• Non ci sono risultati.

Il ruolo del relationship-banking nei vari scenari

2.2 Il relationship banking

2.2.3 Il ruolo del relationship-banking nei vari scenari

La letteratura teorica ed empirica in tema di relationship-banking ha sempre considerato situazioni in cui sia le banche che le imprese operano in condizioni economiche buone o normali o, al massimo, in cui sono solo le imprese ad essere in difficoltà. Alla luce della recente crisi economica che ha colpito i sistemi bancari di tutto il mondo, Bongini et al. (2015) hanno ritenuto utile analizzare anche uno scenario in cui non solo le imprese sono in difficoltà, ma anche le banche, progettando un nuovo quadro di analisi che considera quattro diversi scenari in cui il rapporto banca-impresa si può sviluppare.

Figura 11: Relationship-banking nei diversi scenari

Fonte: Bongini et al. 2015

Scenario sfavorevole Scenario favorevole BANCHE IM P R E S E Sc en ar io f av or ev ol e Sc en ar io s fa vo re vo le Perdita di informazioni Difficoltà per l'impresa nell’ottenere credito in particolare dalle banche

relationship-lending

Elevate possibilità che le banche rinegozino le condizioni contrattuali

Difficoltà più bassa per i clienti di banche relationship

a ottenere credito Riduzione asimmetrie

informative Maggiore concessione di

credito Costo del credito? Minore necessità di garanzie

Ricavi maggiori per banche Prestazioni più elevate

Il primo scenario (“scenario favorevole”) è favorevole sia per la banca che per l’azienda; il secondo scenario (“situazione di difficoltà per le aziende”) vede solo l'azienda in difficoltà, con un conseguente aumento del rischio di credito. Nel terzo scenario (“situazione di difficoltà per le banche”), è la banca finanziatrice in difficoltà, mentre l'azienda continua a godere di buone condizioni economiche. Infine, il quarto scenario (“crisi generalizzata”) configura una situazione di generalizzata crisi economica e finanziaria in cui sia le banche che le imprese incontrano gravi difficoltà. Bongini et al. (2015) hanno analizzato e inserito i potenziali benefici economici che una banca e una società potrebbero ottenere da un rapporto banca-impresa intenso, nella matrice sopra riportata, a seconda che si verifichi uno scenario favorevole o sfavorevole.

L'evidenza empirica sui benefici del relationship-banking è in gran parte incentrata sulla documentazione dei vantaggi per il mutuatario. Gli studi sono stati inizialmente concentrati sul mercato statunitense, ma intuizioni successive sono state prodotte dal lavoro sul Giappone e l'Europa continentale (soprattutto Germania) e più recentemente sulle economie emergenti, in particolare in America Latina.

Scenario favorevole

Lo scenario favorevole incorpora tutti i presunti benefici del relationship-lending analizzati fino ad ora. In sintesi, una migliore distribuzione delle informazioni private tra il debitore e il creditore potrebbe portare ad una maggiore redditività delle banche, da un lato, e a migliori condizioni di accesso al credito, dall'altro. Tuttavia, non ci sono risultati univoci in materia di costo del credito; il minor costo previsto, legato alle relazioni stabili e di lunga durata con i clienti, non sempre si verifica. Non ci sono neanche prove sufficienti per confermare la teoria dell’hold-up problem. Le ragioni di questi risultati inconcludenti sono varie. In primo luogo, i proxy utilizzati variano da studio a studio. Se ci si concentra sulla

durata del rapporto tra la banca e la società, gli studi relativi al mercato degli Stati Uniti tendono a confermare l'ipotesi di riduzione del costo del credito (Petersen, Rajan 2004; Berger, Udell 1995; 2001; Brick, Palia 2007) dovuta ad una relazione duratura. Al contrario, in Europa (Angelini et al 1998;. D'Auria et al. 1999; Ongena, Von Cayseele 2000), l'evidenza conferma la presenza dell’hold-up problem nel relationship-lending. Questo risultato spiega anche perché le imprese mono-accreditate tendono a sganciarsi, non appena possibile, dalla situazione di dipendenza e ad aprire nuovi rapporti di credito con altre banche, preferendo il multiple banking relationships all'esclusività del relationship-banking (Ongena, Smith 2001; Farinha, Santos 2002; Gopalan, Udell, Yerramilli 2007; Ioannidou, Ongena 2008). Viceversa, i suddetti studi mostrano che le variabili che esprimono l'intensità del rapporto, sono associate ad un minor costo del credito per l'impresa.

In secondo luogo, non tutte le forme di contratto sono adatte a caratterizzare il relationship-banking. L'uso indistinto di tutte le forme di credito bancario e la messa a fuoco solo di alcune forme tecniche, può portare a risultati molto diversi, anche se il campione esaminato è lo stesso (vedi, ad esempio, le prove portate da Petersen, Rajan 1994 rispetto a quelle di Berger, Udell 1995).

