I.3. La nascita e l’infanzia dei diritti dell’uomo: le prime dichiarazion
II.1.3. Una definizione astratta è solo formale?
Se si vuole tentare una conclusione, da un lato, non si può
misconoscere il realismo di chi osserva come «“diritti dell’uo-
mo” è un’espressione molto vaga», che indica una «classe va-
riabile» e «anche eterogenea» di diritti
58, o di chi considera
che, essendo l’essere umano in continua evoluzione e, dunque,
la persona umana un «essere storico, e perciò mutevole», così
«i diritti umani sono realtà storiche, e perciò mutevoli»
59. Dal-
55O, forse, al più se ne potrebbe inferire un diritto (non un dovere – si ba- di – perché l’intelligenza, la volontà sono tratti propri dell’essere umano) alla vita, come semplice conservazione del proprio essere biologico in vita.56L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali, cit., p. 8.
57L’Autore distingue «tra diritti della personalità e diritti di cittadinanza, spettanti rispettivamente a tutti o ai soli cittadini», e «tra diritti primari (o so-
stanziali) e diritti secondari (o strumentali o di autonomia), spettanti rispettiva-
mente a tutti o alle sole persone capaci d’agire»; in seguito, incrociando le due distinzioni, individua quattro classi di diritti: umani (diritti primari spettanti a tutti gli esseri umani), pubblici (diritti primari riconosciuti ai soli cittadini), ci- vili (diritti secondari ascritti a tutte le persone capaci d’agire) e politici (diritti secondari riservati ai soli cittadini capaci d’agire) [L. FERRAJOLI, Diritti fonda-
mentali, cit., p. 8].
58N. BOBBIO, Sul fondamento, cit., pp. 8-11; più in generale, sulla posizio- ne di Bobbio, cfr. le osservazioni svolte infra, approfondendo l’analisi degli
l’altro, non rinunciando a tentare una definizione, anche se for-
male, si potrebbe immaginare una proposizione che reciti: i di-
ritti della persona umana sono quelle posizioni giuridiche che
sono riconosciute in capo a ciascuna persona umana in quanto
tale, ovvero in quanto essere fisico. Ciò, peraltro, con la preci-
sazione che, quanto alla sostanza, ovvero al contenuto dei dirit-
ti della persona umana, pare alquanto difficile avanzare una
qualsivoglia ipotesi, senza considerare l’orizzonte giustificativo
e fondante dei diritti o, meglio, gli orizzonti giustificativi e fon-
danti dei diritti
60.
Forse, provando ad analizzare alcune teorie sul fondamen-
to dei diritti, si potranno rinvenire alcuni elementi comuni o,
scettici dei diritti dell’uomo (parte I, cap. III). Già sin d‘ora, comunque, si può evidenziare, con specifico riferimento alla questione definitoria, come Bobbio osservi che «la maggior parte delle definizioni sono tautologiche», oppure «ci dicono qualche cosa sullo status desiderato o proposto di questi diritti, non sul loro contenuto», o, infine, «quando si aggiunge qualche riferimento al conte- nuto, non si può fare a meno di introdurre termini di valore», e questi ultimi «sono interpretabili in modo diverso secondo l’ideologia assunta dall’interpre- te…» (Sul fondamento, cit., p. 8).59L. SWIDLER, Diritti umani, cit., p. 30.
60In questo senso, cfr., fra gli altri, F. VIOLA, Diritti dell’uomo. Diritto na- turale. Etica contemporanea, Giappichelli, Torino, 1989, laddove sottolinea co-
me nella fase interpretativa e applicativa delle formule sui diritti umani «il pro- blema del fondamento non può... essere eluso se si vuole andare in cerca dei più diversi contenuti che le formule sui diritti umani nascondono» (p. 52); E. BERTI, Per una fondazione filosofica dei diritti umani, in ID, Le vie della ragione,
il Mulino, Bologna, 1987, che osserva come sia «innegabile» (p. 284) la man- canza di un accordo sulla individuazione dei diritti umani e come «in questa si- tuazione il problema di una fondazione si ripropone come non superfluo... perché essa può costituire una condizione necessaria per il loro riconoscimen- to. Non si può “riconoscere”, infatti, ciò che non si “conosce”, e non si può co- noscere cosa sia “fondamentale” se non si riesce a indicarne i fondamenti, cioè a darne una fondazione» (p. 285); S. COTTA, Il fondamento dei diritti umani, in
G. Concetti (a cura di), I diritti umani, cit.: appare «assai bizzarra, anche a pri- ma vista, la tesi che sia inutile accertare il fondamento di diritti detti fonda- mentali: e perché mai sarebbero tali?» (p. 647); «la questione del fondamento è… ineliminabile» (p. 653).
magari, assumendo come metodo di indagine una prospettiva
diacronica, osservare un costante ampliamento nel catalogo dei
diritti, quasi che, pur non potendone accertare il contenuto, se
ne possano determinare alcune caratteristiche, quali l’irreversi-
bilità, in conformità con un sempre crescente sviluppo dei bi-
sogni e delle potenzialità umane. Ma anche questa ipotesi può
essere vista soltanto come un tentativo estremo di non arren-
dersi alla mutevolezza di quella sfera di diritti di ciascuno che il
desiderio di rendere intangibili porta ognuno di noi a legare a
ciò che più si ha di sacro, sia magari anche solo la fiducia nella
storia (in una concezione ottimistica del trascorrere del tem-
po
61), nella capacità della specie umana di discernere e conser-
vare ciò che essa stessa ha prodotto per favorire la propria evo-
luzione.
