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La natura giuridica delle quote di emissione nell’ordinamento italiano

DEI CERTIFICATI DI EMISSIONE DEI GAS SERRA

4. La natura giuridica delle quote di emissione nell’ordinamento italiano

La qualificazione giuridica delle quote di emissione rappresenta una questione irrisolta, posto che non si annovera tra le questioni prese in considerazione dalla normativa italiana.

Nel silenzio del legislatore comunitario, il legislatore italiano ha deciso di percorrere la medesima strada, disinteressandosi della natura giuridica delle quote di emissione e limitandosi a riprodurre in maniera pedissequa la definizione comunitaria, data dalla Direttiva 2003/87/CE, nel D.Lgs. n. 216/2006 che descrive le quote di emissione come “il diritto ad emettere una tonnellata di biossido di

44 Articolo 36 del D.Lgs. n. 30/2013 così come modificato dal D.Lgs. n. 111/2015.

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carbonio equivalente nel primo periodo di riferimento o nei peridi di riferimento successivi, valido unicamente per rispettare le disposizioni del presente decreto e cedibile conformemente al medesimo”45.

Niente di più è stato aggiunto in merito alla natura delle quote, facendo nascere problemi interpretativi di non facile soluzione per gli operatori del diritto, anche in virtù del fatto che la giurisprudenza non ha preso una posizione netta in materia e la dottrina che si è pronunciata non è risultata unanime46.

I pochi autori che si sono soffermati ad analizzare la questione hanno sottolineato l’origine pubblica delle quote di emissione, dal momento che è un’autorità pubblica a stabilirne il numero totale da assegnare e il relativo rilascio ai singoli gestori degli impianti.

Di conseguenza, diversi di questi autori hanno inquadrato e ricondotto la natura giuridica delle quote di emissione alla categoria delle autorizzazioni o delle concessioni amministrative, muovendo dall’errato presupposto, come si vedrà in seguito, in base al quale ciò che viene attribuito ai gestori è la proprietà dell’aria, che in realtà sappiamo essere un bene comune la cui regolamentazione nasce solo al fine di disciplinarne le modalità di utilizzo.

45 Articolo 3 lettera p) del D.Lgs. 216/2006.

46 F.M. Pizzati, Dubbi teorici per problemi pratici: la posizione delle quote di emissione nel diritto amministrativo, in Laboratorio per l’Innovazione Pubblica, n. 4, 2017.

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A prima vista, però, la qualificazione delle quote di emissione come autorizzazioni o concessioni appare scontata, visto lo stretto collegamento esistente tra le quote di emissione e l’autorizzazione al rilascio delle stesse in atmosfera47.

Tuttavia, tale qualificazione non risponde alla classica natura dell’autorizzazione così come intesa dal diritto amministrativo, ossia un provvedimento mediante il quale la pubblica amministrazione, nell’esercizio di un potere discrezionale, provvede a rimuovere un limite all’esercizio di un diritto o di una facoltà del richiedente legittimato48.

Sulla base della considerazione appena esposta, altri autori hanno ritenuto più conveniente ricondurre le quote di emissione all’interno della categoria delle concessioni, diverse dalle autorizzazioni in quanto in tal caso l’autorità pubblica attribuisce al soggetto richiedente un diritto nuovo, avente ad oggetto l’utilizzo di un’utilità pubblica dai cui il soggetto richiedente trae vantaggio49.

Da un’attenta analisi della normativa italiana già precedentemente esposta in materia, però, possono essere dedotte alcune conclusioni che

47 O. Esposito De Falco, La direttiva Emissions Trading: nuovo strumento impositivo di tutela ambientale, Roma, Aracne, 2005.

48 F.L. Gambaro, Emission Trading tra aspetti pubblicistici e profili privatistici, in Cei Eur, 2005, pp. 521-861.

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rendono difficile qualificare in termini di autorizzazione o concessione le quote.

In primo luogo, nella normativa nazionale in tema di emissioni di gas serra manca una qualsiasi valutazione discrezionale dell’autorità pubblica, tipica dei provvedimenti amministrativi autorizzatori e concessori, nel momento dell’attribuzione delle quote, che appare invece, come si evince anche dalla stessa norma comunitaria, un atto dovuto quando il richiedente è in possesso dei requisiti previsti dalla Direttiva 2003/87/CE.

In secondo luogo, un ulteriore elemento che rende ardua la possibilità di identificare le quote di emissione con l’autorizzazione o la concessione è la libera trasferibilità delle quote da un gestore ad un altro, anche oltre i confini nazionali; le quote non sono legate al singolo impianto, e per questo sono liberamente trasferibili50.

