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La classificazione delle lesioni meniscali ci con- sente di suddividere i vari pattern di lesione e de- lineare un trattamento adeguato sulla base dei ri- sultati riportati in letteratura riguardo il tratta- mento di quella specifica lesione.

La classificazione proposta da Trillat nel 1962 (10),

originariamente descritta per lesioni del menisco mediale ma applicabile anche in caso di lesioni del menisco laterale, prende invece in considerazio- ne le diverse fasi evolutive di una lesione meni- scale traumatica.

Nello stadio I un trauma può causare una rottu- ra a flap del corno posteriore. Lo stadio II, ca- ratterizzato da una lesione longitudinale, viene suddivisa in tre sottotipi: anteriore (IIa), al cor- po (IIb), e posteriore (IIc). Il terzo stadio invece è caratterizzato dalla presenza di un flap dislo- cato nella gola intercondilica (lesione a manico di secchio). Fu proprio da questa classificazione, ri- presa da Dejour nel 1968 (11)che nacque il sug-

gerimento di mantenere il bordo capsulare me- niscale periferico, gettando così le basi del concetto di conservazione nella chirurgia del menisco. Le lesioni meniscali vengono comunemente sud- divise in base al loro orientamento in:

- radiali

- verticali/longitudinali - orizzontali

- complesse (multiplanari)

indiCaZioni al trattaMento

Il corretto inquadramento di una lesione meniscale traumatica deve sempre partire da una attenta anamnesi ed esame obiettivo: meccanismi trau- matici comuni nello sport sono traumi in assen-

za di contatto, procurati ad esempio da un at- terraggio dopo un salto, da traumi in decellara- zione o da bruschi cambio di direzione (12).

Spesso sono presenti sintomi meccanici come sen- sazioni di cedimento, blocco o instabilità con do- lore alla rima articolare talvolta accompagnati da sinoviti lievi, con gonfiore presente per diversi gior- ni dopo l'infortunio. Poiché con l’età il tessuto me- niscale degenera, anche traumi di modesta enti- tà possono essere causa di lesioni meniscali e spesso i pazienti non sono in grado di ricordare un trauma specifico o l’esatto momento in cui è iniziata la sintomatologia.

L’esame radiologico standard (anteriore-poste- riore e laterale in carico, assiale di rotula a 30° e comparativa di Rosemberg dall'età di 40 anni) dovrebbe sempre essere effettuato per valutare la presenza di segni di osteoartrosi e variazioni dell’asse meccanico (13).

La risonanza magnetica (RM) rimane il principale strumento diagnostico per verificare lo stato del LCA, diagnosticare un eventuale bone edema e so- prattutto tipizzare una lesione meniscale in ter- mini di lunghezza, morfologia, profondità e sede della lesione (14).

La sensibilità e la specificità della RM sono dif- ferenti tra menisco mediale e laterale: per le le- sioni meniscali mediali sono rispettivamente del 93% e 88%, contro il 79% e 95% per quanto ri- guarda le lesioni del menisco laterale (15).

Sequenze spin-echo o fast spin-echo (FSE) con o senza soppressione del segnalo del grasso T1, e

gradient echo (GRE) sono le sequenze più utiliz-

zate (16). Il piano di imaging coronale permette di

orizzontali o la presenza di flap dislocati, men- tre il piano assiale aiuta a diagnosticare lesioni verticali, complesse e lesioni del menisco latera- le (17).

trattaMento non ChirurGiCo

Il trattamento non chirurgico delle lesioni meni- scali trova indicazione e buona documentazione per quanto riguarda le lesioni degenerative, mentre poco spazio viene riservato alle lesioni traumatiche acute. La kinesiterapia migliora la funzionalità del ginocchio e riduce il dolore arti- colare (18,19). Gli scopi dell’esercizio fisico sono il

miglioramento della forza muscolare, la flessibi- lità articolare e la propriocezione per un periodo di almeno 8 settimane. In caso di lesioni degene- rative, diversi studi evidenziano non differenze si- gnificative tra i pazienti sottoposti a meniscec- tomia e successiva terapia fisica e il gruppo sot- toposto a sola fisioterapia (20,21).

Pujol e Beaufils evidenziano i risultati di guari- gione di lesioni meniscali non trattate durante la ricostruzione di ACL. Una guarigione completa nel 50-61% dei casi per il menisco mediale e 55-74% dei casi per il menisco laterale. L’approccio con- servativo risultava più efficace per il menisco la- terale (22). Alcuni studi evidenziano come le pro-

gressioni degenerative siano più comuni dopo me- niscectomia rispetto a ad un trattamento non chi- rurgico (23). Tuttavia, dopo un iniziale beneficio, se

i sintomi e le limitazioni persistono, i pazienti pos- sono comunque essere sottoposti a trattamento chirurgico. Non vi sono studi che riportano trat- tamento non chirurgico in lesioni acute in giova- ni pazienti sportivi.