Se si vuole mantenere un’ottica astratta, priva di qualsiasi
elemento “fideistico” e, per così dire, basata unicamente sulla
ragione, sulla logica, la definizione di “diritti della persona
umana” non può che essere formale; ogni tentativo di abban-
donare l’indifferenza di una definizione formale e il suo estre-
mo relativismo – vuoi perché fa paura, non da’ certezze e non
aiuta a dissipare il senso di transitorietà che caratterizza l’esi-
stenza umana
62, vuoi perché in fin dei conti lo si considera inu-
tile perché non è di molto ausilio nel comprendere
63il concet-
61… o l’osservazione della storia da una particolare angolatura.
62L’uomo cerca sempre – contrariamente alla sua esistenza fisica (e pro- prio per questa), caratterizzata da un inizio e da una fine e calata in un deter- minato contesto – di agganciarsi a qualcosa di fisso, immutabile, permanente nel tempo (eterno, anche se questa parola introduce in ambiti che richiede- rebbero ben altri approfondimenti; sia consentito ricordare però che l’esigen- za di “aggirare” e “superare” la transitorietà della vita umana è presente in quasi tutte le culture, anche se in forme differenti: reincarnazione, vita in un al di là, etc.).
63O, meglio, nel definire, perché, quanto alla comprensione, mostra per l’appunto che si tratta di un concetto relativo, sostanzialmente legato ad una credenza (religiosa, filosofica, nella storia, nella natura umana, etc.).
to di cui si discute – presuppone l’adozione di uno fra i molti
orizzonti possibili.
Ciò è vero per i diritti umani, ma anche per altri nozioni,
come, ad esempio, quella di democrazia, che, pur sembrando
“aperte”, implicano in realtà una scelta, l’adesione ad un parti-
colare “assoluto”. La democrazia intesa in senso procedurale si
presenta come avalutativa, come un semplice metodo per assu-
mere decisioni, indifferente rispetto al contenuto delle decisio-
ni stesse (dunque potenzialmente astratta e relativistica)
64. A
prescindere, però, dalla difficoltà (impossibilità?) di immagina-
re una democrazia procedurale per così dire “pura”
65– alla
quale, ad esempio, non sono coessenziali alcuni diritti e libertà
–, la stessa volontà di decidere, ad esempio, attraverso il suffra-
gio universale, il metodo del dialogo, della ricerca del consen-
so, rappresenta una scelta per un valore. La democrazia è una
valutazione in sé (che magari si presenta più “aperta “ di altre),
ma non è un concetto avalutativo, non è un’astrazione, ma è
una posizione relativa o, detto altrimenti, rappresenta un parti-
colare “assoluto”
66.
64Da ultimo, per una argomentata configurazione di una democrazia pro- cedurale minima, etichettata provocatoriamente come «democrazia senza di- ritti», cfr. A. PINTORE, I diritti della democrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003;
l’Autrice critica ed evidenza i rischi della «democrazia satura di diritti», delle concezioni «potenti di proceduralismo democratico», come quelle riconduci- bili alla «deliberative democracy», in quanto «inseriscono surrettiziamente nel- le procedure democratiche valori sostanziali controversi» (così, sinteticamente, a p. X).
65Per la considerazione che «anche i valori procedurali sono il precipitato giuridico di valori sostanziali quali l’eguaglianza e la non violenza», cfr., tra gli altri, A. DIGIOVINE, I confini della libertà di manifestazione del pensiero, Giuf-
frè, Milano, 1988, p. 121.
66Senza dimenticare che il concetto di democrazia vive in mille declina- zioni differenti; basti pensare alle distinzioni fra democrazia degli antichi e dei moderni, fra democrazia sostanziale e procedurale e/o formale, alle difficoltà di riempire di significato queste formule, di concretizzare il contenuto, il mo-
La scelta per la democrazia è frutto di un “credo”: non si
vuol mettere sullo stesso piano e considerare indifferente l’ado-
zione di un metodo basato sull’uguaglianza e sulla partecipa-
zione rispetto ad un metodo coercitivo ed impositivo – non vi
fosse altro motivo (e forse, ragionando astrattamente e logica-
mente, è anche l’unico) dell’orizzonte ideale e storico, delle
credenze di chi scrive – ma sottolineare che occorre pensare,
prima di imporre la democrazia come metodo astratto e, quin-
zia al contesto socio-economico-culturale (o anche tecnologico), ovvero alla presenza di democrazie.Sul concetto di democrazia, nel vasto catalogo degli scritti sul tema, si ri- cordano, per tutti, fra i “classici” moderni, N. BOBBIO, Democrazia, in N.
