• Non ci sono risultati.

Il Terzo settore: l’avvicinamento dell’attività economica privata alla funzione sociale.

LA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA NEL QUADRO COSTITUZIONALE ITALIANO

1.4 L’esigenza di tutela sociale alla base dell’ambiguità dell’art 41 Cost.

1.5.2 Il Terzo settore: l’avvicinamento dell’attività economica privata alla funzione sociale.

L’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale al quarto comma dell’art. 118 Cost. –avvenuta nel 2001 tramite la riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione – ha

84 determinato delle conseguenze notevoli nei rapporti tra pubblica amministrazione e privati, nonché sul tema del perseguimento dell’utilità sociale.

Infatti, a seguito dell’enucleazione di tale principio, è stato stabilito che «l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati» è favorita quando sia diretta allo svolgimento di un’attività di interesse generale152. In tal modo, la cura del benessere sociale, tradizionalmente attribuita al potere pubblico, è affidata anche a enti privati, i quali pur organizzandosi attraverso una struttura di tipo privatistico, perseguono interessi che non possono definirsi propriamente «privati».

Attraverso la previsione del principio in questione, l’interesse generale rileva non soltanto nella sua parte finale quale scopo da realizzare, ma anche nella sua parte iniziale relativa alla sua individuazione, la quale può avvenire come sempre per mano pubblica ma ora anche per mano privata153.

Facendo riferimento ai cittadini singoli o “associati”, il principio di sussidiarietà orizzontale esalta il ruolo delle

152 In particolare, l’art. 118, comma 4, dispone: «Stato, Regioni, Città metropolitane,

Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa privata dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».

153 P. CONSORTI, L. GORI, E. ROSSI, Il diritto del Terzo Settore, Il Mulino, 2018,

p. 49, ove si afferma che l’affermazione del principio prevede un cambio di ruolo della p.a, la quale è responsabile ora non più dell’eventuale individuazione di privati per la gestione del fine sociale, ma anche dello sviluppo delle diverse espressioni della società civile.

85 formazioni sociali che, nel caso specifico, si preoccupino dell’interesse altrui svolgendo un’attività senza scopo di lucro.

Un primo riconoscimento si è avuto con la legge dell’11 agosto del 1991 che ha valorizzato le attività di volontariato dichiarando che «la Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo154», aprendo la strada a una serie di interventi legislativi che formano la cd. legislazione del «Terzo settore».

La realizzazione di attività di interesse generale fungerebbe da criterio identificativo degli enti appartenenti al Ts, ma l’assenza di chiarezza della nozione non rende agevole tale individuazione.

L’importanza dell’azione transfrontaliera delle organizzazioni non profit, anche a livello europeo oltre che italiano, ha rafforzato la necessità di imporre dei principi generali in ordine alla definizione di servizi sociali e alle regole in materia di concorrenza e di aiuti pubblici, e dunque di una direttiva comunitaria settoriale per i servizi sociali155.

Nonostante sul fronte italiano dottrina e giurisprudenza non mostrino un grande interesse in materia, i promotori delle attività in questione non hanno mancato di rivolgere al legislatore le

154 Si rinvia a www.normattiva.it

155 A. SANTUARI, La definizione di Terzo settore, in Regolazione, attività e

finanziamento delle imprese sociali. Studi sulla riforma del terzo settore in Italia,

86 proprie istanze che, di fatto, hanno portato alla l. delega n. 106/2016 e al conseguente d. lgs. n. 117/2017.

La creazione di un Codice del Ts è stata fondamentale per mettere ordine in un ambito caratterizzato nel passato da leggi ad hoc (si pensi alla prima legge nel 1991 sul volontariato) e funzionale alla qualificazione dei soggetti agenti nel settore in questione, che nel nostro Paese sono per lo più di dimensioni piccole o medio-piccole156.

Lo scopo della legge è quello di limitare gli interventi in materia e lasciare le organizzazioni del Ts agire in modo meno vincolato rispetto al passato, coordinandone e potenziandone gli sforzi. Il legislatore promuove il loro sviluppo, in virtù di un’esigenza comune: la tutela dell’interesse generale.

Da questo punto di vista, si può fare un collegamento con l’art. 41, terzo comma, nella parte in cui il potere pubblico è destinatario di una funzione di controllo e programmazione a fini sociali. Ne consegue che il Terzo settore costituirebbe un mezzo attraverso cui tale disposizione può ricevere attuazione, in quanto «tendente a realizzare un intervento economico privato per il soddisfacimento di finalità sociali»157.

156 Tale riferimento è importante se si pensa che le misure destinate a tali enti vengono

calibrate in base alla loro tipologia, intesa sia in senso dimensionale che in termini di scopo). Vige in tal senso il criterio della proporzionalità, quale regolatore delle misure normative. Cfr. A. BASSI, Una legislazione promozionale e sussidiaria per la

costituzionalizzazione degli attori della società civile, op. ult. cit., p. 20.

157 P. CONSORTI, L. GORI, E. ROSSI, op. cit., p. 54, i quali rilevano un altro

87 1.6 Tentativi di riforma dell’art. 41 Cost. e la recessività della

Costituzione.