MeniSCeCtoMia

Storicamente la meniscectomia rappresenta una delle procedure ortopediche più eseguite e per questo più studiate e analizzate.

Baractz et al evidenziarono in studi su cadavere come la meniscectomia totale mediale determina una riduzione del 75% dell’area di contatto intra- articolare con un picco di contatto quasi del 235%

(24). Risultati comparabili sono stati ottenuti an-

che in uno studio Di Ahmed e Burke, con pressioni sul menisco incrementate del 85% durante la fles- sione e pressione di contatto del 100-200% dopo meniscectomia (25).

Il trattamento chirurgico è idealmente riservato a quei pazienti con dolore persistente e sintomi meccanici, in cui sono state escluse altre cause di dolore (26). Importante inoltre considerare le ri-

chieste funzionali soprattutto in caso di pazien- ti sportivi giovani (27).

Don Johnson, in una update sul menisco, sotto- linea l’attenzione dei chirurghi sulla importanza della corretta indicazione per la meniscectomia e come molti fattori influiscano sulla decisione del chirurgo, sia relativi alla lesione come la localiz- zazione, la morfologia e le dimensioni, sia relativi al paziente con età, BMI, livello funzionale, lesioni associate e reabilitazione (28).

Molti studi evidenziano incoraggianti risultati do- po meniscectomia selettiva con oltre il 90% di sod- disfazione, ma l’evoluzione verso l’osteoartrosi è significativa (29).

Dopo meniscectomia selettiva per lesioni isolate, ad un follow up di 8,5 anni si evidenzia un tasso di reintervento del 22,8% con un tasso di pazienti con modificazioni radiologiche di OA del 53%, con-

tro il 22% di un gruppo di controllo (30).

Determinare quali pazienti avranno migliori ri- sultati dopo meniscectomia è sicuramente una sfi- da importante e molti fattori devono essere con- siderati. Katz et al, revisionando 105 pazienti sot- toposti a meniscectomia mediale selettiva, iden- tificarono che sebbene la meniscectomia parzia- le avesse generalmente risultati favorevoli, l’esten- sione del danno cartilagineo e la funzionalità fi- sica pre-operatoria predisponevano a scarsi ri- sultati. Fattori predisponenti a buoni risultati nel- la meniscectomia mediale selettiva sono età in- feriore a 40, sintomi presenti da meno di un an- no, assenza di sintomi rotulei, non evidenza ra- diologica di degenerazione e assenza di lesioni le- gamentose associate (31).

In conclusione, la meniscectomia è una procedura che nel tempo ha subito cambiamenti e restrizioni, ed oggi è sempre piu di assoluta importanza una accaurata conoscenza della struttura anatomica, della vascolarizzazione e della biomeccanica meniscale. La meniscectomia parziale può pre- servare alcune delle funzioni del menisco e dare beneficio nelle lesioni entro la zona bianca-bian- ca. In pazienti attivi, con sintomi meccanici, do- lore funzionale che richiedono un rapido recupero, rappresenta ancora una buona scelta.

riParaZione MeniSCale

Considerando i risultati a lungo termine della me- niscectomia in termini di progressione artrosica, sì è sviluppato un forte interesse per la conser- vazione del menisco e per lo sviluppo di tecniche di riparazione meniscale

La prima sutura meniscale fu eseguita nel 1883

da Tomas Annandale (32)e la prima sutura artro-

scopica da Hiroshi Ikeuchi (33) nel 1969. Tuttavia

i benefici della riparazione meniscali sono stati di- mostrati solo alla fine degli anni 70 e inizio ’80 (34).

Anche se la meniscectomia rappresenta la pro- cedura chirurgica più comune, la vasta maggio- ranza dei chirurghi del ginocchio sta adottando il concetto di preservare il menisco e alcuni au- tori hanno riportato che il numero di suture me- niscali sta aumentando mentre il numero delle me- niscectomia è stabile (35).

Il supporto vascolare è fondamentale per il suc- cesso della riparazione. Solamente le lesioni in zo- na rossa-rossa e possibilmente rossa-bianca so- no potenzialmente in grado di guarire. L’assenza di vascolarizzazione nelle restanti zone si asso- cia ad alto tasso di insuccesso.

Numerosi fattori hanno diretta influenza sulla de- cisione di riparare una lesione meniscale come la localizzazione, la tipologia, le dimensioni, la qualità tissutale, la stabilità, insieme alle aspet- tative del paziente e le sue richieste. L’orienta- mento delle suture meniscali ha importanti im- plicazioni sulla qualità della riparazione (36).

Analisi biomeccaniche dimostrano che le suture meniscali verticali resistono al più alto carico sug- gerendo che l’orientamento circonferenziale del- le fibre collagene è meglio ripristinato dalla su- tura e rappresenta la chiave per il successo del- la riparazione (37).

