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Osservazioni conclusive

Nel documento Marco Biagi (pagine 89-93)

DIRITTO DEL LAVORO

L’IMPATTO DELLA EMPLOYMENT EUROPEAN STRATEGY SUL RUOLO DEL DIRITTO DEL LAVORO

7. Osservazioni conclusive

Il dialogo sociale puo` essere immaginato come una « terza via » (24) in grado di ricondurre ad unita` l’obiettivo della protezione dell’occupazione e quello della creazione di nuova occupazione. In questo contesto un segno di vitalita` del processo di contrattazione col-lettiva a livello europeo e` rappresentato dall’accordo sul contratto a termine del 28 giugno 1999 che e` stato trasformato nella Direttiva 1999/70/CE (25). Deve essere segnalato che nel preambolo (whereas n.

5), viene fatto riferimento all’invito rivolto dal « Consiglio Europeo alle parti sociali a sviluppare negoziati per modernizzare l’organizza-zione del lavoro, compresi accordi sul lavoro flessibile, con l’obiettivo di aumentare la produttivita` e la competitivita` ed ottenere il giusto bi-lanciamento tra flessibilita` e stabilita` » (26). Questo e` il punto di con-tatto tra il capitolo sociale e quello sull’occupazione del Trattato. Ab-bandonata ogni altra prospettiva, la modernizzazione dell’organizza-zione del lavoro rappresenta la chiara connessione tra due visioni pos-sibili.

A livello Europeo, a livello nazionale e settoriale il mondo del la-voro e quello dell’impresa sono chiamati a contribuire al processo di modernizzazione, soprattutto facendo fronte all’introduzione di nuove tecnologie dei mezzi di informazione e comunicazione, come e` chiara-mente previsto dalla guideline 6 delle Employment Guidelines per il 2000 che confermano quelle del 1999. E questa e` una precisa respon-sabilita` delle istituzioni comunitarie che devono supportare questo processo con misure adeguate che riescano a rafforzare il dialogo so-ciale (27), unica via per conciliare stabilita` e flessibilita` nell’occupa-zione. Il principio che si ricava dall’art. 138.1 del Trattato (secondo cui la Commissione « deve prendere ogni misura utile a facilitare il

dia-(24) TREU, Compiti e strumenti delle relazioni industriali nel mercato globale, in LD, 1999, 191.

(25) TIRABOSCHI, Glancing at the past: an agreement for the markets of the XXIst century, in IJCLLIR, 1999, vol. 15, n. 2, 105.

(26) CASASBAAMONDE, El principio de autonomia en la organisacio`n del sistema europeo de negociacio`n colectiva y el desarrollo de la dimensio`n convencional del Dere-cho social comunitario, in RL, n. 22, 1.

(27) QUINTIN, The role of social partners in Europe, in Proceeding of the Euro-pean Conference — EuroEuro-pean Social Model — Social Dialogue, Vienna 9-10 novembre 1998.

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logo assicurando un supporto bilanciato alle diverse parti ») (28) po-trebbe essere applicato anche al ruolo delle imprese e del mondo del lavoro nel contesto della EES.

Dopo i primi 2 anni di EES, « i risultati positivi sono evidenti » e` stato affermato al p. 39 delle conclusioni del Consiglio Europeo di Helsinki (dicembre 1999). Dopo la sua prima fase pionieristica, il pro-cesso di Lussemburgo e` entrato ormai in una fase di consolidamento.

Per diventare piu` efficace e contribuire alla modernizzazione del di-ritto del lavoro e delle relazioni industriali, dovrebbe essere prioritario promuovere un dialogo sociale ancora maggiore per rafforzare la pro-sperita` economica e l’aumento dell’occupazione nell’Unione. Negli ul-timi anni e` accaduto nel diritto del lavoro e nelle relazioni industriali che si sia dato maggiore interesse ai disoccupati che non alla tutela degli occupati (29). Ev tempo oramai di fare un passo avanti, cioe` di spostarsi da una prospettiva di stabilita` del lavoro (dove i lavoratori hanno come aspettativa quella di avere il proprio posto per un tempo indeterminato) verso una prospettiva di occupabilita` (i lavoratori in uno o piu` momenti della loro vita, cercheranno un lavoro da qualche altra parte, sostenuti dagli investimenti dell’impresa in attivita` di for-mazione e sviluppo delle risorse umane).

I Governi non sono in grado di raggiungere questo traguardo ambizioso senza la collaborazione delle imprese e del mondo del la-voro. Muoversi verso una prospettiva di promozione, significa per i si-stemi di diritto del lavoro rimettersi in discussione dalle loro radici, possibilmente in accordo con i « quattro cerchi » recentemente indi-cati dal gruppo di esperti della Commissione Europea (30). Diversi gradi di protezione dovrebbero essere garantiti a seconda della « qua-lita` » dei diritti, che si estende dai diritti sociali « universali » a quelli del lavoro gratuito, si dovrebbe predefinire un diritto comune delle attivita` di lavoro basato sulla legge Comunitaria e infine ordinare ge-rarchicamente questi diritti perche´ ogni impiego sia retribuito in rela-zione al grado di subordinarela-zione del lavoratore.

(28) JACOBS, OJEDA-AVILE´S, The European Social Dialogue — Some legal issues, in ETUI (ed. by), A legal framework for European industrial relations, 1999, Brussels.

