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La copertura costituzionale ai poteri di intervento statale.

LA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA NEL QUADRO COSTITUZIONALE ITALIANO

1.4 L’esigenza di tutela sociale alla base dell’ambiguità dell’art 41 Cost.

1.4.1 La copertura costituzionale ai poteri di intervento statale.

Appurata inizialmente la sostanziale interconnesione fra autonomia privata e iniziativa economica privata, occorre fare un’ulteriore precisazione. Infatti, l’autonomia privata è strumentale all’esercizio dell’iniziativa economica privata con la conseguenza che la tutela della prima è direttamente collegata alla tutela della seconda e gli stessi limiti che il legislatore impone incidono inevitabilmente sull’esplicazione della libertà di iniziativa economica; la stretta correlazione fra i due concetti, però, non implica la loro perfetta coincidenza, dal momento che l’autonomia privata risulta di più ampia attribuzione, spettando, invece, la libertà di iniziativa economica solo agli imprenditori131.

130 P. Bilancia, op. cit., p. 83, ove si segnala l’insistenza della Costituzione nel

richiamare sistematicamente interessi sociali nell’ambito della disciplina dell’economia. In particolare, si precisa che per “sociale” si deve intendere ciò che è proprio della «società tutta intera e non di una sua parte soltanto o dello Stato o dei

pubblici poteri». Cfr. anche M. Luciani, La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Padova, 1983, p. 129 ss.

131 L’art. 2082 c.c. definisce l’imprenditore colui che «esercita professionalmente

un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi».

74 L’art. 41 Cost. si può, quindi, considerare il referente costituzionale dell’autonomia contrattuale degli operatori economici che si manifesta nella conclusione di contratti di impresa, ma non risulterebbe confacente a ricoprire lo stesso ruolo in relazione all’autonomia contrattuale generalmente intesa; dunque, l’autonomia privata trova nel medesimo articolo un fondamento costituzionale indiretto, poiché il legislatore riconosce la stessa in quanto funzionale al perseguimento di scopi e valori costituzionalmente garantiti, come la libertà di iniziativa economica (art.41 Cost.) e la proprietà privata (art.42 Cost). L’iniziativa economica e la proprietà privata, a loro volta, non godono di una tutela incondizionata: la prima è promossa e garantita nella misura in cui rispetti i limiti stabiliti dal secondo e terzo comma dell’art 41 Cost.; la seconda, parimenti, è disciplinata pedissequamente in relazione ai modi di acquisto e di godimento “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”132. In sintesi, gli art. 41 e 42 della Costituzione fungono da copertura costituzionale all’attribuzione di poteri di intervento ad autorità di diritto pubblico, qualora le esigenze del

singolo siano in contrasto con quelle della collettività.

132 Si ricorda l’espropriazione per pubblica utilità prevista al terzo comma dell’art. 42

Cost. e all’art 834 c.c; in materia D.P.R 327/2001 aggiornato, da ultimo, con le modifiche apportate dal D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.

Inoltre, si richiama l’art. 2 della Costituzione italiana che sottopone i cittadini a “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

75 1.5 Potere pubblico contro potere privato: un conflitto solo

apparente.

Il nostro è uno Stato di diritto133 che si fonda sul principio di uguaglianza e perché questo non risulti mera astrazione, ma principio dotato di concretezza ed effettività, l’ordinamento riconosce alle autorità pubbliche la possibilità di intervenire al fine di eliminare, o meglio limitare, le disuguaglianze esistenti134. Infatti, come ci ricorda T. Martines, lo Stato sociale o assistenzialista è “uno Stato che, pur conservando i tradizionali istituti giuridici della proprietà privata e della libertà di iniziativa economica privata, non li considera più come un «mito» dal valore intangibile e ritiene necessario intervenire nel settore dei rapporti economici per coordinare l’attività economica ed indirizzarla al raggiungimento di un maggiore benessere comune”135.

In relazione all’ultimo concetto di benessere comune, un riferimento può esser fatto ai beni comuni il cui fondamento

133 Sul concetto di Stato di diritto, cfr. F. DAL CANTO e S. PANIZZA, Lo Stato e gli

altri ordinamenti giuridici, i principi fondamentali, i diritti e doveri, in R. ROMBOLI

(a cura di), Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, vol. I, Giappichelli, 2009, p. 65.

134 Naturalmente nella scelta del tipo di intervento necessario a eliminare situazioni di

debolezza economica o sociale, l’art. 3 Cost. svolge una funzione complementare e suppletiva alle altre norme in tema di diritti sociali rispetto ai quali impegnerebbe ad agire la Repubblica. In tal senso, G. Bognetti, La costituzione economica italiana: interpretazioni e proposte di riforma, Giuffrè, Milano, 1995 p. 38.

