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Una definizione teorica basata sul comportamento

1.2 La difficile definizione del fenomeno

1.2.4 Una definizione teorica basata sul comportamento

Come abbiamo sostenuto fino ad ora, è generalmente accettato che il coinvolgimento di una famiglia nel business rende l'azienda unica, ma la letteratura continua ad avere difficoltà a definire l'attività di famiglia. Chua, Chrisman, Smarma (1999), propongono una distinzione tra le definizioni teoriche e quelle operative. La definizione teorica deve identificare l’essenza che contraddistingue l'azienda di famiglia dalle altre imprese e questo è lo standard rispetto al quale devono essere formulate le definizioni operative.

Gli autori costruiscono una definizione teorica partendo dall’assunto che il comportamento rappresenti l’essenza del family business e finiscono col dimostrare che la maggior parte delle definizioni operative che si basano sul family involvment, si sovrappongono con quella teorica.

Tuttavia, i risultati empirici ai quali giungono gli autori suggeriscono che le componenti del coinvolgimento della famiglia tipicamente utilizzate nelle definizioni operative sono indicatori deboli nel predire le intenzioni e, di conseguenza, non sono sempre affidabili per distinguere le imprese familiari da quelle non familiari.

Lo scopo di Chua et al. (1999) è quello di giungere ad una definizione teorica di azienda di famiglia che faccia sì di distinguerla dalle altre imprese. Dalla letteratura possiamo apprendere che si crea una notevole ambiguità sull’identificazione di un family business dal momento in cui il nucleo familiare si scosta dalla proprietà o dalla gestione e, ancora, che aziende con lo stesso livello di family involvment nella proprietà e nella gestione possono non considerarsi come imprese di famiglia e, soprattutto, non comportarsi come tali. Secondo gli autori, la natura di una azienda di famiglia deve trascendere dal coinvolgimento dei membri della famiglia nella proprietà e nella gestione. Con questo, non si intende che queste componenti non siano necessarie, piuttosto si rimarca il fatto che una definizione teorica deve catturare l'essenza delle imprese

familiari, ovvero ciò che le differenzia da tutte le altre imprese. Il fatto che i membri della famiglia siano coinvolti nella proprietà e nella gestione rende solo possibile il manifestarsi dell’essenza del family business, è una condizione necessaria ma non sufficiente. Quello che permette di qualificare le imprese con lo stesso coinvolgimento della famiglia come familiari è, appunto, l’essenza della stessa.

Detto questo, gli autori asseriscono che una società è considerata familiare se si comporta come tale e che questo comportamento differisce da quello delle imprese non familiari.

Se si definisce un’impresa “familiare” sulla base del comportamento delle persone che la possiedono e/o governano e/o gestiscono, allora queste devono comportarsi come se servissero ad uno scopo, ovvero quello di modellare e perseguire la “vision” di una o poche famiglie che controllano la coalizione dominante in azienda. Per “vision” si intende la volontà di dare un futuro migliore alla famiglia quindi il business è gestito come un veicolo per contribuire a realizzare questo desiderio.

Il concetto di coalizione dominante è inteso come l’inclusione nell’azienda di potenziali attori che controllano giornalmente l’organizzazione nel suo complesso. Con il pieno controllo della proprietà, lo sforzo della famiglia di formare e perseguire la propria vision può avere una maggiore possibilità di perdurare nel tempo, cosa che può avvenire anche senza il totale controllo fino a quando i proprietari permettono alla coalizione dominante di tendere a questo obiettivo gestendo l’impresa.

Per riassumere, Chua et al. (1999) ritengono che l'essenza di un'impresa familiare consista in una vision sviluppata da un coalizione dominante controllata da una o poche famiglie e l'intenzione di tale coalizione dominante è quella di continuare a modellare e perseguire la vision in modo tale che sia potenzialmente sostenibile attraverso le generazioni future della famiglia. Viene utilizzato il termine “intenzione” invece di “capacità” perché un’impresa familiare non cessa di essere

tale in mancanza di risorse finanziarie. La definizione che ne scaturisce vede “l’azienda di famiglia come un’azienda regolata e/o gestita con l'intenzione di modellare e perseguire la vision del business, controllato da una coalizione dominante composta da membri della stessa famiglia o di un piccolo numero di famiglie, così da essere potenzialmente sostenibile attraverso le generazioni future della famiglia o delle famiglie in questione” (Chua et al.1999).

La definizione non specifica se i membri della famiglia a cui appartiene la vision debbano essere i proprietari o il gruppo manageriale, né prevede che questa vision debba tendere solo agli interessi della famiglia in senso stretto in quanto la continuazione dell’impresa nel tempo può richiedere di avere uno sguardo rivolto agli interessi della stessa impresa, tralasciando quelli della famiglia.

La definizione mostra la proprietà familiare e la gestione familiare come parti che contribuiscono al possibile perseguimento della vision, quindi, secondo questo principio, è sufficiente che la famiglia controlli la coalizione dominante, senza necessariamente avere il controllo della proprietà.

Dal momento in cui ci deve essere solo il potenziale per la sostenibilità attraverso le generazioni, la definizione include imprese familiari di proprietà di coppie con figli giovani o senza figli, o di coloro che intendono la vision come un veicolo per educare la prossima generazione ad una carriera che esclude il coinvolgimento nel business. Infine, poiché è il potenziale sostenibilità della vision che è importante, questa definizione permette anche alla vision di cambiare, pertanto, una società che cambia la sua vision non cessa di essere un'azienda a conduzione familiare, a condizione che due condizioni siano soddisfatte: che la coalizione dominante che ha istituito il cambiamento sia controllata da membri della famiglia, e che la vision continui a funzionare come veicolo per raggiungere lo stato desiderato di benessere della famiglia.

La definizione non implica che la vision sia o debba essere condivisa da tutti o anche dalla maggioranza dei membri del gruppo familiare, infatti, il concetto di una coalizione dominante suggerisce una certa quantità di opposizione. Ciò che è

necessario, tuttavia, è il potere da parte dei sostenitori della vision per poterla mettere in pratica.

In certi stadi di sviluppo di un’impresa familiare può risultare più ostico dare forma alla vision piuttosto che perseguirla. In questi momenti può sembrare che ci siano solo delle fazioni, ma nessuna coalizione dominante. La definizione proposta da Chua et al. (1999) sembrerebbe accogliere questa situazione in quanto gli attori con maggiori poteri che controllano giornalmente l’organizzazione e sui quali si basa la definizione di coalizione dominante, saranno impegnati, insieme anche se non necessariamente in modo cooperativo, a plasmare il futuro della ditta definendo, quindi, una vision da perseguire.