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per la procedura è una buona norma per consen- tire che il tempo di contatto con il disinfettante sia sufficientemente prolungato. Un contatto minimo di 5 minuti con il disinfettante deve essere rispet- tato per evitare complicanze infettive. L’uso di un coprisonda sterile aumenta ulteriormente la sicu- rezza della procedura.

aneSteSia loCale

Un’anestesia locale con 10 ml di lidocaina viene ese- guita sotto guida ecografica lungo il tragitto dell’ago e fino allo spazio sottoacromiale e intorno alla cal- cificazione da trattare.

PoSiZionaMento dell’aGo e ProCedura di laVaGGio

Sotto guida ecografica, seguendo l’ago lungo il suo asse maggiore, si raggiunge il deposito calcifico. La scelta del numero di aghi dipende dall’operatore. Sono descritte tecniche a doppio e a singolo ago. Il vantaggio del singolo ago sta nel minor trauma per il tendine ma richiede una maggiore sensibi- lità per non rompere il deposito calcifico, il van- taggio del doppio ago è la maggior facilità nel la- vaggio per ottenere un completo svuotamento. Se gli aghi si otturano durante la procedura, un ago da 18G può essere usato come mandrino per stu-

rare il flusso degli aghi più grossi. Se si usano due aghi, il primo da inserire è il più profondo, poi il più superficiale avendo cura che il tagli dell’ago sia- no rivolti l’uno verso l’altro. Una volta posiziona- ti gli aghi si comincia a far defluire il fluido attra- verso la calcificazione per ottenerne lo svuota- mento. Per facilitare lo svuotamento l’ago può es- sere mosso per frammentare la calcificazione. La procedura continua fino ad ottenere il completo svuotamento del deposito calcifico.

inFiltraZione SottoaCroMiale

Al termine della procedura se non ci sono con- troindicazioni viene eseguita infiltrazione con cor- tisonico locale per ridurre i disturbi legati ad una borsite reattiva post procedura.

indiCaZioni PoSt-ProCedura

Dopo la procedura al paziente viene indicata l’as- sunzione di un FANS per 5 giorni, riposo dalle at- tività pesanti, uso di ghiaccio 4 volte al giorno per 10 minuti. Al passare del dolore può essere ne- cessario un breve corso di fisioterapia per ottene- re un ricondizionamento generale della spalla, in particolare una rieducazione del ritmo scapolo-to- racico e il raggiungimento del ROM completo.

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introduZione

La qualità metodologica di molti studi sulla ten- dinopatia calcifica è bassa e di conseguenza le conclusioni che si possono trarre possono esse- re viziate da bias. Le criticità sono molteplici: spes- so il numero di pazienti trattato è limitato; non vi è una randomizzazione dei pazienti o la valuta- zione non è stata effettuata in doppio cieco. A complicare ulteriormente la valutazione è la va- riabilità intrinseca di questa malattia che può es- sere completamente asintomatica o fortemente do- lorosa a parità di deposito calcifico, per cui non è nemmeno chiaro se effettuare un controllo ra- diografico o ecografico, per vedere se il deposito di calcio si è ridotto, a tutti i pazienti trattati o so- lo a quelli che non hanno risposto al trattamento. Quali fattori vanno considerati nel valutare la ri- sposta al trattamento: l’assenza di dolore? La fun- zionalità della spalla? Il riassorbimento del de- posito calcifico?

In molti lavori non è chiara quale scala di valu- tazione è stata utilizzata o non sono state ripor- tate le complicanze. Inoltre alcune complicanze possono insorgere dopo oltre i 2 mesi dal tratta- mento sebbene vi sia stato un netto miglioramento iniziale dei sintomi e il deposito calcifico si è ri- dotto o è scomparso, per cui occorre stabilire an- che se effettuare la valutazione del trattamento in diversi tempi durante il follow-up o solo all’end point. Nonostante tutto ciò cerchiamo di chiari- re alcuni punti.

la tendinoPatia riChiede SeMPre un trattaMento?

