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L’intervista narrativa

Nel documento I dilemmi etici degli insegnanti (pagine 92-97)

2. IL METODO

2.3 Preoccuparsi della ricerca

2.3.3 L’intervista narrativa

L’intervista narrativa rappresenta lo strumento attraverso cui raccogliere il materiale dei di- lemmi etici. L’espressione “intervista narrativa” pone l’accento sul fatto che l’esperienza soggettiva è pensata, organizzata e comunicata attraverso i codici della narrazione e prende corpo nel racconto di “storie” (Atkinson, 2002; Bruner, 1994 in Sità, 2012, p.58).

In particolare, nella ricerca fenomenologica - il cui obiettivo è descrivere un fenomeno esattamente come esso viene esperito dai soggetti - il racconto elargito dai soggetti parteci- panti alla ricerca, si manifesta nella narrazione di un’esperienza dilemmatica vissuta in ambi- to professionale di cui il singolo individuo presenta un caso specifico. Si tratta di un’esposizione riflessiva connessa ad un evento complesso che permette di far emergere l’esperienza concreta esperita come elemento costitutivo dell’oggetto indagato. Il narrare deve pertanto poter scaturire da una postura della mente di dislocazione sul reale, dove l’atto del pensare non è già al servizio di un autismo epistemico, quello che nel reale cerca solo conferme, ma è al servizio di un sentire dell’esperienza (Conle & Luwisch, 2009).

Cogliere i significati delle esperienze uniche e singolari di ciascun individuo è coinvolto, significa riuscire ad arrivare ad una conoscenza buona come risultato delle qualità essenziali

e peculiari dei fenomeni. Il lavoro del pensiero, rintracciato all’interno del valore epistemi- co, è quello di rintracciare una forma di conoscenza il più possibile definita nel modo origi- nale in cui le cose si manifestano ed identificare il linguaggio consono per riportare fedel- mente le loro peculiari qualità. Quello che viene prodotto nella narrazione dei pratici non è un sapere astratto, completamente slegato dalla realtà, bensì l’enunciazione approfondita della loro esperienza lavorativa che costituisce la conoscenza messa in atto per affrontare i vari dilemmi etici che possono presentarsi nella quotidianità educativa. Le persone che più ci consentono di conoscere il mondo e muoverci in esso sono quelle che hanno un rappor- to diretto con le pratiche che partecipano individualmente della realtà che investigano (Fofi, 2009).

Pertanto, quello che affiora nelle parole espresse può essere ritenuto valido per risco- struire il sapere pratico nella dimensione teorica della ricerca. L’elemento etico è presente anche nel mezzo indispensabile per conseguire la raccolta dei dati, senza il quale non è pos- sibile parlare di uno studio aderente al campo d’indagine; tramite l’intervista si richiede del tempo ai soggetti partecipanti, disponibilità che deve essere ridata indietro in termini di senso reciproco. Riuscire ad edificare un dialogo, una relazione in cui la persona si può sen- tire parte integrante (e non giudicante) di argomenti critici permeati di valore personale, comporta il saper applicare alla mente una postura di dislocazione sul reale, laddove il pen- siero del ricercatore non si presta all’esercizio di conferme ma al servizio del sentire di ciò che l’altro offre di sé. Se ci si basa su questo elemento di eticità, è intuibile che la serie di in- terviste, pur partendo da un’unica domanda estendibile ai diversi intervistati, risultano va- riegate e differenti l’una dall’altra poiché ciascun soggetto porta in questa ricerca una parte di sé che, seppur nella possibile comunione di alcuni dilemmi, rimane inoggettivabile.

Ciò che ha orientato il mio agire è stato l’aver applicato una giusta mediazione tra la sana dedizione a non dimenticarmi il fenomeno (oggetto) del quale mi stavo occupando e la buona attenzione riservata alle persone (soggetto) portatrici di essenze.

Considerare ambedue gli aspetti è importante per non inficiare la validità etica dell’intervista la quale deve far combaciare contenuti compatibili con i due livelli sopra esplicitati, dove si evince sia il rapporto di fedeltà al fenomeno che si intende indagare sia la relazione imprescindibile tra intervistatore e intervistato che si tende attuare. Avvicinarsi alla diade oggetto - soggetto non si verifica con l’applicazione di un atteggiamento preten- zioso di ricavare dall’esposizione di circostanze elementi convenzionali e strumentali - cen- trati unicamente sull’esito di un progetto di ricerca - bensì si attualizza con un portamento

dispositivo a ricevere la descrizione effettiva del mondo vissuto dagli individui. Essi costi- tuiscono un universo non anticipato - corrispondente al passato della caratteristica espe- rienziale di ognuno - ma aperto al divenire, risolutivo o valutativo, futuro con piena e con- sapevole possibilità di ritorno sulle direzioni del proprio agire lavorativo. Portare alla co- scienza eventi etico - dilemmatici conduce ad un’esplicitazione riflessiva, che dichiara il ri- conoscimento di un’esperienza ambigua con un rimando morale come tappa per interpreta- re di nuovo il passato, trasformabile sulla base dell’appello pratico alla responsabilità nel presente.

