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mente strutturati;

- Tipo 3 depositi strutturati come una nuvola e con struttura trasparente;

- Tipo 2: depositi con le caratteristiche dei due.

Gli Autori avevano notato il riassorbimento del 33% nel tipo 1, del 71% nel tipo 2 85% nel tipo 3. La classificazione della tendinite calcifica è prin- cipalmente basata su studi radiologici (RX, eco- grafia e risonanza magnetica).

Bosworth (4)propose una classificazione basata

sulle dimensioni della calcificazioni con una va- lutazione radiografica.

DePalma e Kruper (6)proposero una classificazione

radiografica correlando la morfologia della cal- cificazione con la fase della malattia (acuta, su- bacuta e cronica).

Patte e Goutallier (16)e Gartner e Simons (17)pro-

posero una classificazione radiografica basata sul-

l’apparenza morfologica della calcificazione, identificando diversi tipi. Farin e Jaroma(18)pro-

posero invece una classificazione basata sulla lo- calizzazione ed apparenza della calcificazione va- lutata con esame ecografico.

Low (19)propose la prima calcificazione basata sul-

la forma morfologica della calcificazione della ten- dinite calcifica rilevata con Risonanza Magneti- ca Nucleare.

Tutte queste investigazioni e l’esame clinico so- no di fondamentale importanza, specialmente quando questa malattia è associata a segni e sin- tomi di altre condizioni, la rigidità che si ritrova spesso nella fase iniziale della forma morbosa de- ve essere differenziata da quella che interviene nelle lesioni di cuffia dei rotatori.

L’imaging deve essere usato per differenziare for- me croniche associate a calcificazioni distrofiche o forme tumorali (20).

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nitis of the rotator cuff: state of the art in diagnosis and treatment. J. Orthop. Traum: 2016; 17: 7-14.

La tendinite calcifica è una condizione patologi- ca caratterizzata dall’accumulo di depositi di cal- cio nei tendini della cuffia dei rotatori della spal- la e corrisponde a due alterazioni biologiche dei tessuti: la componente infiammatoria (“tendini- te”) ovvero la flogosi tendinea in cui si formano ed accumulano i depositi di calcio e la componente calcifica (“calcifica”) ovvero la modificazione biochimica o metaplasia condrocitica di fibroblasti totipotenti ad evoluzione calcifica che provoca il deposito minerale.

Il deposito di calcio è il motivo del dolore alla spal- la talvolta anche invalidante; infatti tale minera- le è molto irritante (“cristalli di calcio” a livello microscopico) dei tendini in generale e della spal- la in particolare.

Il deposito di calcio, connesso allo stimolo in- fiammatorio, determina un rigonfiamento del tendine; a causa di tale rigonfiamento quando si eleva il braccio sopra la testa può verificarsi una compressione del tendine sotto l’acromion cau- sando una sintomatologia dolorosa e/o una fase algica iperacuta.

Le sedi di localizzazione di tali calcificazioni so- no quelle zone prossime alle inserzioni tendinee: superficie superiore del trochite nel caso del ten- dine sopraspinato (che risulta essere il più col- pito), superficie inferiore del trochite nel caso del tendine sottospinato ed in prossimità della su- perficie anteriore del trochite nel caso del t. sot- toscapolare.La frequenza della tendinite calcifi-

ca varia tra il 7,5% ed il 22% di tutti i casi di ten- dinopatia. Nei soggetti caucasici, l’incidenza di ta- le patologia è compresa tra il 2,7% e l’7,5%. La dimensione del fenomeno viene ben descritta da un classico studio “storico” di Bosworth del 1941 su oltre 12.000 spalle in pazienti under 40 si riscontrano il 3% di calcificazioni e di queste so- lo il 35% diventa sintomatico.

Studi successivi hanno determinato che il rilievo di calcificazioni in spalle asintomatiche è com- preso tra il 2,5% ed il 7,5% e che il 40% delle ten- diniti calcifiche diventa sintomatico mentre solo il 20% delle “spalle dolorose” presenta calcifica- zioni intratendinee.

Il sesso femminile viene maggiormente colpito. L’età più interessata è tra i 40 e 50 anni. L’attivi- tà lavorativa più colpita è quella manuale o “do- mestica”; il lato maggiormente interessato è quello destro. L’interessamento di entrambe le spalle avviene nel 20% dei casi.

Diversi studi epidemiologici hanno poi dimo- strato che le calcificazioni sono associate nel 33% dei casi alla tipologia III dell’acromion sec. Bigliani (ad uncino); nel 20% dei casi alla rottura della cuf- fia dei rotatori e nel 15% dei casi alla capsulite adesiva idiopatica.