Differenti tecniche di sutura meniscale sono sta- ti descritti, suddivisibili in:

- outside-in - inside-out - all inside

L’interesse per la conservazione meniscale è in constante aumento, con sviluppo di nuovi mate- riali e tecniche. Di seguito, riportiamo le princi- pali lesioni meniscali e il loro trattamento.

Lesioni radiali

Le lesioni radiali sono lesioni verticali, orienta- te perpendicolarmente alle fibre circonferenzia- li che si estendono dal bordo libero del menisco verso la periferia.

L'incidenza delle lesioni radiali è pari al 14-15% di tutte le lesioni meniscali, e la maggior parte coinvolge la giunzione tra il terzo medio e poste- riore del menisco mediale e soprattutto del me- nisco laterale in associazione con lesioni acute del LCA (38).

Le lesioni radiali possono essere parziali o com- plete: le lesioni parziali interessano il bordo libero meniscale ma non raggiungono le fibre di colla- gene circonferenziali e quindi non hanno conse- guenza sulla stabilità e sulle proprietà biomec- caniche del menisco.

Lesioni complete invece interrompono la conti- nuità delle fibre periferiche e riducono nettamente la capacità del menisco di ridistribuire le solle- citazioni meccaniche e assorbire le forze di carico: tanto maggiore è il coinvolgimento della periferia quanto maggiore è l’aumento del rischio di estru- sione meniscale, lesioni delle radice o progressiva osteoartrosi (39).

Ode et al.(40)in uno studio su cadavere hanno ri-

portato un aumento delle pressioni di contatto con valori simili a quelli osservati a seguito di meni- scectomia totale in lesioni radiale complete del me- nisco laterale.

Nessuna differenza rispetto a un menisco intat- to è stata osservata invece in lesioni radiali che coinvolgono fino a meno del 75% della profondi- tà meniscale, mentre una riparazione della lesione ha dimostrato un miglioramento della biomec- canica con valori che rimangono comunque alte- rati (41,42), in accordo con quanto dimostrato da Be-

di et al.(43)per riparazioni di ampie lesioni radiali

del menisco mediale.

Lesioni radiali, comprese quelle che si estendo- no nella zona periferica vascolarizzata, hanno mo- strato bassi tassi di guarigione spontanea e spesso progrediscono in lesioni complete (44).

È possibile prendere in considerazione un trat- tamento conservativo per lesioni radiali parzia- li asintomatiche quali reperti accidentali in esa- mi artroscopici eseguiti per il trattamento di al- tre lesioni.

Il debridment della lesione è invece in genere suf- ficiente per ridurre i sintomi meccanici in modo semplice: lesioni radiali parziali situate al corpo me- niscale in zona avasoclarizzata possono essere de- limitate asportando soltanto l’area lesionata sino ad ottenere un bordo stabile limitando l’eventua- lità che lesione si approfondisca e al tempo stes- so preservando il più possibile il tessuto sano (45).

L'obiettivo di riparare le lesioni radiali, indipen- dentemente dalla tecnica, consiste nel ripristinare l’integrità delle fibre circonferenziali, fonda- mentali nella trasmissione e nell’assorbimento del- le forze di carico (42).

Nel complesso l’attuale livello di evidenza clinica mostra come i risultati della riparazione di que- ste lesioni siano scarsi e accompagnati da un al- to tasso di fallimento e reintervento per meni-

scectomia. Recentemente, una varietà di tecniche di riparazione delle lesioni radiali sono emerse co- me alternative praticabili rispetto alla meni- scectomia (46-49)ma le due tecniche di riparazione

artroscopica maggiormente descritte sono due (50):

- all inside con punti da materassaio orizzontali - in-out con punti da materassaio orizzontali sin-

goli, doppi o incrociati

Una recente review(51)di sei studi con livello IV

di evidenza ha dimostrato che la riparazione di queste lesioni porta ad un miglioramento degli sco- re soggettivi a un follow up a medio termine (38.4 mesi) con risultati sovrapponibili in termini di ef- ficacia e tasso di complicanze per entrambe le tec- niche.

Lesioni verticali longitudinali

Le lesioni verticali longitudinali sono lesioni a tut- to spessore orientate secondo l’asse lungo me- niscale e perpendicolari al piatto tibiale che in- terrompono la continuità delle fibre circonferen- ziali di collagene (8). Sono lesioni tipicamente trau-

matiche, associate solitamente alla rottura del LCA e sono piu frequentemente localizzate tra il terzo posteriore e il terzo medio del menisco me- diale o vicino all'inserzione posteriore del meni- sco laterale (9-10).

Possono essere complete o incomplete. Lesioni in- complete interessano la superficie superiore e in- feriore del menisco e possono essere asintoma- tiche in quanto la biomeccanica del ginocchio può non essere alterata.