Ciò che appare certo è che l’origine delle quote è sicuramente pubblica, indipendentemente dal metodo di allocazione, sia perché è l’autorità pubblica che ne stabilisce il numero totale da assegnare, compatibile con gli impegni di riduzione assunti con la ratifica del Protocollo di Kyoto, sia perché il rilascio ai singoli impianti si concreta

50 Ciò a differenza del trasferimento dell’autorizzazione, praticabile solo nei confronti di un cessionario che sia titolare dei medesimi requisiti richiesti ex lege. Per un approfondimento, si veda P. Dell’Anno, Manuale di Diritto Ambientale, Padova, Cedam, 2003.

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in un provvedimento amministrativo, consistente nell’annotazione delle quote nel conto di proprietà di ciascun gestore.

Diversamente da quella che sembra essere la percezione degli autori, però, come precedentemente accennato, le quote di emissione non attribuiscono la proprietà su una porzione d’aria bensì l’autorizzazione o il diritto ad emettere una certa quantità di gas climalteranti. E ciò in virtù del fatto che l’aria continua ad essere un bene comune, che non appartiene ad alcuno e il cui uso è comune a tutti51.

Il diritto ad emettere una determinata quantità di emissioni in atmosfera non differisce dal già citato approccio command and control, in base al quale il gestore di un impianto deve disporre di un’autorizzazione alle emissioni per poterne rilasciare la rispettiva quantità.

Tuttavia, le caratteristiche di negoziabilità e fungibilità delle quote di emissione rendono le stesse differenti da una comune autorizzazione

51 In proposito deve essere menzionato il secondo disegno di legge delega per la modifica delle norme del Codice Civile in materia di beni pubblici presentato nel 2008 dalla Commissione sui beni pubblici, presieduta da S. Rodotà, secondo il quale l’aria rientra nella nuova categoria dei beni comuni, che non fanno parte strictu sensu nella specie dei beni pubblici, poiché sono a titolarità diffusa, e dei quali deve essere garantita la fruizione collettiva, nei limiti e secondo le modalità fissate dalla legge. Così ricorda V. Jacometti, Lo scambio di quote di emissione, analisi di un nuovo strumento di tutela ambientale in prospettiva comparatistica, op. cit. p. 428.

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alle emissioni, poiché una quota di emissione assegnata non comporta solo l’autorizzazione ad emetterla ma incorpora anche il diritto a che questa possa essere venduta e trasferita52.

Concludendo, quindi, sembra opportuno ritenere che le quote siano un bene giuridico53, posto che rappresentano un valore, un’utilità giuridicamente ed economicamente rilevante. Senza dubbio, però, non può trattarsi di un bene materiale, in quanto non è possibile apprenderle fisicamente.

È lecito affermare che le quote di emissione sono beni giuridici immateriali, esistendo solamente in forma elettronica nel Registro nazionale, costituite da un diritto, il diritto ad emettere gas serra.

E poiché esse sono sganciate dalla natura fisica del gas serra e dell’impianto che le produce, possono essere trasferite liberamente a qualsiasi persona fisica o giuridica54.

52 V. Jacometti, Lo scambio di quote di emissione, analisi di un nuovo strumento di tutela ambientale in prospettiva comparatistica, op. cit. p. 430.

53 Ai sensi dell’articolo 810 del Codice Civile sono beni, nel nostro ordinamento, “tutte le cose che possono formare oggetto di diritti”. 54 M. Lipari, Il commercio delle emissioni, in E. Bruti Liberati, F. Donati (a cura di), Il nuovo diritto dell’energia tra regolazione e concorrenza, Quaderno Cesifin n. 33, Torino, 2007.

102 5. La Borsa italiana delle emissioni

In attuazione di quanto previsto dalla Direttiva 2003/87/CE sul sistema comunitario di scambio delle emissioni, che ha previsto anche la costituzione di mercati nazionali per l’acquisto e la vendita dei diritti di emissione, conformemente al Piano europeo di riduzione delle emissioni inquinanti, a partire dal 2 aprile 2007 è operativa la prima piattaforma italiana di scambio delle emissioni, la cosiddetta Borsa dei fumi.

L’avvio del mercato tenta di colmare il ritardo accumulato dall’Italia rispetto agli altri paesi europei nella realizzazione di una piattaforma di scambio dell’anidride carbonica, offrendo così alle imprese italiane la possibilità di operare all’interno della nuova Borsa al fine di ottimizzare i programmi di contenimento delle emissioni nocive all’ambiente55.

