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Le tutele giuridiche

Nel documento Il femminicidio, l'epilogo della violenza. (pagine 87-128)

Art. 612 bis  Atti Persecutori (c.d. legge Anti-Stalking)

Dal 2009 le condotte moleste indicate nei paesi anglosassoni con il ter- mine stalking sono previste come reato anche in Italia sotto il nome di atti persecutori.

Il decreto legge n.11 del 23 febbraio 2009 ha introdotto nel c.p. l'art 612-bis, il quale recita: Salvo che il fatto costituisca più' grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione aettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente se- parato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione aettiva alla persona oesa.

La pena è aumentata no alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di donna in stato di gravidanza o di un soggetto con disabilità, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata, o con scritto anonimo.

Il delitto e' punito a querela della persona oesa. Il termine per la pro- posizione della querela e' di sei mesi. Si procede tuttavia d'ucio se il fatto e' commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto e` connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ucio.

Dall'articolo si comprende che, per poter parlare di atti persecutori, sono necessari tre elementi costitutivi:

1. l'autore deve compiere azioni di molestie o minacce nei confronti della vittima;

2. le condotte devono essere ripetute nel tempo, non è suciente un unico atto;

3. le condotte devono provocare nella vittima un grave disagio psichico ovvero farla temere per la propria vita o per quella di una persona vicina o comunque costringerla a modicare in maniera rilevante il modo di vivere.

Queste tre condizioni devono essere presenti contemporaneamente an- ché si realizzi il reato.

Si deve inoltre ricordare che l'autore delle persecuzioni deve mettere in at- to le condotte moleste volontariamente, cioè nella consapevolezza che queste causeranno un danno alla vittima.

Per quanto riguarda la ripetizione delle condotte nel tempo, una recente sentenza della Corte di Cassazione, il massimo organo giudiziario italiano, ha precisato che anche due soli episodi di minaccia o molestia possono valere ad integrare il reato di atti persecutori previsto dall'art. 612-bis del codice penale, se abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta persino a modicare le proprie abitudini di vita (Cassazione penale, sentenza n. 25527 del 2010).

L'ammonimento del questore Prima di ricorrere alla giustizia penale denunciando il persecutore, l'ordinamento italiano prevede un altro stru- mento per dissuadere lo stalker dal proseguire le molestie.

L'ammonimento del questore è uno strumento che la vittima può attivare esponendo all'autorità di pubblica sicurezza (qui da intendere gli uciali e gli agenti di pubblica sicurezza) i fatti e avanzando richiesta al questore di am- monimento nei confronti del molestatore. Il questore, se necessario, assume le dovute informazioni e sente le persone informate dei fatti e, qualora riten- ga fondate le lamentele della vittima, ammonisce oralmente il molestatore, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.

Nel caso in cui, nonostante l'ammonimento del questore, il molestatore continui a perseguitare la vittima non solo potrà essere chiamato a risponde- re penalmente per il reato di atti persecutori e per il quale in questo caso si procede d'ucio (non è più necessaria una formale querela della vittima) ma lo stesso reato sarà punito più gravemente. La nalità dell'ammonimento è quindi quella di evitare la reiterazione, anche più grave, delle condotte per- secutorie senza dover ricorrere allo strumento penale, per interrompere una pericolosa escalation di violenza, ed evitare anche un possibile inasprimento delle molestie in seguito alla notizia del ricorso al procedimento penale da parte della vittima.

Va ricordato che questo strumento può essere utilizzato solamente prima della formale denuncia/querela alle autorità.

Denunciare le persecuzioni Al ne di sporgere denuncia per il reato di atti persecutori è bene che la vittima abbia raccolto prove delle molestie e le presenti alle autorità. In assenza di esse infatti c'è il rischio che la vittima venga denunciata a sua volta dal presunto stalker per calunnia o che il fatto venga immediatamente archiviato per mancanza di prove.

