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Il dilemma etico

Nel documento I dilemmi etici degli insegnanti (pagine 31-38)

1. L’ETICA NEI DILEMMI

1.2 Il dilemma etico

Il dilemma etico è un tema d’indagine che apre gli scenari del disagio lavorativo nelle scuole e della dedizione alla mansione di insegnante laddove una qualsiasi azione educativa ri- sponde al progetto di zelo della responsabilità umana. Il “dilemma” è volontariamente pre- ferito al “problema”; a partire da questo presupposto si denota l’esigenza di compiere una distinzione etimologica sul significato dei due vocaboli (spesso comunemente confusi come sinonimi) per formulare una disamina sulla consapevolezza dell’area da investigare.

La parola “dilemma” proviene dal termine greco lèmma cioè uno che sceglie, dal verbo lambàno prendere e dal prefisso dìs che significa due. Con dilemma si intende dunque la scel- ta tra due opposte possibilità, A o non A, affermazione e negazione, accettazione o rifiuto (Casati, 2003, p.19). Il vocabolo problema proviene dal termine greco prò-blema, derivato da pro-ballo gettare aventi. Il problema è davanti a noi ed esige una risposta. Però non dice né se una soluzione sia possibile, né se sia ragionevole per tutti o di differenti tipi. I problemi sono soluzioni aperte che non sappiamo se saremo capaci di risolvere. La soluzione non si presenta sin dal principio; pertanto non dovremmo scegliere tra due repliche possibili, ben- sì cercare la risposta propria e adeguata (Casati, 2003, p.25). Mentre il problema è un osta- colo che devia l’integrità di una soluzione semplificatrice ed offre una lettura ampia come condizione per superare il disagio sperimentato, il dilemma è caratterizzato da un quesito moltiplicato composto da due ultimatum che determina una complicazione nella scelta dell’alternativa A o dell’opzione B. Detto in altri termini, quelle situazioni disagianti che non richiedono una particolare scelta tra due corsi di azione, non rientrano nei dilemmi eti- ci ma semplicemente in casi problematici. “Se ci limitiamo a dire: «C’è un conflitto di dove- ri; devo fare A e devo fare B; ma non posso fare ambedue le cose», non stiamo pensando criticamente” (Hare, 1989, p.58).

Questa distinzione, propria del significato del dilemma etico, apre gli scenari complessi della comprensione di una situazione dilemmatica laddove due strade - apparentemente in- compatibili - denotano l’applicazione di un pensare criticamente riflessivo sulle proprie ca- pacità di saper valutare, ponderare qual è il fare migliore da attraversare perché entrambe le direzioni sono oberate di significati etici. Interrogare la dimensione etica del fenomeno umano, su ciò che assicura il bene di vivere e su ciò che procura il male di esistere nella molteplicità degli atti quotidiani, è un desiderio che induce a migliorare il modo in cui spe- rimentiamo la nostra buona esistenza. L’intensa problematicità della vita umana, sempre

aperta alle dinamiche trasformative che permeano il significato esistenziale, espone l’esperienza comune a situazioni incerte che caratterizzano la storia personale di ciascuno.

Ogni qualvolta il disegno della vita si colora di possibilità agenti, azioni capaci di inca- nalare (meglio o peggio) il corso del nostro modo di essere nel mondo, emerge la sfumatura del dilemma. L’etica nel dilemma rappresenta un elemento sostanziale perché la domanda fondamentale è il che fare e quando si cerca una risposta la mente deve deliberare; il tema etico, circostanziato al dilemma, emerge perché ciascuna persona nella sua quotidianità pro- fessionale è sottoposta ad eventi che inducono la messa in atto di una buona competenza decisionale per risolvere l’imprevisto di una situazione critica; il verificarsi di episodi emer- genziali nello svolgimento della routine lavorativa evidenzia la competenza di saper vagliare le binarie incertezze per realizzare una corretta analisi esplicativa della specificità contestua- le che esige la formulazione di una corretta deliberazione. Risulta importante interpellare - dilemmaticamente - i dubbi antitetici di un caso intriso di problematicità perché equivale a quel senso di dovere morale che indipendentemente dai risultati sperabili o non desiderabili conseguiti, necessita di essere perseguito. Ogni persona nella sua quotidianità lavorativa è sottoposto a diversi eventi dilemmatici: nel momento in cui la propria pratica professionale si esplica nella dimensione dell’agire educativo - a diversi livelli e gradi di educazione - ecco che si palesa la complessità della questione aperta. Ammettere l’esistenza di dilemmi vuol dire rinunciare ad assumere l’atteggiamento neutrale della realtà scolastica come non pro- blematica ed imparare a mettere in discussione le diversificate competenze perché se ci fos- sero universali procedure decisionali capaci di guidare il processo deliberativo di una deci- sione finale o valutativo di un’indecisione allora non ci sarebbero nemmeno dubbiosità in- terroganti la coscienza agente.

