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La libertà di iniziativa economica: potere riconosciuto o libertà originaria?

LA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA NEL QUADRO COSTITUZIONALE ITALIANO

1.1 L’abbandono delle Costituzioni liberali e la Costituzione di Weimar come premessa all’interventismo statale.

1.1.1 La libertà di iniziativa economica: potere riconosciuto o libertà originaria?

Che cosa vuol dire autonomia privata? Esaminando l’etimologia della parola, dal greco autós e nòmos, appare chiaro che autonomia significhi darsi delle regole nonché autovincolarsi o impegnarsi. I privati hanno, dunque, il potere di regolare liberamente i propri interessi e la propria sfera giuridica nel

rispetto dei limiti imposti dall’ordinamento. L’iniziativa economica privata rappresenta una tra le più

importanti manifestazioni della personalità dell’individuo, inducendo a chiedersi se possa considerarsi un diritto «riconosciuto» o una libertà originaria e quindi un «diritto inviolabile» (art. 2)62.

62 La clausola generale dell’art 2 Cost., sottolineando l’inviolabilità della

persona umana e la sua autonomia – privata, contrattuale, individuale o collettiva- anche con riferimento alla libertà di pensiero e di azione, rappresenta un aspetto imprescindibile per lo sviluppo della persona, oltre che il fulcro dell’ordinamento democratico per il suo spessore. Ciò nondimeno, per il suo pieno riconoscimento appare necessario un collegamento con l’art. 41 e l’art. 42 della Costituzione, cardini dei rapporti economici inerenti al soggetto. In tal senso, R. SACCO, Il contratto, in Trattato di diritto civile, vol. I, UTET,

46 Sotto il primo profilo, il riconoscimento è funzionale all’autodeterminazione del singolo, il quale manifesta la propria volontà anche nel rapporto con l’altrui sfera giuridica63; passando, invece, al concetto di libertà originaria, si ricorda che sia la libertà di iniziativa economica che la proprietà erano intese negli ordinamenti ottocenteschi come valori inerenti alla personalità dell’individuo e alla sua dignità sociale; per converso, nelle nuove costituzioni democratiche è data per acquisita la pari dignità sociale ed è riconosciuto il nesso diretto tra diritti e soggettività umana escludendo che l’attribuzione degli stessi sia legata alla proprietà e, dunque, al dato patrimoniale.

Secondo la Dichiarazione dei diritti l’iniziativa economica era considerata attributo essenziale della persona umana in quanto realizzazione diretta dei suoi intenti, ma l’insorgere nel tempo di

Torino, 2004, p. 30 ss; cfr. anche L. MENGONI, Autonomia privata e

Costituzione, in Banca, borsa e titoli di credito, 1997, p. 1 ss.

63 Secondo R. SACCO, Autonomia nel diritto privato, in Digesto delle

discipline privatistiche, Torino, Utet, 1987, p. 517, l’autonomia «(…) indica la situazione di colui che è in grado di incidere sulle regole che lo riguardano (destinate cioè a operare nella sua propria sfera, o in sfere altrui ma con riflessi nella sfera sua propria o nella sfera dei suoi interessi)». In quest’ottica

appare inevitabile il richiamo all’autonomia contrattuale con la quale, dunque, l’autonomia privata coincide solo apparentemente: essa, infatti, attiene anche a negozi giuridici diversi dal contratto (es. atti unilaterali) concretizzandosi in un fenomeno più articolato che sfocia in altrettanti rapporti extra-negoziali. Dunque, appare evidente l’interazione genus-species fra le due categorie; v. anche B. MASSIMO, Diritto civile, in Il contratto, vol. 3, Milano, Giuffrè, 2000, p. 31.

47 grosse istituzioni economiche ha reso evidente il distacco con la stessa64.

Il passaggio dalla tradizione liberale e giusnaturalistica alla concezione democratica ha prodotto effetti diversi negli ordinamenti dei vari paesi: se in Germania si assiste ad una coesistenza separata tra due istanze - basata l’una sull’iniziativa economica come diritto fondamentale, ossia diritto pre-statuali, e l’altra che accoglie l’idea di diritto posto nella disponibilità dei pubblici poteri - in Italia le due istanze si fondono omogeneamente. Tale fusione è ravvisabile nella stessa formulazione letterale dell’art. 2 Cost. che da una parte assicura l’inviolabilità ai soli «diritti dell’uomo», dall’altra lega a questi ultimi «doveri inderogabili», dettando un passaggio dal soggetto meramente attivo dotato di pura libertà anteriore allo Stato a quello di soggetto politico che, nella sua libertà, è contemporaneamente obbligato a determinati doveri65. Il riconoscimento dell’iniziativa economica ora come diritto dell’«uomo» ora come diritto del «cittadino» avviene rispettivamente restringendo l’area delle attività economiche

64 A. BALDASSARRE, voce Iniziativa economica privata, in Enciclopedia

del diritto, Giuffrè, Milano, 1971, p. 597, in cui si evidenzia che stando alla

lettera dell’art. 2 Cost., si presuppone una relazione di immediatezza tra uomo e inviolabilità del diritto, relazione che sarebbe assente se si parla di persone giuridiche.

