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Intervista a Barbara Terenzi

1) Introduzione: Dati e ruolo:

Sono Barbara Terenzi, mi sono laureata in Scienze Politiche presso l'Isti- tuto Universitario Orientale di Napoli, con tesi in antropologia culturale: Il complesso sciamanico secondo M. Eliade ed un caso nepalese.

- UNFPA Advocacy Training, Londra, organizzato dall'IPPF e sponso- rizzato dalla Wallace Foundation (1998).

- Master's in Health Services Management, Istituto Superiore di Sanita' e Universita' degli Studi La Sapienza, Roma, sponsorizzato dal Governo italiano (2003-2004).

Lavoro in vari ambiti:

Membro dell'Advisory Panel (9 esperti UE) del FRA, Agenzia Europea per i diritti Fondamentali, di Vienna (2010-2011)

Consigliere Scientico della Fondazione Basso per la Sezione Internazio- nale (dal 2005)

Consigliere Scientico e uno dei fondatori del Comitato per La Promo- zione e Protezione del Patrimonio Immateriale (dal 2007)

Membro di AISEA, Associazione italiana per le scienze etnoantropologi- che, Roma (2011-2012)

Membro del Consiglio Scientico del CESCAV, (dal 2010)

Gender expert per l'Albo del Ministero Pari Opportunità (Min. Balbo  dal 2000)

3) L'articolo di Laura Eduati pubblicato il 29 settembre 2013 sul L'Hungton Post comincia così: I femminicidi sono in aumento. No, sono stabili. In Italia si ammazzano meno donne rispetto al resto d'Europa. È invece una escalation impressionante. È innito il battibecco sui numeri delle donne uccise nelle relazioni sentimentali, dibattito consumato sciorinando le cifre fornite ora dal Viminale, ora dalla lunga lista compilata annualmente dalla Casa internazionale delle Donne di Bologna. Per alcuni osserva- tori non esiste alcuna emergenza, anzi, è propaganda. . . .  È emergenza o propaganda secondo lei?

Esiste il problema, esiste anche forse un calcare la mano sul problema. Ma questo nasce prima di tutto da un problema culturale che comunque ci portiamo appresso. È un dato di fatto che bambini e bambine in Italia co- munque vengono allevati in maniera marcatamente diversa. Gli stereotipi, le proiezioni delle aspettative comportamentali, lo spingere verso ruoli de-

niti e considerati normali, continuano a perpetuare una visione di genere estremamente sbilanciata.

A questo si è aggiunto il cammino fatto comunque dalle donne di presa di coscienza, di crescita, di emancipazione a cui non ha risposto uno svi- luppo paritario da parte degli uomini. L'assurdo è che spesso però questa dicotomia è stata alimentata e nutrita proprio dalle donne, dalle madri che soprattutto in alcuni contesti continuano ad alimentare ruoli squilibrati e sfavorevoli nei confronti delle glie. Tutto questo ha portato ad una realtà in cui l'andamento da una parte della vita delle donne, della visione della vita, dei ruoli sempre più ricoperti, ha cozzato con uomini sempre più im- pauriti, incapaci di eettuare lo stesso percorso di revisione, di innovazione, ossia di rinventarsi. A mio avviso è qui il problema. Il divario, spesso an- che inconscio, di visioni di vita e di relazione interpersonale troppo diverso e troppo sbilanciato all'interno di una vita sociale che invece spinge in tut- t'altra direzione. Da qui la frustrazione, l'incomprensione e la rabbia che conduce poi a comportamenti estremi, ad atti di esasperazione irrazionale.

In conclusione, se non si lavora sui modelli culturali, e n dalla più tenera età, se non si ricostruisce una immagine nuova in cui i ruoli di entrambi siano in qualche modo ridisegnati e rideniti in termini di rispetto dei diritti umani di uomini e di donne, si continuerà ad esasperare una relazione che altrimenti dovrebbe essere di compenetrazione e di condivisione per arrivare a situazio- ni di esasperazione estrema di scoppio di conitti, spesso non controllati e di dicile gestione all'interno di una società sempre più accelerata e in corsa. 3) Parlare quotidianamente di violenza contro le donne e di fem- minicidio può risultare controproducente e generare minor atten- zione?