Infine alcune persone sembrano essere mag- giormente predisposte di altre all’insorgenza di tendinite calcifica. Si tratta infatti di soggetti af- fetti da patologie endocrine e/o dismetaboliche co- me le malattie tiroidee (fino al 64,7% dei casi nel-

la serie di Harvie et al. che sembrano avere una storia naturale più lunga e subiscono più facil- mente un intervento chirurgico rispetto alla po- polazione generale ma la causa, purtroppo, non

è ancora stata chiarita), disordini ormonali, dia- bete mellito (fino al 31,8% nella serie di Mavrikakis

et al.), malattie autoimmuni e mutazioni geneti-

che (Oliva et al.).

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• Merolla G, Sanjay Singh, Paladini P, Porcellini G. Calcific tendinitis of the rotator cuff: state of the art in diagnosis and treatment. JOrthop Traumatol 2016

eSaMe obiettiVo

La tendinopatia calcifica può essere completa- mente asintomatica (35% dei casi) e il riscontro può essere casuale durante un esame radiogra- fico eseguito per altri motivi (1).

La sintomatologia più frequente è il dolore, spes- so intenso, che si accompagna ad una limitazio- ne funzionale in alcuni movimenti, in base alla lo- calizzazione del deposito calcifico. Molti pazien- ti accusano molto dolore in seguito ad attività mo- torie intense mentre tendono a minimizzare il do- lore nella fase cronica perché spesso evitano quei movimenti che evocano dolore.

Sappiamo che possono essere coinvolte sia le strutture tendinee sia le strutture peritendinee co- me la borsa subacromiale (2,3).

Le localizzazioni più frequenti sono: • 63% tendine sovraspinoso

• 20% tendini sovraspinoso e sottospinoso • 3% tendine sottoscapolare

• 7% tendine sottospinoso • 7% borsa subacromiale.

Nelle fasi di maggior acuzia del dolore può esse- re presente una rigidità articolare anche abba- stanza severa secondaria al dolore e alla ridotta mobilizzazione del cingolo scapolare nei giorni precedenti che spesso risponde bene al tratta- mento del dolore al trattamento fisioterapico. La localizzazione più frequente del deposito cal- cifico è nella regione superiore per cui risultano

spesso positivi i test per l’impingement; il test di Jobe può risultare doloroso e può risultare una ridotta elevazione.

Anche l’abduzione del braccio a scapola stabi- lizzata, se ricercato, evoca dolore. Quando la lo- calizzazione è nella zona di passaggio tra sovra e sottospinoso può accompagnarsi dolore e limi- tazione alla rotazione esterna in ER1. Può rara è la localizzazione del deposito calcifico nel sot- toscapolare, ma va sempre indagato il range di movimento in rotazione interna e la forza/dolore al Belly Press test.

L’iter diagnostico si avvale soprattutto della ra- diologia tradizione, con le proiezioni classiche AP vera, ascellare ed outlet view, e della ecografia. Può essere richiesta una RMN ed esiste una clas- sificazione basata sul riscontro RMN, ma il rilie- vo di un deposito calcifico di piccole dimensioni e rarefatto può essere difficile.

Oltre alla localizzazione del deposito l’imaging può aiutarci a stabilire la fase della malattia e di conseguenza la sua possibile risposta al tratta- mento con onde d’urto o ecoguidato in base alle dimensioni del deposito e alla trama. La radio- grafia tradizionale ci aiuta anche nel follow up a stabilire se durante il trattamento o semplice- mente nel tempo il deposito è in fase di crescita o di riassorbimento.

• La classificazione di Bosworth (4)la quale si ba-

sa sulla classificazione delle dimensioni della calcificazione all’esame radiografico:

a. Piccole < 0,5 mm b. Medie 0,5-1,5 mm c. Grandi >1,5 mm

• DePalma and Kruper (5)i quali hanno proposto

una classificazione basata sulla correlazione tra la morfologia e la fase patologica:

a. Rarefatta (acuta)

b. Densa (subacuta o cronica)

• Patte e Goutallier (6)e Gärtner e Simons (7)han-

no tipizzato le calcificazioni sulla base della mor- fologia valutata all’esame radiografico:

(Patte e Goutallier)

Tipo I: nitida e densa Tipo II: sfocata e densa Tipo III: nitida e traslucida Tipo IV: sfocata e traslucida

(Gartner e Simons)

Tipo I: delineata chiaramente e densa Tipo II: delineata chiaramente ed non-omoge- nea oppure omogenea e non ben delineata Tipo III: sfocata e trasparente

