Per attuare un nuovo modello di sviluppo economico, il governo deve incoraggiare l’aumento dei consumi per assicurare la stabilità interna del paese, ma allo stesso tempo non può sottovalutare le conseguenze ambientali di un’espansione economica incontrollata. Affinché tale politica abbia un esito positivo, essa deve essere associata ad un’estesa e multiforme azione di sensibilizzazione ecologica della popolazione. Per imporre il rispetto delle normative ambientali, quest’ultima deve essere informata sfruttando canali differenti; solo in questo modo il cittadino vede trasformato il proprio ruolo da spettatore passivo ad alleato attivo della rivoluzione verde.
Nel 1991 la SEPA pubblicò le Misure riguardanti la gestione dei reclami in materia di protezione ambientale, che formalizzavano un sistema di partecipazione pubblica in cui i cittadini erano liberi di rivolgersi direttamente agli organi governativi per porre quesiti, inoltrare suggerimenti e denunciare attività non conformi alle leggi ambientali. A seguito di questo provvedimento legislativo, dal 1992 al 2009 i reclami aumentarono da 105.309 a 738.304.
Nel 1997 venne istituita una hot line ambientale con la quale i cittadini potevano denunciare le violazioni delle norme anche in assenza di danno personale. Questo meccanismo rappresentava un’alternativa efficace al sistema legale, offrendo un’opportunità di azione alla popolazione che veniva investita direttamente del ruolo di controllore.
Nel 1999 il Ministero dell’Educazione cinese in unione al WWF delineò un progetto di educazione ambientale nazionale che, in seguito all’approvazione nel 2003, estese il contenuto dei programmi di studio delle scuole primarie e secondarie all’ecologia e alle scienze ambientali. Oltre all’azione di sensibilizzazione scolastica, fu creata una rete sociale di informazione ambientale sfruttando il potenziale dei mass media come canale informativo di approfondimento e strumento di denuncia di attività illecite. Già intorno al 1950 molti programmi radiotelevisivi trasmettevano rubriche dedicate all’ambiente e non mancavano testate giornalistiche specializzate in attività di indagine, come il China Youth Daily.
Anche l’avvento di Internet consentì una maggiore diffusione delle informazioni; basti pensare a siti web come China Energy e China Environment Online, che tengono aggiornato
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l’utente sulle attività ambientali organizzate a livello nazionale ed internazionale, tramite interviste e dibattiti con specialisti del settore. Il “China Environment Prize”, istituito nel 2001, è il più alto riconoscimento cinese a imprese ed istituzioni impegnate in progetti innovativi per la tutela ambientale. La Giornata Mondiale dell’Ambiente, la Giornata dell’Ozono ed il Festival Cinese della Cultura Ambientale fondate dai volontari delle ENGO4
, rappresentano altre occasioni per diffondere una maggiore consapevolezza ecologica tra i cittadini.
Nel 2002 la Legge sulla valutazione degli effetti ambientali5 riconobbe ad ogni individuo il diritto di prender parte alle politiche pubbliche per la salvaguardia dell’ambiente, favorendo la partecipazione diretta dello stesso al processo decisionale. Questo principio venne ribadito nel 2006 con le Misure ad interim per la partecipazione pubblica alle valutazioni ambientali. Tuttavia l’efficacia di questo provvedimento fu limitata dalle autorità stesse: scegliendo direttamente i partecipanti ai dibattiti ambientali, il resto della popolazione veniva escluso dal diritto di esprimere liberamente il proprio parere su determinate questioni.
Uno dei problemi che ad oggi non ha trovato soluzione è la resistenza da parte dei governi locali a fornire dati ambientali reali; il più delle volte ci si limita a diffondere informazioni che vengono attentamente selezionate, tralasciando volutamente quelle riguardanti le denunce o le sanzioni amministrative e venendo così meno al dovere di trasparenza della Pubblica Amministrazione. A questo proposito il web rappresenta la fonte più veritiera delle notizie ambientali, nonché la cassa di risonanza del malcontento popolare.