Quindi anché la denuncia sia ecace è consigliabile seguire alcuni ac- corgimenti:

• Documentare le molestie tenendo un diario, ad esempio utilizzando l'agenda Alba in cui annotare: data, ora, luogo e che cosa è accaduto; inoltre vanno annotati anche l'abbigliamento del molestatore, numeri di targa e altri particolari che possono essere utili ad identicarlo.

L'Agenda Alba è l'agenda antistalking che viene consegnata da Cara- binieri, Polizia ed è presente in alcuni dei 150 centri antiviolenza che sono dislocati sul territorio italiano.

L'agenda copre un arco temporale di 186 giorni, corrispondenti a circa sei mesi, il tempo massimo considerato per risolvere una vicenda di stalking.

Nell'agenda giorno, mese e anno dovranno essere compilati dalla vitti- ma. I colori identicano i mesi, le emoticons sono utilizzate per identi- care lo stato d'animo della vittima giorno per giorno mentre la scan- sione temporale è di 24 ore: le prime 12 ore antimeridiane (nella parte sinistra) e le altre 12 post-meridiane (nella parte destra) con una riga che consente di scrivere gli avvenimenti accaduti.

E' importante che la compilazione dell'agenda sia giornaliera e che gli eventi vangano riportati con precisione; dove avvengono, l'orario, cosa è successo, se c'è stato un contatto, se c'erano testimoni e lo stato d'animo della vittima.

A ne giornata va indicato lo stato d'animo: sono tranquilla; sono un po' preoccupata; ho paura.

Ci sono poi tre colori da contrassegnare: verde se non ci sono stati comportamenti persecutori; giallo, se ci sono stati atteggiamenti verbali o psicologici lievi di persecuzione; rosso, se ci sono stati gravi atti persecutori, anche con aggressioni siche o di minaccia.

Alla ne di ogni mese, in un'apposita pagina deve essere fatto il riepi- logo sulla presenza o meno di tali atteggiamenti o eventi.

• Conservare le prove di ogni contatto: biglietti, e-mail, sms, regali ecc. • Se si possiede un sistema di videosorveglianza, conservare le registra-

zioni in un luogo sicuro e farne delle copie.

• In caso di molestie telefoniche meglio non cambiare numero, per evitare di esasperare lo stalker e peggiorare la situazione, e registrare tutte le chiamate (anche quelle mute), con una segreteria telefonica o altro mezzo. Per evitare di rispondere alle chiamate dello stalker attivare un sistema di identicazione della chiamata o, nel caso di cellulare, attivare un altro numero senza disabilitare il vecchio.

• Parlare con vicini di casa, amici e con chiunque abbia assistito alle molestie e vericare se sono disposti a testimoniare i fatti alle autorità. Inoltre è bene ricordare che prima della denuncia si può fare ricorso al- l'ammonimento del questore, per intimare al persecutore di cessare le mole- stie, che, se non rispettato, causerà una persecuzione del reato d'ucio (e non più a querela) e un aumento di pena.

In ogni caso l'opportunità di denunciare o meno l'autore delle molestie va valutata caso per caso. Non sempre infatti la denuncia e l'eventuale condanna dell'autore hanno come esito il cessare delle molestie, anzi lo stalker potrebbe vivere il processo come un'ulteriore prova da superare per avere l'attenzione della vittima.

Inoltre la vittima dovrebbe essere consapevole che durante il processo potrebbero essere resi noti alcuni aspetti della sua vita privata che magari preferirebbe non divulgare.

Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona oesa La normativa in materia di atti persecutori ha introdotto anche una nuova misura cautelare, ossia una misura capace di impedire che il molestatore, una volta denunciato, possa continuare nel suo intento. E' stato infatti inserito un nuovo articolo nel codice di procedura penale, l'art. 282 ter, secondo il quale il Giudice, qualora ritenga che vi siano tutti i presupposti di legge, può:

• prescrivere al molestatore di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona oesa oppure di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla stessa persona oesa;

• prescrivere al molestatore di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dai prossimi congiunti della persona oesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione aettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone; • vietare al molestatore di comunicare, con qualsiasi mezzo, con la vitti-

ma o con le altre persone sopra indicate.

