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L’impresa e la pubblica amministrazione: il superamento del «paradigma bipolare».

LA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA NEL QUADRO COSTITUZIONALE ITALIANO

1.4 L’esigenza di tutela sociale alla base dell’ambiguità dell’art 41 Cost.

1.5.1 L’impresa e la pubblica amministrazione: il superamento del «paradigma bipolare».

Dal punto di vista tradizionale lo Stato e il diritto pubblico sono dominati dal conflitto Stato-cittadino, due poli irriducibili e in contrasto fra di loro.

Fino al XX secolo la pubblica amministrazione, intesa come apparato, si colloca su una linea diametralmente opposta a quella dell’impresa privata144. Questo approccio è legato principalmente a una logica squisitamente giuridica che evidenzia un interesse alla legalità nell’azione amministrativa: la p.a è concepita come un unicum, distaccato dalle altre realtà rispetto alle quali funge, anzi, come parametro di delimitazione fra apparati pubblici e privati.

143 V. CARMELO RIZZO, L’art. 41 della Costituzione nell’orizzonte del diritto

penale dell’economia, in Costituzionalismo.it, I, 2018.

144 Cfr. S. ROMANO, Gli interessi dei soggetti anarchici e gli interessi dello Stato, in

Scritti minori, Milano, 1950, p. 351 ss, il quale sostiene che «i soggetti, nel campo del diritto amministrativo, possono essere di diverse specie ……ma la distinzione che ci sembra fondamentale…, è quella tra soggetti attivi e soggetti passivi della potestà amministrativa. Bisogna contrapporre, da un lato i soggetti che amministrano e che, nel loro insieme, costituiscono la Pubblica Amministrazione e dall’altro lato gli amministrati».

80 Il paradigma bipolare storicamente formatosi dal passaggio da un ordine europeo medievale – ove non c’è distinzione fra Stato e società civile - a un ordine attuale fondato sulla separazione tra Stato e comunità, trova, inoltre, riscontro nella giustizia amministrativa che quotidianamente vede ricorrere privati cittadini contro le amministrazioni.

Oltretutto, il modello tradizionale esalterebbe la diversità delle regole che stanno alla base dell’azione pubblica e dell’azione privata: la prima è discrezionale solo nei mezzi, essendo i fini determinati dalla legge, mentre la seconda è totalmente libera. Dunque, i due poli sono retti da principi diversi poiché per l’uno il diritto è positivo imponendo dettami di natura direttiva e di comando, mentre per l’altro risulta negativo manifestandosi in termini di divieti e restrizioni145.

Alla fine del XX secolo si assiste alla nascita delle “imprese sociali” che pur perseguendo un interesse pubblico, nello svolgimento dell’attività seguono le regole del mercato così costituendo il cd. Terzo settore al di fuori della dicotomia Stato- mercato.

145 In tal senso S. Cassese, L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv.

trimestrale di dir. pub., 2001, p. 603 in quale afferma icasticamente «Al primo, tutto è vietato, tranne ciò che è espressamente consentito; al secondo, tutto è concesso, tranne ciò che è espressamente vietato». Seguendo tale orientamento, M. Weber, Economia e società, I, Milano, Comunità, 1961, p. 213, ha distinto tra «potere legale-razionale

burocratico» e «agire economico razionale» sottolineando la comune razionalità del pubblico e del privato, ma sostenendone la diversità in riferimento al fatto che la razionalità è ispirata in un caso a regole e doveri, nell’altro a un potere dispositivo e alla possibilità di concludere contratti di scambio.

81 La fisionomia del mercato attuale prevede un’interazione tra i due poli e un avvicinamento della società alle pubbliche amministrazioni146. Infatti, il mercato si articola in norme proibitive, attributive e conformative rispettivamente riguardanti la concorrenza, i soggetti legittimati a stipulare negozi per la produzione di beni o servizi e, infine, i consumatori a favore dei quali si prevede un dovere di informazione in capo all’imprenditore147. In quest’ultimo caso, spesso opera una protezione paternalistica dei diritti del consumatore, trascurando quell’individualismo e quella libertà di scelta che sono tipici di altri sistemi (si pensi ad es. a quello degli Stati Uniti). Dunque, l’iniziativa economica privata, malgrado venga dichiarata libera, risulta assoggettata a una pregnante disciplina pubblicistica e «ciò spiega le ragioni per le quali, a tutela dei valori previsti nell’art. 41, commi 2 e 3, la libertà economica – che in linea di principio è diritto soggettivo – può dal legislatore essere contenutisticamente caratterizzata, nei rapporti con la p.a, come interesse legittimo148». D’altronde, se si guarda al terzo comma dell’art. 41 Cost. e alla clausola dell’utilità sociale ivi espressa come limite, la discrezionalità amministrativa a tutela dell’interesse collettivo

