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e subspine impingement F Randelli, A Fioruzzi, D Priano, M Magnan

colari. La presenza di sinovite focale anteriore e di lesione del labbro acetabolare nell'area della SIAI, oltre alla presenza di una protuberanza os- sea, confermano la diagnosi di SSI (3).

Hetsroni (7)ha sviluppato un sistema di classifi-

cazione del SSI, basato su scansioni TC, con tre livelli di deformità crescente e associato a limi- tazione del range di movimento (ROM). Nel tipo 1 non è presente una prominenza ossea tra la por- zione inferiore della SIAI e il bordo acetabolare. Nel tipo 2 è presente una prominenza ossea tra il bordo inferiore della SIAI e il bordo acetabola- re superiore. Nel tipo 3 è presente una prominenza ossea che si estende distalmente verso, o oltre, il bordo acetabolare anteriore-superiore. Il tratta- mento conservativo può essere tentato come primo approccio terapeutico, attraverso modifi- cazione delle attività, riabilitazione e infiltrazio- ni ecoguidate, ma la loro efficacia non è stata an- cora ben studiata. In passato, la decompressione della SIAI veniva eseguita con tecnica open at- traverso l’approccio anteriore di Smith-Petersen. Recentemente è stata descritta la decompressione artroscopica della SIAI chiamata anche spino-

plasty(3). Usando due portali (anterolaterale e

mid-anterior), dopo una capsulotomia antero-su-

periore, la SIAI viene esposta dalle 1:30 alle 2:00. Per decomprimere l'osso si utilizza di norma una fresa da 5.5 mm. Con l’ausilio dell’amplificatore di brillanza nella proiezione in falso profilo, e con il controllo visivo artroscopico, praticando ma- novre dinamiche intra-operatorie si valuta la scomparsa dell’impingement e si controlla il cor- retto livello della resezione ossea. Nonostante i ti- mori iniziali, studi su cadavere hanno dimostra-

to come una resezione estesa prossimalmente e anteriormente per 1.5 cm sia correlata ad un ri- dotto rischio di distacco del tendine del retto an- teriore (Fig. 1). Nei casi in cui sia presente una ossificazione della SIAI particolarmente impor- tante, sia per estensione sia per distanza dal- l’articolazione (normalmente in esiti meta-trau- matici), può essere indicata la chirurgia aperta attraverso una via anteriore diretta. Questa con- sente la visualizzazione diretta dell’ossificazione e dei tessuti molli rendendone rapida l’escissio- ne completa (Fig. 2). Una profilassi post-opera- toria contro le ossificazioni eterotopiche è rac- comandata per le prime 3 settimane almeno.

riSultati

I risultati pubblicati del trattamento del SSI 1 e della rimozione delle ossificazioni del retto sono buoni e in tutti gli studi viene documentata la con- servazione della funzione del retto femorale co- me flessore dell'anca. Tuttavia, questi studi sono

limitati dal fatto che la decompressione della SIAI viene raramente eseguita come procedura isola- ta. Infatti, viene spesso effettuata in associazio- ne con la sutura del labbro acetabolare, con l’osteoplastica femorale e con il trattamento di al- tre patologie intra-articolari. Inoltre, gli studi ri- portano solo i risultati di artroscopisti dell'anca a alto volume di interventi, rendendo la ripetibi- lità dei risultati questionabile. Nella nostra casi- stica abbiamo cercato di valutare eventuali dif- ferenze in termini di outcome funzionale e ritor- no all’attività sportiva tra il trattamento chirur- gico artroscopico e quello aperto senza però po- ter evidenziare differenze statisticamente signi- ficative. Tutti i Pazienti hanno beneficiato dalla procedura chirurgica con importante riduzione del dolore, recupero del ROM e ritorno all’attività sportiva amatoriale. In un caso operato con tec-

