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Il deficit nel controllo inibitorio: una caratteristica comune a bambini e anziani.

Commento teorico e analisi degli articoli tradotti.

5. Il deficit nel controllo inibitorio: una caratteristica comune a bambini e anziani.

In un più recente studio sui meccanismi relativi al controllo dell’inibizione nelle persone anziane e molto anziane,è emerso come i meccanismi che regolano questa funzione, siano compromessi con l’età. I ricercatori Alp Aslan e Karl-Heurt T. Bäuml, dell’Università di Ratisbona in Germania, hanno iniziato la loro analisi partendo dall’inhibition-deficit hypothesis, postulata nel 1988 da Hasher e Zacks, e hanno impostato il loro studio in modo tale da verificare se tale ipotesi fosse adeguata a spiegare, almeno in parte, la tendenza delle persone più anziane ad avere problemi con il recupero lessicale e di conseguenza a commettere un numero maggiore di errori. L’esperimento è spiegato in una breve ma esauriente relazione pubblicata nel 2012 dalla American Psychological Association sulla rivista accademica Psychology

and Aging, dal titolo “Retrieval-Induced Forgetting in Old and Very Old Age”. Stando

all’ipotesi del deficit dell’inibizione, le prestazioni mentali e quelle mnemoniche di un anziano diminuirebbero nella loro efficacia portando ad un generale peggioramento della prestazione linguistica; questo sembra essere dovuto soprattutto a dei meccanismi inibitori inefficienti.

Ovviamente in una generale analisi linguistica sulle cause e i motivi del declino della performance mnemonica negli anziani, la perdita del controllo dell’inibizione non è l’unico fattore in gioco. Il fatto che nelle persone anziane ci sia un declino delle capacità cognitive nel loro complesso è stato ormai ampiamente dimostrato. Oltre a un rallentamento dei meccanismi d’inibizione, vi è sicuramente un indebolimento tra i concetti e i rispettivi termini nel magazzino lessicale che porta, di conseguenza, anche a una minore velocità di elaborazione delle informazioni. Inoltre, i livelli d’attenzione di un individuo vanno, anche questi, diminuendo con l’età e dunque, insieme a infiniti altri fattori, contribuiscono sia al declino delle capacità linguistiche di una persona sia al declino di quelle mentali. Va da sé che, per ogni singolo caso, si dovrebbero andare ad analizzare le circostanze specifiche che caratterizzano la vita di una persona per poter valutare più dettagliatamente che cosa, e in che misura, possa influire su ogni singolo individuo.

Per appurare l’adeguatezza di questa ipotesi, gli sperimentatori hanno ideato un apposito compito di recupero lessicale: i soggetti hanno studiato una serie di elementi appartenenti a diverse categorie semantiche, successivamente gli sperimentatori hanno indicato metà di queste categorie e hanno chiesto ai partecipanti di recuperarne gli elementi. Dopo un intervallo di tempo prestabilito, gli sperimentatori hanno proposto ai soggetti un apposito test in cui solo alcune delle categorie semantiche precedentemente studiate erano ‘suggerite’ per il recupero lessicale, stimolando in questo modo un miglioramento indotto quando il soggetto andava a rievocare una parola appartenente a una delle categorie prescelte; allo stesso tempo veniva favorita la compromissione del recupero dell’altra metà degli

elementi appartenenti alle categorie semantiche non stimolate dagli sperimentatori. Conosciuto nel mondo anglosassone con l’acronimo di RIF (retrieval-induced forgetting), quest’ultimo meccanismo cognitivo è solitamente attribuito ai processi inibitori di un individuo che, lavorando correttamente, fortificano le parole più praticate e sfavoriscono quelle che, nel tempo, lo sono state meno.32

Stando a questi dati, le persone anziane, più di chiunque altro, dovrebbero avere un RIF bassissimo se non nullo. Se il controllo dell’inibizione tende a declinare con l’età, allora anche queste ‘barriere inibitorie’ erette nella mente di una persona, al momento del recupero lessicale non dovrebbero agire efficacemente, dal momento che i meccanismi cognitivi che ne stanno alla base sono compromessi. Ci si potrebbe quindi aspettare che il tentativo degli sperimentatori di favorire alcune categorie rispetto ad altre possa avere minore successo perché sia la loro valorizzazione sia la loro debilitazione presuppongono dei processi inibitori efficienti. Quando questi ultimi vengono in qualche modo danneggiati, ci si può aspettare una certa ‘libertà’ nei meccanismi linguistici dell’individuo.

Come l’anziano, anche il bambino non ha il pieno controllo dei propri processi inibitori ma, mentre nella vecchiaia ciò si riconduce ad un declino delle capacità cognitive, nel bambino i processi inibitori non hanno ancora una maturazione completa e consolidata. Questo avviene sia a livello linguistico che socio-emotivo: i bambini non avendo pieno controllo dei processi inibitori dicono ciò che pensano e svolgono azioni quotidiane molto più liberamente di un adulto. I freni inibitori propri della persona matura si andranno dunque formando gradualmente, circa fino al momento in cui i bambini raggiungono l’età scolare. Più il bambino cresce, più andrà sviluppando la sua struttura inibitoria e questo si rifletterà conseguentemente sul suo comportamento che risulterà più controllato e adeguato ai diversi contesti sociali. Tali competenze, una volta consolidate, rimangono relativamente stabili nell’arco della vita di ogni persona finché, in tarda età, non si presentano tutte le problematiche di origine cognitiva di cui abbiamo precedentemente parlato, incluso il declino dei processi inibitori.

Sia nel caso dei bambini che nel caso degli anziani, la minore capacità inibitoria ha come conseguenza una difficoltà nel recupero lessicale che si presenta sotto forma di “mancanza” temporanea o episodica. Indipendentemente da quanto i processi inibitori siano danneggiati nell’anziano o immaturi nel bambino, il fatto che questi meccanismi inducano l’individuo a ‘dimenticare’ alcuni elementi piuttosto che altri, fa sì che inevitabilmente il loro recupero lessicale sia maggiormente compromesso. Questo suggerisce che, gli errori di recupero lessicale, le dimenticanze e le abilità cognitive legate ai processi inibitori, evidentemente esigono dei meccanismi di base complessi, che necessitano una gran quantità di energia.

32 Alp Aslan e Karl-Heinz T. Ba¨uml, “Retrieval-Induced Forgetting in Old and Very Old Age”, Psychology and Aging,

In conclusione, è interessante notare come nei bambini e negli anziani, e dunque in coloro che, per fasce di età, si collocano ai due estremi della vita, si osservi la medesima lacuna, quella dei processi inibitori; seppure la condizione risulti speculare, si ha però la consapevolezza di un percorso in ascesa nei primi, verso lo sviluppo e l’acquisizione di nuove competenze, e in discesa nei secondi, verso un declino irreversibile.