65 In tal modo, la società civile si trasforma in società politica per cui i diritti

inviolabili diventano diritti del cittadino. In tal senso, CRISAFULLI, Diritti di

48 esclusivamente all’imprenditorialità individuale e dall’altra parte allargando la base dell’iniziativa economica identificandola nel diritto al lavoro. Così facendo, però, nell’ultimo caso si snatura dei suoi tratti la libertà economica facendola coincidere essenzialmente col suo genus, mentre nel primo caso si prenderebbe in considerazione un fenomeno ormai secondario per i tempi che viviamo.

Inoltre, se si vuole a tutti i costi individuare una inviolabilità della libertà economica, occorre identificare il nesso diretto con i valori della persona umana, cosa non sempre possibile se si pensa a professioni che ne sono prive (si pensi, ad esempio, alla professione di speculatore nelle aree fabbricabili)66.

Al di là delle argomentazioni contrarie alla naturalità della libertà economica, ciò che rileva principalmente è il dato testuale dell’art. 41 Cost. che legittima l’intervento statale e rende tale libertà un diritto disponibile nei limiti in cui violi quella dignità umana che ne è essa stessa fondamento67.

66 A. BALDASSARRE, voce Iniziativa economica, in Enciclopedia del diritto,

Giuffrè, 1971, p. 598, ove si sottolinea che «il nesso diretto tra attività e soggettività

umana è interrotto da un momento di materialità».

67 La relazione tra libertà di iniziativa economica e dignità umana, citata al secondo

comma del presente articolo, è evidentemente biunivoca e per ciò stesso impone dei limiti all’esplicazione della prima. A tal proposito, A. BALDASSARRE, cit., p. 599, in cui si afferma che non è un caso che molti teorici del liberalismo moderno escludono dai diritti costituzionali primari la libertà di scelta nell’investire capitali; al contrario, la prevalente dottrina tende a riconoscere il carattere fondamentale di tale diritto.

49 Analizzando il principio di iniziativa economica, non si può non fare riferimento al suffisso che l’art. 2 Cost., nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, dedica - oltre che al singolo – alle formazioni sociali, solo ove si favorisce lo sviluppo della personalità umana. Tale sviluppo, secondo quanto afferma autorevole dottrina68, si perfeziona oltre che in gruppi a carattere familiare, religioso, politico, sindacale o in varie forme di associazionismo non lucrativo, altresì, all’interno della categoria degli enti territoriali, i quali perseguendo un fine pubblico, svolgono direttamente o indirettamente, tramite privati, attività di natura economica.

Il terzo principio sancito dal predetto articolo, attiene al concetto/valore ricavabile dall’espressione secondo cui (la Repubblica) “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Questo, favorirebbe, l’iniziativa economica, svolgendo, una funzione di integrazione sociale e contribuendo perciò a garantire un minimo livello di omogeneità economica all’interno della compagina sociale.

50 1.2 La Costituzione economica secondo l’Assemblea

costituente. Considerazioni iniziali.

Prima di affrontare il tema della libertà di iniziativa economica così come disciplinata dall’art. 41 Cost., risulta opportuno fare una considerazione introduttiva sulle dinamiche che hanno portato alla luce la Costituzione economica69.

Il Titolo terzo della Carta costituzionale è dedicato ai rapporti economici e si estende dall’art. 35 all’art. 47, trovando il suo nucleo essenziale negli artt. 42 e 44 dedicati alla proprietà privata70 e negli artt. 41 e 43 rivolti all’impresa; in questi ultimi si assiste a un bilanciamento della libertà di iniziativa economica e dell’intervento statale, aspetto essenziale ai fini della qualificazione dell’ordinamento economico.

Sulla nozione di Costituzione economica fondamentale è stato l’apporto del giurista inglese Albert Venn Dicey il quale evidenziò l’inizio dell’interventismo, attraverso le cosiddette «leggi sui poveri», come conseguenza del collettivismo. Più precisamente Dicey registrò il cambiamento di quella che chiama «legislative public opinion» e cioè il mutare dello spirito pubblico che avrebbe portato all’abbandono del liberismo; egli sostiene, infatti, che il rapporto fra Stato ed economia non si fonda

69 Sul tema, M. A. VENCHI CARNEVALE, Diritto pubblico dell’economia, in

Trattato di diritto amministrativo, Vol. XXIX, Cedam, 1999, p. 477 ss.

70 La disciplina della proprietà privata è criterio fondamentale per la distinzione dei

diversi tipi di ordinamento giuridico; al riguardo Cfr., G. Di Nardi, Elementi di

51 esclusivamente su leggi, ma deve andare oltre fino ad analizzare i mutamenti dell’opinione pubblica71.

I lavori preparatori dell’Assemblea costituente evidenziarono la rilevanza del fattore economico come fondamento della struttura sociale sostenendo che una vera «democrazia non è soltanto politica, ma anche economica e sociale72».