Infine, i risultati dipendono dalle diverse condizioni di concorrenza in cui la banca opera, che potrebbero rappresentare la vera causa dell'esistenza del problema di hold-up (Petersen, Rajan 1994; Santikian 2014; Kysucký, Norden 2015).

Situazione di difficoltà per le aziende

In questo scenario, la banca che utilizza un approccio di tipo relationship è in grado di supportare l'azienda attraverso una serie di azioni: una maggiore offerta di credito rispetto alle altre banche; richiesta di basse o inesistenti garanzie addizionali e, infine, i tassi sui prestiti non possono del tutto incarnare l'aumento

del rischio di credito. Infatti, grazie alla migliore capacità di valutare le prospettive di recupero della società, la banca riesce ad offrire un servizio di assicurazione ai mutuatari attraverso la quantità di credito o la levigatura dei tassi d’interesse.

Tuttavia, in uno scenario di questo tipo nel quale ogni singola impresa deve affrontare delle difficoltà dovute alla recessione, l’utilizzo di un approccio relationship-banking sembra amplificare l’hold-up problem e farlo diventare il risultato più probabile al quale si può arrivare, questo perché la concorrenza tra le banche diminuisce durante le recessioni, mentre l'incertezza per quanto riguarda la qualità dei mutuatari aumenta. Inoltre, durante una recessione, l'offerta di credito diminuisce a causa del comportamento prociclico delle banche. Questo, a sua volta, aumenta i costi della relazione e il potere di monopolio della banca, che può alzare il prezzo dei prestiti al di sopra del premio per il rischio di default. La teoria prevede che una società impegnata nel relationship-banking, otterrà un supporto rilevante nel caso di difficoltà economica o durante un periodo di recessione, al contrario di una società senza stretti rapporti creditore-debitore. Il creditore può sovvenzionare l’azienda in difficoltà e richiedere le rate di pagamento solo quando il ripristino sarà terminato. Al contrario, può sfruttare questo momento di recessione per fissare i tassi di interesse al di sopra del livello giustificato dal rischio del mutuatario. Rosenfeld (2014) fornisce la prova che il relationship-lending da più probabilità alle imprese di uscire dalla situazione di difficoltà.

Per quanto riguarda il costo del credito alle imprese in difficoltà, Berger, Udell (1992) forniscono la prova che le banche aggiustano i tassi sui finanziamenti in risposta agli shock dei tassi di interesse, mentre secondo Petersen, Rajan (1995) e Berlin, Mester (1997), le banche aggiustano i tassi in risposta alle variazioni del rischio di credito di un'impresa . In uno studio successivo, Berlin, Mester (1998) hanno cercato di quantificare gli effetti dell’aggiustamento dei tassi sui finanziamenti in termini di profitti e di costi per le banche. Con il loro studio

dimostrano che le banche che forniscono l'assicurazione implicita contro il rischio di fluttuazioni dei tassi sui finanziamenti, è ricompensata con più elevati livelli di profitto.

Mattes et al. (2013) forniscono le prove che le banche sfruttano il loro monopolio informativo durante le recessioni e non durante le fasi di espansione, in cui la concorrenza è più elevata. Inoltre, le banche sottocapitalizzate sono più propense a far pagare spread più elevati ai mutuatari, pagando a loro volta costi di commutazione delle condizioni più elevati, al contrario, le banche fortemente capitalizzate sembrano mantenere il loro impegno con i clienti per rafforzare il rapporto in attesa di un reddito futuro più elevato. Di conseguenza, le condizioni operative di una banca sono rilevanti per caratterizzare la sua propensione a supportare i propri mutuatari durante tempi difficili. Inoltre queste condizioni diventano cruciali quando i brutti momenti coinvolgono anche la banca.

Situazione di difficoltà per le banche

Quando una banca fallisce, il valore della relazione tra banca e mutuatario, basata sull’accumulo di informazioni private, è perduto; la ricostruzione di tale capitale informativo è costosa e richiede tempo. Gli imprenditori devono spendere tempo e risorse preziose per raccogliere e trasmettere informazioni private credibili sulla qualità della loro azienda a una nuova banca, oltre ad assorbire i costi diretti di ricerca e avvio di nuovi rapporti di prestito. Di conseguenza, i mutuatari potrebbero dover affrontare una situazione temporanea di riduzione del credito che potrebbe richiedere la cessazione di investimenti produttivi e influenzare negativamente il prezzo delle loro azioni. Questo potrebbe spiegare perché le relazioni esclusive tra banca e impresa sono difficili da individuare. Da un lato, per le ragioni di cui sopra, i mutuatari non possono impegnarsi in maniera credibile con più di un prestatore; d'altra parte, i creditori non possono impedire completamente ai mutuatari di prendere credito dagli altri istituti.

