DIRITTO DEL LAVORO
L’IMPATTO DELLA EMPLOYMENT EUROPEAN STRATEGY SUL RUOLO DEL DIRITTO DEL LAVORO
3. Dal dirigismo al neo-volontarismo: sperimentando le guidelines sull’occupazione come « soft laws »
La Strategia Europea per l’Occupazione (EES), e` noto, si basa su guidelines che sono definite annualmente come previsto dall’art. 128.2 del Trattato. Indubbiamente, esse costituiscono un esempio di « soft law » e, cioe`, un’alternativa al tradizionale approccio legislativo basato su direttive e regolamenti. Le guidelines sono, oggi, regole che delimi-tano dall’esterno gli Stati membri con i principi in esse stabiliti, indif-ferentemente dalla situazione politica contingente di ogni Stato mem-bro, anche per il lungo periodo. Comunque, dal momento che l’armo-nizzazione e` espressamente rifiutata dal Trattato (art. 129), esempi di
« hard law » rispetto ai problemi dell’occupazione dovrebbero consi-derarsi da escludere. La « soft law » presenta certamente tutti i tratti caratteristici delle norme di diritto e, allo stesso tempo, rappresenta un metodo di indirizzo da parte della Comunita` (8). Le guidelines rien-trano in questa categoria, poiche´ riconoscono il principio di sussidia-rieta` e allo stesso tempo creano una aspettativa di conformita` ad esse delle prestazioni dei singoli Stati membri.
L’uso di questo strumento — consciamente o meno — rivela il tentativo di trovare una « terza via » tra interventismo e liberismo ri-spetto ai problemi occupazionali (9) ed e` decisamente interessante, ben oltre questa prospettiva. Potrebbe essere promettente anche se ri-ferito ai problemi sociali.
(7) KENNER, The EU Employment Title and the ‘Third Way’: Making Soft Law Work? in IJCLLR, 1999, vol. 15, n. 1, 33 ss.
(8) KENNER, EC Labour Law: the Softly, Softly Approach, in IJCLLIR, 1995, vol.
11, n. 4, 307.
(9) PEDERSEN, Mainlines in Danish Labour Market Policy as Presented in the Danish National Action Plan 1999, in IJCLLIR, 1999, vol. 15, n. 4, 383.
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La differenza fondamentale tra il capitolo sull’occupazione e quello sociale all’interno del Trattato (vedi infra, par. 7) risiede nel fatto che la gran parte della Strategia Europea per l’Occupazione ri-chiede un’azione di riadattamento degli standards sociali di protezione alla realta` in cambiamento, soprattutto nel campo della modernizza-zione del lavoro. Un possibile intervento della Comunita` rispetto ai problemi sociali nel futuro potrebbe prendere la forma di « soft laws », possibilmente in accordo con le parti sociali, sı` da trasferirle successivamente in « hard laws » (Direttive, ecc.). Anche in prospet-tiva di un ampliamento dell’Unione Europea, con l’incremento di ca-ratteri differenziali tra gli Stati Membri, potrebbe essere decisamente conveniente valutare il risultato ottenuto nel contesto del capitolo sul-l’occupazione. Similmente a quanto avviene con la Strategia Europea per l’Occupazione anche la politica sociale potrebbe essere basata sullo scambio di esperienze e di uniformizzazione allo scopo di pro-muovere i comportamenti piu` efficienti.
La natura delle « soft laws » attribuita alle guidelines sull’occupa-zione non significa che esse non costituiscano un vero e proprio ob-bligo di legge solo perche´ mancano di un apparato sanzionatorio. At-tualmente le « raccomandazioni » previste dall’art. 128.4 del Trattato non sono affatto considerate prive di forza cogente (10), come se fos-sero semplici amichevoli avvisi (11). Il fatto che le sanzioni abbiano una valenza squisitamente politica, non significa che debbano essere sottovalutate. L’esperienza del 1999 mostra che le raccomandazioni (cioe` le proposte) della Commissione al Consiglio di fare raccomanda-zioni agli Stati Membri, anche diverse in termini qualitativi e quanti-tativi, hanno prodotto immediatamente un forte effetto sui Governi per il tempo notevole che essi hanno dedicato ai « negoziati » con la Commissione. In altri termini, le « raccomandazioni » non vengono ignorate dai Governi, perche´ il loro effetto delle politiche domestiche non e` affatto marginale.