76 giuridico non si ravvisa in un’estensione analogica dell’art. 42 Cost., bensì nell’insieme dei principi stabiliti nella prima parte della Costituzione136 (es. principio solidaristico ex art. 2 Cost.) e il cui scopo è creare una proprietà pubblica che darebbe vita ad una gestione dei beni a favore della collettività e del tutto sganciata dalle modalità previste per la proprietà privata137. Lo Stato persegue l’obiettivo di garantire da una parte il godimento dei propri diritti o libertà - come quella economica -, dall’altra assicura che tale godimento o esercizio non leda la pubblica utilità.

Si distinguono diversi tipi di interventi pubblici e di conseguenza differenti declinazioni del rapporto poteri pubblici e privati, motivo per cui la disciplina pubblica dell’economia varia, assumendo i connotati di disciplina «conformativa» (ad es. nell’ipotesi di società per azioni i cui tratti devono rispettare quelli stabiliti dal codice civile in materia) o di disciplina «interventistica» qualora si prevedano interventi statali diretti o indiretti, rispettivamente quando lo Stato è imprenditore ed eroga in prima persona servizi (in tal caso si parla di impresa pubblica con le specifiche varianti) e quando indirizza e controlla l’economia attraverso ad es. disposizioni condizionali le quali non

136 A. LUCARELLI, Beni comuni: contributo per una teoria giuridica, in La

Costituzione italiana: riforme o stravolgimento?, C. Amirante (a cura di),

Giappichelli, Torino, 2016, p. 157-158.

137 Come sostiene S. RODOTA’, Art. 42, in Commentario della Costituzione. Rapporti

economici, G. Branca (a cura di), Bologna-Roma, Zanichelli, 1982, p.172, il baricentro

si sposterebbe più sul rapporto bene e fasce di utilità (rectius diritti fondamentali), che fra dominus e bene.

77 vietano né esigono lo svolgimento di specifiche attività, ma incoraggiano o scoraggiano il privato dal compimento di determinati atti potenzialmente lesivi (l’esempio più evidente è dato dalla norme fiscali)138.

Tuttavia, minimo comune denominatore è il perseguimento di un fine sociale nell’economia qualsiasi sia la sua accezione - posto che rientri comunque nel quadro dell’economia mista139 – senza danneggiare i diritti e le libertà del privato che, anzi, gode in alcune ipotesi di agevolazioni ogniqualvolta agisca secondo le normative vigenti. Ciò che si cerca di stuzzicare, dunque, è il buon senso dell’operatore economico la cui sete di profitto molto spesso non dà spazio all’etica sociale e per questo legittima lo Stato ad entrare in campo al fine di indirizzare e programmare l’attività economica come evidenziato nello stesso art. 41 Cost., comma 3. L’errore frequente di contrapporre lo Stato all’attività economica si basa sull’assunto che si tratti di uno schema bilaterale formato da due soli poli, senza considerare l’esistenza di un fascio di diritti che si incardinano tutti all’interno del rapporto Stato-economia. Molte normative derivano dall’intento di proteggere una categoria di operatori economici (es. risparmiatori) da altri soggetti economici (es. imprese che sollecitano il pubblico risparmio). Quindi, il rapporto è tripolare e

138 S. Cassese, La nuova costituzione economica, cit., pp. 28-29. 139 Si ricorda il concetto di economia mista v. § 3.

78 non come si sostiene erroneamente, bipolare, intervenendo i poteri pubblici a favore di interessi altrui140.

Inoltre, proprio il concetto di benessere comune ha giustificato i tentativi di riforma dell’art. 41 della Costituzione naturalmente prendendo atto del nuovo contesto europeo in cui si colloca; in particolare, la realtà della comunità europea necessita di soluzioni di sviluppo omogenee in virtù dell’unione monetaria su cui si fonda, sancendo il superamento di una forma di tutela nazionale141.

A tal proposito giunge in aiuto la plurivalenza culturale e ideologica da cui ha avuto origine l’art. 41 Cost. e che ha reso lo stesso una norma potenzialmente elastica, capace di adattarsi ai cambiamenti della società e per questo suscettibile di diverse applicazioni nel tempo. Aggiungiamo a questo il carattere aperto della nostra Carta Costituzionale - che appare, fin dall’inizio, un «fattore dinamico e innovativo»142 - e il risultato è un sistema che si adagia al prevalere dell’una o dell’altra interpretazione costituzionale delle disposizioni in generale e disposizioni economiche in particolare.

140 S. Cassese, La nuova Costituzione economica, cit, p. 43.

141 Cfr., G. AMATO, Tra Stato sociale e dimensione europea, in archivio.rivistaaic.it,

2009.

142V. ONIDA, Le Costituzioni. I principi fondamentali della Costituzione italiana, G.

AMATO e A. BARBERA (a cura di), in Manuale di diritto pubblico, IV ed., Bologna, 1994, p. 95.

79 Il mutare dell’assetto economico trova, dunque, una garanzia nella flessibilità della Costituzione che consente l’elaborazione di soluzioni programmatiche diverse purché compatibili con i principi fondamentali dell’ordinamento143

1.5.1 L’impresa e la pubblica amministrazione: il superamento