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Il Decreto Ministeriale Burden Sharing : il primo vero coinvolgimento dei governi local

DEI CERTIFICATI DI EMISSIONE DEI GAS SERRA

7. Il Decreto Ministeriale Burden Sharing : il primo vero coinvolgimento dei governi local

Il Decreto Ministeriale Burden Sharing del marzo 201270, definito sulla base degli obiettivi contenuti nel Piano di Azione nazionale per le energie rinnovabili, è nato faticosamente all’interno della Conferenza Stato-Regioni del medesimo anno, con l’obiettivo di ripartire a livello regionale la quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili in vista del raggiungimento degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra del 17% prefissati per il 2020.

Esso costituisce il punto di partenza per un vero coinvolgimento dei governi locali, che adesso si obbligano a contribuire all’obiettivo di riduzione delle emissioni assunto dall’Italia. Sicuramente, però, il Decreto in questione è il risultato di una serie di precedenti iniziative intraprese dal Governo al fine di rispettare gli impegni presi con l’UE in ambito di riduzione delle emissioni climalteranti.

Già con la Legge Finanziaria 200871 il legislatore italiano aveva disposto, entro novanta giorni dall’adozione della presente Legge, la

70 Decreto Ministeriale del 15 marzo 2012 sulla “Definizione e

qualificazione degli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e definizione della modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle Regioni e delle province autonome (c.d. Burden Sharing)”, (G.U. n. L 78 del 02 aprile 2012).

71 Legge 24 dicembre 2007 n. 244 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, pubblicato in G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007.

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ripartizione tra le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano della quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili per raggiungere l’obiettivo del 17% entro il 2020, predisponendo obiettivi intermedi al 2012, 2014, 2016 e 201872.

Successivamente, ai fini del recepimento e dell’attuazione della Direttiva 2009/28/CE73 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, il D.Lgs. n. 28/201174 confermava e quantificava gli obiettivi regionali da perseguire in attuazione della citata Legge Finanziaria 200875.

Nonostante tali interventi del legislatore italiano, il Decreto in questione è stato emanato con oltre mille giorni di ritardo rispetto ai tempi stabiliti dalla Legge Finanziaria 2008.

Concettualmente, il Decreto Ministeriale Burden Sharing, letteralmente Decreto Ministeriale sulla Condivisione degli Oneri, definisce cos’è il consumo finale lordo di energia di una Regione o

72 Articolo 2, comma 167 della Legge n. 244 del 2007, come sostituito dall’articolo 8 bis della Legge n. 13 del 2009.

73 Direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 “Sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”.

74 D.Lgs. n. 28 del 3 marzo 2011, “Attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”, pubblicato il G.U. n. 71 del 28 marzo 2011.

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Provincia Autonoma e cos’è il consumo di energia rinnovabile76, fissando la traiettoria degli obiettivi regionali dalla situazione iniziale al 2020. Tali obiettivi regionali sono intermedi al 2012, 2014, 2016, 201877, vincolanti soltanto a partire dal 201678.

Per raggiungere i target indicati dal Decreto in questione, le Regioni sono tenute ad integrare gli strumenti di governo del territorio con la predisposizione di strumenti di contenimento del consumo finale lordo di energia, dato dalla somma dei consumi elettrici, di energia per il riscaldamento e raffreddamento e dei consumi per il trasporto.

Le Regioni, quindi, si impegnano a perseguire finalità comuni, tra le quali sviluppare modelli di intervento per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili su scala distrettuale e territoriale, integrare la programmazione in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica con la programmazione di altri settori, concorrere al contenimento dei rispettivi consumi finali lordi mediante interventi nei trasporti pubblici locali, negli edifici e nelle utenze delle regioni e degli enti locali, nell’illuminazione pubblica e nel settore idrico.

Inoltre, le Regioni si impegnano alla diffusione degli strumenti del finanziamento tramite terzi, a indirizzare gli enti locali nello

76 Articolo 2, commi 2 e 3 del Decreto Ministeriale 15 marzo 2012. 77 Come già stabilito dalla Legge Finanziaria 2008, Legge n. 244/2007. 78 Articolo 3, comma 2 del Decreto Ministeriale 15 marzo 2012.