Mah, parlarne non necessariamente può essere controproducente ma deve essere una informazione equilibrata. Oggi purtroppo c'è un uso abnorme di informazione, informazione che viene dilatata e utilizzata per gli scopi più diversi. Però i dati sono secondo me un elemento fondamentale per poter poi lavorare sui modelli comportamentali. Personalmente non apprezzo i talk- show che impazzano con uno sbrodolamento di storie personali, emozioni messe in pubblico in maniera corale e plateale. Secondo me questo modo di arontare le dicoltà che ognuno, chi in un modo e chi in un altro, nisce per arontare perché fanno parte della vita rischia di banalizzare tutto e rendere tutto un bene di consumo. Mentre la violenza contro le donne, il femminicidio, sono cose gravissime e dolorosissime. Ma abbassare la soglia di ciò che è sano, mettere in piazza, rischia di rendere le più gravi violenze un qualcosa che in n dei conti avviene! Oltre a proporre attraverso i media comportamenti molto sbagliati e fuorvianti, soprattutto con i giovani. 4) A presentare i fatti di cronaca che riguardano le violenze so-

no spesso gli stessi giornali che orono un'immagine stereotipata della donna-oggetto attraverso, ad esempio, le pubblicità che ven- gono inserite tra le loro pagine. Lei cosa ne pensa?

Questa è una delle concause purtroppo. I modelli comportamentali pro- posti sono estremamente fuorvianti e pericolosi. Oggi assistiamo ad un cam- biamento di mentalità dei giovani, ragazzi e ragazze, in cui la soglia di ciò che è lecito, che è corretto, che è accettabile è stata di molto abbassata. I mezzi di comunicazione hanno una grande responsabilità, ma sono diret- tamente gli di giochi economici che si muovono al di sopra delle teste di tutti e rispondono agli interessi delle multinazionali e della macroeconomia. Basti pensare a quello che possiamo vedere in molti paesi in via di svilup- po dove modelli di vita completamente dierenti niscono per accelerare la loro emancipazione ma su stereotipi e mete che nulla hanno spesso a che vedere con il loro patrimonio culturale e la loro storia. Il danno sarà allo- ra quello di produrre delle generazioni completamente diverse che faticano a rientrare nella propria identità culturale e tendono verso modelli che non solo distruggono il loro patrimonio ma li spingono verso mete spesso irrealizzabili. 5) La ricerca della causa nella cultura patriarcale in ambito della violenza contro le donne è ancora l'unico valido scenario oppure ce ne sono altri che bisognerebbe prendere in considerazione nel 2013? La cultura patriarcale sicuramente ha marcato il nostro scenario ma so- no anche convinta che questo sia uno dei segni di come il movimento delle donne non sia riuscito a decollare in Italia riformulando stereotipi, modelli e comportamenti. Purtroppo il movimento si è concluso con l'assunzione spes- so da parte delle donne di comportamenti che rispecchiavano esattamente la modalità relazionale degli uomini. Questo per me è stato uno degli errori fatti dalle donne della mia generazione che come me hanno lottato e creduto di riuscire a modicare radicalmente la dinamica relazionale. Abbiamo sicu- ramente conquistato vittorie di cui le giovani di oggi non si rendono conto a pieno e che forse dovrebbero invece difendere allo stesso modo con cui noi al tempo lottammo. Ma abbiamo fatto anche molti errori e sicuramente non abbiamo saputo gestire il rapporto con l'altro sesso in maniera intelligente e strategica. Gli uomini sono spaventati e non riescono a ricostruire il loro ruolo senza precipitare in una dinamica di potere e di forza e a volte di abuso. 6) Ad agosto è passato il nuovo decreto legge 93/2013, sin da pri- mi giorni ci sono stati pareri contrastanti a riguardo. Se da un lato il decreto sembra ben funzionare sul fronte repressivo, dall'al- tro sembra non orire un valido supporto per andare incontro alle donne che decidono di uscire dal vortice della violenza, ad esempio non sono accennati nanziamenti per i centri antiviolenza o per le

case rifugio. Silvia Velo, vicepresidente del gruppo Pd, aveva par- lato di Giorno storico . . . La lotta alla violenza non passa solo attraverso le leggi ma anche attraverso una rivoluzione culturale: contrasto e prevenzione devono andare di pari passo per una so- cietà migliore. Lei cosa ne pensa? Come può lo Stato assistere queste donne?

Tutto quello che è stato fatto per proteggere le donne dalla violenza è stato fatto in maniera blanda! Basti pensare allo stalking dicilissimo da provare e da applicare. Si parla di violenza sica, mentre la violenza psicolo- gica che è praticata in larghissima misura è dicilissima da dimostrare. La violenza sica arriva al termine di un percorso di sadismo e di persecuzione. Ma il percorso è dicilissimo da dimostrare ed è ancor più dicile riuscire a mettere in atto azioni di contenimento. I centri antiviolenza sono pochi, non hanno le risorse sucienti per funzionare e per operare in maniera adeguata. Si parla di violenza soprattutto nei casi estremi, quando la violenza esiste a tanti livelli e nelle situazioni più diverse. La violenza è un qualcosa che scatta non solo negli ambienti più deprivati, è un qualcosa che ha anche a che fare con lo stato mentale delle persone. Persone che apparentemente si presentano come integerrime possono celare squilibri controllati e perversi estremi che dicilmente si riesce a smascherare.

