L’evoluzione normativa italiana sulle società pubbliche local
3. STRUMENTI E ORIENTAMENTI DEL LEGISLATORE ITALIANO.
Si può dunque affermare che storicamente gli enti pubblici, per gestire le attività economiche, hanno utilizzato tre strumenti:
- gestione del servizio tramite un organo dell’amministrazione non provvisto di personalità giuridica distinta, più o meno autonomo;
- gestione del servizio tramite ente pubblico distinto dall’ente territoriale di riferimento;
- gestione del servizio tramite una società per azioni con partecipazione pubblica. In questo caso l’impresa, oltre ad essere distinta dall’ente territoriale, è sottoposta alle regole privatistiche delle società di capitali, mentre l’amministrazione pubblica ne esercita il controllo come un azionista privato.
A ogni strumento corrisponde una particolare combinazione di pubblico e privato negli aspetti strutturali e nel regime dell’attività.18 Nel primo caso si applica il diritto amministrativo sia all’organizzazione che all’attività, anche se l’esecuzione dei contratti è retta dal diritto privato. Nel caso dell’ente pubblico distinto dall’ente
17 Urbano G., Le società a partecipazione pubblica tra tutela della concorrenza, moralizzazione e
amministrativizzazione, pag. 9, Amministrazione In Cammino.
territoriale, all’organizzazione si applica il diritto amministrativo, mentre all’attività si applica il diritto privato, pur con qualche eccezione (es. la non applicabilità delle procedure concorsuali in caso di insolvenza). Nel caso della società per azioni si applica in toto il diritto privato (salvo quanto previsto da alcune disposizioni speciali, come le norme sugli appalti, il diritto di accesso ai documenti amministrativi anche nei confronti delle s.p.a. partecipate, ecc.).
Una questione da chiarire è se un ente pubblico territoriale possa liberamente costituire o partecipare a una società per azioni in presenza di un evidente interesse pubblico. Il Consiglio di Stato si era espresso confermando il consolidato orientamento del giudice amministrativo a considerare gli enti pubblici titolari di una generale capacità di diritto privato che gli consente di concludere ogni tipo di contratto compatibile con le finalità istituzionali che gli sono proprie.19 La legislazione recente ha però cercato di limitare l’impiego del modello societario, determinando così un passaggio dal princìpio della capacità generale degli enti pubblici alla creazione di società al princìpio di capacità speciale solo in quanto consentito dalla legge.20 Le ragioni di tale inversione di rotta sono molteplici.
Il modello societario, infatti:
1) è un fenomeno complesso, a sviluppo rapido e ampio, difficile da controllare, talora non rispondente a sani criteri di razionalizzazione dei servizi pubblici locali, con la moltiplicazione dei luoghi di potere e di rappresentanza;
2) si presta a eludere vincoli di finanza pubblica, quale il patto di stabilità e la disciplina del personale, conferendo incarichi a compensi spropositati;
3) crea spesso un differenziale negativo tra costi e benefici sociali; 4) è fonte talvolta di opportunità sottratte al mercato;
5) finanziato con fondi pubblici, ove presente sul mercato in concorrenza con soggetti privati, acquista un indebito vantaggio concorrenziale;
6) elude il principio concorsuale in materia di assunzione di personale, nonché vincoli tipici dell’azione amministrativa.21
La società partecipate sono pertanto disciplinate dal diritto privato, in quanto società per azioni, salvo che talune norme speciali pongano delle deroghe. Tali norme sono in parte recepite dal codice civile, in parte costituiscono disposizioni legislative a se stanti.
19 Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 23 ottobre 2007, n. 5587.
20 Ibba C., Dall’ascesa al declino delle partecipazioni pubbliche, www.giustamm.it, gennaio 2011. 21 Fontana F., Le società partecipate dagli enti locali, slide 5/90
In primo luogo, vi sono norme speciali che regolano la condotta esterna dell’ente pubblico azionista, subordinandone ad esempio l’esercizio dei poteri a previe deliberazioni amministrative, senza che questo abbia alcuna incidenza sull’operatività della società. In secondo luogo, vi sono norme che condizionano direttamente la funzionalità e l’ordinamento interno delle società pubbliche, come la predeterminazione dell’oggetto sociale e i vincoli sulla composizione azionaria. Talvolta, i tratti di specialità delle norme divengono comuni per categorie di società pubbliche, tanto da coordinare la natura ibrida di tali soggetti con alcuni interessi generali “trasversali”. Questo consente una classificazione delle più recenti deroghe al diritto comune in ragione della loro funzionalità.22
Innanzitutto, sono stati posti dei limiti all’operatività, all’attività o all’oggetto delle società partecipate onde preservare il mercato da eventuali distorsioni concorrenziali a discapito delle imprese private.
In secondo luogo, sono stati introdotti dei vincoli atti ad arginare sprechi ingiustificati di risorse finanziarie, quali i limiti ai compensi e al numero dei componenti gli organi societari. Certamente, la salvaguardia delle risorse finanziarie dovrebbe, già di per se, essere frutto del comportamento virtuoso dell’azionista pubblico. Poiché invece nei fatti, gli azionisti pubblici si sono spesso dimostrati scorretti nella gestione del denaro pubblico, creando un clima di sfiducia generale, in particolare, nei confronti degli amministratori locali e regionali, l’intervento normativo dello Stato non poteva che essere di assoluto rigore. Talvolta però tale intervento è arrivato a incidere eccessivamente sull’autonomia delle regioni e degli enti locali sancita dalla Costituzione, con le ovvie pronunce di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale.
In terzo luogo, sono stati introdotti alcuni vincoli tipicamente pubblicistici che le società partecipate, approfittando della forma di soggetto privato, tendevano a eludere. In particolare, venivano eluse le norme sulle assunzioni del pubblico impiego e sull’applicazione delle procedure di evidenza pubblica nei contratti.
Complessivamente, questi interventi del legislatore italiano, nel far fronte a criticità nazionali di immoralità, di elusione di vincoli imperativi e di distorsioni concorrenziali, hanno portato a una limitazione alla possibilità di costituire società
22 Urbano G., Le società a partecipazione pubblica tra tutela della concorrenza, moralizzazione e
pubbliche,23 che va ben al di là di quanto previsto dal diritto europeo, interessato solo al fatto che l’impresa pubblica non goda di una posizione privilegiata sul mercato.24 Proprio il diritto comunitario ha dato una controspinta alla specialità normativa per un ritorno al diritto comune laddove le norme speciali prevedevano situazioni di privilegio in favore del socio pubblico, quali il potere di incidere sulla governance della società25 o di sindacare con effetto di veto l’acquisto di quote societarie di rilievo da parte dei privati.26 Nella stessa direzione, l’ordinamento interno sta cercando di dare una razionalizzazione sistematica del regime giuridico delle società partecipative con riferimento ad alcune norme già in vigore, come con il ridimensionamento della responsabilità erariale caratteristica degli enti pubblici, precedentemente estesa, con effetti incongruenti, anche alle partecipate, in quanto cumulabile con la responsabilità civile degli amministratori.
4. POLITICHE RESTRITTIVE ALLA PROLIFERAZIONE DELLE