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La definizione di «aiuto di stato» e le deroghe all’art 87 TCE.

L’INTERVENTISMO AMERICANO DAL NEW DEAL A

LA LIBERTA’ D’IMPRESA TRA NORMATIVE NAZIONALI ED EUROPEE

1.15 La normativa degli «aiuti di stato».

1.15.1 La definizione di «aiuto di stato» e le deroghe all’art 87 TCE.

Da tali premesse ne deriva la formulazione dell’art. 87, par. 1, TCE il quale dispone: «salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra stati membri, gli aiuti concessi dagli stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

Dalla lettura della disposizione si evince che non tutte le forme di assistenza alle imprese sono vietate e che l’applicazione del divieto dipenderà dalla compatibilità dell’aiuto con il mercato. Inoltre, non emerge una definizione vera e propria di aiuto di stato,

258 G. COLANGELO, Profili della Costituzione economica europea, cit., p.

143 bensì gli elementi essenziali che lo compongono: il trasferimento di risorse statali, il vantaggio economico per l’impresa beneficiaria derivante dalla misura pubblica che falsi la concorrenza, l’incidenza di questa sul commercio infracomunitario, la sua selettività o specificità, nel senso di favorire solo alcune imprese e non la totalità di queste259.

Ne consegue che sono vietate non solo le sovvenzioni palesi, ma «qualsiasi misura di originaria provenienza pubblica che in qualsiasi forma, direttamente o indirettamente, produca un beneficio economico selettivo per l’impresa beneficiaria, i cui effetti sensibili possano minacciare di falsare la concorrenza e gli scambi infracomunitari»260.

L’aiuto può assumere varie forme: sussidi, sgravi fiscali, prestiti, abbuoni di interesse, etc. e poiché ad essere investite sono risorse dello Stato, l’aiuto proverrà da una legge o un atto normativo, ovvero da un provvedimento amministrativo261.

259 Rappresenta una misura di aiuto suscettibile di apprezzamento negativo da

parte della Commissione «ogni vantaggio economicamente apprezzabile

accordato ad un’impresa attraverso un intervento pubblico, vantaggio che altrimenti non si sarebbe realizzato». Cfr. G. TESAURO, Diritto comunitario,

Padova, 2000, p. 477.

260 Si tratta della definizione data da G. LUCHENA, Aiuti pubblici e vincoli

comunitari, Università degli studi di Bari, in Studi di diritto pubblico diretti dal prof. F. Gabriele, Bari, 2006, p. 69.

261 C. PINOTTI, Gli aiuti di stato delle imprese nel diritto comunitario della

144 La Corte di giustizia ha sottolineato che il Trattato non distingue gli interventi in base alla causa o allo scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti.

Da qui, l’irrilevanza dell’eventuale natura sociale o finanziaria del sostegno ai fini della sottrazione al divieto di cui all’art. 87 TCE, il quale troverà comunque applicazione quando l’aiuto abbia rafforzato la posizione di un’impresa o un gruppo di imprese specifiche rispetto alle altre imprese presenti sul mercato, realizzando una minaccia per la concorrenza con gli altri stati membri262.

L’impresa deve aver conseguito un vantaggio che senza l’aiuto non avrebbe ottenuto e nella valutazione di tale vantaggio la Commissione utilizza il criterio dell’investitore privato in economia di mercato (MEIP ovvero Market Economy Investor Principle). Ci si chiede se l’investitore avrebbe operato allo stesso modo e se effettivamente l’intervento statale risponda a criteri di economicità posti alla base di qualsiasi investimento, naturalmente tenendo conto del caso specifico263.

Per quanto concerne la specificità o selettività dell’aiuto, occorre considerare il carattere più o meno generale del

262 M. INGROSSO, Agevolazioni fiscali e aiuti di stato, M. Ingrosso e G.

tesauro (a cura di), Jovene editore, 2009, p. 132.

145 provvedimento statale o il suo indirizzo verso una determinata impresa o un determinato settore economico.

Quelle che destano più sospetti sono le misure a carattere apparentemente generale che si basano su una regola generale ma che nell’applicazione dipendono dalla discrezionalità dell’amministrazione264; tra l’altro, il fatto che indirettamente beneficino altri soggetti economici non esclude il carattere della selettività, ma tutt’al più, potrà assolvere ad argomentazione per una eventuale deroga all’art. 87 Tce par. 3 lett. c)265.