7) Nel Regno Unito Patricia Scotland ha fondato la Global Founda- tion for the Elimination of Domestic Violence (EDV), conosciuto più generalmente come Metodo Scotland. Secondo il piano stilato dalla Scotland, per ridurre gli omicidi, la soerenza delle famiglie, la spesa per lo Stato, il costo del lavoro  dalle istituzioni ai datori di lavoro  bisogna sviluppare un piano integrato che aronti il problema nella sua complessità. Potrebbe essere un sistema adat- tabile anche al nostro paese?

Sicuramente, ma il nostro paese è in grado di vedere e di ascoltare? Quante e quali opportunità hanno le donne di accedere a tutte le posizioni del decision making? E quando arrivano, che modelli propongono? Basti pensare alle donne che negli ultimi anni hanno avuto accesso a ruoli politi- ci di prestigio I modelli introiettati dagli anni della tv berlusconiana hanno fatto danni immani soprattutto con le giovani. Lavorare sulla violenza do- mestica signica riformare interamente la mentalità, gli ideali, la modalità di interrelazione e tutto questo non si può solo fare attraverso la legge e l'erogazione di penali. E' necessario un lavoro a trecentosessanta gradi che coinvolga la scuola, lo sport, la politica, le persone, i mezzi di comunicazione, la moda, ecc.

Lavori in corsa: 30 anni CEDAW (Convenzione per l'Eliminazione di ogni discriminazione contro le donne siglato presso l'ONU nel 1979 e raticato dall'Italia nel 1985) ha presentato a New York durante la 49ma sessione di valutazione dell'ONU, il proprio rap- porto ombra. Da quella data ad oggi ci sono stati cambiamenti nel nostro paese, ci sono state risposte dal governo, vedi il nuovo decreto, eppure la violenza e le discriminazioni delle donne conti- nuano ad essere la realtà. Perché continuiamo a illuderci di essere una società civile e non riusciamo ad esserlo?

L'Italia in materia di promozione e protezione dei diritti umani è ancora molto lontana! E non solo per quanto riguarda le donne! Pensiamo alle carceri, alla libertà sessuale e di genere, al rispetto dei diritti dei migranti e dei Rom, ai diritti del malato, ai diritti degli anziani, ai diritti legati al- l'ambiente, ai diritti delle vittime di maa! Il percorso per diventare una società civile, democratica e veramente pluralistica è ancora lungo. Ma non bisogna desistere! Si lavora per chi verrà e solo allora non si perde coraggio e si rinuncia!

9) Jane Caputi autrice del testo Crime Comes of Age del 1987 parlando della violenza domestica, in particolare di quella sessua- le, ha detto che : i comportamenti violenti all'interno delle mura domestiche non sono un tabu, ma è parlare di loro che è un tabu. Sono passati 26 anni dall'uscita del libro eppure in Italia sembra essere ancora valido il detto i panni sporchi vanno lavati in ca- sa. In che modo e in quali luoghi bisogna mirare la formazione e gestire le informazioni per riuscire a diventare un Paese migliore? E' necessario costruire una nuova visione, una Weltanschauung che in- cluda gli altri, la diversità una risorsa, che voglia rispettare i diritti umani dell'altro veramente, non importa chi sia e dove. Una visione che non am- mette alcun tipo di violenza dentro e fuori le mura della casa, fra uomini e donne, che non ammetta deroghe, che rispetti profondamente l'umanità che è in ogni essere umano e che per questo deve essere rispettata. Non fare tut- to questo signica lentamente andare verso comportamenti che nella storia hanno portato solo eccessi e brutalità.

