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La tabella seguente mostra le statistiche descrittive per il campione esaminato.

Tabella 1: Statistiche descrittive

Osservazioni Media Deviazione

Non fallite Passaggio 1048 0,77 0,42 ROA 1023 5,22 8,04 Debiti/Equity 867 3,2 19,1 Vendite/ Attività totali 1021 1,35 1,09 Fallite Passaggio 598 0,83 0,37 ROA 321 -18,97 76,75 Debiti/Equity 286 2,73 70,5 Vendite/ Attività totali 325 2,37 23,2 Totale Passaggio 1646 0,8 0,4 ROA 1344 -0,56 39,49 Debiti/Equity 1153 3,08 38,73 Vendite/ Attività totali 1346 1,6 11,43

Le statistiche mostrano come tra le imprese non fallite e le imprese fallite vi siano notevoli differenze. In particolare il valore medio dell’indice ROA, come potevamo aspettarci e coerente con l’aumento della deviazione standard, subisce

un forte decremento passando dalle imprese non fallite alle fallite. Questa è la differenza più evidente che emerge in quanto, mentre nelle non fallite risulta in media positivo, nelle fallite presenta un valore medio negativo e il gap tra i due valori è notevole. Cosa contraria si nota, invece, in riferimento ai valori medi dell’indice Vendite su Attività totali che decrescono passando dalle imprese non fallite a quelle fallite, cosa che può essere giustificata dal fatto che le imprese attive applicano politiche di sconto per aumentare le vendite, data la crisi in cui riversano. Per quanto riguarda la sua deviazione intorno alla media, si comporta come quella relativa all’indice finanziario appena analizzato, risultando più elevata per le imprese fallite, cosa che ne conferma l’aleatorietà. Per quanto riguarda la variabile Debiti su Equity, anche qui possiamo notare un comportamento anomalo, infatti i valori medi relativi alle imprese non fallite risultano maggiori rispetto a quelli relativi alle fallite e, coerentemente con quanto analizzato fino ad ora, la deviazione standard risulta di gran lunga maggiore per le imprese fallite. Questo significa che le imprese non fallite risultano più indebitate rispetto alle fallite. La precedente affermazione può trovare un fondamento se pensiamo al fatto che le banche tendono a concedere credito alle imprese più meritevoli che ne fanno richiesta per porre in essere degli investimenti che si proiettano, quindi, nel lungo periodo, al contrario, le imprese sottoposte a procedura fallimentare, tenderanno a domandare credito per risanare i debiti pregressi, quindi le banche saranno poco propense nel concederglielo. Per ciò che concerne la variabile Passaggio si può notare che essa presenta un valore medio più elevato per le imprese fallite rispetto a quelle non fallite, mentre la deviazione standard risulta più elevata se guardiamo alle imprese non fallite. Ciò vuol dire che nelle imprese fallite si registra un numero maggiore di passaggi generazionali rispetto alle imprese non fallite.

La tabella successiva riporta i risultati dell’analisi empirica, con riferimento all’impatto del ricambio generazionale nei modelli di credit scoring.

Tabella 2: Risultati

Variabili Score Lag1 Lag2 Lag3

Passaggio (0,18)-0,567*** (0,18)-0,563*** (0,179)-0,558*** (0,18)-0,556*** ROA -0,1 (0,009)*** -0,1 (0,009)*** -0,1 (0,009)*** -0,091 (0,009)*** Debiti/Equity 0,004 (0,002)** 0,004 (0,002)** 0,004 (0,002)** 0,005 (0,002)** Vendite/ Attività totali -0,2 (0,026)*** -0,2 (0,026)*** -0,2 (0,027)*** -0,202 (0,027)*** Osservazioni 1148 1148 1148 1148 Corretta classificazione 80,66% 80,66% 80,75% 80,75%

Standard errors in parentheses *** p<0.01, ** p<0.05, * p<0.1

I risultati della tabella 2 si riferiscono all’intero campione con il controllo sia per gli anni che sui lag (lag1: anno precedente al fallimento; lag2: due anni precedenti al fallimento; lag3: tre anni precedenti al fallimento). I risultati sono praticamente identici per tutti i periodi considerati. Possiamo notare che la percentuale di corretta classificazione è sempre maggiore dell’80% e arriva fino al livello 80,75% per lag2 e lag3, quindi possiamo affermare che il modello presenta un’elevata capacità predittiva.

