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La performance, nella denominazione di 48 disegni in bianco e nero, è stata studiata su 1.145 parlanti ebraico, tra i 5 e gli 86 anni. Sia il modello quadratico lineare che curvilineo soddisfano i dati, riflettendo un incremento dell’abilità con l’età così come un aumento, seguito da una diminuzione, oltre quella crescita lineare. La performance in età avanzata era maggiormente influenzata dalla difficoltà d’accesso di quanto non lo fosse quella nei primi anni di vita, con le risposte dei bambini limitate dalla capacità del vocabolario. Gli immigrati sono stati meno performanti dei nativi ma è stata trovata una correlazione identica in entrambi i gruppi tra l’età dei partecipanti e i risultati nella denominazione. Viene affrontato il ruolo delle risorse lessicali e dell’accesso controllato nella denominazione delle figure nell’arco della vita.

Parole chiave: denominazione, recupero lessicale, lessico, invecchiamento cognitivo, sviluppo

durante la vita

Il cambiamento cognitivo nell’arco della vita, in teoria potrebbe assomigliare ad una curva invertita con aspetto ad U, in modo che il calo rispecchierebbe l’acquisizione (Kemper, 2006), tuttavia questo non è necessariamente il caso (McArdle, Ferrer-Caja, Hamagami & Woodcock, 2002). Questo studio esamina l’aumento e la diminuzione del recupero lessicale tra i 5 e gli 86 anni, volto a chiarire i processi di base che determinano le differenze d’età in relazione a questa abilità cognitiva.

Una denominazione delle figure efficace richiede la conoscenza del lessico esaminato così come una buona accessibilità al magazzino delle parole. Sebbene le abilità del recupero lessicale siano chiaramente presenti fin dall’inizio dell’acquisizione linguistica, i bambini piccoli fanno errori di denominazione perché non conoscono la parola appropriata e/o la sua rappresentazione è incompleta (McGregor, Friedman, Reilly & Newman, 2002). Ameel, Malt, e Storms (2008) hanno mostrato che i significati di parole nuove sono gradualmente perfezionati col tempo grazie ad un esteso processo che avviene durante l’adolescenza. Nonostante questa continua evoluzione del vocabolario, le variabili semantiche e fonologiche che influenzano l’accesso al

lessico sono molto simili in bambini, adolescenti e adulti (Jerger, Martin & Damian, 2002).

Studi precedenti, che usavano test di denominazione ed erano originariamente progettati per sfruttare il vocabolario degli adulti, come il Boston Naming Test11 (Kaplan & Goodglass, 1983), hanno sempre mostrato una progressione elevata e costante nella performance dei primi anni di vita. All’età 5-8 anni, la percentuale di successo nel Boston Naming Test è di 40%-50% (Kindlon & Garrison, 1984; Riva, Nichelli & Devoti, 2000), migliorando fino al 70%-80% all’età di 11 o 12 anni (Riva et al., 2000; Storms, Saerens & De Deyn, 2004), percentuale che è pur sempre inferiore alla performance degli adulti (ad esempio, Marie¨n, Mampaey, Vervaet, Saerens & De Deyn, 1998). In un ampio studio trasversale (n= 2,560) del Korean Boston Naming Test, Kim e Na (2008) hanno dimostrato che le abilità di denominazione aumentano linearmente dai 3 ai 14 anni, spiegando l’80% della variazione con l’età. Kim e Na (1999) hanno studiato gli adulti (età 15-75, o più), tuttavia non sono riusciti a far conciliare le scoperte legate all’infanzia e all’età adulta in una sola analisi. In modo simile, in uno studio di 150 bambini parlanti ebraico (età 8-17), Kavé (2006) ha trovato una correlazione lineare positiva (r= .69) tra l’età dei partecipanti e il risultato totale delle denominazioni. Già dell’età di 17 anni, i risultati complessivi delle denominazioni degli adolescenti erano comparabili con quelli dei giovani adulti di 18-29 anni. Tuttavia, non sono state studiate le dinamiche della denominazione nell’arco di vita. Gli anziani spesso si lamentano delle difficoltà che trovano nel recupero lessicale (Burke, 2006; Goral, 2004; Wingfield & Stine-Morrow, 2000). Stando all’ipotesi del deficit di trasmissione, l’invecchiamento, così come la mancanza di un’attivazione recente o frequente, indebolisce le connessioni tra la rappresentazione semantica della parola e la sua rappresentazione fonologica, portando dunque in età avanzata alle difficoltà di recupero lessicale (Burke, MacKay, Worthley, & Wade, 1991; Burke & Shafto, 2004; D. G. MacKay & Burke, 1990). Mentre i bambini possono non aver avuto abbastanza pratica da essere in grado di rievocare efficacemente certe parole, un’intera vita di pratica nel recuperarle potrebbe magari controbilanciare alcuni dei declini legati all’età.