Perlustrare il vissuto degli intervistati grazie ad una raccolta narrativa, ma pur sempre descrittiva, lungo l’arco dei casi dilemmatici permette ad ogni insegnante di fare appello alla propria coscienza sia nella riflessione di pervenire ad una rassegna di un evento educativo complesso - causa di indecisione nell’agire professionalizzante - sia nell’eventuale delibera- zione contrastante.

La narrazione è un’azione di esplicitazione della realtà vissuta nell’esperienza di dilem- ma etico perché fornisce un resoconto situato del vissuto personale. Infatti, è imprescindi- bile abbandonare il pensiero chiuso nella ragione, quello razionalistico, astratto, autorefe- renziale, per accogliere invece un pensiero che entra nella realtà, lasciandosi contagiare dai movimenti veri della vita (Zambrano, 2003). Il racconto narrativo del dilemma etico, attua- lizzato nel presente o accumulato nel passato, assegna un’interpretazione personale al pro- cesso di ricostruzione dell’evento; la narrazione non è un’esperienza neutra perché pone in essere una postura ricettiva della mente che aumenta la riflessione come risorsa al raggua- glio di esperienza. In questa direzione, gli insegnanti stessi assumono il ruolo di partecipanti ad una ricerca comune per verificare il punto di partenza dei dilemmi etici e per superare gli ostacoli posizionati in essi.

Individuare un aspetto eticamente dilemmatico nella vita lavorativa del singolo si con- cretizza nell’osservazione della propria pratica grazie alla trasposizione nel racconto di espe- rienze significative connesse al caso sollecitato. L’individuazione tematica del fenomeno su cui operare pone l’accento sulla capacità di esaminare lo schema dei molteplici dilemmi etici attraverso la formulazione di una domanda specifica secondo una modalità d’intervento non direttiva che predilige una narrazione autonoma dei dilemmi etici degli insegnanti.

Il quesito assume la formulazione di una domanda precisa applicata a una serie di inse- gnanti diversi su una stessa tematica per giungere ad un’esplorazione intensiva e profonda sui resoconti dilemmatici, etico - esperienziali di ciascun educatore ed insegnante coinvolto

nel progetto. Si può considerare l’intervista narrativa, che ha come intento proprio quello di far emergere i racconti esperienziali dei singoli individui, come una modalità di intervista effettivamente a sé stante, innovativa e difficilmente adattabile agli schemi abituali di classi- ficazione delle interviste (Atkinson, 2002). Il vissuto espresso nella narrazione è un reso- conto carico di significato che si pone come ricostruzione di tutto ciò che è rimasto sedi- mentato nella memoria lavorativa che esprime, nella rielaborazione dell’esperienza, un trat- teggio sistematico del percorso lavorativo dilemmatico. Ciò che mi pare utile sottolineare è l’importanza di raccogliere i significati attribuiti al caso e le eventuali decisioni rispetto alle alternative, escluse tra le possibili. Pervenire all’individuazione (possibilmente risolutiva) di dilemmi etici professionali - il cui interesse è centrato sui problemi emergenti in una situa- zione educativa critica - significa verificare l’origine di tali dilemmi; quindi, se essi effetti- vamente sono persistenti, e se sono reali, come superarli o prevenirli come misura di pre- venzione al disagio lavorativo tacito. La caratteristica di questa modalità di intervista si av- vicina alla peculiarità tipica dell’intervista in profondità o non direttiva.

L’intervista focalizzata, che prevede un insieme di nodi tematici attorno ai quali co- struire la conversazione, risponde sia alla necessità di mantenere quanto più possibile libero il setting conversazionale sia all’esigenza del ricercatore di vigilare per quanto possibile sulle convinzioni rispetto ai temi da trattare, per individuare quelle assunzioni che si tende a la- sciar intervenire nel discorso senza un controllo cosciente (Mortari, 2007).