Gli individui che esperiscono un dilemma etico soppesano coerenti principi valoriali adeguati a dirigere l’operato migliore delle loro azioni: essi sono smarriti e perplessi perché faticano a trovare una rappresentazione istantanea tesa ad individuare e a scindere automa- ticamente ciò che è giusto rispetto a ciò che è sbagliato. Tutto ciò perché l’individuo, men- tre si accinge a far affiorare alla mente contenuti dilemmatici, si immerge in situazioni am- bivalenti che accompagnano progressivamente il residuo del ragionamento completo, causa di una decisione, o incompleto, causa di una mancata deliberazione. Rilevante è precisare che il dilemma costituisce un passaggio critico nella mente del soggetto perché la situazione dilemmatica fa riferimento al singolo soggetto nella solitudine della sua coscienza ed appella la sua responsabilità agente, quest’ultima intesa come possibilità di percepirsi determinanti

nell’evoluzione di una condizione non facile. Tali conflitti possono essere utili e la dialettica risultante può causare un aiuto per noi personalmente e per gli altri; tale essenza etica ri- chiede di nuotare controcorrente e di prendere rischi personali (Rossy G.L., 2011). Nel completo ventaglio delle possibilità dilemmatiche - interne al complesso contesto educativo - si cela una scelta o una non scelta: il soggetto, portatore ed espositore di dilemmi etici, è particolarmente volubile dal momento che la risoluzione dell’incidente critico lascia un re- siduo destabilizzante nella cognizione dell’individuo. La pressione racchiusa nella mente esercita la sua forza nell’inadeguatezza percepita in due versanti: nel primo caso, l’individuo riesce a prendere una decisione come risultato di un ragionamento elaborato; nel secondo caso, il soggetto fallisce la scelta arbitraria come esito di un’interferenza riflessiva. Anche se una prima azione è il risultato di un ragionamento capace di far prevalere - causa validi pre- supposti sensati - una decisione rispetto ad un’altra rimane comunque inalterata la presenza della seconda azione scartata e rimasta incompiuta poiché le sue implicazioni e conseguen- ze rimangono per sempre sconosciute.

Trovarsi di fronte alla possibilità di scegliere è esperienza comune, accompagna la no- stra storia personale composta da scelte ricordate o cadute nell’oblio che determinano il corso delle vicende successive; ogni qualvolta ci troviamo innanzi a queste situazioni di fronte a noi abbiamo un dilemma. “La condizione in cui l’uomo si trova nel mondo è l’angoscia legata alla libertà di scelta, alla possibilità, da cui non può sfuggire: egli è posto costantemente di fronte alla scelta tra due vie opposte che si aprono dinanzi a lui ed è ob- bligato a precorrerne una abbandonando l’altra” (Passarello, 2008, p.59). Ogni valutazione etica implica il desiderio di agire bene mediante una concezione meditata di ciò che significa agire in modo valido. La persona che attua una riflessione sul dilemma etico dispone di due criteri antitetici per compiere o non portare a termine la selezione di un’opzione e, così fa- cendo, accentua la sua gracilità pratica che vacilla in modo discontinuo su aspetti del caso critico messaggeri di azioni incompatibili. Rinunciare a qualche opportunità di scelta consa- pevole, può condurre ad un’esistenza abitata dalla mediocrità in cui il timore dell’incertezza e dei rischi non allena all’esercizio di prendere decisioni sulla propria vita bensì abbandona quest’ultima all’inerzia di non cambiare e di non mettere in discussione il vissuto passato e presente per non rompere l’equilibrio illusorio di un’esistenza lineare. Coniugare il riflettere all’agire significa amplificare l’attività cognitiva e consegnare ad essa una progettualità nel domani: il pensiero non deve essere ridotto ad uno stato mentale vuoto, incatenato in una dimensione lontana della realtà e priva di legami concreti con essa (passato) ma deve essere

