• Non ci sono risultati.

La dignità umana nel biodiritto: potenzialità e limiti d

3. Il mutamento del paradigma giuridico

3.3. Il labirinto della dignità umana

3.3.3. La dignità umana nel biodiritto: potenzialità e limiti d

Quanto fin qui detto in materia di dignità umana porta a sottolineare i problemi di quello che è generalmente considerato un oggetto tipico del diritto della bioetica. Emerge, in particolare, come tale concetto sia condiviso solamente fino a che lo si limiti ad un contenuto “minimissimo” ed autoevidente (tortura, schiavitù) e si rimanga ad un livello di formulazione generale e generica (formula dell’oggetto); arrestandosi cioè all’indicazione consistente nel trattare ogni essere umano come fine e mai semplicemente come mezzo. Nel momento in cui si voglia agganciare ad esso una tutela più ampia o applicarlo, adeguandolo, a casi specifici e concreti, tuttavia, tale concetto sembra scatenare un potenziale divisivo del tutto particolare.

Se in ambito etico, appare chiaro e del tutto comprensibile che tale formula venga utilizzata in contesti e per finalità diverse e spesso contrapposte, ci si sarebbe potuto aspettare, in campo giuridico,

158

Il riferimento va alla relazione tenuta da D. SCHEFOLD su La dignità umana in data 11 aprile 2003, presso la LUISS di Roma: spunti nel relativo Bollettino, n. 4 del 2003: http://www.luiss.it/semcost/index.html?dirittifondamentali/resoconti/ 200304.html~right. Complessivamente concordi nel sottolineare l’ambiguità del concetto, soprattutto se considerato in sé, gli altri partecipanti all’incontro, fra cui Gaetano Azzariti, Paolo Ridola, Adele Anzon, Sergio Panunzio e con maggiori distinguo – ci è sembrato di cogliere – Sergio Lariccia e Sergio Stammati. La letteratura al riguardo è molto ampia. Fra gli altri, si vedano: C. SMITH, More

Disagreement Over Human Dignity: Federal Constitutional Court’s Most Recent Benetton Advertising Decision, in German Law Journal, 2003, 533, secondo cui:

«Human dignity is also one of the most elusive concepts in German constitutional

qualche elemento di maggiore univocità e chiarezza dovuto al carattere convenzionale e deliberativo proprio del fenomeno giuridico. Ancor più di quanto accade per le definizioni di vita e di morte (criticate, ma nella maggior parte dei casi utili ed efficaci), la dignità rimane nel diritto costituzionale comparato concetto fortemente ambiguo la cui natura, il cui contenuto ed i cui destinatari mutano a seconda dei contesti e di variabili difficilmente prevedibili o controllabili. Ed anche all’interno dello stesso ordinamento, tale concetto pare assumere caratteristiche e connotati differenti e non sempre fra loro compatibili.

Certamente, il concetto di dignità non appare in termini generali inutile, ché il riferimento ad esso può assolvere una pluralità di funzioni interpretative di segno tendenzialmente garantista.

La dignità umana, infatti, vale a costituire in alcuni settori un ben visibile punto di non ritorno rispetto ad esperienze autoritarie (come fascismo e nazismo) lesive dei più fondamentali principi di tutela dell’essere umano. Sulla dignità, così, può trovare fondamento un’interpretazione evolutiva del diritto e dei diritti che accompagni e rafforzi letture orientate verso una maggiore considerazione per la tutela della personalità e per i principi di libertà e di eguaglianza. Lo stesso concetto, a guisa di «“premessa antropologica” dello Stato democratico e sociale di diritto» permette di ricostruire in termini unitari diversi profili della personalità, i quali siano riconoscibili e tutelati in forme inalterate «qualunque sia la condizione in cui una persona si trova concretamente (sottoposto agli arresti, carcerato, degente in ospedale o rinchiuso in un manicomio, ecc.) (…) e indipendentemente dal possesso dello status civitatis»159. All’interno del gioco del bilanciamento di interessi, ancora, la rilevanza

159

G. ROLLA, Il valore normativo del principio della dignità umana. Brevi

considerazioni alla luce del costituzionalismo iberoamericano, cit., 1876, e si veda

anche ID.,Diritti universali e relativismo culturale, inQuadernicostituzionali, 2005,

funzionale della dignità umana può costituire elemento decisivo tanto da un punto di vista formale, in termini di procedimento che sia due proprio in virtù del rispetto della intrinseca dignità umana, quanto da un punto di vista sostanziale, quale fondamento dei diritti che non può essere intaccato160.