Il fallimento o la liquidazione di una banca portano a ingenti costi di uscita, per questo motivo le autorità di regolamentazione del settore adottano queste disposizioni raramente e, quando si verificano, in genere interessano le piccole banche locali. Ci sono due modi alternativi con cui solitamente si possono risolvere le difficoltà finanziarie di una banca, ovvero l’acquisizione volontaria o regolamentata della banca in difficoltà da un’altra banca qualificata oppure la creazione di una banca ponte, che prende il controllo delle operazioni bancarie sane, lasciando gli attivi deteriorati alla banca originaria.

Esaminando la prima soluzione, possiamo affermare che queste fusioni potrebbero causare delle interruzioni temporanee dei servizi bancari. Berger et al. (1995; 1998), Peek, Rosengren (1998) e Sapienza (2002) analizzano l'effetto del consolidamento bancario sulle politiche di credito e asseriscono che i contratti di finanziamento per le piccole imprese diventano meno attraenti dopo una fusione e che è probabile assistere ad una restrizione del credito soprattutto verso le imprese che presentano delle opacità informative.

Del Prete et al. (2013), invece, sostengono che, nel caso di fusioni che coinvolgono più banche finanziatrici della stessa azienda prima della nascita del conglomerato, la quota di credito fornita congiuntamente dalle banche consolidate diminuisce nei tre anni successivi. Tuttavia, questo non implica necessariamente una riduzione del credito complessivo concesso all’impresa, perché il consolidamento delle banche creditrici aumenta la probabilità di diversificazione quindi, se la società è geograficamente vicino ad un ramo della banca finanziatrice o se appartiene ad un distretto industriale, si può creare un rapporto più esclusivo tra le parti che va a mitigare la diversificazione dell’offerta creditizia generata dalla fusione.

Kandrac (2014) mostra che i fallimenti bancari possono avere effetti negativi sulle economie locali come redditi più bassi, elevato tasso di povertà, e maggior disoccupazione, inoltre, dimostra che le risoluzioni che includono accordi di ripartizione delle perdite, tendono ad essere meno deleteri per le economie locali,

sostenendo l'idea che la portata dell’impatto di un fallimento bancario sulle economie locali deriva dal relationship-lending.

Tale evidenza spiega ancora il motivo per cui nella realtà è difficile trovare un’azienda che si affida ad un solo creditore. Tuttavia, Degryse et al. (2011) danno supporto alle teorie sulle esternalità contrattuali negative derivanti dal multiple bank relationship sostenendo che una banca ridurrà l’offerta di credito nei confronti di un’impresa dal momento in cui questa sarà incline a cedere al multi-affidamento, con un effetto più pronunciato se il prestito richiesto all’altro istituto è più ingente, a meno che il finanziamento iniziale non mantenga la sua anzianità sull’altro creditore e sia assicurato da attività il cui valore è elevato e stabile nel tempo.

In sintesi, Bongini et al. (2015) affermano che una società si trova di fronte a un dilemma in quanto, in periodi floridi oppure quando essa si trova in una situazione di difficoltà, è più conveniente ricorrere al relationship-banking, al contrario, in periodi di recessione oppure nel caso in cui la banca affidataria si trovi in difficoltà, sarebbe meglio per l’impresa adottare un atteggiamento rivolto al multi-affidamento bancario.

Crisi generalizzata

Lo scenario di “crisi generalizzata”, in cui sia la banca che il cliente potrebbero incorrere in difficoltà, non è ancora stato esplicitamente considerato dagli studi teorici.

La capacità di una banca in difficoltà di offrire credito, è ridotta dalla necessità di rispettare i limiti imposti dalla normativa in materia di adeguatezza patrimoniale e di liquidità e dalla difficoltà nel reperire fondi; di conseguenza, essa deve allocare attentamente le risorse (scarse) e scegliere tra i suoi debitori quali vale la pena affidare. Dal momento in cui anche le aziende devono affrontare delle difficoltà, la banca sceglierà coloro la cui probabilità di recupero è più alta e che

risultano, quindi, meno rischiose. Date le informazioni private e preziose raccolte nel corso del tempo, ci si può aspettare che i mutuatari con cui è stato instaurato un rapporto di tipo relationship siano privilegiati rispetto ai mutuatari con i quali è stato instaurato un rapporto di tipo transactional. Tuttavia, sulla base della letteratura esistente, non possiamo prevedere a priori se i mutuatari relationship saranno affidati a condizioni agevolate e quale sarà l'entità del sostegno della banca; queste dipendono dal grado di patrimonializzazione, liquidità e efficienza della banca.

