I.2. La nascita e l’infanzia dei diritti dell’uomo: i nonni e i padri
I.2.2. Vitoria: “ius migrandi” e “hebetes”
Francisco de Vitoria può senza dubbio essere ricordato come
un esponente della cultura scolastica del Cinquecento: la seconda
scolastica – è stato osservato – si mantiene fedele alla tradizione,
ma nel contempo tende a valorizzare il ruolo del soggetto, la sua
81… ed anche meno ambiguo nel rapporto con la divinità, rapporto che rappresenta forse uno dei due aspetti (insieme alla centralità della società) che rendono problematica la definizione della teoria di Grozio come assolutamen- te originale e “diversa” rispetto al passato, madre del moderno giusnaturali- smo.
82Senza dimenticare che esse hanno anche una “madre”: la tradizione del- le civil liberties inglesi, degli antenati influenti (le lotte per la libertà religiosa) e una casa (la classe borghese), nonché numerosi zii, quali Pufendorf o Wolff.
83Vedi, ad esempio, Fernando e Gabriele Vázquez, Francesco Suárez, Al- berico Gentili, per non risalire molto più indietro, al secolo XIII e ad uno dei più famosi pensatori del Medioevo: Tommaso d’Aquino (per un primo ap- proccio ad alcuni degli Autori ricordati, cfr. G. FASSÒ, Storia della filosofia, cit., I e II); in generale, si può ricordare quanto osservato da G. MARSICO, Profili,
cit., secondo il quale un contributo «alla lenta avanzata della teorizzazione em- pirica almeno dei più elementari diritti umani» avviene «a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo ad opera di coloro che per primi tentarono la codificazione del- lo jus gentium» (p. 254).
libertà, dignità e dominium, associando quest’ultimo allo ius e
percependo così il soggetto come titolare di facoltà e diritti, se
pur sempre «attraverso la conferma dell’ordine verticale, della
gerarchia delle potestà, del rapporto fra creatore e creatura»
84.
Il dominium – argomenta Vitoria – spetta all’essere umano
in virtù della sua condizione naturale, a prescindere dall’even-
tuale stato di peccatore
85e/o dall’osservanza della religione
(cristiana)
86e compete alle creature razionali
87: i “selvaggi” abi-
tanti delle Indie, pur se peccatori e “infedeli”, possono dunque
essere titolari del dominium, ma a condizione che siano razio-
nali
88. Ora – ammette Vitoria – i barbari possono essere rico-
nosciuti tendenzialmente razionali («habent pro suo modo
usum rationis») e, dunque, capaci di dominium
89, ma nello stes-
84P. COSTA, Civitas, cit., pp. 112-115.85Vedi F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio I, 3, laddove l’Autore argomenta la tesi che «peccatum mortale non impedit dominium civi- le et verum dominium» (pp. 17 ss.).
86Cfr. F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio I, spec. 4, p. 20 («infidelitas non est impedimentum quominus aliquis sit verus dominus»).
87Dopo aver concluso che né il peccato di infedeltà né altre colpe impedisco- no agli indios di essere «veri domini», con la conseguenza che i cristiani non pos- sono a tal titolo appropriarsi del loro territorio, Vitoria si chiede se gli indios siano «insensati» o «amentes» (p. 25), perché «creaturae irrationales non possunt habe- re dominium» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio I, 12, p. 26).
88Vedi per una sintetica ed efficace ricostruzione del pensiero di Vitoria sulla titolarità del dominium, P. COSTA, Civitas, cit., pp. 122-123. In generale,
per un commento alla Relectio de Indis, con particolare riguardo al tema del- l’ambito di titolarità dei diritti, cfr., tra gli altri, A. LAMACCHIA, Francisco de Vi-
toria: i diritti umani nella Relectio De Indis, in S. Biolo (a cura di), AA.VV., L’u- niversalità dei diritti umani e il pensiero cristiano del ‘500. Contributi al XLVII
Convegno del Centro di Studi Filosofici di Gallarate, settembre 1992, Rosen- berg&Sellier, Torino, 1995, pp. 105 e ss. (spec. pp. 116 ss.).