Tuttavia, si possono rintracciare delle deroghe alla disciplina di cui all’art. 87 TCE relativamente a determinati obiettivi: favorire lo sviluppo di regioni fortemente sottosviluppate, promuovere la realizzazione di un importante progetto comune di interesse europeo o porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno stato membro, agevolare lo sviluppo di industrie o di regioni, promuovere la cultura e la conoscenza del patrimonio, salvo la possibilità per il Consiglio di enucleare altre deroghe.

264 Ad esempio, nel settore fiscale non sarà necessario valutare se la condotta

dell’amministrazione tributaria sia di carattere arbitrario. Sarà sufficiente provare che essa dispone di un potere discrezionale tale da consentire una modulazione dell’importo dovuto o delle «condizioni di erogazioe del

vantaggio in funzione delle caratteristiche dei progetti di investimento soggetti al suo apprezzamento». V. M. INGROSSO, op. ult. cit., p. 140.

265 Allo stesso modo, se l’intervento non è destinato a uno o più operatori

economici specifici, ma soggetto a criteri oggettivi che ne favoriranno l’applicazione verso un numero indeterminato di imprese, il carattere selettivo non è escluso. Semmai, sarà escluso il carattere individuale del provvedimento.

146 Attraverso il regolamento n. 994/98 la Commissione ha fatto tre proposte di esenzioni per categoria. Nello specifico si tratta di un particolare favor per le piccole e medie imprese, per gli enti rivolti alla formazione di risorse umane, per quelli de minimis, oltre a guardare benevolmente al settore della ricerca e dello sviluppo266.

L’ammissibilità dell’aiuto segue criteri specifici: l’aiuto deve inquadrarsi in un sistema comunitario (gli interessi nazionali non implicano l’autorizzazione); deve essere indispensabile per il progetto per cui viene erogato; infine, deve essere proporzionato allo scopo.

Se l’art. 92 TCE ammette gli aiuti tesi a «favorire lo sviluppo economico di regioni ove il tenore di vita sia anomalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione», in merito a quelli destinati alle imprese in crisi impone la temporaneità tale da definire la misura in via funzionale a una riorganizzazione o ristrutturazione e non al funzionamento dell’impresa267.

266 G. COLANGELO, Profili della costituzione economica europea, cit., p. 445

ss. inoltre, vengono permessi aiuti a singoli consumatori (purchè non discriminatori relativamente all’origine del prodotto), aiuti destinati a compensare disastri naturali o altri eventi di natura eccezionale etc.

267 P. BIANCHI, Concorrenza e controllo nelle concentrazioni in Europa, cit.,

p. 363 ss. In particolare, il settore navale è stato oggetto di regolazioni specifiche (l’aiuto è stato ridotto al 26%), mentre il settore delle fibre sintetiche e della siderurgia sono stati colpiti da aiuti diretti alla ristrutturazione e alla chiusura di impianti eccedenti.

147 Il divieto si applica anche alle imprese pubbliche ex art. 90 TCE le quali devono rispondere agli stessi criteri di efficienza delle imprese private e, pertanto, far fronte a eventuali perdite con mezzi propri senza che la proprietà pubblica di un’impresa sia per ciò solo garanzia di vantaggio rispetto alle altre imprese, realizzando un pregiudizio nel mercato268.

In generale, si può dire che l’interesse principale della Commissione è quello di garantire una concorrenza trasparente. Non rileva, dunque, l’entità dell’aiuto o la dimensione dell’impresa, né la Commissione è tenuta a specificare il tipo di vantaggio ricevuto dalla stessa, essendo sufficiente individuare il mercato rilevante in cui essa opera e il suo carattere infracomunitario.

Tuttavia, sembra che così facendo, negli ultimi anni, la Commissione abbia operato tramite presunzioni di lesione della concorrenza dal momento che era assente qualsiasi analisi economica sulla posizione concorrenziale del beneficiario. Per tale ragione è stata sollecitata dal giudice comunitario e da organizzazioni internazionali a individuare l’esistenza di un potere

268 Per impresa pubblica si intende quella descritta dalla direttiva 85/413 ossia

«ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possono esercitare

direttamente o indirettamente un’influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina»

(art. 2). In tal caso, le modalità di aiuto di cui all’art. 3 possono avvenire sottoforma di compensazione degli oneri imposti, il ripianamento di perdite di esercizio, la concessione di vantaggi finanziari sottoforma di non resituzione di crediti etc.

148 di mercato dell’impresa e il nesso causale tra selettività e distorsione della concorrenza269.

Dal 1992 con la firma degli accordi per il completamento del Mercato Unico, si avvia una nuova fase di politica industriale europea diretta non più a favorire le piccole imprese, ma i gruppi di imprese. Dunque, essa favorisce interventi strutturali da parte di tutti gli stati membri su una stessa area ai fini di un incremento delle forze di mercato in un’ottica di integrazione delle varie politiche economiche statali.