nica aperta abbiamo osservato una parziale riossificazione. Entrambe le tecniche, artrosco- pica ed aperta, possiedono sia pro che contro e di conseguenza la scelta di quale utilizzare deve essere soppesata per ogni singolo caso. La tecnica artroscopica è classicamente meno invasiva, consentendo tempi di recupero più rapidi e il trat- tamento contemporaneo di patologie intra-arti- colari. Si tratta però di una tecnica difficile, con tempi chirurgici lunghi e la possibilità di esegui- re una resezione incompleta o risultare, alla fine, più invasiva di una chirurgia aperta. Da ricordare come il rischio di specifiche complicanze dell’ar- troscopia d’anca, quale la sindrome comparti- mentale addominale, debba essere maggior- mente temuta nel trattamento di patologie extra- articolari e come sia necessario un continuo mo- nitoraggio anestesiologico. La chirurgia aperta,

1. Ayeni OR. Extra-articular hip impingement: a systematic review examining operative treatment of psoas, subspi- ne, ischiofemoral, and greater trochanteric/pelvic impin- gement. Arthroscopy. 2014;30(8):1026-1041. doi:10.1016/ j.arthro.2014.02.042.

2. Bardakos N V. Hip impingement: beyond femoroacetabu- lar. J Hip Preserv Surg. 2015;2(3):206-223. doi:10.1093/ jhps/hnv049.

3. Larson CM, Kelly BT, Stone RM. Making a case for ante- rior inferior iliac spine/subspine hip impingement: Three representative case reports and proposed concept. Arthrosc - J Arthrosc Relat Surg. 2011;27(12):1732-1737. doi: 10.1016/j.arthro.2011.10.004.

4. Gamradt SC, Brophy RH, Barnes R, Warren RF, Thomas Byrd JW, Kelly BT. Nonoperative treatment for proximal avulsion of the rectus femoris in professional American football. Am J Sports Med. 2009;37(7):1370-1374. doi:10.1177/

0363546509333477.

5. Rossi F, Dragoni S. Acute avulsion fractures of the pelvis in adolescent competitive athletes: prevalence, location and sports distribution of 203 cases collected. Skeletal Radiol. 2001;30(3):127-131. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ 11357449. Accessed December 3, 2017.

6. Hosalkar HS, Pennock AT, Zaps D, Schmitz MR, Bomar JD, Bittersohl B. The Hip antero-superior labral tear with avul- sion of rectus femoris (HALTAR) lesion: Does the SLAP equi- valent in the hip exist? HIP Int. 2012;22(4):391-396. doi:10.5301/HIP.2012.9470.

7. Hetsroni I, Poultsides L, Bedi A, Larson CM, Kelly BT. An- terior inferior iliac spine morphology correlates with hip range of motion: a classification system and dynamic mo- del. Clin Orthop Relat Res. 2013;471(8):2497-2503. doi:10.1007/s11999-013-2847-4.

biblioGraFia

attraverso un approccio anteriore diretto, per- mette la visualizzazione diretta della porzione os- sea da rimuovere e l’escissione di ossificazioni di notevoli dimensioni, con risparmio di tempo. Tra i contro sono comunque da annoverare la pos- sibilità di lesioni nervose, quali la neuroaprassia del nervo femoro cutaneo laterale, la difficoltà nel trattamento di lesioni intra-articolari e la neces- sità di specifica strumentazione.

ConCluSioni

Il conflitto femoro-acetabolare extra-articolare per ossificazione del retto femorale e/o subspi-

ne impingementè una patologia spesso associata al FAI. Il trattamento chirurgico, in casi selezio- nati, consente il ritorno alle attività sportive con recupero del ROM e un’importante riduzione del dolore.

