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Un’analisi evolutiva: il caso dell’ebraico

Commento teorico e analisi degli articoli tradotti.

3. Un’analisi evolutiva: il caso dell’ebraico

Il proseguimento logico di questo studio vede l’analisi linguistica della denominazione delle parole e degli errori di recupero lessicale su un campione di individui più grandi di età. Una volta superato il momento dell’espansione lessicale e una volta avvenuto il consolidamento del tasso di acquisizione più o meno veloce delle nuove parole, i bambini vanno man mano accrescendo sempre di più i loro vocabolari produttivi e affinando i processi di controllo che permettono l’accesso alle informazioni immagazzinate. Solitamente questo incremento linguistico prosegue fino all’adolescenza, per poi stabilizzarsi nell’età adulta.20 In questo studio si esaminano l’ascesa e il declino del recupero lessicale nell’arco della vita, si vanno cioè ad analizzare le differenze legate all’età che influiscono sulla riuscita o meno del recupero lessicale e sui cambiamenti cognitivi che avvengono nei vari periodi della vita e che svolgono un ruolo sulla corretta denominazione degli oggetti.

“The Rise and Fall of Word Retrieval Across the Lifespan” è il titolo inglese dello studio di Asaf Gilboa, Ariel Knafo e Gitit Kavé21 e pubblicato nel 2010 dalla American Psychological Association sulla rivista accademica Psychology and Aging.22 Lo studio, svolto su un ampio campione di persone tra i 5 e gli 86 anni, analizza la performance della denominazione di figure e gli eventuali relativi errori di recupero lessicale di persone parlanti ebraico.

Le ipotesi di partenza su cui si basa lo studio si possono brevemente riassumere in alcuni semplici, ma fondamentali, punti. La capacità di richiamare le parole alla memoria sembra essere presente in ogni essere umano fin dall’inizio dell’acquisizione linguistica. In altre parole, le potenziali connessioni che legano una rappresentazione fonologica al corrispettivo concetto nel magazzino lessicale iniziano a formarsi e si stabilizzano con la pratica e l’esperienza fino, più o meno, al periodo dell’adolescenza. Inoltre, sembra che le variabili, sia semantiche che fonologiche che influenzano l’accesso al lessico, siano molto simili in bambini, adolescenti e adulti, ciò che cambia in ciascuna fascia d’età sarebbe piuttosto il perfezionamento di queste variabili che va aumentando con l’esperienza. In questa nostra premessa si parte ovviamente dal presupposto che non ci siano casi di individui affetti da particolari disturbi del linguaggio, contesto in cui naturalmente la situazione di partenza dovrebbe tenere conto della specificità di ogni singolo caso.

20 Gitit Kavé, Asaf Gilboa e Ariel Knafo, “The Rise and Fall of Word Retrieval Across the Lifespan”, Psychology and Aging,

Vol. 25, No. 3, 719–724, 2010.

21 Lo studio di Kavé è stato fatto a parte e inserito nel presente studio, unendo alle attuali ricerche i propri dati. 22 Rivista accademica trimestrale che si occupa di argomenti relativi allo sviluppo e all’invecchiamento. Tratta temi che

variano dall’educazione alla psicologia, le neuroscienze e lo sviluppo cognitivo sia clinico che comportamentale, con un particolare focus sulla terza età.

A sostenere queste ipotesi troviamo anche diversi studi antecedenti23 che mostrano come, l’incremento della denominazione fino al periodo dell’adolescenza, segua un aumento lineare proporzionato all’età. Buona parte della variazione del tasso di denominazione di una persona nel tempo, verrebbe dunque spiegato proprio con il passare del tempo. La stabilità linguistica che normalmente caratterizza l’età adulta rispecchierebbe il rafforzamento e il consolidamento delle connessioni fonologiche e semantiche di un individuo, mentre il declino delle abilità linguistiche che si osserva in tarda età, si spiegherebbe con l’ipotesi del deficit di trasmissione. Secondo questa teoria, tanto l’invecchiamento quanto la mancanza di un’attivazione recente o frequente di un elemento nella nostra memoria (o talvolta entrambe le cose) indebolirebbero le connessioni tra le rappresentazioni fonologiche delle parole e le corrispettive rappresentazioni semantiche nel magazzino lessicale. Ciò porterebbe, soprattutto negli anziani, ad avere maggiori difficoltà di recupero lessicale e, di conseguenza, a produrre anche più errori.24