Gran parte degli aspetti della conoscenza verbale continua ad aumentare, o quantomeno non si riduce, durante l’età adulta (Bowles, Grimm, & McArdle, 2005; McArdle et al., 2002; Salthouse, 2004). Gli anziani superano i giovani nella maggior parte degli studi che usano un test del lessico, che si tratti di definire le parole o di

11 Il Boston Naming Test (BNT) è un test di denominazione delle figure, ideato per esaminare la capacità di

denominazione e di recupero lessicale di ragazzi e adulti. Introdotto nel 1983 da Kaplan e Goodglass, il test è composto da 60 figure, di diversa difficoltà, che i soggetti devono cercare denominare correttamente.

scegliere la risposta corretta su un test a scelta multipla (Bowles & Salthouse, 2008; Kemper & Sumner, 2001; Verhaeghen, 2003). Evidentemente, l’acquisizione di nuove parole non termina ad un’età precisa, l’invecchiamento non danneggia la rappresentazione del lessico esistente (Burke, 2006; Yoon et al., 2004) e le difficoltà verbali associate all’età molto probabilmente riflettono un declino nell’efficienza d’accesso lessicale piuttosto che il deterioramento della conoscenza (Barresi, Nicholas, Connor, Obler, & Albert, 2000).

Sono stati pubblicati alcuni studi longitudinali sulle capacità di recuperare i nomi degli oggetti basandosi su stimoli di figure e i risultati sono inconsistenti. In uno studio di 91 individui che sono stati seguiti per 4 anni, Cruice, Worrall e Hickson (2000) non hanno trovato alcun cambiamento nelle competenze di denominazione con l’avanzare dell’età. Al contrario, in uno studio con un più ampio gruppo di persone (n= 541), e che è stato seguito più a lungo (fino a 10 anni), Zec, Markwell, Burkett e Larsen (2005) hanno documentato una significativa diminuzione nella capacità di denominazione delle figure dopo i 70 anni. In modo simile, mentre alcuni studi trasversali non hanno trovato alcun calo associato all’età nel recupero lessicale (ad esempio, Schmitter-Edgecombe, Veneski, & Jones, 2000; Tallberg, 2005), la maggior parte degli studi ha riportato una notevole diminuzione nei risultati della denominazione delle figure all’aumentare dell’età (ad esempio, Connor, Spiro, Obler & Albert, 2004; Ivnik, Malec, Smith, Tangalos & Peterson, 1996; Kave´, 2005; Marie¨n et al., 1998; Zec, Burkett, Markwell & Larsen, 2007), con il cambiamento che avviene soprattutto dopo i 70 anni o persino dopo i 75 anni (A. MacKay, Connor & Storandt, 2005; Welch, Doineau, Johnson & King, 1996). Il calo visto negli adulti è meno evidente rispetto all’aumento visto nei bambini e la correlazione tra i risultati delle denominazioni e l’avanzamento dell’età adulta è approssimatamene -0.3 (Cruice et al., 2000; Kent & Luszcz, 2002). È rilevante che le conclusioni sull’arco della vita sono limitate dal fatto che la maggior parte degli studi, sia longitudinali che trasversali, comprendono solo individui nella seconda parte della loro vita adulta, sopra i 50 anni o oltre.