Tuttavia, nel momento in cui oggi si cerchi di specificarne il significato concreto; quando si voglia dedurne obblighi e diritti specifici in riferimento alle sfide attuali della biomedicina e delle biotecnologie; quando si voglia esaminarne in dettaglio natura, destinatari e contenuto la dignità pare stemperarsi, assumendo caratteri di forte ambiguità. E rischia di divenire un concetto falsamente chiaro ed evocativo di lacerazioni anziché di intesa161.

160

Il riferimento va ancora a G. ROLLA, Il valore normativo del principio della

dignità umana. Brevi considerazioni alla luce del costituzionalismo iberoamericano,

cit., 1878 s.

161

Si vedano anche, fra gli altri, D. BEYLEVELD, R. BROWNSWORD, Human

Dignity, Human Rights, and Human Genetics, in Modern Law Review, 1998, 661,

662: «Our conclusion is that the concept of human dignity has a legitimate place in

debates about human genetics. However, it is something of a loose cannon, open to abuse and misinterpretation; it can oversimplify complex questions; and it can encourage a paternalism that is incompatible with the spirit of self-determination that informs the mainstream of human rights thinking»; W.P. CHESHIRE, Toward a

Common Language on Human Dignity, in Ethics and Medicine, 2002, 7:

«Nevertheless, some have questioned whether “human dignity”, an emotionally-

laden phrase used to dignify various political causes, is sufficiently well-defined to serve as a useful term in bioethical discourse. Its colloquial use is often vague. A more rigorous attempt at a precise definition might risk dividing public discourse and dismantling consensus where unity is desirable»; D.A. HYMAN, Does

Technology Spell Trouble with a Capital “T”?: Human Dignity and Public Policy,

in Harvard Journal of Law & Public Policy, 2003, 3, 4: «Assessments of human

dignity are quite subjective, with considerable variation temporally, chronologically, geographically, and culturally. Social class, religion, wealth, and the degree of industrialization matter as well. There is also a considerable degree of individual variation. Consider whether human dignity is enhanced, diminished, or unaffected by blue laws, capital punishment, cloning, decriminalization of drug possession, gay marriage, genetically-modified food, gun control, legalized

La dignità, così, può essere intesa (sub a) come diritto soggettivo assoluto, pienamente ed autonomamente azionabile piuttosto che come interesse di volta in volta bilanciabile o principio pregiuridico posto (solo) alla base della tutela dei diritti fondamentali. Per quanto riguarda il suo contenuto (sub b), lo spettro delle differenti posizioni va da quanti ne sottolineano il collegamento imprescindibile con il controllo autonomo di sé e con il principio di autodeterminazione a quanti, in netta contrapposizione, ricostruiscono il suo connotato essenziale, imponibile anche contro la volontà individuale, nella assolutezza ed indisponibilità162. In questi termini, ad esempio, le due possibili ed opposte interpretazioni del contenuto della dignità verranno utilizzati infra come possibili chiave di lettura del modello permissivo contrapposto a quello impositivo163.

Se i destinatari cui ricondurre la tutela della dignità (sub c) sono, quasi univocamente, tutti gli appartenenti al genere umano, si discute sulla possibile titolarità da parte delle generazioni future164; e le

prostitution, partial-birth abortion, physician-assisted suicide, prohibition of hate speech, school prayer, school vouchers, state lotteries, and three-strikes laws».