89F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio I, 15, p. 29: gli in- dios «non sunt amentes, sed habent pro suo modo usum rationis… habent or- dinem aliquem in suis rebus… habent civitates quae ordine constant…», dun- que, «sine dubio barbari erant et publice et privatim ita veri domini, sicut chri- stiani» (16, p. 30)
so tempo sono come dei minori, bisognosi di essere guidati (e
sottomessi) agli uomini pienamente razionali
90.
La potenziale universalità del diritto naturale si piega alle
esigenze della colonizzazione
91; ancora quasi prima della loro
nascita i diritti universali dell’uomo rivelano la loro ambiguità:
quando veramente si tratta di verificare in concreto la loro
astratta validità per qualsiasi persona umana, si trova qualche
escamotage per inserire delle graduazioni nell’umanità della
persona – pur riconosciuta tale a prescindere dalla religione e
dalla cultura già dallo stesso Vitoria – che consentano di giusti-
ficare un trattamento differenziato. Per Vitoria, i «barbari»
erano in stato di minorità o assimilabili agli «amentes»
92; nel
XX secolo, i non occidentali o gli appartenenti ad altre culture
sono stranieri, privi della cittadinanza di uno dei Paesi conside-
rati “doc”, e, di conseguenza, privi della titolarità o del godi-
90Riconosciuto lo status di «veri domini» agli indios, Vitoria afferma che nel caso essi siano «inepti et hebetes», «ex hac ratione et titulo posset oriri ali- quod ius ad subiciendum eos» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars,
Sectio I, 16, p. 31).
91Cfr., in tal senso, proprio in relazione al pensiero di Vitoria, L. BACCEL-
LI, Il particolarismo, cit., che osserva come l’autore della Relectio de Indis, lad-
dove «introduce, forse per primo, l’universalizzazione a tutti gli uomini dei di- ritti soggettivi di natura, lo fa per legittimare la conquista» (p. 38); L. FERRAJO- LI, La sovranità nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari, 1997, che sottolinea come la costruzione di Vitoria rivela, «ben prima delle grandi teorizzazioni giu- snaturalistiche dei secoli XVII e XVIII, le non luminose origini dei diritti na- turali e il loro ruolo di legittimazione ideologica non solo dei valori ma anche degli interessi politici ed economici del mondo occidentale» (p. 15); T. TODO-
ROV, La conquista, cit., il quale rileva come Vitoria «sotto la copertura di un di-
ritto internazionale fondato sulla reciprocità, … fornisce in realtà una base le- gale alle guerre di colonizzazione» (p. 182).
92Vedi quel passo in cui Vitoria asserisce, se pur con qualche dubbio (l’af- fermazione in questione è riconosciuta come possibile oggetto di discussione, si parla di verosimiglianza della tesi, si fa uso del condizionale o dei verbi “sem- bra”, “appare”), che «barbari enim isti, licet (ut supra dictum est) non omnino sint amentes, tamen parum distant ab amentibus…» (F. VITORIA, Relectio de
mento, totale o parziale, dei diritti del cittadino (l’uomo piena-
mente razionale o «più sapiente» di Vitoria).
Ma, allora, anche la cultura potenzialmente universalista
pare in realtà essere strettamente legata – sin dalle sue origini –
alla distinzione fra un “noi” e un “loro” e all’eterno principio
per il quale i “noi”, detenendo la verità, devono “civilizzare” i
“loro”
93(sia ben chiaro: nel loro interesse!
94), con il sottinteso
che la cultura dei civilizzatori è superiore
95. In questo senso si
perpetra un vero e proprio inganno: i diritti universali sono ri-
conosciuti a tutti in sostanza se tutti riconoscono il valore (su-
periore) della cultura nella quale i diritti sono nati
96. I barbari –
93I “noi” sono i detentori del Bene e quindi devono diffonderlo ovunque e lottare contro il Male: uno schema semplice e dai caratteri assolutistici, che an- che oggi, nel XXI secolo, diviene l’asse portante della pubblicizzazione della politica estera della più grande potenza mondiale (basti pensare alla creazione delle figura del “Cattivo”, Osama Bin Laden, e ai richiami all’Asse del Male).