Può essere trattato artroscopicamente, quando possibile, o con chirurgia aperta. Nonostante i da- ti della letteratura e i risultati siano incoraggianti, gli studi eseguiti sull’argomento hanno una bas- sa evidenza e brevi follow-up. Saranno quindi ne- cessari ulteriori studi per poter verificare i risultati a lungo termine e definire delle linee guida uni- voche di trattamento.

introduZione

Il dolore inguinale dopo intervento di protesiz- zazione dell’anca ha un’incidenza che varia tra lo 0,4% e il 18,3%. Le cause di coxalgia sono clas- sificate in intrinseche e estrinseche. Tra le prime ricordiamo le infezioni periprotesiche, il fallimento asettico, l’osteolisi periprotesica e la metallosi. Tra le cause estrinseche rientrano le patologie del rachide, addominali, vascolari e oncologiche. Oltre a queste, una potenziale causa di coxalgia e limitazione funzionale dopo protesi dell’anca è l’impingement dell’ileopsoas che interessa fino al 4,4% degli impianti protesici dolorosi.

ePideMioloGia ed eZioloGia

In letteratura l’incidenza di dolore persistente do- po impianto di protesi totale all’anca si attesta tra lo 0,4% e il 18% a seconda degli autori (1). Natu-

ralmente le cause sono molteplici, ma in questo capitolo verranno analizzate soltanto quelle in cui l’artroscopia può avere un ruolo importante. Verrà invece analizzata in modo più approfondi- to la condizione conosciuta come impingement dell’ileopsoas.

Usura del polietilene: in caso di protesi totali d’an- ca con inserto in polietilene, può verificarsi il fe- nomeno dell’usura dello stesso. Questa determi- na una progressiva alterazione della cinematica dell’articolazione che può progressivamente esi- tare in sintomo dolore. Il deterioramento dell’in- serto, inoltre, causa l’accumularsi di detriti, che

a loro volta, sia per diretta causa meccanica sia per lo stimolo infiammatorio, possono portare a coxalgia.

Metallosi: in caso di impianti che prevedono una tribologia con interfaccia metallo-metallo, l’ar- troscopia può indagare sulla presenza di detriti intrarticolari oppure favorirne la loro identifica- zione microscopica dopo un prelievo bioptico di campioni di tessuto sinoviale o intrarticolare. Infezione peri-protesica: in questo caso il ruolo del- l’artroscopia è principalmente di tipo diagnosti- co. In letteratura sono riportati casi dove, ad un aspirato intra-articolare negativo è seguito un iso- lamento di patogeno dopo la coltura di un fram- mento tissutale prelevato con tecnica artroscopica. Mobilizzazione asettica: l’artroscopia dell’anca non trova indicazione in questo ambito. Alcuni Au- tori ne riconoscono una funzione diagnostica per documentare grossolani movimenti della com- ponente acetabolare.

Conflitto del collo femorale: in letteratura si pos- sono trovare casi di impingement del collo fe- morale - a livello della linea di osteotomia - con i tessuti molli peri-articolari. In questi casi l’ar- troscopia ha un ruolo terapeutico. L’esecuzione di una precisa osteoplastica delle porzioni ossee che collidono determina, in buona parte dei casi, la ri- soluzione dei sintomi.

Calcificazioni eterotopiche: il riscontro di calci- ficazioni dopo impianto di protesi d’anca è un re- perto non infrequente. Quando queste determi-

nano una limitazione funzionale possono essere causa di dolore. L’approccio artroscopico spesso permette la loro rimozione, con il ripristino del- la funzionalità dell’anca pressoché completa. In letteratura resta dibattuto quale sia la tecnica (open o artroscopica) chirurgica migliore per asportare le ossificazioni.

IMPINGEMENT dell’ileoPSoaS

Per la prima volta descritto da Postel nel 1975 e successivamente da Lequesne nel 1991, la causa principale è un anomalo contatto del tendine del- l’ileopsoas con il bordo della componente aceta- bolare.

Considerazioni anatomiche: l’ileopsoas è un com- plesso muscolo-tendineo formato dal grande pso- as che origina superiormente al legamento in- guinale e, passando anteriormente alla parete ace- tabolare e all’articolazione dell’anca, si unisce al- l’iliaco per inserirsi sul piccolo trocantere. È il principale flessore dell’anca ma agisce anche co- me intrarotatore del femore e stabilizzatore del- la cerniera spino-pelvica

Insorgenza dei sintomi: l’insorgenza dei sintomi è descritta da 1 mese post-operatorio fino a 8 an- ni dopo l’impianto, ma risulta più frequente nel pri- mo periodo post-operatorio. Il dolore solitamen- te è persistente durante il cammino, esacerbato nel salire o scendere le scale, entrare e uscire del letto, alzarsi dalla posizione seduta e in altre at- tività quotidiane molto comuni.

