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L’Osservatorio Socialis, insieme all’istituto Ixè, ha svolto a maggio 2018 un’indagine, giunta ormai alla sua ottava edizione, sull’impegno sociale delle aziende in Italia, avvalendosi di un campione di 400 aziende con più di 80 dipendenti. I dati raccolti mostrano che l’85% delle aziende italiane hanno investito in iniziative di responsabilità sociale, in aumento rispetto al 2015 quando il dato si fermava all’80%; se poi si prendono in considerazione anche i precedenti rapporti, dal 2001, anno della prima pubblicazione di questo tipo di indagine, le imprese che mostrano attenzione a questo tema sono raddoppiate, essendo all’epoca il 44%. Guardando al valore economico della RSI, nel 2017 sono stati investiti complessivamente dalle aziende italiane che hanno scommesso sul loro ruolo di responsabilità sociale quasi un miliardo e mezzo di euro (1,412 mld) in azioni di RSI, il 25% in più rispetto al dato del 2015 (1,122 mld). In media l’ammontare di spesa/investimento nel 2017 per le imprese oggetto dell’indagine è stato di circa 200mila euro: +18,7% rispetto al 2015, quando la cifra media per azienda si attestava a 176mila euro. Nell’impegno attivo in RSI si registrano vistose differenze di comportamento tra i settori economici; quelli più attivi sono: il chimico della gomma/plastica, il meccanico/auto, il finance, il commercio, l’elettronica/informatica/telecomunicazioni. Si osserva poi un’incidenza dell’impegno in attività di RSI maggiore tra le aziende quotate in Borsa.

Per quanto riguarda le motivazioni principali (fig. 1) che hanno portato le imprese ad adottare iniziative di RSI, vi è un 35% delle risposte che riporta la volontà di “contribuire allo sviluppo sostenibile”, di voler essere “responsabili verso le generazioni future” (32%) e di voler “migliorare i rapporti con le comunità locali” (29%). Solo dopo le iniziative vengono sviluppate per fini commerciali, così il 21% si prefigge di “attrarre nuovi clienti”, mentre il 19% si propone di “rendere prodotti/servizi più innovativi”.

Le iniziative di RSI restano per la maggior parte sviluppate all’interno dell’azienda, ma crescono sensibilmente quelle rivolte al territorio di riferimento della sede operativa. Dal rapporto emerge che le modalità di realizzazione (fig. 2) della RSI più diffuse riguardano il miglioramento del “risparmio energetico”, l’investimento in

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“nuove tecnologie per limitare l’inquinamento e migliorare lo smaltimento dei rifiuti”, a seguire le modifiche a processi/prodotti aziendali e il potenziamento della raccolta differenziata, si rileva poi un aumento delle collaborazioni con il mondo accademico. Dal punto di vista settoriale, mediamente quello che investe in una molteplicità di attività è il finance (media di 4,5 attività), seguito dal meccanico auto (4,0), dall’industria manifatturiera, farmaceutica e commercio (3,9).

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Figura 13, fonte: VIII Rapporto sull’impegno sociale delle aziende in Italia, OsservatorioSocialis-Ixè

Aggregando le molteplici modalità di risposta, viene fuori qual è il peso specifico delle motivazioni: il vantaggio per la gestione delle relazioni con il territorio, con banche e stakeholder muove il 52% delle imprese; la sensibilità ambientale spinge il 51% delle imprese; l’espansione/fidelizzazione del portafoglio clienti muove il 46% delle imprese; la qualificazione dell’immagine e della reputazione muove il 35% delle imprese; i fattori economici e di risparmio (tasse/finanziamenti) muovono il 21% delle imprese; il miglioramento del clima interno motiva il 16% delle imprese.

Con riferimento alle attività ritenute indispensabili per ricavare dei benefici dall’adozione di politiche di RSI, troviamo il coinvolgimento di tutti i livelli organizzativi (50% delle imprese), in modo da diffondere la cultura della responsabilità dal top management a tutti i dipendenti; 4 su 10 ritengono che sia indispensabile formare il personale e far crescere comportamenti responsabili duraturi, mentre il 35% mira alla costruzione di strategie di RSI coerenti con i piani industriali.