nutrito nella tangibilità della condizione attuale (presente) e proiettato nel parametro evolu- tivo dell’avvenire (futuro). La libertà di agire assume un duplice valore perché il tema del riconoscimento, il quale deriva dalla facoltà di essere autori dei propri atti, non si limita ad un unico soggetto ma si estende all’alterità come invito a destrutturare la propria realtà per apportare in essa cambiamenti migliorativi allo stato attuale. La libertà è la luce stessa dell’etica che eccede rispetto a qualsiasi forma di possesso, per questo essa può rivelare il carattere essenzialmente incerto e fragile di ciascun essere connesso all’imprevedibilità del fluire degli eventi rispetto ai quali risulta talora meno faticoso ritrarsi davanti alla loro com- parsa per esercitare una presa di posizione meno apparente rispetto ad un’esposizione di pensiero attuativo consapevole. I conflitti etici nell’insegnamento invitano gli insegnanti a considerare la rilevanza morale di ciascun dilemma a partire dalla prospettiva di ciascuna delle parti coinvolte (Husu J. & Tirri K., 2001). La funzione esecutiva dell’etica rispetto al dilemma si esplica nella misura in cui essa si attiva secondo una modalità di scelta ragione- vole. Ciò permette non solo di incrementare il valore dell’esperienza professionale ma an- che di misurare la responsabilità della condotta lavorativa in circostanze difficili laddove ogni azione corrisponde ad una reazione in termine di implicazione delle conseguenze.

I dilemmi etici costituiscono due modalità d’esistenza alternative, non c’è relazione di continuità tra la prima e la seconda, l’aut-aut esprime questo concetto: o l’una o l’altra; i ca- ratteri attribuiti all’una che si presenta sotto forma dilemmatica sono descritti in forma anti- tetica rispetto all’altra. Come poli del dilemma i due atti costituiscono, verso la persona orientata ad intraprendere il percorso di scelta tra le due alternative concorrenti, ugual valo- re perché alla valutazione del sentiero da compiere in entrambi i versanti incompatibili su- bentra la percezione del rischio di compiere una decisione sbagliata cosicché subentra - inevitabilmente - la minaccia del dubbio dell’altro varco deviato alla diramazione. La condi- zione di coloro che esperiscono dilemmi etici è sempre moralmente contradditoria perché sono posti costantemente di fronte a due punti focali di un evento critico che si aprono di- nanzi ed obbligano ad optare per l’uno a discapito dell’altro. Un dilemma è sempre etico perché ogni valutazione implica il desiderio di agire bene mediante una concezione medita- ta di ciò che significa agire in modo valido. “Si può facilmente convenire che a volte può proprio accadere che una persona pensi di dover fare A e pensi anche di dover fare B, ma non possa fare entrambe le cose (…) Di fronte a questa difficoltà, alcuni hanno preso l’eroica decisione di sostenere che dalla proposizione «Io devo fare A e devo fare B» non consegue «Io devo fare A e B». Altri potrebbero prendere la decisione, altrettanto eroica, di

dire che è possibile che io debba fare A e non debba fare A, ma che ciò non comporta ne- cessariamente che io debba, al tempo stesso, fare A e non fare A” (Hare, 1989, pp. 59 - 60). L’etica nel dilemma rappresenta un elemento sostanziale perché quando si cerca una ri- sposta la mente deve conseguire la direttiva migliore per deliberare il bene. Il soggetto im- brigliato in un bivio, valutando una delle due vie plausibilmente percorribili, compie invo- lontariamente due diverse operazioni etiche: predilige una che diventa possibilità (azione eseguita) e scarta l’altra che diventa impossibilità (azione ignorata). La circostanza conte- stuale del dilemma si presenta contrastante nella sua stessa essenza: l’atto effettuato implica non solo uno spostamento rapido, in cui nello spazio del riflettere per l’agire, non si ha la possibilità di voltarsi indietro per vedere che cosa si è lasciato andare ma anche uno slancio nel nulla dell’altra alternativa ormai persa dal momento che la stessa scelta presa, se solo il soggetto avesse saltato verso l’altra direzione abbandonata, avrebbe potuto divenire non va- lida. Dunque una traccia, una minaccia del salto nel vuoto sottointeso come nonnulla resta impressa in ogni contraddizione della vita. (Passarello, 2008)