Di diverso avviso, F. D’AGOSTINO, Elogio del Comitato Nazionale per la

Bioetica, in COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Il Comitato Nazionale per la

Bioetica. Quindici anni di impegno, Roma, 2005, 165, 169, secondo cui «[d]dignità

è parola difficile, [su cui] da Nietzsche in poi maestri e “maestrini” del sospetto hanno accumulato accuse di vaghezza semantica e fin troppo facili sarcasmi. Ma è termine che il CNB ha sempre ritenuto irrinunciabile, perché lo ha percepito e utilizzato come l’unico termine del lessico moderno capace di condensare quella che è l’essenza dell’etica (e quindi della bioetica): il carattere di indisponibilità o, se così si preferisce dire, di assolutezza del bene». In termini meno netti e più dubitativi, ci sembra, ID., Bioetica e dignità dell’essere umano, in C.M. MAZZONI, Un quadro

europeo per la bioetica?, Perugia, 1998, 153 ss.

162

Alcune sintesi delle varie posizioni, fra le altre, in D. DWYER, Beyond

Autonomy: The Role of Dignity in ‘Biolaw’, in Oxford Journal of Legal Studies,

2003, 319 ss.; G. PIEPOLI, Dignità e autonomia privata, in Politica del diritto, 2003, 45 ss.

163

Cfr. il capitolo dedicato alle Fonti del biodiritto.

164

Cfr. G. LIMONE,La scienza contemporanea al confronto con le generazioni future, in L. CHIEFFI (a cura di), Bioetica e diritti dell’uomo, cit., 1 ss.

posizioni risultano comunque nettamente distinte a proposito, ad esempio, dell’inizio-vita fra quanti insistono su una tutela della dignità di tutti gli esseri umani in termini necessariamente paritari e quanti ne scorgono gradi di protezione necessariamente differenziati. Il biodiritto contemporaneo si caratterizza per essere materia che rifugge le discipline assolute e fondamentaliste, quelle – per così dire – “senza se e senza ma”, e che si connota per soluzioni che dipendono di volta in volta da delicati equilibri e bilanciamenti di interessi diversi e spesso contrapposti. C’è certamente accordo (o dovrebbe esserci su basi anche giuridiche) sul ritenere il genocidio, la tortura o la schiavitù fenomeni gravemente lesivi anche del contenuto minimo della dignità umana; ma che dire del ruolo giocato dallo stesso concetto in riferimento alla c.d. clonazione terapeutica o alla ingegneria genetica sulla linea germinale? Entro quali limiti riconoscere all’eugenetica negativa un ruolo non lesivo della dignità delle generazioni future? In quale senso riconoscere pari dignità alla madre ed all’embrione che porta in grembo o che in esso potrà essere trasferito?

In questi settori di forte attualità, quelli che maggiormente avrebbero bisogno di trovare elementi sicuri attorno a cui costruire una disciplina giuridica efficace frutto di orientamenti condivisi, la dignità pare rappresentare non un riferimento utile, ma al contrario, un elemento controproducente, potente catalizzatore – per quanto si è detto – di Weltanschauungen lontane e fra loro complessivamente incompatibili165.

165

Richiamando con forza le radici culturali della società, concetti come quello di dignità paiono forse smarrirsi quando anche le prime (le radici) si sono smarrite. «But often the concepts of dignity behind the rhetoric are so different that the

argument altogether seem to refer to wholly different issues»: D.E. CUTAS, Looking

for the Meaning of Dignity in the Bioethics Convention and the Cloning Protocol,

In termini generali e conclusivi sulle problematiche riferite all’oggetto del biodiritto, è stato così autorevolmente sostenuto come

«[s]e sapessimo dire a noi stessi cos’è la nascita, cos’è la morte, cos’è ciò che vive nel ventre della donna, cos’è ciò che vive per virtù di una macchina, cos’è una madre e cos’è un padre, cos’è l’identità, cos’è la dignità, avremmo il linguaggio per valutare e prescrivere. Ma non lo sappiamo, o lo sappiamo in parte e senza certezza, o non lo sappiamo concordemente»166.

Ed a fronte di tale indeterminatezza, gli organi abilitati a decidere i casi nella loro concretezza si trovano a poter o dover espandere – come si vedrà infra nel prossimo capitolo dedicato a Le fonti del

biodiritto – la propria discrezionalità anche oltre i confini loro

fisiologicamente assegnati.

166

LE FONTI DEL BIODIRITTO