94Sostiene Vitoria: «posset ergo quis dicere quod pro utilitate eorum pos- sent principes hispani accipere administrationem illorum…», «…hoc esset non solum licitum, sed convenientissimum, immo tenerentur ad hoc principes, sicut si omnino essent infantes» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 17, p. 97), e ancora – prosegue Vitoria – un comportamento del ge- nere potrebbe fondarsi anche «in praecepto caritatis, cum illi sunt proximi no- stri et teneamur bona illorum curare» (ibidem, p. 98).
95Osserva T. TODOROV(La conquista, cit., p. 181) come nel pensiero di Vitoria non vi sia vera eguaglianza fra spagnoli e indiani, in quanto «gli spa- gnoli, a differenza degli indiani, non sono soltanto parte, ma anche giudice», perché, ad esempio, scelgono loro i criteri in base ai quali è tirannia il sacrificio umano, ma non il massacro, e, in generale, se e come sia lecito un intervento contro le autorità o le leggi indigene, non venendo in rilievo l’eventuale con- senso di tutti i «barbari» (di Vitoria, in proposito, vedi spec. Relectio de Indis,
cit., Prima pars, Sectio III, 14, pp. 93-94).
96Indica nella «implicita attribuzione di superiorità alla cultura matrice dei diritti» un ostacolo alla loro universalizzazione, T. PITCH, L’antropologia dei
diritti umani, in A. Giasanti – G. Maggioni, I diritti nascosti, Raffaello Cortina
Editore, Milano, 1995, p. 179; osserva come «l’affermazione che i valori del- l’Occidente, essendo “naturali”, sono quelli di ciascun uomo e di tutti gli uo- mini diventa vera, senza che pertanto questi valori siano più “naturali”. Sem-
per tornare a Vitoria – devono accettare i diritti (naturali) delle
genti (riconosciuti, se pur non in condizioni di perfetta egua-
glianza, anche a loro): «si barbari vellent prohibere hispanos in
supra dictis [a iure gentium, puta vel commercio vel aliis, quae
dicta sunt], hispani primo debent ratione et suasionibus tollere
scandalum et ostendere omni ratione se non venire ad nocendum
illis… Quod si reddita ratione barbari nollent acquiescere, sed
vellent vi agere, hispani possunt se defendere et omnia agere ad
securitatem sua covenientia»
97e, ancora, «si, omnibus istis ten-
tatis, hispani non possunt consequi securitatem et pacem cum
barbaris, nisi occupando civitates et subiciendo illos, licet pos-
sunt hoc etiam facere»
98.
Gli indios, «veri domini» in astratto, divengono in concre-
to «hebetes», «quasi come le fiere e le bestie», in alcuni casi ser-
vi per natura e, al più, «infantes», soggetti titolari di diritti na-
turali, che però «possent tradi ad gubernationem sapientorum»:
sempre – sostiene Vitoria – «cum illa limitatione, ut fiat propter
bonum et utilitatem illorum, et non tantum ad quaestum hispa-
norum»
99; ma che, in realtà, sottesa a tutto il discorso sia l’esi-
genza di legittimare gli interessi (economici e di potenza) legati
alla colonizzazione è evidenziato, senza ombra di dubbio, dal
catalogo dei diritti naturali ricordati da Vitoria.
I diritti che i «barbari» devono riconoscere sono sì tenden-
zialmente diritti di tutti, ma riguardano in primo luogo gli inte-
ressi degli Spagnoli e sono, nella loro applicazione pratica, asim-
plicemente, sono sopravvissute e sopravvivono soltanto le società che hanno al- meno in parte accettato quei valori. Proprio per questo la storia retrodittiva può pretendere che tali valori fossero in germe nelle loro culture e che l’Occi- dente non ha fatto altro che rivelare a loro stesse la loro verità profonda», S. LATOUCHE, L’occidentalizzazione del mondo, Bollati Boringhieri, Torino, 1992, p. 70, che in ciò individua «una verità tragica nell’umanesimo-universalismo dell’Occidente»; per un approfondimento di tali questioni si rinvia a parte II.97F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 5, pp. 83-84. 98F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 6, p. 85. 99F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 17, p. 97.