• Farin and Jaroma (8)hanno proposto una clas-

sificazione sulla base delle dimensioni e della localizzazione delle calcificazioni all’esame ecografico:

Tipo I: Grande calcificazione localizzata nel ten- dine o nella borsa

Tipo II: tante piccole calcificazioni Tipo III: alcune piccole calcificazioni

• Loew et al.(9)ha proposto una classificazione

sull’aspetto morfologico delle calcificazioni al- l’esame RM:

a. Unica calcificazione compatta ed omogenea con bordi ben delineati

b. Alcune calcificazioni omogenee con bordi ben definiti

c. Diffuse aree con bassa intensità di segnale con bordi mal definiti

L’ecografia ha un ruolo importante non solo dal punto di vista diagnostico, in quanto è uno stru- mento che ci permette anche di effettuare il trattamento in alcuni casi (needling e lavaggio bu- sale) (10). All’immagine ecografica può presentarsi

iperecogeno, a forma arcuata con un cono d’om- bra ben evidente nelle fasi croniche, mentre nel- le fasi di riassorbimento le zone iperecogene si presentano in modo frammentato, cistico, nodu- lare e si accompagnano all’ecodoppler ad una iper- vascolarizzazione (10). La RMN non è un esame fon-

damentale nella tendinopatia calcifica e in alcu- ni casi può essere fuorviante. Quando il deposi- to calcifico è di piccole dimensioni e l’esame vie- ne effettuato con una apparecchiatura a bassa ri- soluzione, può non essere visibile. Il deposito cal- cifico ha un basso segnale in tutte le scansioni RMN, ma nella fase di risoluzione, a causa della ipervascolarizzazione, può essere mal interpre- tato come una zona di rottura (11,12).

La RMN è invece importante nei rari casi di osteo- lisi della trochite (13,14,15).

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deFiniZione

Il trattamento di lavaggio percutaneo ecoguidato del- le calcificazioni intratendinee di spalla consiste in una tecnica ambulatoriale che ha come scopo lo svuotamento dei depositi calcifici all’interno dei ten- dini della cuffia dei rotatori. Si tratta di una tecni- ca sicura e affidabile che consente un rapido con- trollo del dolore a fronte di complicanze minime. Esistono differenti tecniche descritte in letteratu- ra che ricorrono all’uso di anestetico o soluzione fi- siologica per rimuovere mediante l’uso di uno o più aghi il deposito calcifico intratendineo.

indiCaZioni al trattaMento: FaSe diaGnoStiCa eCoGraFiCa

Il trattamento comincia con la valutazione eco- grafica del deposito calcifico. Generalmente la procedura è indicata quando si tratta di un depo- sito ben delimitato, lontano dall’inserzione tendi- nea omerale, in fase fluida con scarso cono d’om- bra. Generalmente questa fase corrisponde alla fa- se iperdolorosa del paziente. Sono controindicate per il trattamento le calcificazioni dure scarsamente sintomatiche, quelle più piccole di 5 mm e le mi- crocalcificazioni multiple e pluriframmentate. Se lo stato della calcificazione non risulta chiaro al- l’esame ecografico, l’esame radiologico consente di classificare la calcificazione e localizzarla e può es- sere un ulteriore fase diagnositica per guidare l’in- dicazione al trattamento.

Materiale neCeSSario

- Uno o due aghi 16G colore bianco

- Eventuali aghi spinale lunghi per pazienti obesi - Siringhe 20 ml

- Telino sterile per delimitare il campo - Disinfettante

- Fisiologica sterile meglio se pre-riscaldata a 37° - Anestetico locale (esempio Lidocaina 2%) - Gel ecografico sterile (in mancanza di prodotto

specifico è possibile utilizzare Glyssen spesso di- sponibile in ogni ospedale e meno costoso del gel ecografico in bustine sterili)

- Cortisonico per infiltrazioni - Cerotto

- Ghiaccio sintetico

PoSiZionaMento del PaZiente

Per la possibile insorgenza di reazioni vagali con li- potimie nei pazienti più sensibili, è buona norma po- sizionare il paziente supino. Il braccio viene tenu- to allungato lungo il torace e può essere ruotato per favorire la visualizzazione del deposito calcifico.

diSinFeZione Cutanea e PreParaZione della Sonda

Il primo gesto deve essere la disinfezione cutanea e l’accurata antisepsi della sonda. Per la sua effi- cacia il disinfettante deve rimanere a contatto con la cute del paziente e con la sonda per un tempo suf- ficientemente prolungato. Cominciare la disinfezione prima della preparazione del materiale necessario

intratendinee di spalla