Ovviamente, nel caso in cui il molestatore debba necessariamente fre- quentare i luoghi in cui possa incontrare la vittima o le altre persone cita- te, per motivi di lavoro o per esigenze abitative, il Giudice può prescrivere speciche modalità o limitazioni alla frequentazione di quei luoghi.

Di recente, inoltre, la Corte di Cassazione ha sottolineato che nel caso in cui le molestie dovessero continuare nonostante la misura del divieto di avvi- cinamento ai luoghi frequentati dalla persona oesa è possibile per il giudice applicare una misura cautelare ancor più grave come gli arresti domiciliari (Cassazione penale, sentenza n. 15230 del 14 aprile 2011).

I Centri Antiviolenza in Italia sono nati agli inizi degli anni '90, ad oggi ne esistono circa 100. Prima di allora le donne non avevano dei luoghi a cui rivolgersi per essere ospitate o semplicemente ascoltate e sostenute nei propri diritti.

L'origine dei centri si deve al movimento femminista: per merito dei lavori e delle discussioni intavolate all'interno dei gruppi di autocoscienza parlare di violenza di genere non è stato più un tabù, le donne hanno superato la loro vergogna e hanno potuto rompere il silenzio che caratterizzava la loro realtà quotidiana.

Sono create strutture di aiuto alle donne e la questione ha avuto un'eco sempre più vasta no a che si riconobbe che l'argomento che riguardava sì le donne ma costituiva un vero problema sociale e come tale andava arontato anche dalle istituzioni.

Durante gli anni `90 in Italia sono nati settanta di Centri Antiviolenza, che in genere sono gestiti da associazioni e si occupano di dare supporto ed assistenza alle donne vittime di violenza ed abusi e di promuovere attività e campagne nalizzate al contrasto della violenza contro le donne; in realtà i servizi resi accessibili alle donne variano dalla grandezza e dalle disponibilità del centro.

Ogni centro che ore sostegno alle donne è dotato di un numero telefonico con caratteristiche di pubblica utilità e di un centralino che è in funzione ventiquattro ore tutto l'anno.

I servizi che possono essere oerti dai centri più grandi e con maggiori risorse sono:

• accoglienza;

• colloqui di sostegno e di elaborazione del vissuto di violenza; • sostegno alla relazione madre-glio;

• assistenza legale;

• assistenza sociale e consulenza psicologica;

• orientamento e sostegno attivo all'inserimento sociale e lavorativo; • sostegno nella ricerca della casa;

• gruppi di auto-aiuto; • segretariato sociale;

• ospitalità a donne italiane e immigrate in possesso del permesso di soggiorno, e ai loro gli minori di dodici anni;

La permanenza nel centro e l'assistenza sia per le donne che per i minori sono gratuite e hanno luogo per un minimo di 90 giorni dalla data di ingresso nel centro.

Indipendentemente dalla grandezza della struttura o dalle capacità eco- nomiche tutti i centri antiviolenza mantengono costanti rapporti con le strut- ture pubbliche di assistenza come i pronto soccorso, i commissariati di pub- blica sicurezza, i carabinieri, i servizi socio sanitari e i consultori e le strutture scolastiche operanti nel territorio.

I centri vengono gestiti attraverso convenzioni con enti e associazioni che abbiano tra loro scopi essenziali la lotta alla volenza contro le donne e i verso i minori.

Nel 1990 è stata costruita la Rete dei Centri Antiviolenza, formata da 55 centri dislocati sul territorio nazionale, per costruire contatti, scambi, relazioni e politiche a favore delle donne maltrattate.