Eziologia: la causa più comune dell’irritazione del tendine dell’Ileopsoas - fino al 4,4% delle protesi dolorose - è la presenza di una componente ace- tabolare mal posizionata o sovradimensionata che

porta a un anomalo contatto tra il tendine stes- so e il bordo antero-superiore dell’acetabolo. Al- tre cause possono essere legate alla presenza di cemento in eccesso oppure in caso di viti aceta- bolari di lunghezza eccessiva.

Diagnosi: questa condizione entra in diagnosi dif- ferenziale con molte patologie sopra descritte, le quali vanno adeguatamente escluse prima di so- spettare una tendinite dell’ileopsoas da impin-

gement. La radiologia convenzionale, con appo-

site proiezioni, mostra segni indiretti di impin-

gement. Indagini radiologiche come la TC o la ri-

sonanza magnetica (RM), con particolari algoritmi di abbattimento del segnale del metallo (MARS), sono solitamente dirimenti. La protrusione della componente acetabolare superiore a 5 mm sem- bra essere correlata ai sintomi (2). Anche se il gold-

standard diagnostico rimane la tomografia com-

puterizzata (TC), sono descritti in letteratura ca- si di diagnosi artroscopica. Molto utile l’iniezio- ne eco-guidata di anestetico locale che permette una diagnosi ex adiuvantibus.

Indicazione al trattamento artroscopico: natu- ralmente l’indicazione al trattamento chirurgico artroscopico deve essere posta dopo un adegua- to processo diagnostico e dopo un tentativo di trat- tamento conservativo - fisioterapico e farmaco- logico - avvenuto senza successo. Un malposi- zionamento della componente acetabolare con protrusione > 10 mm da indicazione alla revisione chirurgica della stessa (3).

teCniCa artroSCoPiCa

Il setting del Paziente prevede il decubito supino; il letto ortopedico apposito per l’artroscopia del-

l’anca non è obbligatorio perché l’ausilio di tra- zione non è strettamente necessario.

L’accesso all’articolazione viene eseguito per via extra-capsulare (out-in) dai portali prossimale an- tero-laterale e anteriore (4). L’anca flessa di 30° aiu-

ta a aumentare il volume articolare anteriore. La sezione o l’assenza della capsula articolare - do- vuta all’impianto protesico - facilita la visualiz- zazione delle strutture. A questo punto non resta che documentare l’impingement sospettato. Nella maggior parte dei casi è possibile identifi- care il decubito del tendine in corrispondenza del- la regione antero-superiore della coppa aceta- bolare e i segni di irritazione del tendine stesso, come iperemia e degenerazione.

Successivamente viene eseguita la tenotomia del tendine dell’ileopsoas a livello del punto di im-

pingement(5). Dove presenti, le ossificazioni ete-

rotopiche devono essere rimosse.

Le indicazioni post-operatorie per il Paziente so-

no molto semplici: carico completo e immediato a tolleranza con l’ausilio di due bastoni per qualche giorno, trattamento fisioterapico mirato e terapia profilattica per le ossificazioni periar- ticolari (6).

ConCluSioni

La tenotomia artroscopica del tendine dell’ile- opsoas è una procedura semplice e sicura, so- prattutto per un chirurgo che già padroneggia la tecnica artroscopica dell’anca (3). I risultati pre-

senti in letteratura vedono il tasso di successo di questa procedura raggiungere il 94%. Sicuramente è meno invasiva di una tenotomia open e meno ri- schiosa dal punto di vista infettivo.

L’artroscopia dell’anca, grazie all’evoluzione del- la tecnica, vede l’affacciarsi di nuove indicazio- ni: dalla protesi dolorosa per cause di impinge-

ment meccanico a casi dove la funzione principale

è prettamente diagnostica.

FIG. 1 - Identificazione artroscopia dell’impingement

del tendine ileopsoas con la componente acetabolare.

