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Determinanti del razionamento del credito

2.3 Gli effetti della crisi in Italia

2.3.2 Determinanti del razionamento del credito

In un contesto di recessione economica, l’acceso al finanziamento esterno può essere un fattore determinante per la crescita e, a volte, anche per la sopravvivenza di un'azienda. Numerosi studi hanno dimostrato che la difficoltà di accesso al credito è correlata alle diverse caratteristiche delle imprese, come la dimensione, il settore di appartenenza, le condizioni finanziarie e il tipo di relazione con la banca. Albareto, Russo (2012) hanno individuato due aspetti delle imprese che influiscono nel processo di concessione del credito: la fragilità finanziaria e le prospettive di crescita. Per le aziende caratterizzate da condizioni finanziarie fragili, la difficoltà di accesso al credito può minare l'equilibrio di bilancio e portare al fallimento; per le imprese con buone prospettive di crescita, può pregiudicare la capacità di sancire contratti per effettuare investimenti o per intraprendere nuovi percorsi di crescita. L’analisi è stata effettuata su due periodi di tre anni ciascuno (2005-07 e 2008-10), con l'obiettivo di verificare se le difficoltà delle imprese nell’ottenere nuovo credito sono cambiate durante la crisi rispetto al periodo precedente.

Fragilità finanziaria

In primo luogo, è più difficile per le imprese con bilanci dissestati accedere al credito; l'elevata probabilità di default di queste, rende gli intermediari prudenti nella concessione del credito e fa sì che questi richiedano maggiori garanzie e applichino dei tassi di interesse più elevati. Se si considera, in special modo, una situazione in cui gli intermediari sono a malapena capitalizzati, l'elevato assorbimento di capitale, connesso ai prestiti verso le aziende finanziariamente fragili, induce le banche a rifiutare queste richieste di finanziamento con una maggiore frequenza. Nonostante questo, le banche potrebbero essere interessate ad affidare nuovamente le imprese che detengono un debito pregresso, nonostante la loro fragilità, per proteggersi dalle eventuali perdite che provocherebbe un fallimento delle stesse in quanto, uno scenario di questo tipo,

potrebbe avere effetti non trascurabili sulla stabilità finanziaria delle banche finanziatrici. A conferma di quanto appena detto, dal momento che le banche dividono la clientela per classi di rischio, Albareto, Russo (2012) hanno mostrato che le imprese appartenenti ad una classe di rischio più elevata, hanno subito un razionamento più marcato rispetto alle altre.

I risultati delle stime prodotte dal modello di Albareto, Russo (2012) indicano che si ha un maggior razionamento delle imprese meridionali rispetto alle altre e che si ha una correlazione negativa tra razionamento e dimensione dell’impresa, che diventa significativa solo nel periodo della crisi. Per quanto riguarda il settore produttivo, gli autori asseriscono che, se prima della crisi le aziende maggiormente razionate erano quelle chimiche, minerarie e commerciali, durante la crisi il razionamento incide indiscriminatamente su tutti i settori. Limitatamente al periodo antecedente la crisi, la probabilità di razionamento è stata inferiore per le imprese caratterizzate da una maggiore percentuale di finanziamenti a medio e lungo termine sul totale. Infine, all’aumentare della percentuale di importo garantito, aumenta la probabilità di rifiuto di un prestito in quanto, le imprese in grado di offrire maggiori garanzie tendono ad assumere maggiori rischi, quindi saranno maggiormente razionate rispetto a quelle guidate da un imprenditore avverso al rischio.