metrici
100; a dimostrazione di ciò, è sufficiente citarli: ius peregri-
nandi et degendi
101, ius commercii
102, ius occupationis
103, ius mi-
grandi
104, ius praedicandi et annuntiandi Evangelium
105, il dirit-
100Vedi, in tal senso, le considerazioni di L. FERRAJOLI, La sovranità, cit., che nota come l’apparente universalità dei diritti delle genti «è smentita dal loro carat- tere vistosamente asimmetrico», essendo chiaro «il carattere concretamente disu- guale di tutti questi diritti astrattamente universali: sono di fatto solo gli spagnoli a poterli esercitare –trasferendosi, occupando, dettando le leggi dello scambio disu- guale- mentre gli indios ne sono unicamente le parti passive e le vittime» (pp. 1-16). 101«Hispani habent ius peregrinandi in illas provincias et illic degendi, si- ne aliquo tamen nocumento barbarorum, nec possunt ab illis prohiberi. Pro- batur primo ex iure gentium, quod vel est ius naturale vel derivatur ex iure na- turali…» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 1, p. 78).102«Licet hispanis negotiari apud illos, sine patriae tamen danno, puta im- portantes illuc merces, quibus illi carent, et adducentes illinc vel aurum vel ar- gentum vel alia quibus illi abundant. Nec principes eorum possunt impedire subditos suos ne exceant commercia cum hispanis nec a contrario hispanos cum illis» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 2, p. 80).
103«Si quae sunt aput barbaros communia, tam civibus quam hospitibus, non licet barbaris prohibere hispanos a communicatione et partecipatione illo- rum… Ergo si aurum in agro vel margaritae in mari aut aliud quodcumque in fluminibus non est appropriatum, iure naturali erit occupantis, sicut et pisces in mari» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 3, pp. 81-82).
104«Immo si ex aliquo hispano nascantur ibi liberi et vellent esse cives, non videtur quod possint prohiberi vel a civitate vel a commodis aliorum ci- vium. Dico ex parentibus habentibus illic domicilium. Probatur, quia hoc vi- detur esse de iure gentium, ut civis dicatur et sit, qui natus est in civitate… Et confirmatur, quia cum homo sit animal civile, talis natus in una civitate non est civis alterius civitatis. Si enim non esset civis illius, non esset civis alicuius civi- tatis, per quod impediretur a iure naturali et gentium» (F. VITORIA, Relectio de
Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 4, pp. 82-83).
105«Christiani habent ius praedicandi et annuntiandi Evangelium in pro- vincis barbarorum» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 8,
p. 87); a questo diritto ne sono connessi altri, quali il diritto-dovere di proteg- gere coloro che si convertono dai loro sovrani (ibidem, 12, p. 91), o la possibi- lità di sostituire i principi infedeli con un sovrano cristiano (ibidem, 13, p. 92), nonché un generale dovere per gli indios di accettare la predicazione del Van- gelo (e allora non è permesso far loro guerra, anche se non intendono conver- tirsi) e la conversione (ibidem, 10 e 11, p. 89).
to-dovere della “correctio fraterna”
106e, infine, il diritto degli
Hispanos di agire con la forza per difendere i propri diritti
107.
Alcuni di questi diritti attengono alla colonizzazione vista
nel suo aspetto “materiale”, altri alla colonizzazione sotto il
profilo “spirituale”, o, meglio, culturale.
Quanto ai primi – la libertà di circolazione e soggiorno, il
diritto di immigrare, la libertà di commercio, ovvero tutto ciò
che pertiene alla «naturalis societatis et communicationis»
108– è
chiaro che, pur riconosciuti come diritti naturali della persona
umana
109, sono proclamati pensando ai colonizzatori e sono di-
ritti in concreto fruibili solo a senso unico (dagli spagnoli per
recarsi nelle Indie, ma non dagli indios per recarsi in Spagna).
