3.3 Adattamento del modello per le analisi dinamiche
3.3.4 Definizione della rigidezza delle molle k f
Al fine di analizzare il comportamento dei tamponamenti in muratura inseriti in diversi contesti strutturali, si è scelto di attribuire alle molle ai vertici kf differenti valori di rigidezza. In particolare si è scelto definire queste rigidezze in modo tale che il solo telaio venisse ad essere caratterizzato da un periodo fondamentale di oscillazione Tf pari ad un multiplo del periodo fondamentale di oscillazione del solo pannello Ti.
Il calcolo di questa rigidezza kf avviene quindi assimilando il sistema tela-io+molle, ad un sistema ad un grado di libertà in cui la rigidezza della molla è pari a quattro volte la rigidezza kf (questo perché è come se le molle fossero collegate in parallelo), mentre la massa è pari a quattro volte mf (è come se le masse collassassero in un unico punto). Per comprendere meglio quanto detto si faccia riferimento alla figura 3.33.
Figura 3.33: Passaggio dal telaio con molle e masse al sistema equivalente ad un grado di libertà
3.3 – Adattamento del modello per le analisi dinamiche
Il periodo fondamentale di oscillazione Tf di questo sistema è pari a:
Tf = 2π
ωf = 2π
s4kf
4mf
= 2π
smf
kf (3.30)
Dall’equazione (3.30) è possibile ricavare la rigidezza kf da attribuire alle singole molle ai vertici:
kf = mf
2π Tf
!2
(3.31) Sulla base delle prove condotte si è scelto di analizzare il comportamento del tamponamento in muratura associato ai seguenti valori di Tf:
• Tf = Ti;
• Tf = 3Ti;
• Tf = 5Ti;
• Tf = 7Ti.
dove il valore di Ti rappresenta il periodo fondamentale di oscillazione del pannello.
Con questo si conclude la fase di modellazione del tamponamento in muratu-ra. La prossima fase consisterà nella realizzazione delle analisi dinamiche al fine del tracciamento delle cosiddette curve IDA, grazie alle quali sarà possibile trac-ciare le curve di fragilità del sistema e quantificare la vulnerabilità sismica dei tamponamenti in muratura.
Capitolo 4
IDA: Incremental Dinamic Analysis
L’analisi dinamica incrementale, nota con l’acronimo inglese IDA (che sta appunto per Incremental Dinamic Analysis), rappresenta l’ultima frontiera della classifica-zione sismica. Si tratta infatti di un metodo di analisi parametrico che permette di stimare con grande precisione e scrupolosità il comportamento sismico di una struttura. Tale metodo di analisi consiste nell’applicare ad un modello strutturale uno o più accelerogrammi scalati a diversi valori di intensità, con il fine di ottenere una o più curve, definite per l’appunto curve IDA, su un piano DM-IM, dove DM rappresenta il Damage Measure, ovvero il danno misurato, mentre IM rappresenta l’Intensity Measure, ovvero il livello al quale è stato scalato l’accelerogramma.
Nel seguente capitolo verranno inizialmente descritti i fondamenti teorici e la terminologia di base introdotta da Vamvatsikos e Cornell in [31] relativi alle ana-lisi incrementali dinamiche e alle curve IDA. Successivamente verranno descritte le proprietà generali delle curve IDA single-record e le modalità con le quali è possibile associare, a ciascuna di esse, il raggiungimento/superamento di un certo stato limite. Sulla base delle informazioni fornite verranno introdotte le curve IDA multi-records e verrà spiegata la procedura adottata per tracciare queste curve con riferimento al nostro modello analitico.
4.1 Fondamenti teorici e terminologia
Prima di mostrare e commentare le curve IDA ottenute, è bene comprendere la teoria e la terminologia che sta alla base di questo metodo di analisi.
La codifica del metodo IDA, introdotto dalla FEMA (U.S. Federal Emergency Managment Agency), la si deve a Vamvatsikos e Cornell, i quali nella loro pubbli-cazione [31], hanno per la prima volta introdotto una terminologia comune e, sulla base di questa, hanno descritto le modalità di realizzazione e manipolazione delle curve IDA, confrontando queste con i metodi di analisi sismica più comuni fino ad allora utilizzati.
Il metodo IDA è un metodo relativamente nuovo che sfrutta le potenzialità di calcolo messe a disposizione dai calcolatori odierni. Infatti negli ultimi anni, grazie all’evolversi della tecnologia nel campo informatico, si è progressivamente passati
dalle semplici analisi statiche lineari, alle ben più complesse analisi dinamiche non lineari. Gli obiettivi del metodo IDA possono essere riassunti nei cinque punti qui riportati:
1. consente di comprendere come varia la risposta sismica del sistema al variare dell’intensità del sisma applicato;
2. consente di analizzare con precisione la risposta sismica del sistema per terre-moti di intensità elevata, classificati come severi o molto rari;
3. consente di comprendere come varia la risposta sismica del sistema al variare di alcuni parametri geometrici o meccanici che lo caratterizzano;
4. consente di stimare la capacità di resistenza sismica del sistema nel suo com-plesso;
5. consente di valutare come varia la risposta sismica del sistema il relazione al sisma applicato e quindi alla natura del fenomeno stesso.
D’ora in poi si farà riferimento alla terminologia adottata in [31], pertanto è bene descrivere con precisione il significato dei termini utilizzati.
In precedenza abbiamo detto che per poter ottenere una curva IDA è necessa-rio applicare al modello strutturale un sisma scalato a diversi livelli di intensità.
Partiamo quindi col definire l’accelerogramma. Chiamiamo a1 l’accelerogramma naturale del sisma scelto: esso sarà rappresentato da un vettore di n elementi che rappresentano le accelerazioni campionate in corrispondenza di diversi istanti temporali ti tali che ti = 0, t1, t2, . . . , tn−1. Il modo più semplice per prendere in considerazione terremoti più severi o più deboli di a1 consiste nel moltiplicare tale accelerogramma per uno scalare λ ∈ [0; +∞). In questo modo l’accelerogramma scalato verrà indicato semplicemente come aλ = λ × a1.
Utilizzando una modalità di scalatura come quella appena descritta, il fattore di scala SF di un accelerogramma scalato aλ è rappresentato proprio dallo scalare λche va a moltiplicare l’accelerogramma naturale del sisma scelto. Ovviamente se λ >1 si otterrà un sisma di intensità maggiore rispetto a quello naturale, se λ < 1 se ne otterrà uno di intensità minore, se λ = 1 si otterrà proprio l’accelerogramma originale non scalato.
Sebbene l’utilizzo del fattore si scala SF rappresenti il modo più semplice per caratterizzare un accelerogramma scalato, con esso si perde la sensibilità del fe-nomeno sismico in quanto esso non fornisce alcun tipo di informazione sulla reale potenza dell’accelerogramma scalato e sui suoi effetti sulla struttura. In altre pa-role il fattore di scala SF, pur essendo una grandezza molto comoda, non ha alcun significato fisico pratico, perché non mette in relazione l’accelerogramma scalato con il suo danno potenziale.
Per questo motivo solitamente, più che al fattore di scala SF ci si riferisce alla cosiddetta Intensity Measure IM di un accelerogramma scalato aλ. L’IM a cui ci stiamo riferendo rappresenta uno scalare non negativo tale che IM= fa1(λ), in altre parole rappresenta una funzione di λ che applicata all’accelerogramma naturale fornisce informazioni circa il danno potenziale che caratterizza l’accelerogramma scalato.