Prospettive di crescita

Secondo Albareto, Russo (2012), mentre il razionamento del credito delle imprese finanziariamente fragili può accentuare le tensioni finanziarie e, in casi estremi, portare a crisi e fallimenti aziendali, il razionamento delle imprese con buone prospettive di crescita, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria, potrebbe avere un effetto negativo sul potenziale di crescita dell'economia italiana. Questo potrebbe essere il caso della recente crisi, in quanto, l’uso sempre più diffuso, soprattutto tra le banche di grandi dimensioni, di metodi statistici per la valutazione della bontà creditizia dei loro clienti, basati, soprattutto su dati di bilancio (quantitativi) che non tengono conto delle

prospettive di crescita e investimento delle imprese, ne ha ampliato gli effetti negativi. Data la difficoltà di stimare in modo attendibile i flussi di cassa futuri delle singole imprese al fine di calcolarne il valore attuale netto, gli autori hanno deciso di utilizzare altre variabili ovvero il tasso di crescita del fatturato, gli investimenti, la produttività e la quota di esportazioni sul fatturato. La capacità di queste variabili di catturare le prospettive di crescita si basa su due considerazioni: la performance delle imprese, indicata dalle variabili relative al fatturato, produttività ed esportazioni, è collegata alla competitività e alla capacità di gestione degli imprenditori, mentre per quanto riguarda gli investimenti, è probabile che le prospettive di crescita delle imprese siano correlate positivamente con gli investimenti effettuati in passato. Lo studio mostra che, quando le quattro variabili considerate hanno valori alti, la percentuale di imprese razionate è quasi sempre inferiore alla media del campione in entrambi i sotto-periodi considerati, tuttavia, durante la crisi, queste differenze risultano attenuate. Durante la crisi, solo le imprese caratterizzate da un'elevata crescita del fatturato continuano ad ottenere i finanziamenti richiesti. Per quanto riguarda le altre variabili considerate, sembra che le banche abbiano effettuato il razionamento del credito in maniera indiscriminata, non prestando, quindi, attenzione, alle prospettive di crescita delle imprese.

Considerando solo le imprese il cui maggiore finanziatore detiene oltre il 30% dei prestiti concessi, gli autori hanno mostrato che, durante la crisi, non sono state solo quelle con un miglior fatturato ad accedere più facilmente al credito, ma anche quelle con un alto tasso di produttività e di investimenti. Questo risultato è coerente con il fatto che le banche maggiormente coinvolte nel finanziamento dei clienti hanno una migliore capacità di selezionarli in base alle loro prospettive di crescita, in quanto hanno maggiori informazioni di tipo soft, dato lo stretto rapporto col mutuatario, e sono incentivate a causa della loro maggiore esposizione finanziaria.

Dimensioni della banca

Durante la crisi finanziaria, le diverse tipologie di banche sono state colpite in modo differente dalle turbolenze nei mercati finanziari e dal rallentamento dell'attività economica, per questo motivo Albareto, Russo (2012) ritengono utile indagare su come la probabilità di razionamento e la capacità di selezionare i clienti siano state influenzate dal tipo di controparte bancaria. Il campione analizzato è limitato alle imprese affidate per più del 30% del totale da un’unica banca.

L'ipotesi di base è che, se queste aziende dicono di aver richiesto, ma non ottenuto credito, è molto probabile che siano state respinte dal loro affidatario principale. Le banche sono stati divisi nelle seguenti 5 categorie: quelli appartenenti ai 5 maggiori gruppi bancari; le altre grandi banche; filiali di banche estere; piccole banche e quelle appartenenti a piccoli gruppi; e le banche micro. Sulla base di questa classificazione dimensionale, gli autori hanno determinato che le banche piccole e micro sono state meno colpite dalla crisi finanziaria, quindi hanno avuto un incentivo minore ad effettuare operazioni di razionamento del credito rispetto alle banche più grandi. Inoltre, la maggiore propensione delle banche più piccole ad avere un rapporto stretto di tipo relationship con i clienti, ha offerto una maggiore protezione a questi ultimi nei momenti in cui le tensioni finanziarie sono state più acute.

Gli autori, inoltre, hanno verificato che il campione in questione, indipendentemente dalla dimensione, riesce a catturare le prospettive di crescita delle imprese in quanto guarda maggiormente agli indicatori sopra elencati. Infine, possiamo concludere che, la maggiore protezione garantita dalle piccole banche ai loro clienti è generalizzata e non considera, in particolare, solo le imprese con buone prospettive di crescita.

3 Banche e family business