E’ necessario però fare attenzione a non confondere l’invecchiamento con un deterioramento complessivo del sistema linguistico di un individuo. I processi alla base dei meccanismi mentali sono quasi sempre rallentati dall’invecchiamento, così come le risorse dell’accesso controllato ai vari magazzini della memoria, ciò nonostante, resta il fatto che l’acquisizione e il perfezionamento linguistico non terminano in un determinato momento della vita; questo vale in particolar modo per il lessico. È infatti molto frequente che gli anziani ottengano un punteggio migliore dei giovani nei test lessicali, probabilmente perché hanno avuto un’intera vita per imparare nuove parole e far pratica. Ciò che comunque risulta evidente è che, le difficoltà verbali solitamente associate all’età non sono dovute a un deterioramento della conoscenza, né tanto meno a una perdita della memoria ma piuttosto a un indebolimento di quei meccanismi d’accesso ai magazzini della conoscenza, se non in casi di particolari malattie. Bisogna anche sottolineare che il calo nel tasso di denominazione che si osserva negli anziani è, in situazioni normali, meno evidente rispetto al repentino aumento che si registra nei bambini al momento dell’espansione lessicale. Una cosa che è stata notata tuttavia è che, quando un elemento non viene denominato, tendenzialmente le persone anziane riescono ad arrivare alla parola corretta più velocemente dei giovani. Questo proprio perché gli anziani conoscono, e usano da molto tempo, un maggior numero di termini che, a loro volta, durante il tentativo di recupero lessicale, possono svolgere un ruolo di ‘aiuto’ contestuale affinché avvenga il corretto recupero di una parola; aiuto questo di cui i giovani talvolta non dispongono.

Premesso, in linea generale, quali sono le principali dinamiche che influiscono sull’aumento e sul calo della denominazione nell’arco della vita di una persona,

23Kave´, “The development of naming and word fluency: Evidence from Hebrew speaking children between ages 8 and

17”, 2006; Kim & Na, “Normative data on the Korean version of the Boston Naming Test”, 1999.

possiamo provare a osservare queste stesse dinamiche dal punto di vista dello sviluppo cognitivo. Da un lato troviamo le risorse della conoscenza, che aumentano in modo lineare fino all’età adulta (intorno ai 50 anni) per poi rimanere costanti o lentamente declinare, dall’altro lato troviamo invece i meccanismi di elaborazione e di controllo che operano sulla conoscenza immagazzinata che, stando a quest’ipotesi, diminuirebbe con l’invecchiamento. Sembra infatti che l’efficienza di questi meccanismi aumenti notevolmente nella prima infanzia e continui ad aumentare fino ai 18 anni, declinando poi, pian piano, in modo quasi lineare.

Il campione di persone che ha preso parte allo studio era composto da individui di età molto diverse fra loro (da 5 a 86 anni). I 1.145 partecipanti erano infatti stati suddivisi in 15 gruppi in base alle diverse fasce d’età, (il numero di persone non era standard ma variava per ogni gruppo). Tutti i partecipanti al test consideravano l’ebraico la loro lingua madre; erano tutti nati in Israele oppure immigrati da bambini, dunque avevano tutti ricevuto, fin da piccoli, un’istruzione in lingua ebraica. Nello specifico, i bambini che hanno preso parte allo studio erano tutti nati in Israele, mentre alcuni adulti e anziani erano immigrati. Gli sperimentatori hanno incluso nel loro studio sia persone immigrate che non in quanto, secondo alcune ricerche, chi acquisisce una determinata lingua durante l’infanzia, e riceve un’istruzione in quella stessa lingua, tende a considerarla la propria lingua dominante e ad essere molto più competente in quella piuttosto che nella propria lingua madre.25

Come si è svolto dunque lo studio su un campione così vasto? I partecipanti hanno fatto un test di denominazione in ebraico di 48 disegni in bianco e nero, tutti presentati senza che fosse posto alcun limite di tempo. Ognuno di loro doveva cercare di denominare l’oggetto che vedeva con una sola parola. Nel caso in cui un’immagine fosse male interpretata o non fosse denominata affatto, lo sperimentatore forniva un aiuto fonetico o un aiuto funzionale a seconda dell’oggetto in questione. Una volta fornito l’aiuto, se il partecipante fosse riuscito a denominare correttamente la figura, tale risposta sarebbe stata conteggiata nel punteggio totale finale, ma solo nel caso della denominazione ottenuta a seguito dell’aiuto funzionale; le risposte date a seguito dell’aiuto fonetico invece non venivano conteggiate.