Le dinamiche della vita possono essere comprese, per quel che riguarda la performance nella denominazione, in un più ampio contesto dello sviluppo cognitivo che vede la distinzione tra le risorse della conoscenza e l’efficienza dell’elaborazione. Salthouse (2004, 2006) ha mostrato che quando le misure della conoscenza verbale (il Vocabulary and Similarities subtests of the Wechsler Adult Intelligence Scale; Wechsler, 1997)12 vengono tracciate in base all’invecchiamento, la performance

12 Il Vocabulary and Similarities subtests of the Wechsler Adult Intelligence Scale è un test cognitivo che serve a

misurare il livello di intelligenza di un individuo. Introdotto per la prima volta nel 1955 da Wechsler, è oggi alla sua IV edizione.

sembra aumentare fino ai 50 anni, dopodiché o gradualmente declina o rimane constante, mentre la performance in termini di efficienza nell’elaborazione (ad esempio, la Block Design subtest of the Wechsler Adult Intelligence Scale) aumenta drasticamente dalla prima infanzia, fino intorno ai 18 anni, dopodiché declina in modo quasi lineare. Studiando le competenze di denominazione nell’arco della vita, Newman e German (2005) hanno comparato tre gruppi: adolescenti 12-19 anni, adulti 20-49 anni e individui di oltre 50 anni. I livelli di performance dei partecipanti più giovani e dei più anziani erano comparabili e diversi dalle performance del gruppo di mezz’età (20-49 anni). Tuttavia, molti tipi diversi di compiti sono stati raggruppati insieme al compito di denominazione delle figure (ad esempio, il completamento di una frase, il richiamo di un nome di una data categoria dovendo fornire fino a tre esempi), così le conclusioni specifiche che riguardano i cambiamenti nella denominazione delle immagini non sono del tutto chiare.

Si ipotizza che l’archivio della conoscenza immagazzinata e dei meccanismi di controllo che operano sulla conoscenza (Craik & Bialystok, 2006a, 2006b) mostrino traiettorie di durata diversa, la prima che continua ad aumentare con la vecchiaia, la seconda che diminuisce con l’invecchiamento. Nei bambini, una scarsa denominazione riflette un’acquisizione incompleta, mentre in età avanzata probabilmente riflette delle difficolta di connessione. Ci si aspetta che la conoscenza accumulata con l’età contribuisca alla performance nella denominazione e che possa rendere le difficolta nel recupero lessicale meno pronunciate rispetto alle difficoltà viste nei bambini.

Metodo Partecipanti

Il campione comprendeva 1.145 partecipanti parlanti ebraico (5-86 anni; 56% donne; 44% uomini), che erano stati suddivisi per età in 15 gruppi, ognuno dei quali variava tra i 55 e i 107 partecipanti (vedere Tabella 1). Nel periodo dell’infanzia ogni gruppo era costituito da due anni consecutivi e nell’età adulta le fasce d’età comprendevano un decennio (per i partecipanti tra i 30 e i 70 anni) o metà decennio (per i partecipanti al di sotto dei 30 anni o al di sopra dei 70).

Nota. L’istruzione è indicata nei bambini in base al livello scolastico e negli adulti in base all’età. Le face d’età sono indicate da diverse

lettere sottoscritte che differiscono notevolmente nei loro risultati complessivi di denominazione, stando ai molteplici contrasti di comparazione di Bonferroni (p < .05). Per ogni media, la deviazione standard relativa appare tra parentesi. Punteggio totale= gli elementi denominati spontaneamente insieme agli elementi denominati a seguito di un suggerimento funzionale; spontaneo= gli elementi denominati spontaneamente senza alcun suggerimento; suggerimento funzionale= gli elementi denominati a seguito di un suggerimento funzionale; suggerimento fonetico= gli elementi denominati a seguito di un suggerimento fonetico; nessuna denominazione= gli elementi che non sono stati denominati affatto.

I bambini che partecipavano (5-17 anni, n = 450) frequentavano le scuole regolarmente e non avevano disordini di apprendimento, problemi neurologici o problemi dello sviluppo mentale, come riferito dai loro genitori e dalle maestre. Erano tutti volontari con il consenso dei genitori, individuati in varie comunità di ceto medio tramite le scuole o passaparola. Anche i dati dei 150 bambini (8-17 anni) che hanno partecipato allo studio di Kavé (2006) sono stati inseriti nelle attuali analisi. Poiché i bambini sono stati esaminati nel corso degli anni scolastici, i livelli scolastici sono presentati nella Tabella 1 solo come riferimento e in tutte le analisi è stata usata l’età piuttosto che il livello scolastico.