L’ipertrofia legislativa ha suscitato delle riflessioni sullo spessore sostanziale della disposizione in esame.

In particolare, la legittimazione dell’intervento statale avrebbe portato secondo i sostenitori della riforma ad apparati burocratici inefficienti e a scarsa competitività internazionale.

Tuttavia, gli oppositori di tale orientamento riformatorio ritenevano che la Costituzione non c’entrasse con l’eccessiva regolamentazione ma, anzi, abbia sempre fatto da linea guida alla legislazione in campo economico e il solo fatto di metterne in discussione l’effettività si trasforma in un vero e proprio colpo inferto alle intenzioni storiche della Costituente158.

Il tentativo di sconvolgere la portata dell’art. 41 Cost., conducendo a una recessività della Costituzione economica, è stato contrastato da un ragionamento a contrario che avrebbe messo in rilievo gli effetti di una probabile riforma di «principi difficilmente contestabili».

esclude che quest’ultimo possa fare da fondamento costituzionale dello Statuto del Ts, in quanto l’attività programmatoria dello Stato può avvenire solo attraverso una legge,

«mentre l’attività del Ts è libera sia nell’an come nel quomodo», ragion per cui

risulterebbe pericoloso riconoscere alla legge la promozione delle attività del Ts (produrrebbe, infatti, dei limiti alla stessa che con la riforma si son voluti diminuire).

88 Il Prof. Vincenzo Onida ha proceduto attraverso la formulazione di una serie di enunciati che evidenzierebbero le conseguenze di uno sminuimento dei limiti di cui al secondo comma dell’art. 41 Cost., ipotizzando la assurda possibilità – in mancanza dell’intervento statale – per gli imprenditori di svolgere un’attività lontano dal rispetto della dignità umana, della sicurezza e della libertà159.

Agevolare l’attività di impresa non implica la necessità di svuotare di contenuto le disposizioni costituzionali, recidendo in tal modo il legame genetico con le intenzioni originarie dei costituenti.

L’indeterminatezza lessicale su cui hanno fatto leva i fautori della riforma ha condotto a due schieramenti pratici: quello dei liberal-democratici che consideravano la vaghezza dei termini usati utile a imporre dei limiti all’azione governativa e quello di coloro che ne riconoscevano una funzione di programmazione costituzionale cui deve ispirarsi l’attività legislativa.

Se si ritenesse la Costituzione e le disposizioni ivi presenti un mero limite alla discrezionalità politica se ne stravolgerebbe la natura e lo stesso giudizio di legittimità costituzionale sarebbe svuotato di significato. Dunque, reinterpretare i principi

159 Prosegue chiedendo: «che gli industriali debbano ritenersi liberi di produrre

giocattoli pericolosi, auto inquinanti […]?», denunciando le possibili conseguenze

89 costituzionali e la libertà economica ex art. 41 Cost. non risulta agevole in questi termini, salvo una chiave di lettura diversa che li ponga in correlazione a un contesto ormai internazionale oltre che comunitario.

Certamente lo sviluppo dell’attività imprenditoriale può trovare il suo input in un’opera interpretativa insolita, ma nel rispetto dei valori costituzionalmente garantiti il cui valore va apprezzato al di fuori del nostro sistema politico, portando allo sviluppo di un «costituzionalismo internazionale» più che a un costituzionalismo recessivo160.

Tuttavia, la continuità con gli ordinamenti sovra nazionali e soprattutto europeo non sottintende - come, invece, affermavano i sostenitori della riforma – la possibilità per questi di spazzare via le regole costituzionali, avendo queste dei significati socialmente e storicamente consolidati161.

Così come gli altri principi, anche quelli dell’art. 41 Cost. non possono tollerare la messa in discussione della loro forza, non essendo colpevoli di quelle critiche all’interventismo che ne vorrebbero la reinterpretazione.

Peraltro, risultano presenti già alcune proposte di riforma che vorrebbero incidere sui limiti di cui al secondo comma e al

160 In tal senso, F. Pallante, Il neoistituzionalismo nel pensiero contemporaneo, Jovene,

Napoli, 2008, p. 34.

161 I. M. PINTO, L’innocenza della Costituzione e la sua difesa minima: in margine al

dibattito sulla proposta di modifica dell'art. 41 della Costituzione, in Costituzionalismo.it, fasc. 2, 2010, p. 3.

90 terzo comma; tra queste lo schema del disegno di legge del governo del 2010 proponeva una rivisitazione dell’art. 41 Cost. in concomitanza con quella dell’art. 118 Cost. indirizzandosi verso un unico obiettivo e cioè la rimozione degli ostacoli che si frappongono tra l’intrapresa economica e la sua realizzazione.

L’art. 41. Cost. è la norma che, forse più di ogni altra, rispecchia «i termini della dialettica politica entro cui si svolge la realtà economica degli ordinamenti occidentali contemporanei», indeterminata nel suo nucleo, risulterebbe suscettibile di essere sviluppata in molteplici direzioni a seconda degli obiettivi perseguiti dagli schieramenti162.

162 In questi termini, M. S. GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1985,

p. 175 ss; v. anche G. MORBIDELLI, Iniziativa economica privata, in Enc. Giur., XVIII, Roma, 1989.

91

CAPITOLO III