Lo stalking

...Ma lui che l'insegue, con le ali d'amore in aiuto, corre di più, non dà tregua e incombe alle spalle della fuggitiva, ansimandole sul collo fra i capelli al vento. Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e: Aiutami, padre, dice. Se voi umi avete qualche potere, dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui trop- po piacqui. Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra, il petto morbido si fascia di bre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, così veloci un tempo, s'inchiodano in pigre radici, il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva. Anche così Febo l'ama e, poggiata la mano sul tronco, sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo, ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae. E allora il dio: Se non puoi essere la sposa mia, sarai almeno la mia pianta. E di te sempre si orneranno, o alloro, i miei capelli, la mia cetra, la faretra; e il capo dei condottieri latini, quando una voce esultante. intonerà il trionfo e il

Campidoglio vedrà uire i cortei Fedelissimo custode della porta d'Augusto, starai appeso ai suoi battenti per difendere la quercia in mezzo.E come il mio capo si mantiene giovane con la chioma intonsa, anche tu porterai il vanto perpetuo delle fronde!. Qui Febo tacque; e l'alloro annuì con i suoi rami appena spuntati e agitò la cima, quasi assentisse col capo...1

Quando una relazione di coppia si interrompe è normale che la persona ab- bandonata si senta particolarmente turbata e per reazione tenti di ristabilire un contatto con l'altra persona, per avere un'altra possibilità di ricostruire il rapporto.

Con il termine stalking si intende un insieme di comportamenti tramite i quali una persona aigge un'altra con intrusioni e comunicazioni ripetute e indesiderate, a tal punto da provocargli ansia o paura. I comportamenti persecutori sono deniti come un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e sico e un ragionevole senso di timore.

Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate perse- cutorie, ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale signicato delle condotte per- secutorie; queste condotte possono protrarsi per molto tempo, anche mesi o addirittura anni. Questo ovviamente non rientra in ciò che deniamo normali tentativi di entrare in contatto con una persona.

Lo stalker o molestatore assillante è colui che mette in atto quell'insieme di condotte che possono essere sintetizzate, a titolo d'esempio, nel seguire la vittima nei suoi movimenti per controllarla o meglio appostarsi alla sua vita. Può essere un conoscente, un collega, un estraneo, oppure, nella maggior parte dei casi, un ex-partner. In genere gli stalker agiscono, in quest'ulti- mo contesto, per recuperare il rapporto precedente o vendicarsi per essere stati lasciati. Alcuni hanno semplicemente l'intento di stabilire una relazio- ne sentimentale perché mostrano gravi dicoltà nell'instaurare un rapporto aettivo signicativo. Altri, invece, possono sorire di disturbi mentali che li inducono a credere con convinzione nell'esistenza di una relazione, che in realtà non c'è, o comunque nella possibilità di stabilirne una. Altri, ancora, molestano persone conosciute supercialmente o addirittura sconosciuti allo scopo di vendicarsi per qualche torto reale o presunto.

Il conne fra corteggiamento e stalking, all'inizio, può essere impercetti- bile, ma diventa signicativo quando limita la libertà morale della vittima ponendola in una condizione di allerta per la paura di un pericolo imminente. In ogni caso per il molestatore la vittima non è più un soggetto, autonomo e dotato di diritti, ma diviene l'oggetto su cui investire i propri bisogni di riconoscimento e di attenzione.

1Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-18), Metamorphoseon, libri XV, Liber I, 540-567

Secondo le storie personali, familiari ed aettive di ognuno, e a prescin- dere dalle motivazioni poste alla base della nascita dell'ossessione, lo stalker in generale manifesta un'evidente situazione problematica nell'area aettivo- emotiva, relazionale e comunicativa che comunque non sempre corrisponde ad una precisa diagnosi nella sfera psichica.

L'evoluzione delle condotte persecutorie risulta nel tempo ambivalente: a momenti di apparente sottomissione e disperazione si alternano atti im- prontati all'odio e a un'aggressività manifesta. Queste condotte indesiderate possono essere classicate in tre tipologie:

1. Le comunicazioni indesiderate di solito sono rivolte direttamente alla vittima di stalking, ma possono consistere anche in minacce o in con- tatti con la famiglia, gli amici o i colleghi della vittima stessa. Lettere e telefonate sono le forme più comuni di comunicazione, ma gli stalker ricorrono spesso anche a scritti non necessariamente inviati in modo diretto alla vittima, oppure utilizzano altri mezzi come invio di sms ed e-mail.

2. I contatti indesiderati comprendono i comportamenti dello stalker di- retti ad avvicinare in qualche modo la vittima. Tra questi i più diusi sono i pedinamenti, il presentarsi alla porta dell'abitazione o gli appo- stamenti sotto casa, recarsi negli stessi luoghi frequentati dalla vittima o svolgere le stesse attività.

3. Tra i comportamenti associati si collocano l'ordine o la cancellazione di beni e servizi a carico della vittima, al ne di danneggiarla o intimi- dirla. Tipiche condotte di questo tipo sono il far recapitare cibo o altri oggetti all'indirizzo della vittima anche a tarda notte, oppure la can- cellazione di servizi quali l'elettricità o la carta di credito all'insaputa della vittima.