità di costituire e mantenere società partecipate, oltre che limiti espressi alle attività delle società cosiddette “strumentali”. In proposito, l’art. 4 del Testo Unico pone due importanti precisazioni:

1) che l'“oggetto esclusivo” delle società strumentali deve essere interpretato nel senso di ritenere legittima la sussistenza di più attività, anche fra loro eterogenee (così superando, ad esempio, alcuni indirizzi interpretativi che avevano ritenuto incompatibile l'esercizio di servizi pubblici con lo svolgimento di attività strumentali

in house);

2) che le società in house, pur sottostando all'obbligo di avere un “oggetto sociale esclusivo”, possono, conformemente al dettato comunitario e a quanto contenuto negli artt. 5 e 192 del decreto legislativo n. 50/2016, svolgere anche attività a favore di terzi nei limiti quantitativi delle disposizioni richiamate.

Da considerare positivamente il tentativo del legislatore a coordinare il regime particolare delle società partecipate con il diritto privato, individuando una serie di deroghe alle previsioni del codice civile. In particolare, sono definite le tipologie di società nelle quali è ammessa la partecipazione pubblica: può trattarsi esclusivamente di società (anche consortili) costituite in forma di s.p.a. o s.r.l., anche in forma cooperativa. Per quanto riguarda le s.r.l. a controllo pubblico, l'atto costitutivo o lo statuto in ogni caso deve prevedere la nomina dell'organo di controllo o di un revisore; nelle s.p.a. a controllo pubblico, la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale.

Il Testo Unico precisa poi le finalità che possono essere perseguite dalle società partecipate. Gli enti pubblici non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Fissati i limiti, le finalità perseguibili sono:

a) produzione di un servizio di interesse generale (inclusa la realizzazione e gestione di reti e impianti ad essi funzionali);

b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra pubbliche amministrazioni differenti;

c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica oppure organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato (art. 180 d.lgs. n. 50/2016) con un imprenditore selezionato;

d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle direttive europee e delle norme nazionali in materia di contratti pubblici;

e) servizi di committenza, incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.

Le società in house hanno come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle citate lettere a), b), d) ed e); queste operano prevalentemente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.

Viene, poi, disciplinata la costituzione delle società partecipate e la relativa gestione. La deliberazione di partecipazione di un ente pubblico alla costituzione di una società è adottata:

a) con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali; b) con provvedimento del competente organo della regione, in caso di partecipazioni regionali;

c) con deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali; d) con delibera dell'organo amministrativo dell'ente, in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche.

I diritti di socio sono esercitati:

• per le partecipazioni pubbliche statali, dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con altri Ministeri competenti per materia;

• per le partecipazioni regionali, secondo la disciplina stabilita dalla regione titolare delle partecipazioni;

• per le partecipazioni di enti locali, dal sindaco o dal presidente o loro delegato;

• in tutti gli altri casi, dall'organo amministrativo dell'ente.

Ai manager delle società partecipate si applicano le disposizioni ordinarie sulla responsabilità degli organi sociali stabilite per le società di capitali, salva la

giurisdizione della Corte dei Conti per il danno erariale cagionato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. Alla Corte dei Conti è devoluta la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale nei limiti della quota di partecipazione pubblica.

In base al Testo Unico, il "danno erariale" è quel danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell'esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione.

E’ prevista, inoltre, la legittimazione di ciascuna amministrazione partecipante, indipendentemente dall'entità della partecipazione di cui è titolare, a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale, in deroga ai limiti previsti dall'art. 2409 c.c. per le società di capitali.