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La Cina è il secondo produttore e consumatore di energia a livello mondiale. Nel 2004 il Paese si guadagnò il secondo posto in classifica per consumo energetico globale con 0.3 miliardi di petrolio grezzo impiegato, mentre nel 2005 il consumo di energia primaria costituiva il 4.8% della quantità mondiale utilizzata. La Cina è un grande paese esportatore di energia sotto forma di alluminio elettrolitico, carbone e coke petrolifero ed è sempre stata autonoma nella risoluzione dei propri problemi energetici; il suo tasso di auto- approvvigionamento ricopre il 90% del fabbisogno nazionale. Dal 1978 al 2005 il consumo di energia primaria è aumentato del 5.16% per una crescita annua del PIL del 9.6%. Con l’importazione di 136 milioni di tonnellate di petrolio nel 2005, la Cina si accaparrò il 5.5% del commercio petrolifero mondiale, divenendo il terzo più grande paese importatore dopo gli Stati Uniti (25%) ed il Giappone (10%). Nonostante attualmente la Cina non produca né consumi la stessa quantità energetica dei paesi sviluppati, in alcuni settori come quelli per la

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produzione di acciaio, cemento ed elettricità termica i livelli di consumo raggiunti sono spaventosi. A questo proposito, una struttura economica basata principalmente sul settore secondario non favorisce un consumo energetico contenuto, a differenza del settore terziario. Il carbone rappresenta la prima fonte per l’approvvigionamento energetico interno: il suo tasso di consumo corrisponde al 69% del totale dell’energia primaria impiegata, mentre il tasso di produzione ammonta al 76%. Tuttavia grazie al cambiamento strutturale in corso legato ai parametri dell’economia circolare, si registra una progressiva riduzione della percentuale di consumo del carbone, in sostituzione ad una percentuale più elevata di energia pulita ad alto livello qualitativo. Dal 1995 al 2005 il consumo del carbone si è abbassato dal 76% al 69%; nel 2005 anche l’importazione netta di petrolio è diminuita del 5.3%, mentre quella dei prodotti petroliferi si è ridotta del 34% ed è stata sostituita dall’aumento dell’energia idroelettrica e dell’elettricità nucleare (dal 5 al 7%).

Un ambizioso piano energetico venne introdotto nel periodo 1989-2000 per opera del Ministero delle Risorse Energetiche. Il progetto prevedeva la produzione dell’energia idroelettrica lungo il corso del fiume Giallo, del Fiume Yangtze e dei fiumi minori Wu, Hongshui, Lancang, mentre nelle regioni costiere furono costruite numerose centrali nucleari. Nella regione dello Xinjiang furono intensificate le trivellazioni per la ricerca di nuovi giacimenti petroliferi mentre nelle dieci città tra le più densamente popolate della Cina, il petrolio liquefatto e il gas naturale si imposero come risorse energetiche alternative, per ridurre l’inquinamento atmosferico.

Dal 2005 in poi la produzione delle rinnovabili risulta in netta crescita: la potenza degli impianti delle centrali idroelettriche ha raggiunto ben presto i 38 milioni di KW, quella delle centrali eoliche corrisponde a 1.26 milioni di KW, mentre crescono di anno in anno gli investimenti green nel campo del solare e del nucleare. Gli scaldabagno alimentati ad energia solare rappresentano una delle ultime invenzioni che consente la raccolta di energia per una superficie corrispondente a 80 milioni dim². La Cina produce annualmente 8 miliardi di m3 di metano e più di 17 milioni di compostiere domestiche di biogas. Nonostante i risultati ottenuti fino ad ora siano estremamente positivi, la Cina deve impegnarsi ancora molto per garantire la diffusione massiccia delle risorse complementari.

L’idroelettricità utilizzabile ammonta a 400 milioni di KW, ma quella effettivamente utilizzata è solamente un quarto del totale; l’energia eolica potrebbe ricoprire una capacità

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energetica di 1 miliardo di KW ma solo lo 0.13% viene impiegato. Anche il potenziale di energia solare è considerevole, infatti due terzi del territorio cinese sono soleggiati per 2200 ore annue.

L’energia biologica è la nuova frontiera dell’innovazione cinese: annualmente la Cina produce 700 milioni di tonnellate di paglia agricola e ne utilizza una parte come fonte energetica, in sostituzione al carbone, per l’equivalente di 150 milioni di tonnellate. Anche l’utilizzo dell’etanolo biologico come nuovo combustibile è sempre più diffuso, raggiungendo 1.02 milioni di tonnellate di produzione annua. I rifiuti silvicoli e le piante oleaginose costituiranno invece potenziali materie prime per una produzione annuale di 50 milioni di tonnellate di combustibili biologici in forma liquida.

Il Consiglio degli Affari di Stato si occupa della stesura dei piani energetici concreti per allineare la Cina alle normative internazionali vigenti; il governo si occupa dell’introduzione di nuove tecnologie, finanziando un fondo speciale a favore dell’incremento del rinnovabile, vietando allo stesso tempo l’utilizzo di impianti e apparecchiature obsolete altamente inquinanti. Le aziende che contravvenivano alle normative venivano punite con sanzioni di diversa gravità, dalla sospensione dell’erogazione di energia elettrica alla chiusura forzata dell’impianto. Successivamente a queste misure vennero aggiunte le multe e gli aumenti di prezzo per consumi energetici eccessivi. Le industrie “ad elevato impatto ambientale” dovevano anche fare i conti con la resistenza delle banche cinesi a concedere prestiti di qualunque tipo e con l’eventuale revoca di prestiti già concessi.