Il deposito di cristalli di fosfato di calcio è una eve- nienza abbastanza frequente. Nello studio stori- co di Bosworth su 6061 impiegati ben il 2,7% del- la popolazione era affetta da tendinopatia calci- fica. Ruttimann in una serie radiografica su 100 pazienti asintomatici per la spalla segnalava una frequenza del 20%. Nello studio di Louwerence et

al. il 7,8 % di pazienti asintomatici aveva un de-

posito calcifico e nel 42,6% dei pazienti con dolo- re subacromiale aveva un deposito calcifico. Non tutti i pazienti con tendinopatia calcifica sono sin- tomatici e sono possibili 3 differenti scenari: • può trattarsi di un riscontro occasionale in pa-

ziente completamente asintomatico,

• oppure può riscontrarsi in pazienti con un do- lore cronico di bassa intensità

• oppure può essere estremamente doloroso, per lo meno in alcune fasi della malattia. La tendinopatia calcifica è considerata una pa- tologia a risoluzione spontanea nella maggior par- te dei casi per cui lo scopo del trattamento è quel- lo di limitare soprattutto il dolore e mantenere una buona funzionalità del cingolo scapolare. In realtà come evidenziato da De Witte molti pazienti so- no sintomatici anche ad oltre 10aa dalla diagno- si e indipendentemente dal tipo di trattamento ef- fettuato. Ogon et al. in uno studio prospettico di 420 pazienti, hanno riscontrato che i casi con lo- calizzazione bilaterale, i depositi localizzati an- teriormente sotto l’acromion con estensione me-

diale e quelli di maggiori dimensioni hanno una minor probabilità di rispondere al trattamento non chirurgico. Non è chiaro il motivo della così estrema variabilità del dolore. Gli studi di Hackett

et al. hanno evidenziato in biopsie tendinee su de-

positi calcifici un aumento della neovascolariz- zazione e neoinnervazione ed infiltrati cellulari di origine infiammatoria (macrofagi, mastcell, lin- fociti T) nei pazienti sintomatici, da 2 ad 8 volte maggiore rispetto ai pazienti affetti da rottura di cuffia o pazienti in trattamento chirurgico per in- stabilità. In questo studio mancava il gruppo di pa- zienti affetti da tendinopatia calcifica asintoma- tici o con dolore lieve.

diaGnoSi diFFerenZiale

Generalmente la diagnosi di tendinopatia calci- fica è abbastanza chiara. In alcuni casi può essere presente edema dei tessuti molli circostanti o ero- sione ossea caratteristiche che possono indiriz- zare la diagnosi erroneamente verso una patologia infettiva o neoplastica (come il sarcoma iuxta- corticale). In genere la localizzazione della cal- cificazione dentro il tendine, l’assenza di versa- mento articolare, l’assenza di aumento di massa dei tessuti molli, e la comparsa in modo acuto in- dirizzano verso la diagnosi di tendinopatia cal- cifica piuttosto che verso altre patologie. In caso si decida di effettuare una biopsia, sug- gerire la diagnosi di possibile tendinopatia cal- cifica perché la presenza di foci di metaplasia con- droide non è infrequente e potrebbe erroneamente indirizzare l’anatomopatologo verso la diagnosi di neoplasia condroide invece che di tendinopa- tia calcifica (Siegal et al).

C’è una CorrelaZione tra la MorFoloGia dell’aCroMion e la tendinoPatia CalCiFiCa?

Balke et al. hanno confrontato in tre gruppi di 50 pazienti ciascuno affetti da tendinopatia calcifi- ca, impingement subacromiale e in un gruppo di pazienti sani diversi parametri dell’acromion: la conformazione secondo Bigliani, il tilt acromiale secondo Kitay et al., l’indice acromiale secondo Nyffeler et al. e l’angolo acromiale laterale secondo Banas et al. Nel loro studio solo l’indice acromiale dei pazienti con tendinopatia calcifica era simi- le a quello affetti da impingement subacromiale, mentre non vi era nessuna altra correlazione tra gli altri parametri dell’acromion e tendinopatia calcifica. Kircher et al. nella loro pubblicazione non hanno trovato correlazioni tra l’indice acro- miale e dolore o funzionalità in pazienti con ten- dinopatia calcifica. Kappe et al. non hanno trovato differenze nell’indice acromiale tra pazienti affetti da tendinopatia calcifica e pazienti con rotture parziali o complete della cuffia. Sia nel lavoro di Kircher che in quello di Kappe mancava il grup- po di controllo.

trattaMento FarMaColoGiCo

I Fans sono spesso usati nelle sindromi dolorose, incluse quelle della spalla. Non vi sono pubblica- zioni su quale regime farmacologico utilizzare nel- la tendinopatia calcifica, ma è ragionevole l’uti- lizzo di farmaci anti-infiammatori soprattutto nel- le fasi dolorose. Il loro utilizzo va ponderato ri- guardo alla durata nel tempo e sono dovute le op- portune cautele nei pazienti con sindrome di- speptica, nei pazienti in trattamento anticoagu- lante e nei pazienti cardiopatici.