A tale fine, l’intervento diretto è ammesso solo eccezionalmente per rimuovere situazioni di squilibrio, ma esso dovrà necessariamente collocarsi all’interno di un progetto di azione integrata270.

269 Nel documento intitolato “Piano di azione nel settore di aiuti di Stato” la

stessa Commissione sottolinea l’importanza di una valutazione più analitica del sulle distorsioni provocate dall’aiuto ritenuto lesivo. Si rinvia al documento

Competition policy in Subsidies and State aid 12 novembre 2001 dell’OCSE,

in www.oecd.com.

270 P. BIANCHI, op. cit., p. 365 il quale esalta il ruolo della Commissione nel

creare legami forti fra istituzioni e imprese richiamando alcuni progetti di stampo innovativo come Esprit.

149

Conclusioni

“No taxation without representation” è il punto di partenza di questa tesi la cui intenzione è stata quella di studiare, per quanto possibile, la nascita e l’evoluzione della libertà di iniziativa economica privata.

Da credente nella libertà in senso stretto, ho voluto dare spazio ad un tema che rappresenta un aspetto essenziale per lo sviluppo della personalità dell’individuo, inteso «sia come singolo sia nelle formazioni sociali».

Il necessario consenso ai tributi ha rappresentato il principio catalizzatore della Rivoluzione americana, la quale ha portato all’apice della sua espressione l’ideale di una società civile autonoma e libera, ove imperava l’individualismo nella sua accezione più positiva e le capacità del singolo erano esaltate, protette e promosse dalla politica e dalla giurisprudenza. L’introduzione del «due process of law» e della «taking clause» formavano uno scudo protettivo nei confronti di ingerenze statali e ciò a testimonianza del fatto che le libertà economiche o property fossero diritti naturali che bisognava tutelare dai pubblici poteri. Ma si sa che l’eccessiva libertà conduce spesso alla perdita dell’orientamento e l’avvento del capitalismo ne fu la prova. Fu la prova soprattutto di quanto effettivamente un’economia libera dalla mano pubblica non fosse altrettanto capace di mantenere ugualmente liberi tutti i privati. Ci si rese conto che quello Stato che aveva occupato un ruolo marginale nell’economia, in quel momento risultava invece

150 indispensabile. L’approvazione dello Sherman Act nel 1890 e la sentenza Lochner del 1905 rappresentarono due punti di svolta nel rapporto Stato-economia, rapporto destinato a cambiare anche attraverso l’evoluzione del federalismo, in grado di riflettere i cambiamenti sociali e l’evoluzione delle relazioni tra stato, mercato e individuo. Nel tempo, la nascita delle grandi corporations ha sottolineato il ruolo di uno Stato teso ad arginare la sete di profitto delle stesse, portando all’abbandono del laissez-faire e all’adesione alla teoria dell’economia mista di Keynes; d’altronde, che il mercato non sia in grado di autoregolarsi da sé è stato dimostrato dalla portata non indifferente di quella che non a caso fu definita la “La Grande Depressione”.

Tutt’oggi ci si chiede cosa sarebbe successo se F. D. Roosvelt non fosse intervenuto progettando e applicando un piano di riforme straordinario capace di risollevare l’economia, e che portava il nome di New Deal, appunto nuovo corso.

Sia negli Stati Uniti che in Italia il benessere collettivo è stato presupposto dell’intervento statale (si pensi all’espropriazione di cui all’art. 43 Cost. e all’unico caso previsto dalla taking clause di espropriazione e che portò alla creazione del sistema ferroviario nazionale). Naturalmente sfogo di tale inclinazione è stata la nascita del Welfare State e il bisogno di tutela che nuovi soggetti, economici e non, iniziavano a mostrare.

151 L’iniziativa economica è stata favorita nell’ottica della solidarietà sociale, capace di fare da collante tra gli interessi economici di pochi e gli interessi sociali di tutti. Ciò nondimeno, tale caratteristica ha da sempre contraddistinto il diritto pubblico italiano più che quello americano, dove sembra maggiormente accentuato il carattere della libertà vera e propria che si può riassumere nella nota espressione «homo faber fortunae suae est». Ciò ha portato a uno sviluppo dell’intera nazione sulla base del principio del “Pursuit of happiness” sancito nella Costituzione americana e inesistente in quella italiana, dove piuttosto «lo Stato si impegna a rimuovere gli ostacoli» lasciando trapelare di sé un atteggiamento quasi paternalistico nei confronti dei propri cittadini. Senza dubbio, l’intervento dello Stato in qualità di garante dei principi di cui all’art. 41 Cost., comma 2 (sicurezza, libertà, dignità umana e utilità sociale), ha assicurato il rispetto di valori costituzionali e, attraverso la previsione del comma 3 dello stesso articolo, ha potuto garantire il godimento di servizi pubblici essenziali di cui all’art. 43 Cost. a tutti, com’è avvenuto con la creazione di monopoli statali quali l’ENI o l’ENEL.