Il 21 gennaio 2006 è stata siglata a Roma la Carta dei Centri Antiviolenza, al ne di dotarsi di valori comuni sulla base dei quali orientare il proprio operato. L'identità comune nella quale si riconoscevano i centri che siglarono la carta si sviluppava secondo dodici punti:

1. I Centri che si riconoscono in questo documento operano all'interno dell'ottica della dierenza di genere e/o del pensiero e della pratica della dierenza sessuale, in specico ritengono la violenza maschile alle donne una violenza che ha radici nella disparità di potere tra i sessi. 2. I Centri sono costituiti da donne e vi lavorano donne che si occupano di

violenza intra- ed extrafamiliare alle donne (sica, psicologica, sessuale, economica, stalking, traking), e di violenza assistita (bambine/i che assistono a queste forma di violenza), in qualsiasi forma essa si esprima. 3. I Centri che ne fanno parte gestiscono l'accoglienza telefonica, e/o di- retta, e/o l'ospitalità di donne, adolescenti, bambine e bambini che han- no subito violenza e svolgono attività e progetti nalizzati a prevenirla e a contrastarla.

4. I Centri sostengono progetti individuali di donne, che vivono situazioni di temporaneo disagio e dicoltà a causa di violenza in atto, pregressa o subita in età minore.

5. I Centri realizzano azioni di ricerca, formazione, sensibilizzazione e di promozione di politiche contro la violenza.

6. I Centri accolgono donne sole o con gli/e nel rispetto delle dierenze culturali e dell'esperienza di ciascuna, nella consapevolezza del signi- cato e dell'impatto dell'appartenenza a diverse etnie, cultura, religione, classe sociale e di orientamento sessuale.

7. I Centri si impegnano a garantire alle donne anonimato e segretezza e intraprendono azioni che le riguardano solo con il loro consenso. 8. La metodologia di accoglienza si basa sulla relazione tra donne che

implica un rimando positivo del proprio sesso/genere. Tale relazione richiede riconoscimento di competenze, professionalità e valore fem- minile. Contiene l'opportunità per le donne di fruire della forza del progetto politico di cambiamento, volto a contrastare il senso di im- potenza ed isolamento che spesso provano nelle situazioni di violenza. La coscienza di sé e la competenza teorica e pratica sul tema della violenza alle donne, rappresenta un di più rispetto alla donna accolta; occorre usare questo potere ad esclusivo vantaggio delle donne, rispet- tando le loro scelte individuali. Il percorso di uscita della violenza verrà negoziato in un continuo processo di reciprocità, senza giudizio. I Centri forniscono strumenti ed informazioni circa i diritti, le risorse, le strategie al ne di restituire alle donne autonomia e consapevolezza. 9. Le Associazioni si impegnano a lavorare anché le singole donne che decidono di denunciare pubblicamente i danni che hanno subito dalla violenza non vengano strumentalizzate dai mass-media.

10. Ai Centri si rivolgono anche donne con bambine/i che a loro volta subiscono direttamente o indirettamente maltrattamenti e abusi. In questi casi è essenziale rilevare questi problemi e sviluppare interventi di protezione anche per le/i bambine/i. Questo in particolare modo nelle case rifugio dove vengono ospitati insieme alle madri, nel qual caso si ritiene che ogni Casa debba dotarsi di gure professionali adeguate anche per le/i bambini.

11. Tutte le operatrici e consulenti di accoglienza, volontarie e non, dovran- no avere una formazione adeguata e che rispetti le competenze profes- sionali della metodologia di accoglienza praticata nei Centri. I Centri si avvalgono di aiuto esterno e collaborazioni, anche maschili, nalizzate a progetti specici, dopo una accurata selezione e formazione.

12. Nelle azioni di formazione, promozione e sensibilizzazione va valoriz- zata la competenza, l'autonomia di pensiero e l'autorevolezza acqui- sita dall'esperienza dei Centri antiviolenza di 20 anni di impegno nel contrasto alla violenza11.

Le Case rifugio, invece, spesso ad indirizzo segreto, ospitano donne ed i loro gli minorenni che devono allontanarsi dalla propria abitazione a causa del pericolo per l'incolumità sica e psicologica per un periodo di emergenza.

11http://www.women.it/centriantiviolenza/carta_atti/carta_della_rete_nazionale

Ogni progetto di ospitalità viene programmato in linea di massima, coin- volgendo se necessario altri soggetti; il periodo di ospitalità è limitato, con- cordato dal progetto, e può essere prorogato o interrotto a seconda delle veriche eettuate periodicamente.