FIG. 2 - Esecuzione della tenotomia con strumento a

1. Ayeni OR. Extra-articular hip impingement: a systematic review examining operative treatment of psoas, subspi- ne, ischiofemoral, and greater trochanteric/pelvic impin- gement. Arthroscopy. 2014;30(8):1026-1041. doi:10.1016/ j.arthro.2014.02.042.

2. Bardakos N V. Hip impingement: beyond femoroacetabu- lar. J Hip Preserv Surg. 2015;2(3):206-223. doi:10.1093/ jhps/hnv049.

3. Larson CM, Kelly BT, Stone RM. Making a case for ante- rior inferior iliac spine/subspine hip impingement: Three representative case reports and proposed concept. Arthrosc - J Arthrosc Relat Surg. 2011;27(12):1732-1737. doi: 10.1016/j.arthro.2011.10.004.

4. Gamradt SC, Brophy RH, Barnes R, Warren RF, Thomas Byrd JW, Kelly BT. Nonoperative treatment for proximal avulsion of the rectus femoris in professional American football. Am J Sports Med. 2009;37(7):1370-1374. doi:10.1177/

0363546509333477.

5. Rossi F, Dragoni S. Acute avulsion fractures of the pelvis in adolescent competitive athletes: prevalence, location and sports distribution of 203 cases collected. Skeletal Radiol. 2001;30(3):127-131. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ 11357449. Accessed December 3, 2017.

6. Hosalkar HS, Pennock AT, Zaps D, Schmitz MR, Bomar JD, Bittersohl B. The Hip antero-superior labral tear with avul- sion of rectus femoris (HALTAR) lesion: Does the SLAP equi- valent in the hip exist? HIP Int. 2012;22(4):391-396. doi:10.5301/HIP.2012.9470.

7. Hetsroni I, Poultsides L, Bedi A, Larson CM, Kelly BT. An- terior inferior iliac spine morphology correlates with hip range of motion: a classification system and dynamic mo- del. Clin Orthop Relat Res. 2013;471(8):2497-2503. doi:10.1007/s11999-013-2847-4.

anatoMia

Lo spazio peritrocanterico dell’anca definisce due cavità virtuali: una più superficiale, compresa tra il piano sottocutaneo e la bendelletta ileo-tibiale e una più profonda compresa tra la bendelletta e lo strato muscolare dei glutei con la loro relativa bor- sa. La tecnica chirurgica consiste in un’endosco- pia piuttosto che in una artroscopia perché questo spazio è extra-articolare. Lo spazio virtuale è di- latato dall’ingresso del fluido durante l’interven- to, permettendo la visualizzazione delle strutture esistenti. Le strutture anatomiche che possono es- sere valutate con questa procedura includono i mu- scoli (i grande gluteo, medio e piccolo gluteo, va- sto laterale e tensore della fascia lata), la borsa gran trocanterica, la bendelletta ileo-tibiale e il grande trocantere. Ciascuna di queste strutture può essere raggiunta tramite portali specificatamen- te realizzati (1). I portali più comunemente utilizzati

per raggiungere lo spazio peritrocanterico, oltre a quelli normalmente utilizzati per l’accesso al com- parto articolare, sono visualizzati nella tabella 1.

teCniCa artroSCoPiCa Generale e Portali artroSCoPiCi

La tecnica chirurgica utilizzata dagli Autori prevede il posizionamento del Paziente in decubito supino. L’anca è posizionata su lettino da trazione ma libera, in modo da poter essere mobilizzata secondo le ne- cessità durante tutto l’intervento. Un ago da 18 gau-

ge viene infisso a livello dell’apice del grande tro-

cantere per demarcarne il limite. I portali artro- scopici sono quelli normalmente utilizzati per l’ac- cesso al comparto articolare, ovvero il portale an- tero-laterale (AL) e il portale Mid-anterior (MA). Viene quindi introdotto un artroscopio da 4 mm a 70° attraverso il portale postero-laterale (PL) con successiva dilatazione dello spazio endoscopico. Ta- le spazio è ulteriormente delineato con l’uso di uno

shaver, che rimuove il tessuto fino a evidenziare be-

ne il limite tra le singole strutture. A questo pun- to, il trattamento delle patologie dello spazio peri- trocanterico può essere eseguito in tutta sicurez- za. Si rimanda ai paragrafi seguenti la descrizio- ne dettagliata delle singole tecniche endoscopiche.