La sensibilità ambientale può essere anche diffusa promuovendo l’acquisto di prodotti eco- compatibili per educare le masse al cosiddetto “consumo verde”. Il governo cinese ha definito un programma di procurement per la vendita di tali prodotti a prezzi più accessibili, in modo da aumentarne l’appetibilità sul mercato; in particolare nel 2006 la SEPA ed il Ministero delle Finanze pubblicarono una lista di prodotti ecologici a marchio registrato secondo il programma di green labeling iniziato nel 19936. Tuttavia alcune indagini hanno permesso di rilevare lo scarso interesse della popolazione nei confronti dei prodotti a risparmio energetico:
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ENGO: sigla che sta per Environmental Non Governmental Organization.
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Law of the People’s Republic of China on Evaluation of Environmental Effects, 2011,
www.china.org.cn/china/LegislationsForm2001-2010/2011-02/14/content_21915819.htm, 25 aprile 2016.
6
Ning YU, The Green Consumption Movement: the Roles of the Government, Business, Academia NGOs and
Consumers,
www.academia.edu/5910071/5._THE_GREEN_CONSUMPTION_MOVEMENT_THE_ROLES_OF_GOVER
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una ricerca effettuata nel 2006 dimostra che i consumatori cinesi non sono disposti a rinunciare ad alcuni beni simbolo di status sociale e ricchezza personale, quali l’automobile, ritenuta un bene indispensabile nonostante l’80% degli individui intervistati abbia affermato di essere consapevole dell’inquinamento atmosferico che essa causa. Per questo motivo, le automobili elettriche sono ben lontane dal riscontrare un gran successo in Cina. Per quanto riguarda il consumo verde, la popolazione assume comportamenti ecosostenibili solamente quando questi ultimi non intaccano il loro tenore di vita ma aiutano piuttosto al contenimento delle spese, come nel caso della riduzione dei consumi di acqua, gas o elettricità. Anche il prezzo più elevato dei prodotti verdi può costituire un fattore discriminante insieme al reddito dei consumatori, nonostante non è detto che consumatori più ricchi siano disposti ad acquistare un maggior numero di prodotti ecologici7. A ciò si aggiunge il fatto che il sistema di certificazione verde è ancora lacunoso, come è stato dimostrato dai casi frequenti di appropriazione indebita del marchio registrato dei prodotti biologici. L’apparizione di marchi e brevetti contraffatti ha aumentato la sfiducia da parte dei consumatori che, per tutelarsi da eventuali truffe, continuano ad acquistare prodotti non eco-compatibili. Dopo il 2009 la popolazione cinese è diventata più sensibile nei confronti del cambiamento climatico, soprattutto in seguito all’impatto mediatico della partecipazione della Cina alla Conferenza Internazionale sul Cambiamento Climatico di Copenaghen, tenutosi nello stesso anno.
In futuro si potranno ottenere risultati positivi solo se accompagnati da un mutamento di mentalità della popolazione cinese, la quale continua ad avere una concezione errata dell’ambiente, basata su una visione strumentale che fa di esso un mezzo per produrre ricchezza8.
Le organizzazioni non governative ambientaliste svolgono un ruolo altrettanto importante di sensibilizzazione della popolazione cinese. Le ENGO furono fondate a partire dal 1978; la prima ad assumere un’importanza nazionale ed internazionale è Friends of Nature, seguita dal Global Village di Pechino e da Green Earth Volunteers. Tra il 1984 e il 1987 si registrò una notevole diffusione di tali organizzazioni sociali, che aumentarono da quindici a quarantaquattro in soli cinque anni. Al fine di regolare la loro attività dal punto di vista legale, nel 1988 il governo emanò le Misure sulla gestione delle fondazioni e l’anno successivo i
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Julie KAN, Environmentally Friendly Consumers Emerge, The China Business Review, 2010, 37, 3: 42-45. Bing ZHANG, Who Will Be More Active in Sustainable Consumption? Evidence from China, International Journal of Environment and Sustainable Development, Vol.6, 2007, No. 4: 389-404.