L’utilizzo delle risorse energetiche ecologiche deve essere promosso anche nelle zone rurali e a livello domestico. La riforma amministrativa del 1980 prevedeva l’aggiustamento del prezzo del petrolio attraverso la creazione del cosiddetto “sistema del doppio binario”: alle imprese venivano assegnate determinate quote della risorsa a prezzi preferenziali, mentre ulteriori quote dovevano essere acquistate sul mercato a prezzi non controllati. Tale sistema fu esteso al carbone e all’elettricità per rendere più efficiente la loro produzione. Le miniere statali fornivano le risorse energetiche a prezzi preferenziali per soddisfare le esigenze minime dei settori elettrico, chimico e metallurgico e vendevano le quote di carbone in eccesso sul mercato a prezzi superiori, per aumentare i profitti. Tale strategia economica venne attuata fino al 2007; da quel momento in poi vennero liberalizzati i prezzi di petrolio e

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carbone, mentre quelli dell’energia elettrica continuavano ad essere sottoposti ad un rigido controllo statale1.

Il 28 febbraio 2005 venne pubblicata la Legge dell’energia rinnovabile della Repubblica Popolare Cinese, che entrò in vigore il primo gennaio dell’anno successivo, fornendo per la prima volta la definizione ben precisa di “energia rinnovabile”. Con questo termine si intende l’energia non fossile, incluse l’energia eolica, solare, geotermica, biologica2

e l’energia marina. Nel 2007 venne promulgata la nuova versione della Legge sulla Conservazione dell’Energia emanata nel 1997 per sopperire alle lacune istituzionali del testo normativo precedente e promuovere gli investimenti in tecnologie a basso consumo energetico. Le province vengono autorizzate ad adottare misure che penalizzino le imprese energivore non conformi agli standard energetici imposti dalla legge.

Il primo progetto dotato di efficacia giuridica risale al 2004, quando il Consiglio degli Affari di Stato e la Commissione Nazionale dello Sviluppo e delle Riforme stilarono la Pianificazione Speciale a medio e lungo termine delle economie energetiche. Il documento sottolinea l’importanza del perfezionamento della legislazione energetica, precisando i campi d’azione su cui intervenire:

 La trasformazione delle caldaie o forni alimentati a carbone;  La commercializzazione delle macchine elettriche;

 L’economia dell’energia a livello infrastrutturale;

 L’ottimizzazione del sistema energetico mediante la cogenerazione regionale;  La definizione di un sistema di promozione delle nuove tecnologie.

Secondo tale pianificazione i prodotti petrolchimici devono essere rimpiazzati da prodotti dell’industria del gas naturale e della biomassa; le automobili tradizionali devono essere lentamente sostituite da autovetture pulite alimentate a gas, energia solare, etere, bioetanolo, batterie alternative o altri combustibili alcolici. Nel 2006 i piccoli altiforni di capacità inferiore ai 100 m3 ed i piccoli convertitori dotati di una capacità di smaltimento inferiore alle 15 tonnellate sono stati definitivamente soppressi nel settore dell’acciaio; in quello del

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Hengyun MA, Les OXLEY, John GIBSON, China’s Energy Situation in the New Millennium, Renewable and Sustainable Energy Review, 2009, 13: 1781-1799.

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Per energia biologica s’intende l’energia ottenuta dalle piante e le feci naturali, nonché dai rifiuti organici sia urbani che rurali.

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cemento invece sono stati eliminati tutti gli impianti aventi una capacità produttiva limitata di sole 20 milioni di tonnellate.

Nel 2004 la Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo emanò una norma per promuovere la ristrutturazione verde delle imprese, attraverso una classifica che le differenziava in base al settore industriale in cui esse operavano; le aziende potevano essere pertanto incoraggiate, consentite, a sviluppo limitato e da eliminare. Questo provvedimento venne modificato nel 2006 quando per promuovere colossi aziendali oligopolistici, vennero aumentati i costi energetici delle imprese di minore grandezza.

Nel 2007, l’XI Piano Quinquennale dello Sviluppo Energetico si prefiggeva come obiettivo finale la riduzione del consumo di petrolio e di 2.7 miliardi di tonnellate di carbone. Il Piano definiva cinque azioni prioritarie che si sarebbero dovute compiere negli anni seguenti per il miglioramento strutturale dell’industria ed il coordinamento operativo regionale:

1) Aumentare la produzione di elettricità carboniera con generatori più moderni; 2) Promuovere lo sfruttamento dell’energia idroelettrica proteggendo l’ambiente; 3) Incentivare la produzione dell’elettricità nucleare;

4) Sostenere la diffusione delle energie rinnovabili a livello nazionale; 5) Sostituire il petrolio con altre forme di energia pulita.

Entro il 2020 la produzione di energia rinnovabile si innalzerà dal 7 al 16%, mentre il futuro sarà caratterizzato dalla predominanza dell’industria leggera e dai settori high-tech. La logistica, l’informatica, i servizi commerciali e finanziari, costituiranno le forze propulsive dei nuovi progetti pilota per rinnovare l’industria tradizionale in un’ottica ecosostenibile. Il successo della nuova politica energetica dipenderà in ultima analisi dall’esito delle campagne di sensibilizzazione dei cittadini: l’introduzione della “Settimana nazionale di propaganda sull’economia energetica” e della “Propaganda sulla diffusione delle tecniche dell’economia energetica” è una manifestazione evidente del buon governo del territorio e della maggior responsabilità civile rispetto alle questioni ambientali.

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