Yokoyama et al. hanno valutato l’uso della cime- tidina (inibitore della istamina) farmaco che vie- ne utilizzato nell’iperparatiroidismo per ridurre i livelli di calcio nel sangue in 16 pazienti affetti da tendinopatia calcifica. Il farmaco si è dimo- strato capace di ridurre il dolore misurato alla VAS; la mobilità della spalla e le dimensioni del deposito calcifico alla valutazione radiologica. Non vi sono altri studi riguardo all’uso della cimetidina.

teraPia FiSiCa

Ebenbichler et al. hanno valutato in uno studio cli- nico randomizzato in doppio cieco l’effetto degli ultrasuoni pulsati rispetto ad un falso trattamento con ultrasuoni (24 sedute in 6 settimane). Il grup- po trattato con ultrasuoni aveva una riduzione di oltre il 50% o risoluzione completa del deposito cal- cifico in circa il 50% dei casi mentre nel gruppo sen- za trattamento si verificata solo nel 10%. Aveva inoltre un maggior effetto sul dolore e sul dolore notturno. (Ebenbichler et al.; Green et al.). L’associazione di ionoforesi con acido acetico e ul- trasuoni non ha invece mostrato benefici nel trat- tamento della tendinopatia calcifica (Perron et al.; Ludec et al.; Green et al.).

I campi magnetici pulsati hanno mostrato un mag- gior effetto sia a breve che a lungo termine rispetto al placebo (Dal Conte et al.; Green et al.).

trattaMento Con onde d’urto ad alta enerGia o a baSSa enerGia

Uno dei trattamenti suggeriti in paziente resistenti al trattamento con Fans sono le onde d’urto. La loro efficacia, sicurezza e non invasività si è dimostrata una valida alternativa nel tratta-

mento dei depositi calcifici, soprattutto quando so- no di aspetto non omogeneo (Bannuru). Le onde d’urto possono essere effettuate ad alta energia (>0,28 mJ/mm2) o a bassa energia (<0,08

mJ/mm2). Le modalità del trattamento possono va-

riare molto. Harniman et al. nella loro review han- no individuato 16 studi in cui venivano utilizza- te le onde d’urto per la tendinopatia calcifica e non. Rilevarono che le sessioni di applicazione varia- vano molto (da 1 a 8); le sessioni multiple venivano per lo più effettuate a cadenza settimanale, ma in tre studi la latenza di tempo era maggiore e si ar- rivava anche a 6 settimane. Il numero di impulsi per sessione era nella maggior parte dei casi com- preso tra 1.500 e 2.000 ma in range variava da 1.000 a 3.000 impulsi a sessione. La densità di energia variava da 0,18 a 0,42 mJ/mm2. Il tratta-

mento può essere effettuato in analgesia orale o endovenosa o in anestesia locale ma non si sono riscontrate differenze di outcome in base al tipo di trattamento per il dolore associato alle onde d’urto (Bannuru et al.; Harniman et al.). Non è ancora chiaro come le onde d’urto agisca- no a livello tissutale (neovascolarizzazione? Ri- generazione tissutale? Analgesia da iperstimo- lazione? Frammentazione del deposito?). Quelle ad alta energia richiedono macchinari più costosi, vengono spesso effettuate in regime di ricovero e sono più dolorose rispetto al trattamento con on- de d’urto a bassa energia.

Il trattamento si è rivelato sicuro ed efficace. Gli effetti avversi e complicanze riportate si limita- no ad un temporaneo aumento del dolore, reazione locale tipo gonfiore, eritema, petecchie o piccoli ematomi. Sono presenti case report in letteratu-

ra di osteonecrosi della testa omerale dopo trat- tamento con onde d’urto (Liu et al.).