Tuttavia, l’appartenenza all’Unione europea ha inevitabilmente mutato la fisionomia dello Stato che più che interventista è diventato regolatore. La sua azione è profondamente condizionata dalle direttive dell’UE il cui rispetto insieme a quello degli obblighi internazionali, è sancito all’art. 117 Cost., 1 comma, ed è parametro di riferimento per la normazione in materia economica. Tali limitazioni appaiono evidenti in

152 tema di aiuti di stato, mezzo per il perseguimento dell’interesse generale, il cui divieto è stato previsto all’art. 87 CE ed è il simbolo di una discrasia fra azione statale ed europea e di una differenza di fondo tra Costituzione economica nazionale ed europea, le quali partono da presupposti diversi: l’una da un presupposto sociale, l’altra da un presupposto prettamente economico, essendo l’Ue un’autorità apolitica. Da questo punto di vista, si può notare un’analogia negli intenti originari che hanno portato alla creazione dell’Ue, da una parte, e della Federazione americana dall’altra e cioè il desiderio di creare un mercato unico, capace di mettere in relazione l’iniziativa economica dei vari soggetti operanti nel settore e garantire così lo sviluppo anche sociale. Di fatti, l’economia è da sempre terreno fertile per la nascita di nuove istanze sociali, le quali hanno trovato protezione nella figura dello Stato (si veda la disciplina del consumatore che si innesta sul canale della lg. antitrust del 1990), l’unico soggetto legittimato a individuare l’interesse generale e proteggerlo. Ma nell’attuare il progetto di un’economia sociale lo Stato non deve perdere di vista che l’utilità sociale non è né fine - salvo eccezioni - né presupposto dell’iniziativa economica dei privati, piuttosto è connaturata alla stessa, come il fautore della teoria neoclassica A. Smith dichiarava nella Theory of invisible hands. Per tale ragione, trovano senso i limiti imposti all’art. 41 Cost., secondo e terzo comma, i quali, quindi, non devono essere percepiti come mezzo di oppressione dell’iniziativa economica privata, ma letti in funzione di

153 garanzia di un principio di giustizia sociale e come linea guida della libertà d’impresa.

D’altro canto, l’idea di un conflitto tra Stato o P.A. e iniziativa economica privata è stato, almeno idealmente, superato dalla tendenza da parte di enti privati a perseguire quell’interesse generale e quindi pubblico, la cui individuazione precedentemente spettava solo allo Stato.

La nascita del Terzo settore ha sancito la sconfitta del paradigma bipolare «pubblico vs privato», già emersa in sede di modifica della Dia in Scia e di emanazione della riforma Madia che ha esteso il modello semplificato della Scia a tutti i settori dell’iniziativa economica privata, incluso quello edilizio, portando ad una forma di liberalizzazione del sistema economico.

Non bisogna percepire la regolazione da parte dello Stato in termini di restrizione e farne terreno di scontro. Si tratta di condividere obiettivi comuni, essenziali per lo sviluppo dell’economia e della società.

Già a partire dalle ex colonie britanniche è stato dimostrato che la coesione lato sensu può portare a grandi traguardi, come quella che fu la creazione della Federazione americana e la nascita della Costituzione nel 1787-1788.

Essa dimostra la possibilità di riscatto e di miglioramento che è possibile ottenere a partire dalle libertà economiche. L’uomo libero è un uomo sostanzialmente capace di svilupparsi, produrre e arricchirsi. Da qui, l’importanza di preservare tale possibilità, garantendo un contesto

154 idoneo al suo esercizio, contesto che è divenuto sempre più ampio con l’avvento della globalizzazione e l’ascesa di nuove potenze economiche. In tal senso, si avverte l’essenzialità delle organizzazioni sovranazionali, le quali sarebbero in grado di mettere in contatto l’iniziativa economica del singolo con quella della restante parte della collettività globale, godendo di parte della sovranità dei singoli stati che, da massimi garanti del sistema, si sono trasformati essi stessi in concorrenti economici.

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