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Diana Russell

Denita la teorica del femmicidio6 Diana Russell, insieme a Jill Radford, è

riuscita a far sì il termine femmicidio avesse un valore politico ben preciso, non solo il signicato generico di uccisione di donne ma l'omicidio di donne in quanto donne. Come si è visto il termine non è stato inventato, la stessa Rassell farà riferimento nell'antologia da lei curata e pubblicata nel 2001, Femicide in global perspective, che il termine in sé, pur privo di rilevanza giuridica, era inserito nel titolo di un breve manoscritto The Confession of An Unexecuted Femicide (1897) di William Mac Nash, autore dell'opera nonché assassino della giovane la cui morte è raccontata nel testo, oltre che nel già citato Law lexitcon di Wharton del 1848.

La Russell si schiera apertamente contro il semplice utilizzo del termine nel suo senso letterale omicidio di donna così generale da non considerare la causa che ha portato la vittima alla morte.

Per la Russell femicide non è una semplice parola ma è il nome identi- cativo di un problema. È lei stessa che nel suo libro The politics of women killing, edito nel 1992, spiega che il suo obiettivo è: to name femicide, os- sia dare un nome preciso alla questione trattata cosi da persuadere il lettore a riconoscere il femmicidio come un problema urgente, sul quale interrogar- si, per accrescere la conoscenza del problema da parte della collettività, e generare resistenza nei confronti di tale problema. [...] il femmicidio è un fenomeno che gli interessi patriarcali si aannano a negare: piuttosto che contribuire a far conoscere l'entità del fenomeno e farlo diventare motivo di interesse politico e sociale, le potenti istituzioni della società patriarcale, il potere legislativo e giudiziario, la polizia, i media hanno largamente nega- to l'esistenza del femmicidio. Il principale metodo per oscurare il tema del femmicidio è l'individualizzazione.7

6Barbara Spinelli, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giurdico

internazionale, Franco Angeli, 2012, pp 32

7Tratto da B.Spinelli, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento

La spinta per far sì che il femmicidio non restasse solo argomento di dibattito ma che si trasformasse in un tema politico la Russel l'ha ricevuta dal nuovo movimento femminista:

Il femminismo radicale di cui si è parlato in questo libro, è diverso dal fem- minismo dei primi anni 70. È un tipo di femminismo che percepisce nella violenza sessuale maschile la base su cui poggiano e si forticano le relazioni di potere di genere del patriarcato, ma è anche un femminismo che riconosce la diversità delle donne  rispetto agli uomini  in termini di relazione con le altre strutture di potere presenti nelle società patriarcali [. . . ] diversità que- ste che spiegano il femmicidio e la risposta dello stato al femmicidio. Nelle società industrializzate occidentali [. . . ] le donne sono divise dalle relazioni di classe del tardo capitalismo, dal razzismo del postcolonialismo, [. . . ] in teoria. Il femminismo radicale contemporaneo riconosce la complessità da- ta dall'interazione tra tali strutture e il loro dierente impatto sulle donne [. . . ] in particolare molte femministe radicali hanno capito al contempo forza e la limitazione di attenersi strettamente a considerare tali categorizzazioni. Mentre infatti l'individuazione con un solo gruppo può essere una importante fonte di forza e collaborazione, al contempo però può potenzialmente creare divisioni e riprodurre le oppressioni delle classi razziste[. . . ] che connota- no in generale la società. [. . . ] In risposta, molte attiviste hanno iniziato a esplorare la possibilità di creare alleanze contro la violenza sessuale e il femmicidio che oltrepassano le divisioni [. . . ] Una resistenza globale contro il femminicidio richiede un network internazionale che include molte donne, come quelle del terzo mondo,spesso escluse [. . . ] Lavorare sul femmicidio è una delle imprese più dicili mai intraprese dal femminismo. Se non sia- mo attente le une alle altre, possiamo bruciarci rapidamente. Per evitarlo, è essenziale tendere fermamente verso i nostri ideali, e coltivare il sogno di un mondo libero dal sessismo, dal razzismo, dall'eterosessismo e da quelle altre oppressioni che separano noi dagli altri. È infatti da queste rotture, da queste divisioni che scaturisce l'odio per le donne. . .8

L'intento della Rassel di globalizzare la lotta al femmicidio è andata oltre le speranze della sua ideatrice. Oggi ogni volta che si analizza il fenomeno della violenza contro le donne si sottolinea la dimensione concettuale trat- teggiata dalla Russel. Una denizione di femmicidio molto lineare è stata espressa dalla stessa Russel e da Jane Caputi nel 1990:

femmicidio è l'assassinio di una donna da parte di un uomo per motivi di odio, disprezzo, passionali o per un senso di possesso sulla donna.

L'estensione della denizione di femmicidio a qualunque tipo di uccisione sessiste viene spiegata dalla studiosa confrontando le uccisioni sessiste , che comprendono le uccisioni misogine ma anche quelle motivate da un senso di 8Termine utilizzato dalla Russel in riferimento a teorie, pratiche o atteggiamenti

che aermano la predominanza sociale di un modello sociale eterosessuale, riutando e discriminandone altri.

legittimazione, superiorità e desiderio di possesso, con quelle semplicemente misogine che sono causate dall'odio verso le donne. Che siano sessiste o misogine le violenze contro le donne hanno in comune la morte della donna. Con Marcela Lagarde si ha l'evoluzione del termine femmicidio che non si fermò solo all'uso del termine ma ne ampliò il signicato. Con lei si passa da femmicidio a femminicidio.

Come la Russell, ancora oggi, conosciuta come la teorica del Femmicidio, la Lagarde viene considerata la teorica del Femminicidio.