R. Baden - Powell seppe individuare un passo intramontabile, riconducibile alla complessi- tà dell’educazione, che nell’attualità può essere interpretato come ancora contemporaneo: “Ci sono due modi per scalare una montagna. C’è chi sale su dritto seguendo il sentiero fatto dagli altri o indicato nella guida; tiene gli occhi fissi su quel sentiero, per non perderlo; la sua idea fis- sa è di farcela ad arrivare in cima. C’è invece un altro tipo di alpinista che è ugualmente ansioso di arrivare in cima, ma che guarda più lontano. Guarda davanti a sé e in alto e vede le varianti che, a causa di frane ecc. si possono fare rispetto al sentiero pre-esistente, e varia il suo percor- so in conseguenza. Di quando in quando si ferma a guardare attorno a sé per rendersi conto della vita spettacolosa che ad ogni passo si apre e si dispiega dinanzi a lui; e così il suo animo si riempie di gioia ed entusiasmo, che rendono leggero il suo compito e gli danno la spinta per continuare. Inoltre, guardando indietro, si rende conto che le colline che ha tanto faticato per superare sono ormai semplici monticelli di talpe ed ha la possibilità di far segnali agli altri anco- ra impegnati nella prima parte della scalata, per dar loro indicazioni ed incoraggiamento. Così il secondo alpinista compie la sua scalata con gioioso entusiasmo, anziché, come l’altro, con un’ascensione tenace ma seria e faticosa. Dunque, nel nostro lavoro, come del resto in ogni al- tra attività, dovremmo guardare avanti, molto avanti, con grande speranza ed obiettivi elevati, e guardare attorno a noi con gioia e buona volontà; guardare indietro con gratitudine per ciò che è stato compiuto e, quindi, continuare con rinnovato vigore, con pronto spirito di iniziativa e con più larga veduta sulla meta ultima che vogliamo raggiungere, aiutando nel contempo gli al- tri sul cammino” : “Guarda lontano”, in Xodo C., 2001, p.287.

Altresì posticipare l’avvenuta decisione conduce ad un particolare dilemma che non svanisce nel qui ed ora ma che si protrae nel tempo secondo una modalità di vivere passiva, non attiva; rinunciare di affrontare situazioni eticamente dilemmatiche, ritrarsi davanti alla loro comparsa implica il non dover fare i conti in termini di sicurezza e stabilità perché se il soggetto non mette in discussione niente allora tutto rimane inevitabilmente uguale al me- desimo. Alcuni dilemmi irrisolti durano per un lungo spazio temporale dove permane la

nostalgia di un dilemma perduto, di un’occasione mancata di esserci con tutte le forze di- rompenti del contrasto interiore. Ecco perché si palesa l’esigenza di delineare un particolare spazio visivo in cui osservare criticamente la realtà che ci circonda per attribuire ad essa un giusto criterio guida tale da sottoporre ad ogni forma di educazione morale il desiderio di vedere bene quei valori che sottendono la valutazione di ogni corrispondenza dilemmatica; la questione non è certamente risolvibile in modo rapido e indolore ma, una volta affronta- ta con prontezza responsabile ogni situazione intrisa di problematicità, il terreno in salita - saturo di antitesi a prima vista paralizzanti l’agire - si raffigura come una discesa pianeggian- te su cui poter stabilire una competenza specifica in grado di rimettere in circolazione un caso in bilico, prima perduto e poi salvato. Un percorso formativo duro che richiede sacri- ficio di introspezione per scrutare il fare migliore da intraprendere nella conoscenza etica di agire bene concorre ad indagare in maniera minuziosa ogni singolo aspetto del caso in que- stione amplificando l’impegno nella direzione di una traiettoria morale.