(29) GILL, GOLD, CRESSEY, Social Europe: national initiatives and responses, in IRJ, 1999, vol. 30, n. 4, 313.

(30) SUPJOT(general rapporteur) et al., Transformation of labour and future of labour law in Europe, Final Report, Ufficio delle Pubblicazioni della CE, Luxem-bourg, 1999.

MARCO BIAGI

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Ev un compito senza dubbio difficile rendere il diritto del lavoro (ove e` inclusa l’azione del Governo) e le relazioni industriali (ove e`

compresa la contrattazione collettiva) piu` compatibili con i problemi dell’occupazione. Lontani dal considerarlo ideologicamente responsa-bile della mancanza di nuova occupazione (31), il diritto del lavoro deve orientarsi di piu` verso il suo nuovo ruolo in una prospettiva pro-mozionale. La base giuridico-formale per questa riforma non manca piu`: il capitolo sull’occupazione del Trattato di Amsterdam, come im-plementato attraverso il processo di Lussemburgo, e` oggi una signifi-cativa base costituzionale.

La protezione sociale non dovrebbe mettere a repentaglio la crea-zione di nuova occupacrea-zione. Come raggiungere l’obiettivo e` un com-pito che spetta prima di tutto alle parti sociali a tutti i livelli. Maastri-cht e Amsterdam devono essere coordinati per ottenere il beneficio piu` elevato possibile dalla funzione para-legislativa attribuita alle parti sociali a livello Comunitario. Il collegamento dell’incarico attribuito dalle parti sociali dalle guidelines nella EES, con le procedure definite nel capitolo sociale, puo` contribuire ad individuare meglio il ruolo che il dialogo sociale puo` svolgere in relazione al processo di integrazione europea, soprattutto nel quadro dello scenario EMU. Rendere la con-trattazione collettiva piu` Europea sembra, a questo punto, una strate-gia inevitabile.

(31) BAYLOS, op. cit.

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5.

IL PATTO MILANO LAVORO: UN’INTESA PILOTA (*)

SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. I contenuti del Patto. — 3. I profili di criticita` e le prin-cipali questioni giuridiche sollevate dal Patto. — 4. Considerazioni conclusive.

1. Premessa.

Facendo seguito alle intese raggiunte nel pre-accordo del 28 lu-glio 1999 (1) il Comune di Milano e le parti sociali hanno siglato l’in-tesa definitiva denominata « Milano Lavoro » in data 2 febbraio 2000.

Molti mesi di negoziati, dunque, resi difficili anche per il permanente dissenso della Cgil che non aveva sottoscritto il primo accordo e che non ha aderito neppure a quest’ultimo. Un dato ampiamente riportato dalla stampa che rivela tutte le difficolta` e i comprensibili dubbi del movimento sindacale impegnato in una trattativa senza dubbio nuova per molti profili (2).

Del resto un periodo cosı` lungo, tanti mesi di contatti, proposte e veri e propri negoziati non si giustificherebbe se non appunto te-nendo presente, da un lato, il carattere assai innovativo dell’intesa e, dall’altro lato, la circostanza che il Patto per il lavoro promosso dal Comune di Milano ha indubbiamente una valenza che trascende la di-mensione locale. In effetti, pur avendo un campo di applicazione cir-coscritto all’ambito metropolitano della capitale lombarda, il patto rappresenta un prototipo che comprensibilmente suscita accese di-scussioni per le possibili ricadute su altre realta` locali (3). L’interesse dell’accordo trascende quindi il fragore suscitato dalla diversa

valuta-(*) Pubblicato in Diritto delle Relazioni Industriali, 2000, n. 2, 127-134.

(1) BIAGI, Il Patto per il lavoro di Milano: contrattazione o concertazione? in GL, 1999, n. 35, 60.

(2) V., per questo aspetto, il contributo di SCARPELLI, Il Patto Milano Lavoro:

le ragioni del dissenso, in DRI, 2000, 135 ss.

(3) Ampia rassegna di iniziative analoghe intraprese da vari comuni italiani

zione datane delle varie componenti sindacali. Soprattutto i contenuti devono essere tenuti in considerazione perche´ costituiscono un utile esperimento nell’utilizzare il contratto collettivo (o comunque intese concertative) in funzione promozionale dell’occupazione anche a li-vello locale, al di la` dei contratti d’area e dei patti territoriali.

Da questo punto di vista, come peraltro ben evidenziato nella premessa al Patto e ancor prima nella premessa alla pre-intesa, l’ac-cordo promosso dal Comune di Milano puo` anzi essere letto come una prima forma di sperimentazione dei piu` recenti orientamenti co-munitari in tema di occupazione. La dimensione locale di una strate-gia dell’occupazione e` infatti fortemente sollecitata nei c.d. orienta-menti definiti dalle autorita` comunitarie (Commissione e Consiglio) nell’ambito del processo di coordinamento delle politiche degli Stati membri dell’Unione, noto come « processo di Lussemburgo », defi-nito dal nuovo capitolo in materia del Trattato di Amsterdam. Ma an-che volendo restare nell’ambito dei confini nazionali, si puo` ricordare che il Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del dicembre 1998 assegna alla concertazione e alla programmazione negoziata, non solo a livello nazionale ma anche locale, il ruolo di metodo ineludibile per esplicitare i profili di criticita` presenti sul mercato del lavoro e formu-lare adeguate azioni regolative, secondo il principio di sussidiarieta`.

Nel documento Marco Biagi (pagine 89-93)

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