L’intervista non direttiva, non fa riferimento, pertanto, ad un set di domande pre for- mulate come scaletta su cui costruire il senso del discorso, non è un ascolto improvvisato del racconto del soggetto intervistato; la mia posizione, innanzitutto di ascoltatrice focaliz- zata sulla narrazione dell’altrui vicenda dilemmatica, si connota nei termini di un interesse al dire dell’altro. Mi sento chiamata a raccogliere un gran numero di indizi, sotto forma di dati fattuali, ma altresì ad interpretarli per assegnare ad essi un senso aderente all’esposizione, trasformando un insieme slegato di fatti e di eventi in una cognizione informata inerente ad una data realtà. Questa assegnazione di significato deve essere indipendente dalle nostre pre comprensioni per liberare le forme del pensiero dal sapere tacito, acquisito nelle interazioni con il mondo e con gli altri, che costituiscono gli strati effettivi su cui spesso si poggiano le azioni e le interazioni nella nostra vita quotidiana. Cogliere il contesto situazionale che con- traddistingue l’esperienza professionale quotidiana degli insegnanti è azione da compiere con rispetto, senza cioè manipolare o forzare la narrazione sul dilemma etico, oggetto di studio. Ecco perché, volutamente, per concentrare l’intervista sulla focalizzazione tematica

desiderata, è stata posta una domanda unica necessaria per cogliere, entro la narrazione, le descrizioni espresse dall’esperienze mutata in parole significative. La scelta di un’intervista che non fa riferimento ad una struttura di domande, poiché non direttiva, risponde alla re- sponsabilità di non inglobare il flusso del racconto altrui entro influenze esterne. Tuttavia, onde evitare il tramutare di una narrazione in una conversazione semplicistica, occorre por- re l’attenzione sulla rilevanza di ricevere informazioni unicamente relative alle problemati- che connesse al contenuto del tema richiesto ed esposto. Risulta, pertanto, essenziale attri- buire valore non solo al ruolo primario di colui che detiene il potere di testimoniare la sua storia sul dilemma, ma anche all’esposizione stessa che deve essere contenuta entro l’area specifica da esplorare.

L’intervista narrativa, complementare alla dimensione dell’intervista focalizzata, non è pertanto casuale o colloquiale; per tale motivo, occorre chiarire sin da subito lo scopo dell’indagine che, nella mia ricerca, mira all’esplorazione di una raccolta illustrativa e de- scrittiva dei dilemmi etici, reperibili da ciascun insegnante per ciascuna scuola individuata. La percezione di uno scopo comune non solo rende compiaciuti i partecipanti alla ricerca perché sono soddisfatti del semplice fatto che qualcuno è interessato alla loro trattazione, ma anche riduce il rischio di perdersi, dietro ad uno stimolo aperto, sui retroscena di una conversazione altrimenti spontaneista e riduttivista. Infatti, tale incontro conoscitivo non può tramutarsi in un colloquio semplicistico; è vero che quando si sceglie questo tipo di in- tervista con una domanda semplice e diretta tesa al centro dell’esperienza dilemmatica vis- suta dagli intervistati si concede a questi ultimi un primato nel rievocare i ricordi connessi al caso, ma onde evitare un divagare della narrazione su episodi poco significativi è necessario entrare nella consapevolezza di non voler arrestare il flusso del discorso a me presentato. Ciò consente sia di non far perdere, ai soggetti intervistati, il filo della trattazione lungo il dilemma etico sia di non trasmettere loro una superficialità circa il contorno contestuale in cui è implicato ogni fenomeno. Intendo ora citare una tradizione, bene resa simile alla fun- zione dell’interlocutore, in vigore presso gli indiani d’America: “Un bastone sacro collocato in mezzo al cerchio viene sollevato da colui che ha qualcosa da dire, che lo tiene in mano fino a quando non ha terminato il suo discorso; tutti gli altri lo ascoltano attentamente, senza mai interromperlo. In questo modo gli dimostrano rispetto. Quando il bastone viene rimesso al centro del cerchio, un’altra persona può afferrarlo e parlare” (Mortari, 2008, pp.56-57). Vale a dire, il soggetto non è un semplice testimone di una relazione dilemmatica tra variabili etiche, ma diventa oggetto di interesse per la sua unicità e specificità non solo

nell’individuazione del dilemma etico, ma anche nella rappresentazione delle decisioni di azione, dalle quali poi individuare opportuni interventi. L’intervista narrativa, in parte sem- pre focalizzata, si inserisce nella cornice di un quadro dove le persone intervistate utilizzano il racconto per dar voce alle loro specifiche esperienze professionali; essa si inserisce in un puzzle quadrato nel quale ogni pezzo esterno si incastra l’uno con l’altro nel delineare il pe- rimetro composto da quattro lati: oggetto tematico, soggetti coinvolti, obiettivo conosciti- vo, fenomeno descrittivo. Tuttavia, questi contorni risultano pensati appositamente perife- rici rispetto al compito di accogliere in modo radicale l’area dell’esperienza così come si manifesta nelle descrizioni degli individui; mai si può arrestare il flusso della comprensione offerta dell’esistenza umana perché è proprio quella che consente di completare, almeno momentaneamente, il grande pezzo interno all’enigma della pratica educativa.

Nel documento I dilemmi etici degli insegnanti (pagine 92-97)