Rendere reattiva la capacità di discernere con giusta cognizione le due alternative in contrapposizione, presuppone attraversare con forza una strada non pianeggiante poiché solcata da un senso morale che deve rimanere ancorato ad una prospettiva critica per valu- tare, dal punto di vista etico, ciò che si ritiene maggiormente consono alla non compromis- sione di una situazione educativa già dilemmaticamente intaccata e quindi incerta. Invalida- re l’attribuzione di una dose di responsabilità agente in casi difficili, presuppone il rifiuto del dubbio sul come agire in una circostanza intrisa di problematicità - su ciò che è bene e su ciò che male - nega il discernimento di distinguere rettamente la valutazione di un even- to complesso lasciato in balìa dell’imprevisto che soccombe alla mancata soluzione. Nel momento in cui alcuni dilemmi sono ignorati subentra l’incapacità di rispondere in un mo- do piuttosto che in un altro e far decadere il conflitto tra due opzioni preferibili determina, in ogni caso, una specifica posizione morale. Detto in altri termini, conoscere i dilemmi eti- ci e attivarsi per la loro soluzione pone in essere un merito aggiunto a coloro che ammetto- no di essere portatori di esperienze - eticamente dilemmatiche - nella loro pratica profes- sionale. Tuttavia, la scelta definitiva non è fondamentale. Con questo intendo dire che sia il coinvolgimento interessato sia il distacco indifferente, ad un evento critico che innesca un dilemma etico, sono entrambe due forme di partecipazione volontaria prive di certezze ri- solutiva di un caso ma provviste di una determinazione responsabile: ognuno nell’assunzione della propria scelta (agire o non agire) porta il peso della propria decisione. Pertanto, la scelta - o non scelta - tra diverse e contraddittorie possibilità presuppone, ad

ogni modo, l’esaminazione attenta di diverse alternative per cui non c’è fatto di dilemma etico riguardo al quale il singolo si sente umanamente estraneo. Come dire, “si tratta della manifestazione del sentimento di impotenza (…) agli elementi dell’esistenza umana che sfuggono al controllo dell’agente ma che egli è costretto ad accettare come costitutivi della propria esistenza” (Ostinelli M., 2009, p.158). Nella rappresentazione del dilemma etico, il soggetto esplicitante la situazione si accinge ad un ragionamento diversificato nel rappre- sentarsi le due alternative di un’ipotetica scelta risolutiva; talvolta accade che il problema pratico del come agire meglio, a discapito di ciò che è peggio, si lega alla percezione di cosa fare bene per non intaccare il proprio essere ossia la propria identità. Ormai è risaputo che la presa in carico di un’ipotetica decisione coincide con l’esperienza di una volontà divisa, tale per cui il soggetto si sente continuamente impegnato ad arginare la minaccia della pro- pria incolumità coscienziale presente nell’istante in cui l’agente in questione disfa le proprie sicurezze, tramutate grazie al dubbio in frammentarie, e prova a trovare una prospettiva unitaria destinata a dissolversi ogniqualvolta esibisce la sua libertà deliberativa. Semplice- mente, ciò che rappresenta l’operare correttamente per l’uno può non coincidere con il be- ne pensato dall’altro; come conseguenza posso affermare che se ogni avvenimento è mute- vole allora occorre nutrire zelo nei confronti del soggetto esperente l’evento. Ciò che è ne- cessario è la capacità di riconoscere la natura delle sfide morali e rispondere con una buona coscienza, una percezione della differenza tra giusto e sbagliato e l’abilità di scegliere il giu- sto e vivere secondo esso. Quello che è necessario è un esercizio etico (Rossy G. L., 2011). Pensare criticamente ovvero esprimere valutazioni sui singoli casi dal divenire incerto, cau- sa di un dilemma etico, sottoposto talvolta a nessuna via d’uscita per un recupero ottimale della situazione, comporta la competenza di una riflessione scissa da asettiche separatezze circostanziali e coniugata con le vicende della vita aventi come protagonista il soggetto de- stinatario di un possibile intervento. Agire, secondo questa direzione, significa non solo giungere ad una formulazione definitiva di una deliberazione corretta ma anche solamente interrogare le idee di senso, contestualizzate all’esperienza altrui conosciuta, per disincrosta- re lo sguardo dalle visioni stereotipate generali e rischiarare l’espressione secondo il partico-

Nel documento I dilemmi etici degli insegnanti (pagine 31-38)