Corrado Piroddi La legittimità democratica di Pierre
Rosanvallon è un’opera dal respiro toquevilliano. Attraverso un approc- cio storico-sociologico attento e rigoroso, il saggio illumina il lettore su origine ed evoluzione delle costi- tuzioni democratiche occidentali a partire dal tema della legittimità politica. L’attuale sistema di rap- presentanza, nato dall’esperienza della Rivoluzione Francese, è stori- camente fondato sull’idea che la legittimazione di un regime demo- cratico riposi su due principi fonda- mentali. Il primo concerne la que- stione della legittimità politica di un governo e di un parlamento demo- cratici. Sotto questo rispetto, Rosan- vallon mostra come, fin dagli al- bori, le costituzioni democratiche siano state ispirate da un principio egalitario e universalista, secondo cui uno Stato di diritto può fondare la propria azione solo in quanto espressione di una volontà generale, somma di tutte le volontà indivi- duali, incarnata nel corpo politico del «popolo» o della «nazione». Al tempo stesso, lo storico francese sottolinea la contestuale afferma- zione surrettizia del principio di maggioranza, che si è andato impo- nendo storicamente e politicamente vista l’impossibilità di dare sostanza a una sovranità popolare uniforme
nella sua composizione solo in teoria. L’autentica politica demo- cratica, infatti, è animata da un’es- senziale e inestirpabile dicotomia. Da un lato, il riconoscimento della legittimità dei conflitti politici e d’opinione all’interno del corpo sociale (che è concretamente attra- versato da tensioni, divergenze e molteplicità di posizioni), dall’altro, l’aspirazione all’unanimità di con- senso, legata all’immagine ideale di un popolo sovrano coerente con se stesso e granitico. Il secondo princi- pio di legittimazione alla base dei regimi democratici è, secondo Ro- sanvallon, quello che consente l’esercizio di un’attività ammini- strativa pubblica fedele all’interesse comune del corpo politico della na- zione. Sotto questo rispetto si è an- data affermando non solo l’istitu- zionalizzazione di un’amministra- zione razionale, scientifica, della cosa pubblica. Per favorire il ri- spetto della generalità dell’interesse pubblico, gli stati democratici han- no sviluppato procedure di sele- zione mirate alla creazione e coop- tazione di una classe di «giacobini di eccellenza», tanto professionali e competenti, quanto animati da una mistica dello Stato superiore a qualsiasi interesse personale. Ini- zialmente tali criteri procedurali e sostanziali di giustificazione del potere democratico ebbero la fun- zione, almeno in Europa e nel Nord America, di segnare la fine di un lungo periodo della storia dell’uma-
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nità in cui i processi decisionali sul- le questioni di giustizia erano concentrati nelle mani da una ri- stretta minoranza di persone. Tutta- via, già a partire dal XIX secolo, i conflitti di classe che si sviluppa- rono a livello sociale misero in luce i limiti dell’effettiva portata eman- cipativa e rappresentativa delle isti- tuzioni democratiche e parlamenta- ri. Forme pubbliche di protesta co- me scioperi e manifestazioni ope- raie assunsero fin da subito una connotazione tanto economico-so- ciale, quanto politica stricto sensu. Esse furono impiegate non solo per spezzare il ciclo di produzione in- dustriale e danneggiare i profitti della borghesia imprenditoriale, ma anche al fine di esprimere dissenso nei confronti delle scelte politiche di élite repubblicane da cui il proletariato dell’epoca non si sen- tiva rappresentato. Gradualmente, secondo Rosanvallon, si è fatta spazio la consapevolezza che l’en- tità matematica del risultato di un ballottaggio elettorale non potesse coincidere con la manifestazione empirica di una netta volontà ge- nerale. Il soggetto politico desi- gnato dal termine «popolo» non può dunque più essere concepito alla stregua di una massa indistinta di individui quali elettori, provvista di aspettative e interessi relativamente omogenei. Esso si presenta ora, piuttosto, come un insieme molte- plice, frammentato, plurale di mino- ranze sociali spesso portatrici di