La piattaforma italiana è oggi organizzata e gestita dal Gestore dei

Servizi Mercati Energetici (GME)56 secondo criteri di neutralità

trasparenza, obiettività e concorrenza tra gli operatori così come stabilito da un apposito Regolamento57 e dalle disposizioni tecniche di

55 Fonte: Il Corriere della Sera, www.ilcorrieredellasera.it.

56 Precedentemente, alla sua nascita, la Borsa dei fumi era gestita dal Gestore del Mercato Elettrico.

57 Regolamento del mercato e delle unità di emissione di gas a effetto serra, pubblicato il 21 marzo 2007 e consultabile sul sito www.mercatoelettrico.org.

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funzionamento (DTF) che ne definiscono le norme attuative e procedimentali, verificandone anche il rispetto.

La Borsa delle emissioni italiana è un mercato con consegna “a pronti” delle unità di emissione (mercato spot), con un lotto minimo di offerta di 500 unità.

Per essere ammessi al Mercato, gli operatori devono essere titolari di un conto deposito delle unità di emissione presso uno dei Registri europei58, e sottoscrivere una domanda corredata da un contratto di adesione alle regole del mercato.

Al Mercato possono partecipare tutti i soggetti, persone fisiche e giuridiche, che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva Emission Trading purché abbiamo ricevuto, entro 15 giorni dalla data di presentazione della domanda, la comunicazione di ammissione al Mercato da parte del GME che, dopo attente verifiche, inserisce gli

operatori in un apposito elenco degli operatori ammessi al Mercato59.

Tali operatori ammessi hanno l’obbligo di comunicare tempestivamente al GME ogni variazione che possa comportare la perdita o la modifica dei requisiti per l’ammissione60.

58 Tra questi: CDC, DEFRA, l’ECRA così come descritti nel § 2.1 del precedente capitolo.

59 Elenco consultabile sul sito internet del GME.

60 B. Annicchiarico, A. Costa, Protocollo di Kyoto e mercato europeo dei diritti di emissione dei gas ad effetto serra: avvio della prima borsa italiana delle emissioni, in Studi e Note di Economia, n. 2, 2007, pp. 233-255.

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Ai fini di un corretto funzionamento del Mercato e soprattutto del mantenimento di un elevato livello di sicurezza delle transazioni in esso effettuate, è prevista la garanzia totale degli acquisti, tramite deposito fruttifero, e la garanzia di consegna delle unità acquistate, tramite trasferimento iniziale delle unità sul conto di deposito online61 che il

GME ha aperto presso l’ISPRA62.

In altri termini, chiunque voglia vendere le quote di emissione nella Borsa delle emissioni italiana deve trasferire le unità che intende scambiare sul conto di deposito intestato al GME.

Per ciascuna tipologia di unità di emissione ammesse alle contrattazioni (crediti ERUs, CERs, EUA), il GME organizza un diverso book di negoziazione nel quale, durante la sessione di contrattazione, ogni operatore può inserire le proposte di acquisto o vendita, indicando l’anno di riferimento delle quote di emissione, la quantità e il prezzo riferito ad ogni quota.

Le proposte di acquisto e vendita vengono ordinate poi secondo priorità di prezzo, ed in caso di ugual prezzo secondo l’ordine temporale di recepimento dell’offerta da parte del sistema informatico del GME.

61 F. Arecco, Il Gestore del Mercato Elettrico inaugura la Borsa Italiana dei titoli di emissione di gas serra, in Ambiente e Sviluppo, n. 5, 2007, pp. 403-407.

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Una proposta di acquisto è valida quando il relativo controvalore risulta minore o uguale all’importo del deposito disponibile dell’operatore; viceversa, una proposta di vendita è valida quando il numero di unità indicato nella proposta è minore o uguale al numero di unità di emissione vendibili dall’operatore. Nel caso in cui queste condizioni non siano rispettate, sia la proposta di acquisto che quella di vendita vengono respinte63.

Le sessioni di mercato sono giornaliere, dalle 9 alle 16 di tutti i giorni lavorativi, e gli scambi sono in contrattazione continua.

Da quanto esaminato, è possibile notare come l’Italia abbia creato con molto ritardo rispetto al resto degli Stati membri dell’Unione la propria Borsa italiana di scambio dei diritti di emissione, attiva solo dal 2007.

Sebbene più tardi rispetto agli altri Paesi europei, la Borsa dei fumi ha quindi offerto alle imprese italiane uno strumento per ottimizzare i loro programmi di contenimento delle emissioni di gas a effetto serra, agevolando l’incontro tra domanda e offerta delle unità di emissione.

63 B. Annicchiarico, A.Costa, Protocollo di Kyoto e mercato europeo dei diritti di emissione dei gas ad effetto serra: avvio della prima borsa italiana delle emissioni, cit. p. 251.

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Sezione II

6. Il ruolo indiretto e marginale degli Enti territoriali nel mercato