Gli adulti (18-86 anni, n= 695) erano residenti volontari, individuati attraverso posti di lavoro, corsi universitari e passaparola. I soggetti con una nota storia clinica di malattie neurologiche, trauma celebrale o infarto non sono stati inclusi nel campione.

Tutti gli individui con più di 65 anni hanno ottenuto un punteggio nella media (27-30) nel Mini-Mental Status Exam13 (Folstein, Folstein & McHugh, 1975). Anche i dati dei 365 adulti che hanno preso parte allo studio di Kavé (2005) sono stati inclusi in queste analisi. Il livello d’istruzione del campione di adulti variava tra moderato e ben istruito (10% con 6-11 anni d’istruzione, 31% con 12 anni, 38% con 13-15 anni e 21% con 16 o più anni), con un livello medio d’istruzione di 13.80 anni (SD = 2.60). Non c’erano correlazioni significative fra l’età e l’istruzione tra gli adulti.

Tutti i bambini sotto i 18 anni erano nati in Israele ed erano parlanti nativi ebraico. Gli adulti o erano di madre lingua ebraica o erano immigrati in Israele da bambini e avevano frequentato le scuole in ebraico, avendolo usato come prima lingua fin dall’infanzia (stando all’Israeli Central Bureau of Statistics, 2007, solo il 14% dei residenti in Israele con più di 65 anni sono nati nel paese). I nostri criteri di selezione si sono basati su ricerche secondo cui gli individui che acquisiscono presto un’altra lingua, ricevono un’istruzione formale in quella lingua e la considerano la loro lingua dominante, sono altamente competenti in quella, spesso più che nella loro lingua madre (Kohnert, Hernandez, & Bates, 1998). Stando alla composizione demografica della società israeliana, c’era un maggior numero di immigrati nelle fasce d’età più anziane e la correlazione tra l’età e l’età al momento dell’immigrazione era notevole (r = .29, p < .001). Novantotto persone (14% degli adulti) erano nate fuori da Israele, immigrate a un’età media di 7.48 anni (SD = 5.07). L’età media (al momento del test) dei partecipanti che non erano nati in Israele era di 71 anni.

Procedura

I partecipanti sono stati testati con un test di denominazione in ebraico (Kavé, 2005) che consiste in 48 disegni in bianco e nero. Ogni partecipante è stato istruito a dire in una parola il nome dell’elemento nell’immagine. Gli elementi del test sono stati presentati senza alcun limite di tempo e i partecipanti hanno visto tutti e 48 gli stimoli anche quando non erano in grado di denominarne alcuni consecutivamente. A una risposta errata che veniva corretta spontaneamente veniva dato pieno credito. Se era fornita una risposta generica invece che specifica (ad esempio, cappello invece di

cappello a cilindro), l’esaminatore sollecitava la denominazione corretta chiedendo

“c’è un’altra parola per questa figura?”. Quando un elemento non veniva denominato spontaneamente o se i partecipanti avessero chiaramente mal interpretato l’immagine, l’esaminatore avrebbe fornito o un aiuto funzionale prestabilito

13 Il Mini- Mental Status Exam (anche Mini-Mental State Exam) è un test neuropsicologico che serve a misurare le

capacità cognitive di un individuo e aiuta a capire possibili disturbi legati sempre alla sfera cognitiva. Introdotto da Folstein nel 1975, è ancora oggi utilizzato per valutare l’efficienza cognitiva di una persona.

(elaborato sull’uso dell’elemento da denominare) o un aiuto fonetico prestabilito (i fonemi iniziali della parola che doveva essere denominata). Le risposte fornite dopo gli aiuti funzionali erano conteggiate nel punteggio totale, mentre quelle corrette fornite dopo gli aiuti fonetici non lo erano.