Tutti gli indici economico finanziari, eccetto l’indicatore relativo al rapporto tra debiti finanziari netti e il patrimonio netto (Debiti/Equity), risultano negativamente associati alla probabilità di fallimento. Il fatto che l’indebitamento sia positivo è del tutto in linea con le aspettative in quanto significa che all'aumentare del debito aumenta la probabilità di default per le imprese e questo fattore presenta un buon livello di significatività statistica (p-value <0,05). Per quanto riguarda le altre due variabili economiche, coerentemente con le aspettative, presentano una correlazione negativa con la probabilità dell’evento

default ad un ottimo livello di significatività statistica (p-value <0,01), infatti possiamo affermare che sia all’aumentare della redditività relativa al capitale investito che all’aumentare delle vendite, la probabilità di default diminuisce. Per quanto riguarda il ricambio generazionale, esso risulta negativamente correlato alla probabilità di default ad un livello molto elevato (p-value<0,01), ciò significa che all'aumentare del passaggio generazionale si riduce la probabilità per l’impresa di cadere in uno stato di insolvenza. Questo risultato non è in linea con una parte della letteratura che afferma come l’ingresso della nuova generazione in azienda costituisca un fattore di rischio per la sua sopravvivenza. Possiamo spiegare questo fatto asserendo che negli ultimi anni c’è stato un forte interessamento da parte delle imprese nel controllare il fattore in questione che le ha portate ad effettuare una più prudente e adeguata pianificazione del processo di successione ma, soprattutto, questi risultati potrebbero dipendere dal fatto che molte aziende selezionate non hanno subito un vero e proprio passaggio generazionale in quanto, per la maggior parte, il figlio o un parente affine ha rilevato la quasi totalità delle azioni ma una piccola percentuale è rimasta in mano al fondatore, il che fa pensare ad un passaggio generazionale graduale dove il fondatore, forte della sua esperienza e del suo potere contrattuale, continua a tenere in mano le redini dell’azienda anche se la sua rilevanza, almeno sulla carta, risulta limitata.

Conclusioni

In questo progetto di tesi, sono andata ad indagare la centralità della soft information nel rapporto tra imprese familiari e banche. In prima battuta mi sono occupata delle family business partendo dalla loro rilevanza a livello globale. Dopo aver discusso sui motivi per cui in un primo momento erano state considerate dalla letteratura un retaggio di una fase pioneristica dello sviluppo economico destinato ad essere superato con l’affermarsi del capitalismo moderno, destando un primo scarso interesse nei ricercatori e altre figure rilevanti, essendo il fenomeno non omogeneo e, quindi, non facilmente classificabile in maniera oggettiva, sono passata ad analizzare le definizioni più accreditate dalla letteratura rilevante, posto che negli ultimi anni c’è stata una convergenza di queste verso un’unica direzione per eliminare il problema della non comparabilità che non permetteva di effettuare degli studi empirici che portassero a risultati rilevanti. Successivamente mi sono soffermata sui problemi di agenzia che gravano su questa tipologia di imprese raffrontandoli in un primo momento con i costi di agenzia presenti nelle aziende a proprietà diffusa per poi porre al centro il problema dell’altruism che porta al dilemma del prigioniero e, infine, fare un confronto la Resource-Based View la quale afferma che le imprese familiari sono eterogenee e che sono le risorse inimitabili e intangibili che risiedono in azienda che danno l'opportunità di avere un vantaggio competitivo e delle prestazioni superiori alle altre.

Nel secondo capitolo ho analizzato la parte relativa alle banche e alla concessione di credito alle imprese. Inizialmente mi sono concentrata sull’importanza dei vari tipi di informazione nella gestione del rischio distinguendo, quindi, tra hard e soft information e determinando la centralità del secondo tipo per una migliore e più puntuale stima del rischio creditizio della controparte (soprattutto se questa è rappresentata da una piccola o media impresa che, per loro natura, risultano le più opache a livello informativo) che porta, di conseguenza, ad una migliore

allocazione del capitale di copertura per le banche e all’accesso al credito a migliori condizioni per le imprese. Dimostrato ciò, mi sono soffermata ad analizzare il relationship-banking che, in contrapposizione al transactional- banking, si basa sull’instaurazione di una relazione profonda tra la banca e il cliente dando la possibilità all’istituto finanziario di raccogliere informazioni private e, quindi, non pubblicamente disponibili e di protrarre il rapporto nel lungo periodo. Nonostante la possibilità che si presentino problemi relativi al hold-up o al soft-budget constraint, le evidenze che emergono suggeriscono che, anche in situazioni di crisi generalizzata, l'esistenza di un rapporto banca-impresa intenso, aiuta le imprese a superare la crisi attraverso l’offerta di migliori condizioni contrattuali quindi il relationship-banking funge da fattore di mitigazione della restrizione del credito.