Per poter accedere ai progetti di ospitalità vi sono degli elementi indi- spensabili quali:

• disagio grave che vive la donna a causa di violenza sica e/o psicologica • il rischio di essere perseguitata

• la decisione di allontanarsi dal partner violento deve essere della donna • la donna deve dichiarare di essere pronta ad intraprendere un percorso

di cambiamento.

L'ingresso di donna in una casa rifugio è possibile dopo uno o più colloqui. I colloqui devono avvenire con due operatrici, la prima è colei che ha avuto contatti dall'inizio con la vittima e la seconda è la referente della struttura. Durante il colloquio d'ingresso vengono spiegate le norme alle quali la vittima, e nel caso i gli, si deve attenere; infatti di massima importanza sono le norme che riguardano la segretezza, il rispetto e la sicurezza per tutte le donne che vivono all'interno della struttura. All'interno della struttura la vita è autogestita e l'iniziale disagio per una convivenza forzata viene superato proprio attraverso le relazioni con altre donne che hanno vissuto la stessa esperienza. Con ogni ospite del centro viene avviato un percorso individuale con psicologi e assistenti del centro a scadenze settimanali o nel caso di necessità a scadenze più ravvicinate.

E' importante sottolineare che il Centro Antiviolenza è un luogo di tran- sito e che il lavoro oerto dall'equipe del centro non è di tipo assistenziale: non per la donna-vittima ma con la donna, perchè questa è vista come un soggetto agente che ha scelto di intraprendere tale percorso.

Le gure professionali con le quali le donne possono interagire all'inter- no della struttara sono l'operatrice di accoglienza, la psicologa, l'assistente sociale, la collaboratrice amministrativa, e poi educatrici per le bambine/i, le- gali, ricercatrici/documentariste, progettiste e formatrici (alcune gure sono volontarie altre hanno regolari rapporti di lavoro).

Le strutture si accoglienza e residenza sono istituite con la deliberazione dei comuni o dalle province.

In Italia solo le leggi regionali si sono occupate del fenomeno mentre a livello nazionale la materia non è stata ancora regolamentata da una norma- tiva unitaria La legge 23 aprile 2009 n. 38 ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità, un numero verde di pubblica utilità, il 1522 per tutelare vittime di violenza e di atti persecutori.

I numeri della violenza

Le tabelle contengono i numeri uciali secondo la Polizia di Stato1 e i

Carabinieri2, si riferiscono al'arco temporale che va dal 2010 al 2012, in Italia

1relazioniesterne.stampaps@interno.it 2cgcerimonialecs@carabinieri.it

e nel Lazio. Per l'anno 2013 i dati non sono stati consolidati ucialemente e quindi non possono essere resi pubblici.

Dal 2005 La Casa delle donne per non subire violenza3 di Bologna ha

avviato un gruppo di studio che si occupa di osservare i femminicidi che si vericano in Italia, poiché non esiste nessuna istituzione o ente specializzato che si occupa di raccogliere i dati. I dati raccolti hanno come fonte principale gli articoli ripostati su i giornali.

Nel Blog femminile La 27 ora del Corriere della sera4 vi è una pagina

intitolata Strage di donne5 , in questa pagina non vi sono tabelle ma l'elenco

delle foto delle vittime per gli anni 2012 e 2013, cliccando su ogni foto si apre una pagina che contiene le informazioni della vittima, quando è morta, come è morta e la relazione con l'assassino. Nella pagina relativa all'anno 2012 sono presenti 127 foto di vittime; l'anno 2013 ha la pagina in costante aggiornamento, ad oggi sono state caricate 108 fotograe di vittime.

4http://27esimaora.corriere.it/

Conclusioni

Durante lo studio e la stesura della tesi alcuni elementi sono diventati per me delle certezze.

Prima di tutto sono convinta che la violenza contro le donne possa essere

Nel documento Il femminicidio, l'epilogo della violenza. (pagine 87-128)