Risultati

La Figura 1 presenta la distribuzione tra le fasce età del punteggio totale di denominazioni, con l’inserto che mostra che i punteggi delle denominazioni corrette aumentano drasticamente durante l’infanzia per poi diminuire, più moderatamente, con l’avanzare dell’età. Sia l’effetto dell’età lineare (β = .40, t = 14.60, p < .001) che quello quadratico (curvilineo) dell’età al quadrato (β = .27, t = 9.49, p < .001) hanno correttamente previsto i risultati della denominazione. Successivamente, un modello di regressione quadratico (usando sia l’età che l’età centrata al quadrato) è stato adattato ai dati. In queste analisi di regressione, i due effetti hanno dato contributi indipendenti alla performance, calcolando nell’insieme il 47% della variazione.

Per contrapporre lo sviluppo e il declino, si è esaminato la performance a entrambe le estremità del nostro campione, selezionando una gamma identica di età ad entrambi gli estremi (ad esempio, 16 anni) e lasciando quindi fuori tre partecipanti ottantaseienni. C’era una forte e significativa correlazione positiva tra l’età e il punteggio totale delle denominazioni nel sottogruppo dei partecipanti più giovani nella fascia d’età 5-20 (N = 484), r = .74, p < .001. Anche la correlazione tra l’età e il punteggio totale delle denominazioni nel sottogruppo dei partecipanti appartenenti alla fascia d’età 70-85 (N = 180) era notevole ma negativa e più modesta, r = -.46, p < .001. Un modello identico dei risultati si è visto quando i tre partecipanti più vecchi sono stati inseriti nelle analisi.

Le colonne di destra della Tabella 1 presentano la media dei punteggi totali, dei punteggi spontanei (nessun aiuto) e del numero degli elementi denominati dopo l’aiuto o non denominati affatto per tutti i partecipanti. Un’analisi unidirezionale della variazione del punteggio totale di denominazione ha rivelato una differenza statisticamente significativa tra le fasce d’età dei gruppi, F (14, 1130) = 179.22, p < .001, con un effetto di notevole impatto η2 = 69%. Un test ad hoc (p < .05), usando i contrasti di confronto multiplo di Bonferroni, ha dimostrato che i punteggi più bassi sono stati trovati nella prima infanzia. I bambini dai 5 ai 6 anni, così come dai 7 agli 8, ottenevano punteggi che differivano significativamente da quelli ottenuti nel resto del campione. La fascia d’età da 9 a 10 costituiva un gruppo a sé. I punteggi degli individui più anziani (75 anni o più) non hanno differito drasticamente dai punteggi

ottenuti nell’adolescenza (dagli 11 ai 16 anni) e non c’era alcuna differenza significativa nel punteggio medio del gruppo tra 17 e 74 anni.

Dopo, si è ipotizzato che il numero di elementi che non sono stati denominati affatto, anche a seguito degli aiuti, potrebbero indicare che le parole target non sono conosciute. I partecipanti più giovani non producevano in media 4.71 parole (SD = 5.22), decisamente meno che i partecipanti più vecchi (M = 1.61, SD = 2.09), t (651.99) = 10.96, p < .001, non si presumono variazioni alla pari, D = .85. Per ogni partecipante nelle fasce d’età ai due estremi si è calcolato la proporzione singola tra il numero degli

elementi denominati dopo un aiuto fonetico e il numero degli elementi che non sono stati inclusi nel punteggio totale (ad esempio, gli elementi denominati dopo l’aiuto fonetico insieme a quelli non denominati affatto). Quando o il numeratore o il denominatore era zero, si è messo uno zero come punteggio della percentuale d’accesso. La media di questa percentuale d’accesso era 34.95% (SD = 0.32) nel gruppo più anziano (70-85 anni) e 26.92% (SD = 0.40) nel gruppo più giovane (5-20 anni), con una differenza statisticamente significativa tra queste due percentuali, t (662) = 2.69, p < .001, e la misura dell’effetto di D = .21.