Una volta ottenuti i dati delle denominazioni da parte di tutti i partecipanti, sono stati calcolati i seguenti valori: la media dei punteggi totali, la media dei punteggi relativi alla denominazione spontanea degli elementi, quella degli elementi denominati dopo un aiuto fonetico e quella degli elementi non denominati affatto. Dopo un’attenta analisi della variazione del punteggio totale, si è vista una differenza significativa fra i diversi gruppi: i punteggi più bassi nei valori medi, sono stati trovati nella prima infanzia, rispettivamente la fascia d’età 5-6 anni e 7-8 anni; non si registravano invece differenze significative nei punteggi medi relativi ai gruppi delle fasce d’età comprese tra i 7/8 e i 74 anni. I punteggi degli anziani infine non hanno differito in misura sostanziale da quello delle persone più giovani; ciò che si è notato

dunque è stata questa forte correlazione fra l’età e il punteggio totale delle denominazioni nei più giovani, così come la stessa correlazione c’era tra agli anziani ma in negativo, cioè leggermente più bassa e modesta rispetto agli adulti.

Una volta analizzati tutti i dati, si è valutata l’ipotesi che gli elementi non denominati, potessero non essere conosciuti dai partecipanti. I più giovani non producevano una media di 4.71 parole, molte meno di quelle non prodotte dai partecipanti più anziani. Questi risultati ci portano a riesaminare nuovamente i dati alla luce della dicotomia conoscenza immagazzinata/meccanismi d’accesso lessicale. Se ipotizziamo che le persone più anziane abbiano avuto più tempo nell’arco della vita per aumentare il loro lessico e la loro conoscenza, allora possiamo aspettarci che sappiano denominare più parole rispetto ai più giovani. Allo stesso tempo però, se i meccanismi d’accesso alla conoscenza immagazzinata di una persona vanno pian piano declinando con l’età, ecco che si può spiegare perché le persone più anziane non riescano ad accedere ad un maggior numero di parole rispetto alle persone più giovani.

Una volta fatto questo tipo di analisi, si è poi passati a valutare i dati raccolti a partire da un altro punto di vista all’interno dell’esperimento linguistico. Tra i partecipanti adulti sono stati comparati i risultati delle denominazioni di coloro che erano immigrati e di coloro che non lo erano. I dati presi in esame mostrano che gli immigrati hanno ottenuto un risultato peggiore ai test di denominazione rispetto ai madrelingua. Andando ad approfondire ulteriormente questa comparazione, si è visto che un’analisi della covarianza, che controllava l’età dei soggetti e il loro livello di istruzione, non ha rivelato particolari differenze tra i due gruppi di partecipanti per quanto riguarda i meccanismi d’accesso ai magazzini lessicali. Dunque, se le caratteristiche alla base del recupero lessicale e di una corretta denominazione sono le stesse per i due gruppi, potremmo allora domandarci il perché di questa differenza nei risultati. Sicuramente i fattori in gioco sono molti ma è probabile che le persone che hanno preso parte al test non partissero tutte da uno stesso background, in particolar modo le persone immigrate. Essendo infatti arrivati in Israele, seppur da bambini, queste persone hanno sicuramente avuto un periodo di transizione più o meno lungo che ha influito sul loro sviluppo linguistico. Ognuno di loro avrà probabilmente avuto una famiglia di origine che parlava, più o meno abitualmente, una lingua diversa e quindi, anche se si tratta di persone che nel contesto scolastico e sociale parlavano abitualmente ebraico, all’interno del nucleo familiare è molto probabile che parlassero la loro lingua madre. Altri fattori che possono aver avuto un peso importante sono l’età in cui ognuno di loro è immigrato in Israele, se la lingua per così dire di ‘sostrato’ fosse socialmente considerata più o meno prestigiosa dell’ebraico e per quanto tempo questa lingua ‘altra’ possa aver influito sul bagaglio di conoscenze della singola persona prima che venisse in contatto con l’ebraico.