Lesioni complete originano invece tipicamente dal corno posteriore del menisco e possono avere estensione variabile, fino ad interessare anche i

due terzi della superficie meniscale. Sono lesio- ni spesso instabili, con il frammento che può di- slocarsi nella gola intercondilica e dare origine a lesioni “a manico di secchio”, causando sintomi meccanici e blocchi articolari (52).

Le lesioni verticali longitudinali possono essere riparabili. Essendo lesioni spesso estese anche fi- no a due terzi del menisco, la loro resezione equi- varrebbe ad un'asportazione subtotale. Se non ci troviamo di fronte a lesioni croniche o il fram- mento dislocato non è degenerato ed è riducibi- le, la possibilità di riparare la lesione deve esse- re presa in considerazione.

Sono descritte diverse tecniche di riparazione in letteratura: verticali, oblique, orizzontali con tecnica all inside, inside out o ibrida con risul- tati clinici sovrapponibili a breve e medio termi- ne (53).

Il tasso di fallimento riportato in letteratura per questo genere di lesioni è del 6-28% (54)con otti-

mi risultati clinici a medio termine per riparazioni di lesioni situate in zona rossa/rossa o rossa/bian- ca senza differenza riguardo alla localizzazione tra corno anteriore, corpo o corno posteriore (55).

Non vi sono invece dati univoci sulla relativa in- fluenza della lunghezza della lesione sul succes- so della riparazione (56), pertanto, la lunghezza del-

la lesione non dovrebbe essere considerata una controindicazione alla riparazione.

Lesioni orizzontali

Le lesioni orizzontali sono caratterizzate dalla se- parazione tra il bordo superiore ed inferiore del menisco: la lesione ha inizio dal bordo libero del menisco e si approfondisce verso la capsula in ma-

niera variabile (57, 58). Si tratta di lesioni molto co-

muni, la cui frequenza in studi su ampie coorti di pazienti varia dal 12% al 35% di tutte le lesioni me- niscali (59), e più frequentemente di natura dege-

nerativa. Sono infatti diagnosticate solitamente in pazenti over 40 anni o più anziani, sebbene pos- sano anche essere anche di natura traumatica, con una frequenza nei giovani atleti (con età me- dia di 22,3 anni) pari al 22,5 % (60).

Storicamente queste lesioni sono state classificate come lesioni con scarso potere di guarigione in quanto sono situate spesso in zona bianca/bian- ca e diversi autori raccomandano la meniscec- tomia selettiva come trattamento più indicato (61,62).

Kim et al.(63)in uno studio retrospettivo ha evi-

denziando come le localizzazioni più frequenti per queste lesioni sia per degenerative che trauma- tiche siano il corno anteriore e il corpo del menisco mediale (p <0,01) e la meniscectomia selettiva a medio e lungo termine nei due gruppi porti a ri- sultati clinici analoghi.

In uno studio prospettico randomizzato (64)sono

state valutate diverse opzioni di trattamento per questo genere di lesioni: (1) trattamento conser- vativo (2) minima regolarizzazione della lesione + riparazione della lesione + colla di fibrina e (4) meniscectomia parziale, con risultati clinici mi- gliori nel gruppo di pazienti sottoposti a meni- scectomia parziale artroscopica rispetto agli al- tri trattamenti. Candidati per la riparazione so-

no giovani adulti in assenza di lesione legamen- tose associate, senza segni radiografici di oste- oartrite con dolore persistente resistente al trat- tamento conservativo. Controindicazioni per la ri- parazione sono età avanzata, segni radiologici da artrosi o instabilità. Il tipo di lesione incide sul- la possibilità di riparare o meno la lesione: lesioni multiplanari o con flap avascolari richiedono ge- neralmente una meniscectomia selettiva, che può essere limitata al solo bordo superiore o in- feriore della lesione o entrambi.

Il debridment di un singolo foglietto è racco- mandato per alleviare i sintomi, preservare tes- suto meniscale e ripristinare un tessuto stabile (65),

tuttavia i tests hanno dimostrato un beneficio bio- meccanico minimo in quanto l'area di contatto to- tale diminuisce dell'82% e la pressione di contatto mostra valori simili a quello della resezione di en- trambi i bordi della lesione (66). Al contrario, la ri-

parazione della lesione può ripristinare la pres- sione di contatto a livelli quasi normali con buo- ni risultati clinici.

Una recentissima review(67)invece ha dimostrato

come il tasso di complicazioni dopo riparazione, rappresentato principalmente dal fallimento del- la riparazione e successivo intervento di meni- scectomia, è significativamente più alto (12,9%) rispetto alla meniscectomia selettiva (1,3%), seb- bene i due trattamenti hanno dato risultati clini- ci a medio e lungo termine analoghi.

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