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svolgimento dei procedimenti di loro competenza, applicando il modello dell’autorizzazione, a incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili e a promuovere programmi di formazione, destinati anche ai gestori delle piccole e medie imprese79.

Tutte le misure adottate devono essere rese note al Ministero dello Sviluppo Economico, al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ed anche alle altre regioni. Il Ministero dello Sviluppo Economico verifica, per ciascuna Regione e Provincia Autonoma, la quota del consumo finale lordo di energia coperta da fonti rinnovabili, riferita all’anno precedente80.

Dall’analisi del testo normativo emerge che gli impegni che le Regioni sono chiamate a rispettare sono in linea generale decisamente onerosi, specie per quelle meno lungimiranti e sostenibili che non hanno saputo prepararsi per tempo al raggiungimento di tale obiettivo81.

Un esempio ne sono il Molise, chiamato ad incrementare la propria produzione/consumo di energia da fonti rinnovabili dal 10,8% del 2012 al 35% del 2020, la Basilicata, chiamata a passare dal 7,9% al 33,1% o ancora la Calabria, dal 8,7% al 27,1%.

79 Articolo 4 del Decreto Ministeriale 15 marzo 2012.

80 Articolo 5, comma 1 del Decreto Ministeriale 15 marzo 2012.

81 A. Quaranta, Burden Sharing: politica integrata o pilatesco scarica barile?, in Ambiente e Sviluppo, n. 5, 2012, pp. 455-461.

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Vi sono poi regioni, come la Valle d’Aosta e provincie autonome, come Bolzano, che sicuramente percepiscono come meno onerosi gli impegni del Decreto, in quanto già attente all’utilizzo di fonti rinnovabili; infatti, la prima deve incrementare la propria produzione/consumo di energia da fonti rinnovabili solo in modo marginale, passando dal 51,8% del 2012 al 52,1% del 2020, e la seconda dal 32,4% deve giungere soltanto al 36,5%82.

Nel loro complesso, le Regioni italiane partono da una percentuale pari al 8,2% di produzione/consumo di energia da fonti rinnovabili del 2012 per giungere al 14,3% del 2020.

Al di là dei meriti intrinseci di una teorica condivisione degli oneri, volta anche a riequilibrare lo sbilanciamento fra le regioni più o meno virtuose in tema di utilizzo delle fonti rinnovabili e conseguente riduzione delle emissioni di gas serra, che il Decreto Burden Sharing si prefigge, non mancano, ancora una volta, delle criticità in grado di vanificare gli sforzi per la costruzione di un decentramento amministrativo efficiente, coerente con le politiche nazionali e capace di dare attuazione al Decreto stesso.

82 Tutti i dati espressi in percentuale sono ricavabili dall’art. 3, comma 2, Tabella A del Decreto Ministeriale Burden Sharing, “Traiettoria degli obiettivi regionali dalla situazione iniziale al 2020”.

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Come afferma parte della dottrina83, il nostro legislatore sembra perdersi nell’enunciare grandi principi, compreso quello di un federalismo partecipato, che tuttavia rimangono inattuati almeno finché non si consente praticamente, con strumenti predisposti a livello nazionale, a quegli stessi enti che dovrebbero far parte di questo processo di integrazione sussidiaria, di dare il proprio contributo.

Infatti, leggendo con attenzione il Decreto, è subito evidente la mancanza di qualsiasi riferimento espresso a quello che avrebbe dovuto essere, a detta dello stesso legislatore nazionale, l’apporto statale nella collaborazione con le Regioni, che sembrano essere lasciate sole nel perseguimento degli obiettivi richiesti a dal Governo.

Il Decreto Burden Sharing risulta quindi ispirarsi ad una strategia fondata sul divide et impera che come unico risultato ha quello di dividere più che unire e creare una concreta collaborazione, scaricando le colpe statali sulle eventuali inefficienze regionali.