La crisi finanziaria sistemica iniziata nel 2007, e la conseguente crisi economica che ha divampato anche tra le economie mondiali più avanzate, rappresenta l'occasione per testare i potenziali benefici del relationship-banking nello scenario finale di crisi generalizzata per entrambi gli agenti coinvolti nella relazione.

Gli studi attualmente condotti sull'argomento sono in rapida crescita; Bongini et al. hanno individuati ventuno studi che si basano su dati provenienti da Italia, Giappone, Germania e gli Stati Uniti il cui periodo di osservazione arriva sino al 2010, vale a dire, la prima fase del rallentamento del credito causata dalla crisi finanziaria. Solo due documenti su ventuno danno alcune indicazioni sulle tendenze di credito durante l'aggravarsi della crisi e nel focolaio iniziale (2011) di tensioni legate al rischio di debito sovrano.

Le evidenze che emergono dagli studi suggeriscono che, anche in situazioni di crisi generalizzata, l'esistenza di un rapporto banca-impresa intenso, aiuta le imprese a superare la crisi attraverso l’offerta di migliori condizioni contrattuali. Ancora una volta, gli studi empirici si concentrano principalmente sul lato delle imprese per confermare l'importanza del relationship-banking sulle caratteristiche del contratto di finanziamento.

In sintesi, la maggior parte di questi nuovi studi analizza la questione della disponibilità di credito in una situazione di crisi e giunge alla conclusione che il relationship-banking consente alle imprese di beneficiare di una maggiore

quantità di importo finanziato, spesso a costi inferiori , e riduce la probabilità del razionamento del credito.

Sei studi si concentrano sugli effetti della crisi sistemica sul costo del credito. Fatta eccezione per lo studio di Calcagnini et al. (2012), sono tutti unanimi nel dire che il relationship-banking supporta le imprese attraverso il livellamento dei tassi di interesse sui prestiti.

Solo uno studio considera tutti e tre gli aspetti di un contratto di finanziamento (quantità, costi e garanzie) e ritiene che il costo del finanziamento e la presenza di garanzie sono ridotti quando esiste una relazione stretta tra banca e impresa, ma questa non influisce sulla quantità accordata (Hainz, Wiegand 2012). Albertazzi, Marchetti (2010) per l'Italia, contrariamente a tutti gli altri studi, ritengono che, a seguito del crollo della Brothers, il relationship-banking non ha portato alcun beneficio alle imprese.

Queste prime indicazioni confermano, dunque, i vantaggi in termini di credito e appianamento dei tassi d’interesse assunte dalla teoria, anche in presenza di una crisi sistemica.

L'importanza della crisi finanziaria ha portato i ricercatori ad inserire nei loro studi i profili di analisi che considerano la misura in cui i diversi intermediari sono stati colpiti dalla crisi finanziaria. Pertanto, la metà degli studi più recenti qui analizzati, includono variabili acquisite da una serie di caratteristiche della banca: la capitalizzazione, la dipendenza dal finanziamento interbancario e i coefficienti di liquidità delle banche.

Come anticipato, il ruolo che il relationship-banking può svolgere in una crisi è funzione della capacità delle banche di trattenere al suo interno scorte di capitale in grado di fronteggiarla (Bolton et al 2013), infatti, le banche che presentano coefficienti patrimoniali più elevati, sono maggiormente in grado di proteggere il rapporto di finanziamento con i loro clienti. Inoltre, le banche sono più propense

a concedere prestiti alle imprese con le quali hanno sviluppato una relazione di lungo periodo.

Nel complesso, lo studio di Bolton et al. (2013) suggerisce che il relationship- banking svolge un ruolo importante nello smorzare gli effetti degli shock negativi conseguenti ad una crisi. Le imprese che si basano sul relationship-banking, hanno meno probabilità di andare in default e sono maggiormente in grado di resistere alla crisi grazie alle condizioni di prestito più favorevoli che possono ottenere da questo tipo di rapporto con le banche.

Questi risultati suggeriscono che l'attenzione di Basilea III sul capitale di base e l'introduzione di buffer di capitale anticiclici, potrebbero migliorare il ruolo del relationship-banking in periodi di crisi e ridurre il rischio di una grave contrazione del credito, soprattutto per le aziende che stabiliscono con la banca un rapporto di questo tipo.

Infine, spostandoci sul lato delle banche, vale la pena ricordare gli studi di Bolton et al. (2013), Cotugno et al. (2013b) e Fiordelisi et al. (2013), che riscontrano un beneficio per la banca finanziatrice che utilizza l’approccio relationship-lending in termini di riduzione della probabilità di insolvenza del cliente, concludendo che, l’utilizzo di un rapporto di questo tipo, potrebbe contribuire a migliorare (o a mantenere stabile) la qualità del portafoglio crediti, anche in un periodo di crisi generalizzata causata da fattori esterni al debitore.