TAB. 1

Portale Strutture attraVerSate Strutture a riSChio

PSP (perithrocanteric-space portal) Fibre anteriori della fascia lata nessuna

dala (distal-anterolateral accessory) Sottocute, margine anteriore Branca ascendete fascia lata dell’arteria circonflessa

laterale (17-40 mm)

Pala (proximal-anterolateral acccesory) Fibre d’inserzione comuni nessuna del grande gluteo e del tensore

indiCaZioni e teCniChe SPeCiFiChe Lesioni del piccolo e medio gluteo

Fra le lesioni tendinee identificate a questo livello, la lesione degenerativa è la più frequente, è an- che definita “lesione della cuffia dei rotatori del- l’anca” (2). Si tratta di una patologia piuttosto fre-

quente, ma ancora poco conosciuta e quindi ra- ramente diagnosticata. Il quadro clinico può si- mulare quello di una semplice borsite trocante- rica, ma è generalmente resistente alla terapia me- dica ed infiltrativa. I sintomi consistono in dolo- re in corrispondenza dell’inserzione dei tendini al gran trocantere, con accentuazione del dolore e difficoltà all’abduzione dell’anca.

All’esame obiettivo vi è dolore all’extrarotazione e abduzione contro resistenza con anca flessa a 90°, algia e facile faticabilità in appoggio mono- podalico. La lesione è spesso individuata a livel- lo del gluteo medio e può essere completa, parziale o interstiziale (2). Esistono anche lesioni associate

del piccolo gluteo che configurano una lesione bi- tendinea. Analogamente a quello che si verifica nella spalla, le calcificazioni tendinee possono es- sere ritrovate anche a livello dell’anca e sono più spesso localizzate sul piccolo e medio gluteo. L’esame radiografico è generalmente negativo, può mostrare iniziali microcalcificazioni in corri- spondenza dell’inserzione tendinea dei glutei al gran trocantere.

La presenza di lesioni tendinee può essere con- fermata da un’ecografia o da una RMN, che con- sente una più accurata valutazione del danno. I portali artroscopici utilizzati sono quelli tradi- zionali (antero-laterale, postero-laterale, mid-an-

terior, antero-laterale prossimale accessorio,

antero-laterale distale accessorio) insieme con al- tri portali specifici che variano a seconda della tec- nica utilizzata e delle preferenze dell’Operatore. Alcuni Autori consigliano di eseguire inizial- mente una valutazione intra-articolare e even- tualmente trattare le patologie concomitanti (3).

L’endoscopia diagnostica dello spazio peritro- canterico è in questo caso compresa tra la ben- delletta ileo-tibiale e l’area trocanterica con la sua borsa. Il primo step prevede la rimozione della bor- sa trocanterica e la visualizzazione dell’area d’inserzione dei glutei. Riconoscere queste strut- ture permette di delineare il campo di manovra, delimitato distalmente dal vasto laterale, pros- simalmente dalle fibre muscolari del medio glu- teo e inferiormente dal margine posteriore del gran trocantere. Dopo aver valutato la lesione ten- dinea si procede alla cruentazione con una lama

full-radius della regione trocanterica in cui rein-

serire il tendine. Viene quindi inserita un’anco- retta metallica o bioriassorbibile perpendicolar- mente al gran trocantere sul footprint ed il ten- dine è reinserito con tecnica analoga alla ripa- razione di una lesione della cuffia dei rotatori nel- lo spazio sub-acromiale della spalla (4,5)(Fig. 1).

Il protocollo riabilitativo prevede 4 settimane di carico parziale con divieto ai movimenti di ab- duzione. Nessuna restrizione viene data per la fles-