Lasciamo per adesso da parte la comparazione tra i partecipanti immigrati e nativi su cui ritorneremo più avanti, ciò che in questo momento è interessante

sottolineare è che, indipendentemente dell’età e dalle origini di una persona, si è appurato che sia il lessico immagazzinato, che un individuo accumula con il passare del tempo, sia le abilità di recupero lessicale che si perfezionano durante l’adolescenza, sono strettamente interconnesse e svolgono un ruolo cruciale nel determinare la performance della denominazione e del recupero lessicale di una persona nell’arco della vita.

I due modelli presi in esame, quello lineare e quello curvilineo, indicano rispettivamente che c’è una tendenza generale all’incremento delle capacità lessicali e della conoscenza con l’avanzare dell’età e che, l’aumento repentino della denominazione nei primi anni di vita è seguito, in tarda età, da un inarrestabile declino.

Una seconda analisi ha invece rivelato che l’incremento nella denominazione che si ha nei primi anni dello sviluppo linguistico è più veloce rispetto al declino che si osserva negli anziani; tale calo, di fatto, avviene in maniera più rapida solo dopo i 70 o i 75 anni. Tutta la fase ‘centrale’ che intercorre tra questi due periodi della vita, ossia tutto ciò che riguarda i contesti e gli sviluppi linguistici dell’adulto, è considerata la fase di continuo perfezionamento tanto della conoscenza individuale quanto dei meccanismi che stanno alla base del recupero lessicale. Il momento di passaggio tra questa fase di perfezionamento linguistico, proprio della parte centrale della vita, e quello in cui le facoltà mentali relative alla denominazione iniziano a declinare, è ovviamente diverso in ogni individuo, secondo le specificità di ogni singola persona.

Arrivati a questo punto della nostra analisi, possiamo dunque trarre alcune conclusioni. Per quanto riguarda i punteggi delle denominazioni in relazione all’età di un individuo e il loro cambiamento nell’arco della vita, si può affermare che il rapido miglioramento che si osserva nei primi anni dello sviluppo linguistico nasce da un arricchimento della conoscenza così come dal continuo perfezionamento dei meccanismi di controllo e d’accesso al lessico. Allo stesso modo, si può affermare che il declino linguistico proprio della vecchiaia, riflette un declino nell’efficienza dei meccanismi d’accesso lessicale e non nei magazzini verbali. Tutto ciò può dipendere dall’indebolimento delle connessioni tra le rappresentazioni fonetiche e quelle semantiche di un elemento nei rispettivi magazzini oppure dai cambiamenti nell’attivazione del cervello che influenzano i meccanismi di ricerca, che a loro volta cambiano con il passare del tempo.26

Dal punto di vista della differenza dei punteggi tra i partecipanti che erano immigrati e quelli che non lo erano, si può supporre che coloro che sono arrivati in Israele da bambini abbiano avuto un’esposizione all’ebraico più limitata rispetto ai loro coetanei nati e cresciuti in Israele. Questo è probabilmente il motivo della loro maggiore difficoltà nella denominazione degli elementi, anche a seguito degli aiuti forniti dagli sperimentatori, rispetto ai nativi di madrelingua ebraica. Ciò acquista un senso persino maggiore se i termini presi in esame non sono esclusivamente le parole

utilizzate nella vita quotidiana ma magari anche termini meno utilizzati in quella lingua e, di conseguenza, meno comuni.

A conclusione, una riflessione su alcuni limiti di questo esperimento linguistico: lo studio avrebbe avuto maggiore attendibilità se si fosse potuta analizzare la performance della denominazione durante tutto arco della vita, su un campione di persone dall’inizio dello sviluppo linguistico fino al suo declino, osservando più da vicino anche tutti i passaggi intermedi. In altre parole, una versione dello studio longitudinale avrebbe senz’altro dato risposte più esaustive rispetto alla versione trasversale. Altro aspetto che può aver rappresentato un limite del design di questo esame linguistico è stato il lessico utilizzato per questo test specifico che è stato distribuito ai partecipanti: si è trattato di un lessico di base, fatto di parole comuni e non ricercate, che hanno probabilmente avuto un ‘effetto testo’ per molti dei partecipanti che hanno preso parte al test.

4.

Persone, città e figure storiche. Come agisce la memoria quando