146 Alla fine del ‘900 la pubblica amministrazione subisce una progressiva

differenziazione interna, tant’è che si parla di pubbliche amministrazioni al plurale e non più al singolare, superando il concetto di unicità della P.A.

147 N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Bari, 1998, p. 51 ss.

148 A. PACE, L’iniziativa economica privata come diritto di libertà: implicazioni

82 risulta una diretta conseguenza degli ampi confini del concetto di utilità appena citato. Su una linea opposta alla piena discrezionalità si colloca la liberalizzazione dell’attività economica ossia l’ipotesi in cui non è richiesto un provvedimento amministrativo quale titolo autorizzativo di quell’attività specifica149, mentre una zona grigia è rappresentata dal caso in cui l’assenso della p.a non implica la spendita di un potere discrezionale, essendo l’attività direttamente legittimata dalla legge. In tal senso, è noto il passaggio legislativo dalla d.i.a (dichiarazione di inizio attività) di cui all’art. 19 della l. 241/1990 alla s.c.i.a (segnalazione certificata di inizio attività) introdotta tramite modifica del medesimo art. 19 attraverso la l. 122/2010150 che attribuisce al soggetto la possibilità di intraprendere fin da subito la propria attività per i casi in cui sia richiesto un semplice accertamento dei requisiti e dei presupposti richiesti dalla legge

149 Tuttavia, liberalizzare non significa escludere totalmente la funzione della p.a

rispetto all’iniziativa economica privata, dal momento che è comunque previsto un compito di sorveglianza in capo alla stessa. Semplicemente in questi casi non c’è più un provvedimento di autorizzazione su iniziativa di parte, ma una verifica specifica su iniziativa pubblica necessaria. In tal senso, R. GAROFOLI, Semplificazione e

liberalizzazione dell’attività amministrativa nel contesto del riformismo amministrativo italiano degli ultimi decenni. Lo stato dell’arte, i problemi sul tappeto e le prospettive possibili, in I tre assi. L’amministrazione tra democratizzazione, efficientismo e responsabilità, G. AMATO e R. GAROFOLI (a cura di), Nel diritto editore, 2009, p. 201 ss.

150 La s.c.i.a ha sostituito integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio

attività prevedendo la possibilità per l’interessato di svolgere l’attività senza previo consenso dell’amministrazione, la quale avrà 60 giorni di tempo per far cessare l’attività o dettare delle indicazioni conformative. Se prima tale termine era perentorio ed escludeva la spendita del potere inibitorio da parte della p.a, con la riforma Madia del 2015 tale potere non viene precluso. Cfr. A. MACHEDA, Natura giuridica della

SCIA alla luce della riforma Madia. Le implicazioni pratiche in tema di poteri amministrativi e tutela del terzo, in www.ildirittoamministrativo.it., p. 2 ss.

83 (oltre ad estendere tale modulo semplificato a tutti i settori, compreso quello edilizio).

A riguardo la legge Madia del 2015 ha accentuato la tendenza alla liberalizzazione delle attività dei privati, ponendo dei limiti ai poteri di autotutela della p.a nella valutazione ex post dell’attività intrapresa: infatti, all’art. 21 nonies è stato imposto un limite di diciotto mesi per l’esercizio degli stessi nel rispetto dei principi di accessibilità e prevedibilità di cui alla CEDU, ma soprattutto alla luce del principio di affidamento del terzo151.

Si noti come la p.a subisca una delimitazione dei propri poteri a favore dell’iniziativa privata, la quale tuttavia è a sua volta vincolata al rispetto dei limiti di cui al secondo e terzo comma dell’art. 41 Cost. che per forza di cosa richiederanno un bilanciamento degli interessi costituzionalmente garantiti se non per opera della p.a, almeno per mano della giurisprudenza.

1.5.2 Il Terzo settore: l’avvicinamento dell’attività economica