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Guardando ai vantaggi derivanti dall’applicazione di misure di RSI, circa il 50% delle imprese rileva un miglioramento della reputazione ed anche un aumento della notorietà, così come un miglioramento delle relazioni con il territorio e la comunità di riferimento; in circa 4 casi su 10 si è riscontrato un aumento della fidelizzazione dei clienti ed un aumento del coinvolgimento e della produttività dei dipendenti. Il 97% delle aziende che fanno attività di RSI si dichiara soddisfatto. L’85% ritiene che le politiche di RSI rendono l’impresa “più attrattiva e affidabile in termini di accesso al credito e come possibile oggetto di investimenti”.

L’indagine mostra poi che a fronte delle azioni di RSI sviluppate, quasi tutte le imprese utilizzano dei sistemi di misurazione del valore delle iniziative, primo tra tutti l’analisi del profilo dei rischi, poi la valorizzazione dei costi esterni ambientali e sociali internalizzati, il calcolo del Social Return On Investments60 (SROI) e la mappatura delle iniziative in relazione con gli interessi degli stakeholder.

Tra i maggiori elementi di freno per quanto riguarda gli investimenti in RSI, secondo le aziende italiane, si confermano la mancanza di incentivi fiscali, di cultura manageriale e di risorse economiche. Il segmento di imprese attivo in RSI mette in primo piano la mancanza di incentivi fiscali, quello non attivo preme maggiormente sulla mancanza di cultura manageriale e di ritorni immediati. Tuttavia cresce la parte di coloro che vedono la RSI frenata soprattutto da una inadeguata “cultura manageriale”. Le aziende ritengono poi, che fatta eccezione per le regioni, l’impegno del sistema pubblico sia scarso nel promuovere i comportamenti socialmente responsabili; alle istituzioni nazionali le imprese richiedono soprattutto, per rafforzare gli investimenti in RSI, di creare un marchio che distingua le imprese virtuose sotto il profilo della RSI e la possibilità di ottenere detrazioni fiscali.

Per quanto riguarda gli strumenti di comunicazionedella RSI, ormai l’85% delle imprese italiane si è dotata di un codice etico (erano il 76% nel 2014). L’87% ne ha almeno sentito parlare. I valori fondanti di un buon comportamento sociale dell’impresa riguardano essenzialmente la trasparenza (63%), la salvaguardia dell’ambiente (61%) e a distanza seguono il tema dell’uguaglianza e della tutela delle diversità (42%), della protezione della salute (40%) e la tutela dei dipendenti (38%). Il 65% delle imprese

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Si tratta di un metodo di misurazione del valore creato non solo economico ma anche sociale ed ambientale utilizzato per valutare l’impatto delle attività sugli stakeholder.

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(valore più che raddoppiato rispetto al 2014 quando era solo il 30%) predispone un bilancio di sostenibilità aziendale. Il 57% dichiara poi di aver attivato un sistema interno di diffusione della cultura di RSI, percentuale quasi raddoppiata rispetto al 2014 (29%), avvalendosi di strumenti quali comunicazioni della direzione o attraverso sito internet, incontri periodici interni, attività di formazione ed educazione.

Dal punto di vista organizzativo, le imprese che prevedono una funzione o la figura del responsabile incaricato di occuparsi della RSI sono quasi raddoppiate, sono il 59% nel 2018 contro il 33% del 2014; quasi la totalità di tali imprese, ritiene che il responsabile delegato sia in grado di incidere positivamente sulla cultura d’impresa e nei processi aziendali.

Nel complesso, la percezione della RSI nelle aziende e tra i consumatori sta aumentando in misura maggiore nel settore finance, nella chimica/farmaceutica e nell’industria della metallurgia: lo ritiene rispettivamente il 48% e il 57% dei manager intervistati, dati in aumento rispetto al 2016 quando si fermavano al 28% e al 52%.

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