Nella review di Harniman et al. uno degli studi, la cui metodologia era considerata di alta quali- tà, effettuato su 50 pazienti seguiti per 1 anno mo- strava che il trattamento con le onde d’urto ad al- ta energia nelle tendinopatie calcifiche croniche (sintomatologia da oltre 3 mesi) si dimostrava un trattamento efficace a lungo termine se il tratta- mento era mirato sul deposito calcifico rispetto ai pazienti in cui le onde d’urto venivano applicate sulla zona di inserzione del sovraspinato. Bannuru et al. hanno raccolto 20 trial rando- mizzati in cui le onde d’urto veniva confrontate con il placebo. In tutti gli studi raccolti dagli au- tori le onde d’urto ad alta energia avevo un effetto significativamente maggiore rispetto al placebo nella riduzione del dolore, miglioramento della fun- zionalità e riassorbimento della calcificazione. I trattamenti di onde d’urto a bassa energia ave- vano invece un migliore effetto rispetto al place- bo solo sulla funzionalità.

Conclusioni analoghe sono state riportate nelle re-

view di Vavken et al. e di Ioppolo et al.

Verstraelen et al. hanno condotto una metanali- si su 5 articoli (trial controllati e randomizzati) pubblicati al riguardo per un totale di 359 pazienti. Questo studio ha evidenziato una constant score maggiore nei pazienti trattati ad alta energia, mag- giori probabilità di un riassorbimento completo delle calcificazioni a 3 mesi. Conclusioni analoghe sono state tratte da Peters et al. anche se i pazienti trattati con alta energia accusavano maggior do- lore durante il trattamento. Nella maggior parte degli studi vi è una correlazione tra diminuzione

del deposito e maggior efficacia del trattamento. Solo nello studio di Albert et al. non si è confer- mata questa correlazione.

Non sempre il trattamento ad onde d’urto è cu- rativo. Nel lavoro di Daecke et al., a 4 anni dal trat- tamento con onde d’urto il 20% dei pazienti era costretto a ricorrere al trattamento chirurgico.

laVaGGio eCoGuidato

Esistono vari termini utilizzati nella letteratura scientifica per questa metodica di trattamento. I termini attualmente utilizzati sono gli acronimi US-PICT (ultrasound-percuraneus irrigation of

calcific tendinopathy), NACD (needle aspiration of calcific deposits) oppure i termini needling, bar- botage o lavage.

Il trattamento della irrigazione con soluzione sa- lina è stato proposto inizialmente sotto control- lo fluoroscopico e successivamente sotto controllo ecografico. Esiste alcune varianti nel trattamen- to. La principale è l’uso di un singolo ago (som- ministrazione di soluzione fisiologica e aspirazione con lo stesso sistema di ago-siringa) o di un dop- pio ago (una siringa viene utilizzata per sommi- nistrare la soluzione fisiologica che defluisce tra- mite la seconda siringa). C’è inoltre chi preferi- sce posizionare una sola volta l’ago nel deposito per mantenere l’involucro del deposito calcifico integro e limitare la fuoriuscita della soluzione fi- siologica nello spazio bursale, e chi invece pre- ferisce perforare il deposito più volte al fine di frammentarlo e rendere più agevole la rimozio- ne del calcio. Le dimensioni dell’ago non sembrano essere rilevanti: un ago sottile può essere consi- gliato nelle procedure ripetute al fine di ridurre

il rischio di fuoriuscita del materiale calcifico nel- lo spazio bursale e arrecare minor danno al ten- dine, ma l’ago piccolo è più propenso ad ostruir- si durante la procedura (Lanza et al.).

Lo studio di Orlandi et al. non ha evidenziato van- taggi nell’uso di un singolo ago rispetto all’uso del doppio ago. La durata del trattamento è risulta- ta analoga quando si è valutata la casistica nel suo insieme. Nelle calcificazioni dure la procedura è stata più veloce utilizzando il doppio ago. Mentre in quelle “fluide” è risultata più veloce la tecnica del singolo ago. Il constant score è risultato ana- logo in entrambi i gruppi. ll gruppo del doppio ago ha avuto una incidenza minore di borsite post-trat- tamento ma la percentuale non era risultata sta- tisticamente significativa.

Le complicanze nella irrigazione ecoguidata so- no possibili ma non sono gravi e spesso sono si- mili a tutti i trattamenti invasivi. Nella review di Lanza et al. le complicanze erano riportate in 10 su 15 lavori analizzati (67% di 1053 trattamenti, negli altri 33% dei casi non si avevano informa- zioni al riguardo. La complicanza più frequente è stata la borsite (71 casi: 7% dei casi studiati). In 26 casi (2%) vi è stata una reazione vagale lie- ve durante il trattamento. In 2 casi (0,2%) è insorta successivamente una capsulite adesiva; 2 casi di crisi epilettica (0,2%), 1 caso di tenosinovite del CLBO (0,1%), 1 perdita di conoscenza (0,1%). Nel lavoro retrospettivo di Oudelaar del 2016 su 431 pazienti trattati, 21 (4,9%) ha sviluppato una borsite subacromiale, 7 (1,6%) una capsulite adesiva e in 3 (0,7%) una borsite settica. Un al- tro dato importante di questo lavoro è che in un terzo dei casi un singolo lavaggio ecoguidato era

insufficiente a risolvere il dolore, ma i trattamenti successivi non avevano un maggior rischio di in- successo rispetto al primo.