Del resto, oggi, quando la stessa proclamazione potrebbe esse-
re utilizzata dagli (ex) colonizzati quale fondamento di un loro
diritto di immigrazione negli (ex) Paesi colonizzatori, le dichia-
razioni dei diritti si limitano a riconoscere una libertà di circo-
lazione e soggiorno (transnazionale) monca: come libertà di
uscire da un Paese, ma non di entrare in un altro
110.
Per quanto concerne, invece, il secondo ordine di diritti,
essi possono essere definiti come diritti all’evangelizzazione,
ovvero come quei diritti che forniscono una legittimazione per
così dire morale alla colonizzazione: non solo essa non è illegit-
106«… correctio fraterna est de iure naturali, sicut et dilectio. Cum ergo omnes illi sint non solum in peccatis, sed extra statum salutis, ergo ad christia- nos spectat corrigere et dirigere illos, immo videtur quod teneantur ad hoc» (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 8, p. 87).
107Vedi in proposito i passi sopra citati nel testo (F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 5-6, pp. 83-85).
108F. VITORIA, Relectio de Indis, cit., Prima pars, Sectio III, 1, p. 77. 109Ciò, peraltro, con la precisazione che, concretamente, spesso il diritto, riconosciuto come naturale, e quindi spettante a tutti, è affermato anche te- stualmente proprio in riferimento agli Spagnoli (vedi, ad esempio, la formula- zione ricordata sopra in nota del ius peregrinandi et degendi o dello ius com-
mercii).
110Per un approfondimento sul punto, si rinvia a parte II, cap. III, spec. par. III.2.1.
tima (perché è un diritto della persona umana circolare e im-
migrare), ma assume anche un connotato positivo e appare es-
sere oggetto di una imposizione morale
111.
Le affermazioni sull’irrilevanza dello stato di grazia o di in-
fedeltà che portano Vitoria a riconoscere la natura di «domi-
nus» agli indios entrano qui in contraddizione con il riconosci-
mento del valore superiore della religione cristiana o, meglio,
del suo valore assoluto
112: il domenicano di Salamanca, a pro-
posito della predicazione del Vangelo, usa l’espressione «doce-
re veritatem» e afferma che, senza l’annunciazione del Vangelo,
gli indios rimarrebbero «extra statum salutis»
113.
I diritti delle genti di Vitoria, dunque, non solo appaiono
strumentali rispetto alla legittimazione della colonizzazione, ma
in realtà sono diritti di una particolare gente e di una ben deter-
minata cultura, configurata come “la Cultura”. La necessità di
contemperare un diritto naturale potenzialmente astratto con
popoli diversi (e da sottomettere) porta ad una posizione sostan-
zialmente ambigua in forza della quale gli indios sono «veri do-
mini», parte di una comune communitas orbis, ma sono anche un
po’ «hebetes» e un po’ bambini (non vanno, quindi, maltrattati,
però hanno bisogno di una “guida”). Vitoria, inoltre, come Gro-
zio, non riesce a prescindere dal riferimento alla religione; occor-
reranno le lotte per la libertà religiosa in Europa perché il diritto
naturale riesca ad emanciparsi dai dogmi di una assoluta verità
111Si pensi al passo sopra ricordato in nota relativo al diritto-dovere della correctio fraterna. Non manca, comunque, anche chi osserva come Vitoria fac-
cia riferimento alla legge divina (allontanandosi dall’individualismo dei diritti naturali, utilizzati per legittimare la conquista) in relazione alla difesa dei dirit- ti degli indios e alla limitazione degli effetti violenti della conquista (L. BAC- CELLI, Il particolarismo, cit., p. 38).
112Osserva come in Vitoria la “salvezza” cristiana sia un valore assoluto, T. TODOROV, La conquista, cit., p. 181, sottolineando, ad esempio, come in lui
la circolazione delle idee sia solo nel senso della libertà degli Spagnoli di predi- care il Vangelo agli indiani e non nel senso della libertà degli indiani di diffon- dere il Popol Vuh in Spagna.