Analizzando la struttura del capitale delle family business, nonostante per loro natura siano più avverse al rischio, tendono a fare un maggiore uso del debito bancario rispetto alle imprese non familiare in quanto il controllo rappresenta per i familiari un importante fattore di benessere socio-emotivo e rischierebbero di perderlo se facessero ricorso ad un altro tipo di finanziamento esterno che prevede l’introduzione di soggetti non appartenenti al nucleo familiare nella compagine proprietaria. Per quanto riguarda l’accesso al credito delle imprese familiari durante la crisi del 2008, iniziata in concomitanza con il fallimento della Lehman Brothers, risulta evidente che queste hanno subito un minor razionamento di circa sei punti percentuali rispetto alle imprese non familiari in quanto le imprese familiari sono state percepite come più meritevoli di credito da parte delle banche che utilizzavano le soft informations nella valutazione del rischio di credito dato che un obiettivo di primaria importanza per l’imprenditore familiare è quello di perpetuare l’azienda nel lungo periodo e quindi sono meno incentivate ad incorrere in situazioni di default, mentre l’utilizzo della soft information durante la crisi del debito sovrano del Luglio 2011 non ha portato al solito risultato in quanto questa crisi ha colpito la valutazione delle attività presenti nei bilanci delle banche, portando, quindi, a perdite economiche ingenti,

alla riduzione del valore del capitale e ad una ridotta capacità di accedere al mercato interbancario. L’aumento dell’importanza delle informazioni soft a seguito di uno shock negativo che ha colpito l’economia a livello aggregato, è coerente con l'idea che le informazioni soft raccolte a livello di filiale possono parzialmente sostituire le informazioni hard nella valutazione del rischio del mutuatario, in quanto vengono continuamente aggiornate grazie ai frequenti contatti con la società.

Nell’ultima parte del lavoro, partendo dalla centralità della soft information e, quindi, dell’utilizzo di metodologie di tipo relationship-banking per valutare la concessione di credito da parte delle banche alle imprese familiari italiane, sono andata ad indagare se e in quale misura le variabili di tipo qualitativo incidono nella valutazione del merito creditizio. In particolare, l’obiettivo della ricerca è stato quello di comprendere se la variabile “Passaggio generazionale” incide sulla valutazione della rischiosità dell’azienda. Analizzando le statistiche descrittive del campione esaminato, per ciò che concerne la variabile in esame, si può notare che nelle imprese fallite si registra un numero maggiore di passaggi generazionali rispetto alle imprese non fallite. Dai risultati dell’analisi empirica, con riferimento all’impatto del ricambio generazionale nei modelli di credit scoring, risulta che questo è negativamente correlato alla probabilità di default ad un livello molto elevato (p-value<0,01), ciò significa che all'aumentare del passaggio generazionale si riduce la probabilità per l’impresa di cadere in uno stato di insolvenza. Il fatto che questo risultato sia in disaccordo con una buona parte della letteratura, può essere giustificato dal fatto che, nella maggior parte delle imprese facenti parte del campione esaminato, non c’è stato un vero e proprio passaggio generazionale ma siamo davanti ad una sorta di periodo di transizione dove, nonostante l’erede dell’azienda possieda la quasi totalità delle quote, il capostipite fondatore, in possesso di una piccola quantità di azioni, continua a imporre la sua leadership nel governo dell’impresa.

Ringraziamenti

Le persone che più di chiunque tengo a ringraziare sono le Professoresse Ferretti e Iacoviello e la Dottoranda Velia Cenciarelli, con le quali ho avuto l’occasione di collaborare grazie ad una borsa di ricerca e approfondimento promossa dal Dipartimento di Economia e Commercio. I vostri consigli, la vostra disponibilità e il sostegno che mi avete dato sono stati indispensabili durante la stesura del lavoro. Vi ringrazio davvero per la fiducia che avete riposto in me. Spero di essere stata all’altezza delle vostre aspettative.

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