Bobbio, N. Matteucci (diretto da), Dizionario di politica, Utet, Torino, 1976, pp. 296 ss.; N. BOBBIO, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1984; R.
DAHL, Democracy and his Critics, New Haven, 1989, trad. it. La democrazia e i
suoi critici, Editori Riuniti, Roma, 1990; R. A. DAHL, On Democracy, 1998,
trad. it. Sulla democrazia, Laterza, Roma-Bari, 2000; nonché, recentemente, le opere di R. GATTI, Democrazia in transizione, agrilavoro edizioni, Roma, 1997;
A. D’Atena, E. Lanzillotta (a cura di), Alle radici della democrazia. Dalla polis
al dibattito costituzionale contemporaneo, Carocci, Roma, 1998.
Per quanto concerne gli ultimi sviluppi della democrazia, cfr., in senso cri- tico sulla «democrazia dei sondaggi», A. DIGIOVINE, Democrazia elettronica:
alcune riflessioni, in Dir. soc., 1995/3, pp. 399 ss., e G. ZAGREBELSKY, Il «cruci-
fige» e la democrazia, Einaudi, Torino, 1995, spec. pp. 113 ss.; in generale, sul-
la questione dell’involuzione populistica della democrazia, da ultimo, Dem. e
dir., 2003/3, dedicato a Democrazia e populismo; sul concetto di postdemocra-
zia, A. MASTROPAOLO, Democrazia, neodemocrazia, postdemocrazia: tre paradig-
mi a confronto, in Dir. pubbl. comp. ed europeo, 2001-IV, pp. 1612 ss. (dello
stesso Autore, cfr. anche, per il proseguimento della riflessione sugli sviluppi della democrazia, L’implosione della democrazia globalizzata, in Teoria politica, 2003/2-3, pp. 171 ss.), e C. CROUCH, Postdemocrazia, Laterza, Roma-Bari,
2003; su alcune nuove forme di democrazia, B. de Sousa Santos (a cura di), De-
mocratizzare la democrazia. I percorsi della democrazia partecipativa, Città Aper-
ta Edizioni, Troina (En), 2003; H. ZINN, Disobbedienza e democrazia, il Saggia-
tore, Milano, 2003; T. SERRA, La disobbedienza civile. Una risposta alla crisi del-
la democrazia?, Giappichelli, Torino, 2002; G. BRONZINI, Disobbedire, disobbe-
dire, disobbedire. Quando contraddire le leggi costruisce democrazia, in Global,
di, quasi senza considerarla un’imposizione ma un “fatto” logi-
co (qualcosa che è dato e non preferito, una necessità), che, in-
vece, essa è uno dei tanti assoluti che compongono il relativi-
smo. È un assoluto che si presenta come aperto e relativistico,
mentre altri si propongono come chiusi, è un assoluto formale
e non sostanziale, ma al pari di tutti gli assoluti non abbandona
la pretesa di essere “il migliore”
67.
Lasciando l’esempio della democrazia
68e riprendendo il
discorso principale (che peraltro – come detto – è valido anche
per la democrazia), qual è, a partire dalla constatazione relati-
vistica testé fatta, lo sviluppo possibile?
Ora, o ci si arresta – magari elaborando e perfezionando la
costruzione relativistica, sviluppando l’aspetto formale – oppu-
re vi sono due soluzioni, percorribili anche congiuntamente e
ambedue accompagnate da un sottofondo (il punto di partenza
relativistico al quale, navigando in uno spazio astratto e con
metodo razionale, si è approdati). La prima soluzione è verifi-
care se nelle varie concezioni, nei differenti orizzonti relativi,
nei molteplici cataloghi dei diritti, vi è qualcosa di comune
69; la
seconda è scegliere, proporre cioè una propria interpretazione,
pur sapendo che non è l’interpretazione, ma una interpretazio-
67Analogo discorso si potrebbe fare in riferimento ad altri concetti o isti- tuti – quali potrebbero essere il velo dell’ignoranza di Rawls, o anche le deci- sioni di un costituente – che si caratterizzano per la loro “apertura”, per il loro porsi potenzialmente come una tabula rasa, come un foglio bianco, che però è di un certo formato e su cui si scrive con una determinata penna, ovvero che implica la scelta del criterio attraverso il quale saranno individuate le parole da scrivere sul foglio, la decisione, ad esempio, se predeterminare o meno l’utiliz- zo di una certa lingua o di un specifico colore con cui scrivere.
68A scusare l’approssimazione delle considerazioni a tal proposito svolte, si ribadisce come il riferimento alla democrazia deve essere inteso semplice- mente come esempio.
69Ovvero se – riprendendo l’impostazione di Ferrajoli – vi sono elementi di consonanza nelle risposte ai quesiti su “quali sono” e “quali devono essere” i diritti.