FIG. 9 Il punteggio totale delle denominazioni nell’arco della vita, con lo sviluppo della denominazione (5-20 anni) contrapposto al

Infine, si è comparato gli immigrati e coloro che non erano immigrati tra i partecipanti adulti (18-86 anni). Un’analisi unidirezionale della covarianza che controllava l’età (l’età degli immigrati, M = 65.0, SD = 16.4; l’età dei partecipanti non immigrati, M = 46.79, SD = 20.79) e l’istruzione (livello di istruzione degli immigrati, M = 12.73, SD = 2.53; livello di istruzione dei partecipanti non immigrati, M = 13.98, SD = 2.57) ha mostrato che gli immigrati hanno ottenuto un risultato decisamente peggiore dei non immigrati, F (1,692) = 28.38, p < .001, η2 parziale = .04 (il punteggio totale delle denominazioni degli immigrati, M = 45.33, SD = 2.34; il punteggio totale delle denominazioni dei non immigrati, M = 46.86, SD =1.57). Da sottolineare che un numero maggiore di elementi non sono stati denominati dagli immigrati (M = 1.64,

SD = 1.99), rispetto ai non immigrati (M = 0.63, SD = 1.22) e questa differenza era

statisticamente significativa dopo aver controllato l’età e l’istruzione, F (1,692) = 15.31, p < .001, η2 parziale = .02. Tuttavia, un’analisi della covarianza che controllava l’età e l’istruzione non ha rivelato alcuna differenza decisiva nei punteggi del tasso d’accesso fra i gruppi, F (1,692) = 3.074, ns. In aggiunta, la correlazione tra l’età dei partecipanti e il punteggio totale delle denominazioni era identica per entrambi i gruppi, r = -.26, p< .01.

Discussione

Sia l’accumulo di lessico che i cambiamenti nelle abilità del recupero lessicale svolgono un ruolo cruciale nel determinare la performance della denominazione nell’arco della vita. Questi due tipi di processi sono strettamente interconnessi ma i loro effetti differenziati possono essere almeno in parte separati. La nostra prima analisi mostra che la distribuzione nell’arco della vita della performance complessiva della denominazione si adatta sia ad un modello lineare che ad uno quadratico curvilineo. Il modello lineare indica che c’è una tendenza generale all’aumento della capacità con l’età, mentre il modello curvilineo indica che l’aumento della denominazione nei primi anni di vita è seguito da una diminuzione in tarda età. Questi risultati replicano precedenti relazioni sul miglioramento delle abilità verbali nell’arco della vita (Bowles & Salthouse, 2008; McArdle et al., 2002), insieme ad un declino che è associato all’età nella riuscita del recupero lessicale nei test di denominazione delle figure (Kave´, 2005; Kent & Luszcz, 2002; Zec et al., 2007). Il maggior contributo dell’attuale studio sta nella sua prospettiva della durata del recupero lessicale nell’arco della vita. Pertanto, si è comparato l’aumento e la diminuzione nel recupero lessicale in stadi di sviluppo molto diversi, usando esattamente lo stesso test per tutte le età.

La seconda analisi ha rivelato che l’aumento nel punteggio totale delle denominazioni nell’infanzia è più rapido che la diminuzione in tarda età. Inoltre, i partecipanti più giovani hanno avuto performance più scarse di quanto non abbiano avuto i partecipanti più vecchi, perché il lessico era più limitato nell’infanzia. La ricerca sul punteggio totale delle denominazioni in tutti i gruppi ha dimostrato che l’acquisizione del lessico necessario per il presente test si ottiene tra gli 11 e i 16 anni e che dopo i 17 anni la performance resta stabile per molti anni. Un cambiamento significativo nelle abilità di denominazione avviene solo in tarda età, nell’ottavo decennio inoltrato. Queste scoperte sono in linea con i primi studi sulla performance della denominazione negli adulti, secondo cui il declino più rapido avviene solo dopo i 70 o i 75 anni (A. MacKay et al., 2005; Welch et al., 1996; Zec et al., 2005). Sebbene le persone più anziane imparino più parole, probabilmente acquisiscono un vocabolario più complesso di quello che viene testato qui. Inoltre, invecchiando le persone, imparano non solo i significati del dizionario delle nuove parole ma anche come ogni parola è usata in un diverso contesto e come è correlata alle altre parole. Infatti, gli