Tuttavia, sembra che l’interesse predominante girasse attorno alla specificazione degli apparati istituzionali più che sui rapporti economici come se la nuova democrazia si ponesse quale obiettivo primario la salvaguardia dei diritti fondamentali e l’assetto del mercato ne fosse totalmente fuori.

La disciplina economica sembrava correlata al perseguimento di una trasformazione sociale più che a fini economici. Di fatti, accanto alla corrente liberista di visione smithiana, i democratici e i cattolici erano più inclini a un’economia “sociale” fondata sul principio di solidarietà e di uguaglianza73. Le diverse ideologie si scontrarono portando ad

71 S. Cassese, La nuova costituzione economica, Laterza, Bari, 2012, p. 4.

72 A. BERTOLINO, L’attività economica, funzioni e norme organizzative del lavoro,

Il consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, in Commentario sistematico alla costituzione italiana, P. CALAMANDREI e A. LEVI (a cura di), Firenze, 1950, I, p.

407.

73Sul principio di uguaglianza è nota la frase di Calamandrei: «per compensare le forze

di sinistra per una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere in Costituzione una rivoluzione promessa» riferendosi all’impegno

conferito alla Repubblica dal Costituente, con l’introduzione del principio di uguaglianza, in ordine a una trasformazione della società. In tal senso, P. Bilancia, Modello economico e quadro istituzionale, Torino, Giappichelli, 1996, p. 76, ove si

52 una commistione di vedute che si riflettono in modo evidente nella formulazione dell’art. 41 della Costituzione.

D’altro canto, si sottolinea la tendenza in seno alla Costituente a non usare mai il termine Stato nel fare riferimento a forme di controllo sull’economia (o, tantomeno, alla Nazione, essendo stata al centro dell’ordinamento corporativo che si voleva scongiurare), ma alla “società”, evidenziando una certa attenzione verso il benessere sociale.

In questo contesto la proprietà e l’iniziativa economica rappresentarono il fulcro del dibattito che, tuttavia, sembrava più blando relativamente alla prima avendo perso questa la sua inviolabilità sia con una serie di leggi fasciste74 sia mediante lo stesso Codice civile che imponeva vari limiti (come, ad esempio, quello dell’espropriazione75); anch’essa avrebbe dovuto avere una funzione sociale che però sarebbe stata limitata dalle forze democristiane che avrebbero voluto la proprietà dei mezzi di produzione esclusivamente riservata alla comunità nazionale, se la sua libertà di esercizio non fosse stata tutelata dai liberali e da

cita P. CALAMANDREI, Cenni introduttivi sulla Costituente ed i suoi lavori, cit, XXXVI.

74 Il riferimento va alle leggi sulle bonifiche, sulle trasformazioni fondiarie, sulle acque

ecc. A rig., U. COLI, La proprietà e l’iniziativa privata, in Commentario sistematico

alla Costituzione, cit., p. 341 ss.

75 A. BERTOLINO, L’attività economica, funzioni e norme organizzative del lavoro,

53 parte della sinistra, consapevoli che un tale assunto mal si conciliasse con un sistema di tipo capitalistico76.

Di particolare interesse fu, invece, l’iniziativa economica privata che, da una parte si volle incentivare per evitare lo svilimento del mercato avvenuto durante il regime fascista, dall’altra si volle arginarla nel rispetto di valori costituzionali come quello già citato della solidarietà sociale.

In questo contesto politico trovò una maggiore incisività l’azione dei cattolici che condusse essenzialmente a due opzioni: un’economia guidata che, nel rispetto dell’iniziativa privata prevedesse istituti per il perseguimento di fini sociali, e un sistema di economia controllata, teso anche alla realizzazione di fini sociali77.

Si trattava di un Paese che si apprestava alla ricostruzione post bellica e l’aspettativa di aiuti esteri (che arriveranno, poi, col piano Marshall) convinsero i costituenti sulla necessità di interventi statali nell’economia, non essendo più sufficiente uno Stato minimo garantista78.

76 S. RODOTA’, La proprietà all’Assemblea costituente, in Pol. Dir., 1979, p. 412. 77 Quanto ai democratici e alla collettivizzazione, si potrebbe pensare che istituti come

quello ex art. 43 Cost. siano ad essa riferiti, ma rientrano in realtà in una logica di un’economica di mercato controllata. Sul ruolo dell’art. 43, Commentario della

Costituzione, vol. I, Utet, 2006, p. 886 ss.

78 Cfr. G. Mammarella, L’Italia dopo il fascismo, 1443-1973, Bologna, 1974, p. 23.

Inoltre, v. P. Bilancia, op. cit., p. 80, ove si ricorda l’influenza sulla scelta del Trattato di Parigi del 1947 che aveva previsto l’adozione di una “diversa” tutela del lavoro, impegnando i firmatari ad intraprendere misure idonee.

54 Dunque, le forze politiche aderirono tutte allo stesso principio di un’economia mista capace di dare spazio, oltre che all’iniziativa pubblica che fino ad allora era prevalsa (si ricorda l’IRI dal 1933 in mano pubblica), all’iniziativa privata che negli anni tenderà ad espandersi facendo sempre più pressione nell’economia.