Solo nel 47% dei casi venivano prescritti FANS per il trattamento del dolore postoperatorio e solo un autore (6%) ha prescritto fisiokinesiterapia dopo il trattamento.

Vignesh et al. hanno valutato 11 studi di cui 3 ran- domizzati. Non hanno potuto effettuare una me- tanalisi per l’eterogeneità dei dati. Tutti gli stu- di randomizzati mostravano un miglioramento del dolore dopo trattamento ecoguidato, ma solo in uno studio l’aspirazione del deposito migliorava la sintomatologia rispetto alla semplice puntura senza aspirazione. Inoltre in uno studio l’asso- ciazione delle onde d’urto seguito dal lavaggio eco- guidato migliorava ulteriormente la riduzione del dolore e la riduzione del deposito calcifico. Sconfienza et al. hanno inoltre valutato l’utilizzo di fisiologica a diverse temperature. L’utilizzo di una soluzione riscaldata faciliterebbe la rimozione del deposito, e minor rischio di borsite post-trat- tamento.

De Witte et al. hanno valutato l’effetto del lavag- gio ecoguidato + iniezione di corticosteroidi ri- spetto alla sola iniezione di corticosteroidi nello spazio subacromiale in uno studio randomizza- to controllato a doppio cieco su 48 pazienti sud- divisi in due gruppi. Il gruppo trattato con lavaggio ecoguidato + cortisteroidi aveva una miglior punteggio sul constant score, ma non sul DASH e sul WORC. Il numero di seconda procedura o passaggio al trattamento artroscopico era mino- re, il numero di pazienti con riassorbimento completo o parziale era maggiore rispetto al grup-

po trattato con sola infiltrazione corticosteroidea. Lo studio retrospettivo di Oudelaar su una casi- stica di 431 pazienti ha evidenziato che i pazienti fumatori avevano un rischio di insuccesso del la- vaggio ecoguidato 1,7 volte maggiore rispetto ai pazienti non fumatori e i pazienti con deposito cal- cifico di Gartner 1 avevano maggior rischio 3 vol- te maggiore di dover essere sottoposti a lavaggi ecoguidati multipli rispetto ai pazienti con de- posito tipo Gartner 3.

Nel lavoro di Krasny l’associazione di lavaggio eco- guidato + onde d’urto rispetto alle sole onde d’ur- to migliorava il constant score, aumentava la per- centuale di rimozione del deposito calcifico, mi- gliorava il dolore e la percentuale i pazienti co- stretti a ricorrere alla rimozione artroscopica era del 20% rispetto al 45% dei pazienti sottoposti so- lo ad onde d’urto.

SoMMiniStraZione di CortiCoSteroidi doPo laVaGGio eCoGuidato

Una pratica frequente dopo la puntura e il lavaggio ecoguidato del deposito calcifico è la sommini- strazione di corticosteroidi nello spazio suba- cromiale. La somministrazione di corticosteroi- di potrebbe potenzialmente ostacolare il rias- sorbimento del residuo del deposito calcifico o ave- re effetti negativi sulla riparazione tendinea o au- mentare il rischio infettivo locale.

Darrieutort-Lafitte et al. hanno dimostrato in uno studio a doppio cieco randomizzato condotto su un campione di 132 pazienti che la somministra- zione di corticosteroidi rispetto ad una sommi- nistrazione di soluzione salina aveva un miglio- re effetto sul dolore nelle prime 6 settimane dal

trattamento e una migliore funzionalità della spal- la nei primi 7gg e nelle prime 6 settimane senza un effetto controproducente sul riassorbimento del deposito calcifico residuo (83% nel gruppo della soluzione salina contro il 74% nel gruppo dei cor- ticosteroidi). Lanza et al. suggeriscono di utiliz- zare in alternativa allo steroide dopo trattamen- to l’acido ialuronico o il PRP.

trattaMento ChirurGiCo

Il trattamento chirurgico viene riservato ai casi