Sfortunatamente la Commissione ha sminuito la forza politica e legale delle raccomandazioni, troppo numerose ed indirizzate nei con-fronti di tutti gli Stati Membri. Una volta ancora, se si volessero para-gonare i meccanismi sanzionatori della EES confrontati con quelli corrispondenti della materia monetaria la conclusione sarebbe
delu-(10) GOETSCHY, op. cit., 126.
(11) BARNARD, DEAKIN, op. cit., 357.
MARCO BIAGI
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dente. Probabilmente, pero`, non e` questo il modo piu` corretto per te-stare la forza del meccanismo. La reazione degli Stati Membri alle proposte della Commissione, anche a causa dell’effetto di amplifica-zione provocato dai media e` stato significativo per dimostrare quanto seriamente i Governi Nazionali abbiano preso le conclusioni del pro-cesso della EES. Ma il suo impatto sulle politiche nazionali per l’oc-cupazione ben difficilmente puo` essere misurato in termini tradizio-nali, e cioe` in prospettiva rigorosamente coercitiva. L’influenza eserci-tata dal processo di Lussemburgo e`, infatti, ovviamente, indiretta e deve essere considerata nel lungo periodo, con particolare riferimento ai singoli aspetti di regolazione del mercato del lavoro e delle relazioni industriali.
La EES rappresenta lo spostamento dal governare per regola-mentazioni al governare per obiettivi (12), una nuova strada di lavoro non soltanto per le autorita` dell’Unione Europea, ma principalmente per i Governi nazionali. Un modello da prendere seriamente in consi-derazione anche oltre agli aspetti legati all’occupazione e cioe`, anzi-tutto, rispetto alle questioni sociali. Al posto di diluite e lungamente attese direttive sociali, per raggiungere un obiettivo di semplice coor-dinamento, ci si potrebbe legittimamente chiedere se non sia preferi-bile la logica della EES, specialmente quando l’obiettivo dell’azione della Comunita` non e` quello di proteggere diritti fondamentali. Prin-cipalmente in prospettiva di allargamento della Comunita` Europea, in risposta alla difficolta` di raggiungere un traguardo di armonizzazione, la domanda impone una seria riflessione.
Dopo due anni di esperienza, la EES ha dimostrato la sua vita-lita`, in contrasto con le critiche sollevate a suo tempo dalle parti so-ciali al livello Comunitario. Da un lato, infatti, l’UNICE, in proposito del disegno del Trattato di Amsterdam aveva espresso il suo scettici-smo su una politica Europea dell’occupazione ad ampio raggio, dal-l’altro, l’ETUC aveva ritenuto che il capitolo sull’occupazione fosse una soluzione minimalista, ritenendo che le nuove regole fossero del tutto insufficienti per le politiche di promozione dell’occupazione (13).
Per di piu`, l’UNICE non ha mai nascosto le sue riserve sul
coinvolgi-(12) LARSSON, Europe’s Labour Markets — the Achilles’ Heel of the EMU Pro-cess?, inedito.
(13) ZAGELMEYER, Collective Bargaining on Employment in the European Union and Norway, 1999.
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mento delle parti sociali in quest’area, probabilmente spaventata da una possibile rottura del principio di sussidiarieta`. Non per caso, sol-tanto ETUC e CEEP avevano reso pubblico, in data 8 giugno 1998, un protocollo comune dichiarando apertamente il loro impegno per il successo della EES.
Piu` di tutto e` sorprendente la reazione fredda alla EES dal lato degli imprenditori, perche´ il metodo delle guidelines sull’occupazione
— in accordo con il dialogo sociale — rappresenta una prima possi-bile risposta alla crisi visipossi-bile degli strumenti legislativi in relazione ai problemi sociali, sia per l’eccessiva diluizione dei principi basilari (per esempio la direttiva sul distacco), sia per la fine del processo di legi-ferazione (come conferma l’European Company statute regulation &
directive). Come risultato di questi punti di vista tra loro opposti, le guidelines del 1998 e del 1999 sono un compromesso tra la logica de-regolativa del Pilastro 2 (imprenditorialita`) — e, per certi aspetti, del Pilastro 1 (occupabilita`) e 3 (adattabilita`) — da un lato, e, dall’altro, la dimensione di protezione sociale tipica del Pilastro 4 (pari opportu-nita`) (14).
4. Una valutazione della Employment European Strategy: il