istanze fra loro non facilmente con- ciliabili. Sono queste le condizioni che, progressivamente, hanno gene- rato la richiesta di ridefinire i mec- canismi di rappresentanza e parteci- pazione all’interno dello spazio po- litico democratico. A tal proposito, Rosanvallon nota come la desacra- lizzazione del voto popolare, e la parallela svalutazione della figura dell’amministratore pubblico in quanto difensore del bene collet- tivo, siano andate di pari passo alla crescente emersione di nuove forme di potere indiretto e informale, at- traverso cui i cittadini hanno espres- so il loro attivismo civico: la vigi- lanza sull’attività legislativa ed ese- cutiva dei rappresentanti, l’esercizio di veto da parte dei movimenti sociali, il controllo dell’operato e delle condotte dei governanti da parte della magistratura. Per Rosan- vallon, ciò che gli elettori pre- tendono, più o meno esplicitamen- te, è che i rappresentati eletti ope- rino tenendo conto non solo di quanto sancito attraverso il mandato popolare, o in funzione di un sem- pre più indistinto interesse generale. Essi sono chiamati a rispettare inediti criteri di regolamentazione dell’azione politica quali l’impar- zialità, la riflessività, la prossimità. Perno dell’attività delle autorità in- dipendenti, l’imparzialità si rivela un valore fondamentale in un mon- do in cui diventa sempre più dif- ficile distinguere il confine fra pub- blico e privato. Si pensi, per esem-
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quello della distribuzione degli ap- palti pubblici. Questo principio nor- mativo garantisce l’osservanza di un generalità negativa e procedu- rale, «costituita dal fatto che nes- suno può beneficiare di un vantag- gio o di un privilegio rispetto agli altri.» La riflessività, invece, si rea- lizza nella tendenza a tornare rifles- sivamente sull’adeguatezza di quan- to attuato sul piano politico, confe- rendo a organi come le corti costitu- zionali la funzione sia di rispondere alle esigenze di pluralismo dei citta- dini, sia di valutare la costituzio- nalità delle decisioni prese dal partito di maggioranza al governo di un paese. Se la centralità politica e istituzionale di riflessività e im- parzialità è dettata dalla necessità di limitare l’azione delle forze della particolarità all’interno dello spazio pubblico, l’accettazione della pros- simità come principio legittimante è determinata dalla volontà politica di cogliere il mondo concreto nella sua diversità e complessità. Da questo punto di vista, la prossimità si eser- cita nella misura in cui il politico dà spazio e credibilità ai movimenti, alle associazioni e alle istituzioni sociali che canalizzano e rendono pubblicamente visibile la voce e l’attivismo dei cittadini. Il linguag- gio del riconoscimento, spiega Ro- sanvallon, con il suo rifermento a valori morali come dignità e ri- spetto, «si è imposto oggi come il più universale nell’ordine sociale,
morale e politico.» Proprio per que- sto, i rappresentanti eletti tramite suffragio, di fronte alla progressiva parcellizzazione e diversificazione dell’ordito sociale, non possono esi- mersi dal mostrarsi vicini ai loro elettori, condividendone aspirazioni e preoccupazioni. Un testo, quello di Rosanvallon, chiaro e puntuale nel diagnosticare i mutamenti strut- turali delle democrazie del nuovo millennio, le quali, in ultima istan- za, sembrano aver conservato la lo- ro forza politica grazie a una plura- lizzazione di sapore liberale delle fonti di legittimazione. Se è possi- bile muovere una critica all’autore, si può sostenere che risultano deboli le considerazioni riguardo a possi- bili risvolti anti-democratici di tale metamorfosi. Principi quali la ri- flessività, l’imparzialità e la prossi- mità possono essere legittimanti an- che di forme di governamentalità non necessariamente democratiche, come quella di matrice ordolibe- ralista che si sta affermando nel vecchio continente. A quanto è dato vedere dalle cronache, la Trojka eu- ropea sembra usare grande atten- zione, con successi alterni, al rispet- to dei principi elencati da Rosanval- lon. Quello che forse manca a que- sto lavoro è, pertanto, un ragiona- mento articolato su almeno due te- mi importanti. Il primo riguarda la necessità di nuova dare linfa ai meccanismi di rappresentanza e partecipazione democratica, comun- que indispensabili per rendere ef-
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fettiva una democrazia che si voglia tale. La seconda questione concerne il riconoscimento della legittimità della logica agonistica del conflitto politico e sociale, dimensione sem- pre più presente nelle tormentate vicissitudini dell’Unione Europea, e della sua fertilità politica, sempre più misconosciuta e osteggiata da chi è deputato a tenere le leve del potere.
PIERRE ROSANVALLON, La legittimità
democratica. Imparzialità, riflessività, prossimità, Rosenberg & Sellier,
Torino 2015, pp. 303, € 22,00