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Paul G. HARRIS, Getting Rich Is Glorious: Environmental Values in the People’s Republic of China, Environmental Values, 2004, 13: 145-165, p. 147.
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Provvedimenti ad interim sulla gestione delle associazioni per gli affari con l’estero. Inizialmente le organizzazioni non governative ambientaliste venivano fondate unicamente da accademici o da individui aventi contatti politici importanti. Nel periodo successivo alla fondazione delle prime ENGO, fu possibile eludere la normativa registrandole come imprese o associazioni informali. Questa apertura dal punto di vista legislativo favorì il loro moltiplicarsi, tanto che nel 2005 si registravano 2768 ONG ambientaliste a livello nazionale. Nonostante la maggiore libertà d’azione, esse continuano ad essere vincolate al rispetto della legge cinese, pertanto non possono assumere una posizione troppo schierata nelle loro campagne. L’obiettivo delle ENGO è duplice: se da un lato vogliono risvegliare la coscienza collettiva sulle tematiche ambientali, dall’altro lo devono fare in modo cauto, senza suscitare clamore e proteste. In quest’ottica, solo le ENGO meno radicali godono del sostegno governativo. In quanto intermediarie tra lo Stato ed i cittadini, le ONG devono interagire con la gente comune – in qualità di rappresentanti del malcontento sociale - e con le autorità governative, evitando scontri aperti per poter continuare il loro operato.
Secondo le statistiche del China ENGOs Development Bluebook, il 65% di tali organizzazioni collabora con il governo, il 32% mantiene una posizione neutra e il 5% rientra nella categoria delle organizzazioni estremiste. Nonostante le ENGO siano impegnate in campagne educative su larga scala, il loro ruolo rimane marginale, in quanto sono pochi i consensi riscossi tra la popolazione. E’ per questo che spesso la loro funzione è limitata alla pubblicizzazione delle politiche governative o alla conduzione di ricerche in campo ambientale ed energetico. Ciononostante negli ultimi anni le ENGO stanno diventando sempre più attive e cercano di guadagnarsi margini di azione con campagne specifiche, come quelle volte alla promozione del riciclo o alla protezione delle specie in estinzione, come l’antilope tibetana e la scimmia nello Yunnan.
In alcuni casi, le ONG ambientaliste hanno subito le ritorsioni dei governi locali contrari alle loro iniziative. I casi più controversi hanno richiamato l’attenzione dei media mondiali, consentendo così alle ONG di farsi notare dallo Stato. Un esempio emblematico è quello della ENGO Green Watershed di Kunming, che nell’ottobre del 2003 bloccò il progetto di costruzione di una serie di dighe sul fiume Nu, che avrebbe avuto effetti devastanti sulla biodiversità locale di flora e fauna, costringendo anche la popolazione del luogo ad un trasferimento forzato. Il fattore di successo della campagna di opposizione è stato la mobilitazione di una vasta rete sociale di giornalisti, scienziati, membri del Congresso
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Nazionale del Popolo e della SEPA, tutti uniti dalla convergenza di intenti. E’ stata proprio la straordinaria capacità di coordinamento a suscitare l’interesse dell’opinione pubblica mondiale, mentre la presenza di numerosi giornalisti ha permesso di usufruire di canali diretti per dar voce alla ONG, raggiungendo così un pubblico più vasto. Tuttavia l’assenza di un forte appoggio popolare e le pressioni dei governi provinciali e degli imprenditori locali favorevoli al progetto, hanno determinato la ripresa dei lavori.
Se in passato le ENGO focalizzavano la loro azione perseguendo unicamente gli interessi ecologici, negli ultimi anni hanno sperimentato nuove forme di partecipazione politica, promuovendo una maggiore trasparenza delle iniziative statali e una maggiore responsabilizzazione del governo in un’ottica ambientalista. L’obiettivo finale diventa così la protezione delle comunità locali contro la costruzione di infrastrutture ad elevato impatto ambientale, come gli impianti idroelettrici altamente inquinanti.